Storia del Partito Comunista Italiano (1921-1944)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Versione del 24 set 2007 alle 11:21 di Bramfab (discussione | contributi) (la citazione e' la voce stessa)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Particolare della prima tessera del PCd'I, 1921.

Il Partito Comunista d'Italia è stato un partito politico italiano, esistito per cinque anni, dal 1921 al 1926. Sebbene la sua esperienza politica faccia parte della storia del Partito Comunista Italiano (con il quale alle volte lo si confonde) esso fu un'entità diversa rispetto a questo.

Messo fuorilegge dal neonato regime fascista, la sua esistenza cessò di fatto al Congresso clandestino di Lione (1926), mentre l'organizzazione formale, seppure in esilio, continuò con l'altra denominazione sotto la guida del gruppo che faceva riferimento a Mosca.

La fondazione

Il Partito Comunista d'Italia nasce a Livorno il 21 gennaio 1921 in seguito alla scissione (avvenuta lo stesso giorno) dal Partito Socialista Italiano a opera della Frazione Comunista che si era formata al suo interno nei due anni immediatamente precedenti (ma le sue origini risalgono al 1912). La Frazione aveva già aderito formalmente alla Terza Internazionale Comunista nata nel 1919, partecipando al suo II Congresso di Pietrogrado del 1920 e contribuendo alla stesura delle regole di ammissione.

L'ormai preannunciata scissione prende spunto dal rifiuto del Congresso socialista di Livorno di espellere dal partito la componente riformista come richiesto dal II congresso dell'Internazionale Comunista. Aderiscono al nuovo partito anche il gruppo torinese dell'"Ordine Nuovo" e la corrente "culturalista" che facevano capo rispettivamente ad Antonio Gramsci e Angelo Tasca.

Paradossalmente, poco più di un anno dopo, si consumerà all'interno del PSI una nuova scissione che porterà proprio la corrente riformista ad uscire per formare un nuovo partito, il Partito Socialista Unitario. Dopo di ciò verranno attuati dei tentativi di riunificazione, nel 1923, tra la parte rimanente del PSI e il PCd'I, che però non giungeranno a buon fine, sia per le repressioni del regime fascista che per resistenze nelle correnti estreme dei due partiti. Entrerà nel nuovo partito solo il gruppo che riconoscerà in ritardo la funzione dell'Internazionale (soprannominato "dei terzini") e che faceva capo a Fabrizio Maffi.

Gli storici 10 punti su cui si formò il Partito Comunista d'Italia
  • Nell'attuale regime capitalistico si sviluppa un sempre crescente contrasto fra le forze produttive ed i rapporti di produzione, dando origine all'antitesi di interessi ed alla lotta di classe tra il proletariato e la borghesia dominante.
  • Gli attuali rapporti di produzione sono protetti dal potere dello Stato borghese, che, fondato sul sistema rappresentativo della democrazia, costituisce l'organo per la difesa degli interessi della classe capitalistica.
  • Il proletariato non può infrangere né modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione da cui deriva il suo sfruttamento, senza l'abbattimento violento del potere borghese.
  • L'organo indispensabile della lotta rivoluzionaria del proletariato è il partito politico di classe. Il Partito Comunista, riunendo in sé la parte più avanzata e cosciente del proletariato, unifica gli sforzi delle masse lavoratrici, volgendosi dalle lotte per gli interessi di gruppi e per risultati contingenti alla lotta per la emancipazione rivoluzionaria del proletariato; esso ha il compito di diffondere nelle masse la coscienza rivoluzionaria, di organizzare i mezzi materiali di azione e di dirigere nello svolgimento della lotta il proletariato.
  • La guerra mondiale, causata dalle intime insanabili contraddizioni del sistema capitalistico che produssero l'imperialismo moderno, ha aperto la crisi di disgregazione del capitalismo in cui la lotta di classe non può che risolversi in conflitto armato fra le masse lavoratrici ed il potere degli Stati borghesi.
  • Dopo l'abbattimento del potere borghese, il proletariato non può organizzarsi in classe dominante che con la distruzione dell'apparato sociale borghese e con la instaurazione della propria dittatura, ossia basando le rappresentanze elettive dello Stato sulla sola classe produttiva ed escludendo da ogni diritto politico la classe borghese.
  • La forma di rappresentanza politica dello Stato proletario è il sistema dei consigli dei lavoratori (operai e contadini), già in atto nella rivoluzione russa, inizio della rivoluzione proletaria mondiale e prima stabile realizzazione della dittatura proletaria.
  • La necessaria difesa dello Stato proletario contro tutti i tentativi contro-rivoluzionari può essere assicurata solo col togliere alla borghesia ed ai partiti avversi alla dittatura proletaria ogni mezzo di agitazione e di propaganda politica, e con la organizzazione armata del proletariato per respingere gli attacchi interni ed esterni.
  • Solo lo Stato proletario potrà sistematicamente attuare tutte quelle successive misure di intervento nei rapporti dell'economia sociale con le quali si effettuerà la sostituzione del sistema capitalistico con la gestione collettiva della produzione e della distribuzione.
  • Per effetto di questa trasformazione economica e delle conseguenti trasformazioni di tutte le attività della vita sociale, eliminandosi la divisione della società in classi andrà anche eliminandosi la necessità dello Stato politico, il cui ingranaggio si ridurrà progressivamente a quello della razionale amministrazione delle attività umane.

Il nome del partito

L'Internazionale Comunista era all'epoca strutturata, secondo una concezione fortemente sostenuta da Lenin, come partito unico mondiale. Di qui la denominazione estesa di "Partito Comunista d'Italia, Sezione dell'Internazionale Comunista".

Tale denominazione ufficiale rimarrà fino al 1943, quando sarà sciolta l'Internazionale Comunista, ma almeno dal 1924-1925 compare nei documenti del nuovo partito la denominazione PCI, acronimo di Partito Comunista Italiano. La nuova denominazione con l'aggettivo nazionale subentra all'originaria man mano che l'Internazionale Comunista, specie dopo la morte di Lenin, diventa di fatto una federazione di partiti comunisti nazionali. Il problema del nome non era quindi secondario per le due principali componenti del partito: da una parte la concezione leniniana del partito unico mondiale, internazionalista e fortemente accentrato; dall'altra quella del partito con peculiarità e autonomia nazionali.

Il programma

Non essendo altro che una sezione territoriale dell'Internazionale Comunista, il PCd'I adotta lo stesso programma, la stessa concezione di partito e la stessa tattica adottate al II Congresso di Mosca (1920). Il programma ufficiale, redatto in 10 punti, inizia con quello sulla natura intrinsecamente catastrofica del sistema capitalistico e termina con quello sull'estinzione dello Stato. Ricalca in modo sintetico il modello che Lenin aveva tratteggiato per il partito russo.

Per qualche tempo tale identità non sembra incrinata, ma il rapido avanzare della reazione in Europa provoca nel partito russo e di conseguenza nell'Internazionale Comunista una variazione in senso democratico della tattica generale, specie dal punto di vista della possibilità, fino a quel momento negata, di alleanze con i partiti socialdemocratici e anche borghesi.
Ciò provoca all'interno del partito una tensione fra la maggioranza (sinistra) e le correnti di minoranza (nel 1924: 16% la destra e 11% il centro), sostenute dall'Internazionale Comunista. Le proposte di tesi presentate dalla Sinistra non vengono più accettate e il conflitto si dimostra insanabile.

Un nuovo concetto di partito

Fin dalla sua nascita il PCd'I compie un grande sforzo per organizzarsi su basi che non siano una semplice riproduzione di quelle dei partiti tradizionali. In particolare, il partito riprende alcuni temi che furono già caratteristici della battaglia all'interno del PSI: è necessario dar vita ad un "ambiente" ferocemente avverso alla società borghese e già anticipatore della società futura. Il proposito non ha nulla di utopistico, dato che già in questa società, specie nel mondo della produzione, certe strutture nascono in funzione di un risultato futuro.

In due articoli del 1921 questo concetto è sviluppato fino al punto di affermare che l'organo partito non è una semplice parte della classe proletaria ma già una struttura al di là delle classi, già adatta a una società senza di esse, disegnata dai suoi compiti futuri. La rivoluzione non è infatti un problema di forme organizzative ma di forza; essa non si "fa" (velleitarismo infantile) ma si "dirige" (rovesciamento della prassi). Dal punto di vista organizzativo, dunque, il partito dovrebbe abbandonare la democrazia elettiva, le gerarchie interne, ecc. e funzionare "organicamente", cioè come un organismo biologico, con le sue parti, cioè cellule e organi differenziati che però partecipano insieme al tutto.

Nei primi anni di vita del PCd'I, non esiste la figura del "segretario", ma capo riconosciuto, prima della Frazione e poi del partito, è Amadeo Bordiga (corrente di sinistra). A capo delle correnti di minoranza sono Angelo Tasca (destra) e Antonio Gramsci (centro).

Le forze

Nel 1922, al suo secondo congresso, il nuovo partito censisce 43.000 iscritti, anche in seguito alla confluenza della Federazione Giovanile Socialista che esce dal PSI quasi al completo. Il partito adotta una struttura snella, composta da un Comitato Centrale di 16 membri (cinque dei quali all'Esecutivo):

La destra di Tasca non è rappresentata, mentre al centro rimane il solo Gramsci, dato che l'altro esponente dell'Ordine Nuovo, Terracini, al momento è schierato con la sinistra. La struttura di base è composta da federazioni provinciali, sezioni locali, gruppi sindacali e una organizzazione clandestina (Ufficio Primo) per la lotta contro le bande armate fasciste. Secondo il rapporto del Comitato Centrale al II Congresso (1922), nelle votazioni alle Camere del Lavoro le mozioni presentate dai comunisti avevano raccolto quasi 600.000 voti.

Organi di stampa centrali del PCd'I:

Organi di stampa con diffusione regionale:

Il sopravvento della "bolscevizzazione"

Nel 1923 alcuni esponenti del partito, fra cui Bordiga, sono arrestati dalla polizia e processati per "complotto contro lo Stato". In tale occasione inizia il lavorìo dell'Internazionale Comunista per esautorare la maggioranza di sinistra e consegnare il partito in mano alla minoranza di centro, allineata alle posizioni di Mosca.

Nel 1924-25 viene lanciata dall'IC la cosiddetta campagna di "bolscevizzazione" che obbliga in pratica ogni partito a conformarsi alla disciplina e alle direttive di Mosca. Nel maggio del 1924 si tiene una conferenza clandestina a Como per una verifica ai vertici del partito: su 45 segretari di federazione, 35 più il segretario della Federazione giovanile votano per la Sinistra di Bordiga, 4 per il Centro di Gramsci e 5 per la destra di Tasca.

Nel 1926, al congresso di Lione, il Centro prende quasi tutti i voti congressuali, in mancanza della maggior parte dei delegati della Sinistra, impossibilitati a muoversi a causa dei controlli fascisti e del mancato sostegno dell'IC (movimenti clandestini). Un ricorso presso l'Internazionale Comunista contro l'evidente manovra non ha effetti. Il PCd'I come l'aveva concepito quella che si chiamerà Sinistra Comunista cessa di esistere. Continua l'organizzazione allineata all'Internazionale "bolscevizzata", una nuova struttura e un nuovo gruppo dirigente (nel 1922 il quotidiano L'Ordine Nuovo cessa le pubblicazioni. Nel 1924 nascerà il nuovo organo di stampa L'Unità che sarà affidato alla direzione di Gramsci).

La Sinistra Comunista continuerà la sua opera in esilio; suo organo di stampa sarà Bilan - Bulletin théorique mensuel de la Fraction italienne de la Gauche Communiste.

Nel 1926 Bordiga e Gramsci vengono arrestati e inviati al confino a Ustica. Nel 1927 viene eletto segretario Palmiro Togliatti al posto di Gramsci che nel frattempo è rinchiuso in carcere.

Nel 1930 Bordiga è espulso con l'accusa di trotskismo.

Nel 1943 Stalin scioglie la III Internazionale e i membri del PCd'I in esilio a Mosca il 15 maggio mutano il nome in Partito Comunista Italiano. Con questo nome ritorna ad operare in Italia , e dopo la caduta del fascismo, diventa un partito parlamentare ed il primo partito, come numero di inscritti e risultati elettorali fra quelli della sinistra parlamentare italiana.

Voci correlate

Bibliografia

  • La nascita del Partito Comunista d'Italia (Livorno 1921), ed. L'Internazionale, Milano 1981.
  • La lotta del Partito Comunista d'Italia (Strategia e tattica della rivoluzione, 1921-1922), ed. L'Internazionale, Milano 1984.
  • Il partito decapitato (La sostituzione del gruppo dirigente del P.C.d'It., 1923-24), L'Internazionale, Milano 1988.
  • La liquidazione della sinistra del P.C.d'It. (1925), L'Internazionale, Milano 1991.
  • Partito Comunista d'Italia, Secondo Congresso Nazionale - Relazione del CC, Reprint Feltrinelli, 1922, .
  • Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, vol. I Da Bordiga a Gramsci, Einaudi, 1967.
  • Franco Livorsi, Amadeo Bordiga, Editori Riuniti, 1976.
  • Luigi Cortesi, Le origini del PCI, Laterza 1972.

Collegamenti esterni