Ernesto De Angelis

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Ernesto De Angelis (... – Napoli, 1935) è stato un giornalista e politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Piazza San Sepolcro[modifica | modifica wikitesto]

Ernesto De Angelis, impiegato postale ed ex irredentista mazziniano, ha alle spalle una militanza attiva nel partito repubblicano quando il 23 marzo 1919, unico napoletano presente, partecipa a Milano al Convegno di Piazza San Sepolcro.[1] Affascinato da Benito Mussolini, il "sansepolcrista" rientra a Napoli e prende il posto di Silvano Fasulo come corrispondente per Il Popolo d'Italia; poi, seguendo con entusiasmo le indicazioni ricevute a Milano, si mette subito in moto e prende contatto con quanti hanno inviato la loro adesione formale alla riunione milanese: il tenente Armando Miceli per il "Gruppo Arditi", Giuseppe Casullo e Romolo Tirassi di Napoli, Giuseppe Leoni da Capobianco per i "Nuclei combattenti" di Avellino, Augusto Baroni di Salerno e Catello Lancella di Castellammare di Stabia. Inizia così il lavoro organizzativo per la costituzione del primo Fascio di Combattimento della città.[2]

Via Solitaria[modifica | modifica wikitesto]

La nascita del movimento fascista è annunciata il 30 marzo 1919 con un manifesto di Nicola Sansanelli, cui si sono affiancati personaggi già noti negli ambienti degli ex combattenti come Vincenzo Tecchio e Aurelio Padovani, che diverranno poi uomini di punta del fascismo campano. La sede è in via Solitaria 38 e su Il Popolo d'Italia il De Angelis la descrive come «la casa degli Arditi, il Circolo del Futurismo, la sede dell'Antipartito».[3] In realtà, il Fascio di Combattimento nasce il successivo 14 aprile, al termine di una riunione tenuta nella galleria Umberto I su iniziativa dell'Associazione Nazionalista Italiana, presenti tra gli altri, con professori, studenti e ufficiali, l'ardito Ferdinando Ferrara e i nazionalisti Enea Silvio Amoroso, corrispondente per L'Idea Nazionale, e Raffaele Pescione.[2] A questa prima manifestazione ufficiale del fascismo napoletano si registra un significativo e sintomatico scontro di tendenze e si delineano i contorni di un fascismo che tiene assieme istanze socialistoidi e temi cari al combattentismo. Il maestro repubblicano Renato Greco, infatti, pone l'accento sul carattere patriottico, non politico dell'organizzazione, ma chiede che si distingua fra socialismo e bolscevismo, incontrando l'opposizione dei nazionalisti, per i quali la sua distinzione è evidentemente politica mentre, chiariranno in una successiva riunione, il Fascio di Combattimento deve chiedere le otto ore e diventare una "borsa del lavoro degli smobilitati". Ernesto De Angelis a sua volta, vecchio repubblicano come Renato Greco, ritiene che occorra distinguere soprattutto fra Mussolini e il fascismo - una dissociazione che caratterizzerà a lungo il rapporto fra la popolazione e il regime - e dichiara che la sua adesione al movimento di Mussolini è legata soprattutto a due dei punti più significativi del progetto politico nato a Milano: la Costituente e l'antibolscevismo.[4]

Sin dai primi mesi del 1920, l'organizzazione di De Angelis scatena un'intensa attività squadristica e a fine anno, il 28 dicembre, il Fascio è in grado di organizzare una violenta protesta contro Giolitti «colpevole del Natale di sangue fiumano».[2] Tra gli squadristi si distingue sempre più l'ex capitano dei bersaglieri Aurelio Padovani, che si era già segnalato per l'audace brutalità contro i libici a Sciara el Sciatt (23 ottobre 1911) e nel giugno 1914 contro i lavoratori in sciopero durante la Settimana rossa.[5] La violenza da loro messa in campo contro le organizzazioni operaie è tale che i socialisti, allarmati e sconcertati, ne denunciano le «intenzioni evidentemente provocatorie e sopraffattrici».[4] I fascisti però non si fermano e De Angelis è molto attivo: il 23 maggio del 1920, infatti, è a Milano alla seconda adunata nazionale fascista e il 9 ottobre a Firenze per un raduno di squadristi; a novembre, infine, unico candidato fascista a Napoli, si presenta alle elezioni provinciali, ma è pesantemente sconfitto.[6]

Via Santa Maria Ognibene[modifica | modifica wikitesto]

Messo progressivamente in ombra da figure emergenti di forte spessore politico quali Sansanelli, Tecchio e Padovani, De Angelis è sostituito a Il Popolo d'Italia da Silvano Fasulo, ma nel 1923, quando il partito a Napoli è scosso dalla rottura fra Mussolini e Aurelio Padovani, ras indiscusso della Campania e luogotenente generale della Milizia, De Angelis assume un atteggiamento prudente e non segue Padovani nemmeno quando, a maggio, si fa espellere dal partito perché non accetta l'apertura ai notabili liberali, convinto che essi, aprendo la via a vecchie clientele e consorterie locali, avrebbero sfigurato il volto del partito.[7] Ripreso comunque il posto di corrispondente a Il Popolo d'Italia nel 1924, quando Fasulo è dichiarato decaduto,[8] De Angelis, benché deluso dall'evoluzione del fascismo che non ha mantenuto le sue promesse rivoluzionarie, prosegue nell'attività di giornalista e continua a partecipare alla vita politica fino alla fine del 1930 quando, ormai vecchio, si fa lentamente da parte. Muore nel 1935 e il Partito fascista, che non ha dimenticato il vecchio "sansepolcrista", nel 1936, in occasione del diciassettesimo anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento, fa erigere a Napoli, in via Santa Maria Ognibene 23, una stele in suo onore[9] che, dopo la caduta del regime, verrà distrutta dagli antifascisti assieme al monumento dedicato ad Aurelio Padovani.[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ De Felice, op. cit., p. 505 e De Antonellis 2001, op. cit., p. 135.
  2. ^ a b c De Antonellis 1972, op. cit., p. 38.
  3. ^ Giorgio Alberto Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, Firenze, Vallecchi, 1929, vol. 1º ("Anno 1919"), p. 117.
  4. ^ a b Colapietra, op. cit., p. 59.
  5. ^ Fatica, op. cit., p. 172.
  6. ^ De Antonellis 1972, op. cit., pp. 40-41.
  7. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere, 1921-1925, Torino, Einaudi, 1995, p. 416. ISBN 88-06-13991-6.
  8. ^ Colapietra, op. cit., p. 47; Archivio Centrale dello Stato, Mostra della Rivoluzione Fascista, fasc. 104 "Fasci Italiani di Combattimento".
  9. ^ De Antonellis 1972, op. cit., p. 203; Archivio di Stato di Napoli, Prefettura Gabinetto, II Versamento, Fascio 1924, "Partito Nazionale Fascista. Annuale della fondazione dei Fasci di Combattimento".
  10. ^ Fasulo, op. cit., p. 221.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Raffaele Colapietra, Napoli tra dopoguerra e fascismo, Milano, Feltrinelli, 1962.
  • Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920 (prefazione di Delio Cantimori), Torino, Einaudi, 1965. ISBN 88-06-18077-0.
  • Michele Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli (1911-1915), Firenze, La Nuova Italia, 1971.
  • Giacomo De Antonellis, Napoli sotto il regime. Storia di una città e della sua regione durante il ventennio fascista, Milano, Cooperativa Editrice Donati, 1972.
  • Silvano Fasulo, Storia vissuta del socialismo napolitano, 1896-1951 (prefazione e curatela di Giuseppe Aragno), Roma, Bulzoni, 1991. ISBN 88-7119-354-7.
  • Giacomo De Antonellis, "Ernesto De Angelis, unico sansepolcrista napoletano", in Italia Contemporanea, n. 222, marzo 2001, pp. 135–149.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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