Cucina equatoguineana

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Mercato a Ebebiyín

La cucina equatoguineana comprende le abitudini culinarie della Guinea Equatoriale e dei popoli che la abitano, come i pigmei e altri gruppi etnici dell'Africa centrale originatisi dai bantu. Essa risente dell'influenza della cucina spagnola e portoghese, lascito della presenza coloniale nel paese, nonché della cucina araba diffusasi in altri paesi africani, come il Marocco.[1]

Caratteristiche principali[modifica | modifica wikitesto]

La dieta equatoguineana si basa sul consumo di manioca, platani, igname e riso. Essendo la Guinea Equatoriale il paese più ricco dell'Africa centrale, carne e pesce sono ampiamente disponibili e, a differenza degli altri stati africani, la frutta fresca esercita un ruolo primario nell'alimentazione e viene persino servita come snack o antipasto. Gli arachidi sono la base per la maggior parte delle salse e peperoncino e altre spezie sono fortemente impiegati in cucina.[1]

Carne e pesce sono le principali fonti proteiche e possono essere avvolti in foglie e cotti o stufati, oppure serviti con arachidi in una salsa versata su platani bolliti.[2] Tra la carne selvaggina vi è un roditore chiamato chucku-chuku (atherurus) che a volte viene cotto con una salsa al cacao. Nella zona di Ureca, nel sud dell'isola di Bioko, è consuetudine mangiare sia la carne che le uova di tartarughe marine, mentre ad Annobón è diffusa la carne di balena.[3] Altri animali selvatici diffusi nel paese sono il cefalofo azzurro e un roditore dal nome Cricetomys emini.[4]

Alcuni piatti di derivazione spagnola sono l'omelette di patate[4] e la paella. Il piatto nazionale del paese è il pollo con salsa de cacahuetes, a base di pollo tagliato a pezzetti e immerso in una salsa di arachidi con cipolle, aglio, salsa di pomodoro, salsa chili e altre spezie.[2]

In Guinea Equatoriale vengono importati alcolici europei. Tra le bevande locali vi sono il vino di palma (tope) e un alcolico prodotto dalla canna da zucchero chiamato malamba.[3] L'osang è invece il tipico tè africano.[2]

Piatti principali[modifica | modifica wikitesto]

Pollo con salsa de cacahuetes
Pepe sup

La seguente lista include alcuni piatti equatoguineani citati nell'Arizona Journal of Hispanic Studies di Igor Cusack.[3]

  • Aloso godo jajondjo: un pudding di riso e cocco originario di Annobón
  • Banga sup: comprende carne, gamberi affumicati e stoccafisso cotti nell'olio di palma
  • Bekoka: pesce affumicato
  • Bita leef: una mistura di egusi, verdure, carne, pesce affumicato, olio di palma e funghi secchi
  • Bokaho: zuppa di pesce e verdure
  • Ball minà: polpette di pesce cotte con verdure, paprika e melanzane
  • Djom: un arrotolato di foglie di banane o platani che può essere ripieno di pesce, verdure o altri ingredienti
  • Djomba: pesce con salsa piccante
  • Ebafono: gambero d'acqua dolce arrotolato in foglie di platano o banana e condito con arachidi e mais
  • Itacod ja mepoo: carne affumicata condita con paprika, arachidi, pomodori e noci
  • Lomandoha: un piatto a base di pesce o sardine condito con salsa a base di malanga, cioccolato, pomodori, paprika e foglie di taro
  • Mbombi muadjakasi: pesce condito con limone e paprika e cotto in foglie di platano
  • Mua mua menoni: un piatto a base di granchio, melanzane e gombi
  • Mendja: salsa a base di foglie di manioca, verdure, melanzane, mais, malanga, datteri, banane e paprika
  • Mendjim ondondo: pesce cotto in una salsa pepata
  • Nsa nguam: carne di porcospino unita a semi di zucca, pesce affumicato, cipolle, pomodoro e olio di palma
  • Pepe sup: una zuppa di pesce, cipolle e paprika
  • Pishoja jojond'o: manioca e latte di cocco cotta in foglie di banane
  • Sup oguan: una zuppa di arachidi, pesce, carne, gombi, pomodori, olio e paprika
  • Tochi machea: lumache cotte in foglie e condite con semi di zucca, cipolle e olio di palma
  • Yeb'e: una zuppa di sardine, malanga e gambero d'acqua dolce

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Falola e Jean-Jacques 2015, p. 417.
  2. ^ a b c Long 2015, p. 184.
  3. ^ a b c Scafidi 2015, p. 92.
  4. ^ a b Scafidi 2015, p. 93.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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