Live: Take No Prisoners

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Live: Take No Prisoners
album dal vivo
ArtistaLou Reed
Pubblicazionenovembre 1978
Durata98:27
Dischi2
Tracce10
GenereRock
EtichettaArista Records
ProduttoreLou Reed
Registrazione17-21 maggio 1978
al The Bottom Line di New York
Lou Reed - cronologia
Album precedente
(1978)
Album successivo
(1979)
Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[1]
Chicago Tribune[2]
Christgau's Record GuideC+[3]

Take No Prisoners è il terzo album dal vivo di Lou Reed ed è stato pubblicato nel 1978 dalla Arista Records.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante si tratti delle registrazioni dei concerti che Reed tenne al Bottom Line di New York nel 1978, l'album è quanto di più lontano da una classica esecuzione live si possa pensare. Quasi tutte le canzoni non vengono cantate ma parlate e continuamente interrotte da uno sproloquio continuo, nel quale un acidissimo Lou Reed spara a zero sul pubblico, sulla stampa musicale e su vari colleghi musicisti. Una sorta di ironico blues metropolitano che stravolge completamente i suoi pezzi più celebri, a tratti rendendoli irriconoscibili. Cinico, strafottente, rabbioso, Reed prende in giro Patti Smith («Fanculo Radio Ethiopia, amico, io sono Radio Brooklyn!»), l'attivismo politico («mi ci pulisco il culo!»), la noia di dover suonare sempre le sue canzoni più famose («Non è che non voglia suonare le vostre preferite, è che ci sono così tante favorite tra cui scegliere») e i critici musicali («...immaginate cosa voglia dire aver lavorato per un fottuto anno intero sul vostro disco, per poi vedersi dare una B+ da uno stronzetto del Village Voice). Solo occasionalmente Reed arresta lo sproloquio per suonare una canzone per intero (come nel caso di Pale Blue Eyes e Coney Island Baby) e si diverte ad interrompere a metà Walk on the Wild Side indispettendo il pubblico. Non si tratta di un disco live convenzionale, ma piuttosto di una sorta di "cabaret" messo in atto da un Reed in vena di scherzi. È interessante soprattutto dal punto di vista psicologico per entrare nel mondo di Lou Reed, nel suo cervello e nel suo tagliente e perverso senso dell'umorismo.

Copertina[modifica | modifica wikitesto]

L'illustrazione in copertina, che rappresenta un disegno di una sorta di punk in giubbotto di pelle con calze a rete e reggicalze, circondato dalla spazzatura e ritratto davanti ad un muro di mattoni con scritto a vernice il titolo dell'album, è opera del disegnatore Brent Bailer, che copiò l'idea di base dell'artista underground spagnolo Nazario.[4] Lou Reed volle utilizzare il disegno senza chiedere il permesso dell'autore originale, e per questo chiese a Bailer di disegnare un'illustrazione uguale per il suo LP. Nazario intentò causa legale a Lou Reed per il copyright dell'immagine, e conseguentemente la copertina del disco in Spagna venne sostituita con una foto di Lou Reed in concerto nel suo periodo da biondo ossigenato.[5]

Titolo[modifica | modifica wikitesto]

Secondo lo stesso Lou Reed, la genesi del titolo dell'album, ebbe una curiosa origine. Durante un concerto dell'epoca in un piccolo albergo in Québec, un tizio del pubblico, evidentemente in stato di alterazione alcolica, si rivolse alla band urlando: «Take no prisoners Lou!» («Niente prigionieri Lou!») e subito dopo iniziò a sbattere violentemente e ripetutamente la testa sul tavolo. Colpito dallo strano personaggio, Reed decise di utilizzare la frase del tizio come titolo del disco.[6]

Tracce[modifica | modifica wikitesto]

Testi e musiche di Lou Reed.

CD 1
  1. Sweet Jane – 10:44
  2. I Wanna Be Black – 6:27
  3. Satellite of Love – 7:06
  4. Pale Blue Eyes – 7:36
  5. Berlin – 6:13
  6. I'm Waiting for the Man – 13:59
CD 2
  1. Coney Island Baby – 8:37
  2. Street Hassle – 13:15
  3. Walk in the Wild Side – 16:54
  4. Leave Me Alone – 7:29

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Live: Take No Prisoners, su allmusic.com. URL consultato il 30 gennaio 2024.
  2. ^ Greg Kot, Lou Reed's Recordings: 25 Years Of Path-breaking Music, in Chicago Tribune, 12 gennaio 1992. URL consultato il 29 luglio 2013.
  3. ^ Robert Christgau, Consumer Guide '70s: R, in Christgau's Record Guide: Rock Albums of the Seventies, Ticknor & Fields, 1981, ISBN 089919026X. URL consultato il 10 marzo 2019. Ospitato su robertchristgau.com.
  4. ^ Quiosco.
  5. ^ Lou Reed Discography - Official CDs (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 1999).
  6. ^ Victor Bockris, Transformer - la vita di Lou Reed, Arcana Editrice, 1999, pag. 292, ISBN 978-88-7966-434-9

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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