Sally Can't Dance

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Sally Can't Dance
album in studio
ArtistaLou Reed
Pubblicazioneagosto 1974
Durata32:58
GenereRock
Glam rock
EtichettaRCA Records
ProduttoreSteve Katz
Registrazione18 marzo - 26 aprile 1974, Electric Lady Studios, New York
Lou Reed - cronologia
Album precedente
(1974)
Album successivo
(1975)

Sally Can't Dance è il quarto album solista di Lou Reed, nonché l'album più venduto in assoluto nella sua carriera.[1] Venne pubblicato nel 1974 dalla RCA Records.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

In seguito rinnegato dallo stesso autore, che dichiarò di essersi limitato a seguire i consigli del produttore Steve Katz, all'epoca il disco fu pubblicato per permettere ad altri album sia di Reed (come Metal Machine Music) che dei Velvet (Live at Max's Kansas City) di vedere la luce. Inoltre il disco è anche il primo album solista di Reed a non contenere nessuna canzone originariamente registrata con i Velvet Underground, e il primo disco ad essere registrato negli Stati Uniti (i precedenti tre album solisti di Reed erano stati tutti registrati in Inghilterra).

Si dice che, durante l'incisione di questo album, Lou Reed facesse così tanto uso di droghe e anfetamine da essere semplicemente una specie di zombi e che avesse partecipato pochissimo alle sedute di registrazione, limitandosi a cantare quando gli veniva messo il microfono davanti.[2]

Brani[modifica | modifica wikitesto]

A parte la canzone che dà il titolo al disco, Sally Can't Dance include NY Stars (in cui Reed prende in giro i suoi "imitatori" che cercavano di impressionarlo copiando il suo stile), la canzone più celebre del disco: Kill Your Sons (vibrante ricordo dei tempi passati da Lou negli ospedali psichiatrici dietro insistenza dei suoi genitori, durante l'adolescenza), e Billy la storia di un ex-compagno di classe di Lou partito per il Vietnam. L'ultima traccia riunisce Reed e il vecchio compagno dei Velvet Underground Doug Yule, che suona il basso nel pezzo. La band del tour promozionale per l'album comprendeva Danny Weis, chitarra; Micheal Fonfara, tastiere; Prakash John, basso, batteria. Mouse Johnson suonò la batteria nella sezione australiana del tour e in quella negli USA.

Anche se il disco ebbe molto successo ed elevò definitivamente Lou Reed al rango di superstar del rock, il musicista si lamentò sempre della produzione dell'album che riteneva non adeguata e scialba (anche perché durante le sedute di registrazione Lou ebbe un ruolo molto passivo e poco partecipe dato l'alto consumo di droga del periodo[3] ) e della riuscita delle canzoni. Inoltre dichiarò più volte che lo riteneva troppo commerciale e poco ispirato. Per la precisione, Reed si espresse in maniera molto negativa circa l'opera: «Per Sally Can't Dance non ho fatto che dormire, ho inciso la voce in una sola seduta, venti minuti, e poi addio. Loro mi davano un suggerimento e io rispondevo: Oh, va bene. Non so scrivere canzoni da ballare. Sono venute malissimo, ma stavo cantando la peggior merda del mondo».[2]

La casa discografica, la RCA Records, insistette per un rapido seguito all'album, dato il momento di fama di Reed che sembrava al culmine del successo. Stanco delle pressioni ricevute, e forte del contratto che obbligava la RCA a pubblicare qualsiasi disco il musicista avesse prodotto, Reed se ne uscì con Metal Machine Music - un'ora abbondante di feedback e rumori assordanti, dal potenziale commerciale assolutamente nullo.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[4]
Chicago Tribune[5]
Christgau's Record GuideB+[6]
Tom HullC+[7]
Piero Scaruffi5/10[8]

Quando uscì il disco, nell'agosto del 1974, sulla stampa se ne parlò parecchio. Molti furono i giudizi contrastanti, Robert Christgau su The Voice scrisse che Lou stava truffando i propri fan.[9] Richard Robinson invece recensì favorevolmente l'album, affermando che la produzione di Steve Katz era "ammirevole", ma affermò anche che la voce di Lou era tremendamente inespressiva. Ma il giudizio più caustico di tutti fu ancora dello stesso Lou Reed che demolì il proprio disco senza pietà dicendo: «È fantastico, più faccio schifo, più il disco vende. Se la prossima volta non compaio nemmeno nel disco, probabilmente arrivo al primo posto in classifica». E ancora: «Odio quel disco. Sally Can't Dance è noioso. Ti immagini cosa voglia dire aver fatto uscire quella roba a mio nome? Tingermi i capelli di biondo e tutte quelle stronzate? L'hanno voluto loro e io li ho accontentati. Sally Can't Dance è entrato nella Top Ten senza nemmeno un singolo degno di questo nome, e io mi sono detto: Oddio che merdata... Io amo i vecchi dischi dei Velvet. Non mi piacciono i dischi di Lou Reed».[10]

Tracce[modifica | modifica wikitesto]

  1. Ride Sally Ride – 4:05
  2. Animal Language – 3:05
  3. Baby Face – 5:05
  4. N.Y. Stars – 4:01
  5. Kill Your Sons – 3:40
  6. Ennui – 3:43
  7. Sally Can't Dance – 4:12
  8. Billy – 5:10

Bonus Tracks nell'edizione rimasterizzata[modifica | modifica wikitesto]

  • Good Taste (previously unreleased) - 3:30
  • Sally Can't Dance (Single version) - 2:54

Formazione[11][modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Victor Bockris, Transformer - la vita di Lou Reed, Arcana Editrice, 1999, pag. 246-247, ISBN 978-88-7966-434-9
  2. ^ a b Victor Bockris, Transformer - la vita di Lou Reed, Arcana Editrice, 1999, pag. 240, ISBN 978-88-7966-434-9
  3. ^ Victor Bockris, Transformer - la vita di Lou Reed, Arcana Editrice, 1999, pag. 241, ISBN 978-88-7966-434-9
  4. ^ (EN) Sally Can't Dance, su AllMusic, All Media Network. URL consultato il 2 settembre 2011.
  5. ^ Greg Kot, Lou Reed's Recordings: 25 Years Of Path-breaking Music, in Chicago Tribune, 12 gennaio 1992. URL consultato il 29 luglio 2013.
  6. ^ Robert Christgau, Consumer Guide '70s: R, in Christgau's Record Guide: Rock Albums of the Seventies, Ticknor & Fields, 1981, ISBN 089919026X. URL consultato il 10 marzo 2019. Ospitato su robertchristgau.com.
  7. ^ Tom Hull, The Rekord Report: Second Card, in Overdose, aprile 1975. URL consultato il 26 giugno 2020. Ospitato su tomhull.com.
  8. ^ Piero Scaruffi, The History of Rock Music. Lou Reed, su scaruffi.com. URL consultato il 24 gennaio 2024.
  9. ^ Victor Bockris, Transformer - la vita di Lou Reed, Arcana Editrice, 1999, pag. 246, ISBN 978-88-7966-434-9
  10. ^ Victor Bockris, Transformer - la vita di Lou Reed, Arcana Editrice, 1999, pag. 247, ISBN 978-88-7966-434-9
  11. ^ (EN) {{subst:#if:|[[|Sally Can't Dance]]|Sally Can't Dance}}. Note di copertina di {{{titolo}}}, [[Lou Reed]] [CD booklet], [[RCA Records]], 1974.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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