Bernardino Bollati

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Bernardino Bollati, O.F.M.Obs.
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricopertiVescovo di Biella (1873-1883)
 
Nato8 aprile 1762 a Cardè
Ordinato presbitero19 febbraio 1785
Nominato vescovo21 dicembre 1818 da papa Pio VII
Consacrato vescovo3 gennaio 1819 dal cardinale Michele Di Pietro
Deceduto11 giugno 1828 (66 anni) a Biella
 

Bernardino Bollati (Cardè, 8 aprile 1762Biella, 11 giugno 1828) è stato un vescovo cattolico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Cardè, presso Saluzzo, l'8 aprile 1762, fu ordinato sacerdote per l'ordine dei frati minori osservanti a Roma, presso la basilica di Santa Maria in Aracoeli, il 19 febbraio 1785.

Fu nominato vescovo di Biella, appena ricostituita, nel 1818, facendovi ingresso il 25 aprile 1819. L'ingresso in diocesi, molto atteso, anche perché segnava il ristabilimento della stessa diocesi dopo la paretesi napoleonica, fu rimandato per una piena dell'Elvo, che bloccò il vescovo a Salussola.[1]

Gli fu affidato il compito di ricostruire una diocesi recente (eretta nel 1772), ma soppressa in epoca napoleonica a favore di quella di Vercelli da cui derivava.

Il suo episcopato si contraddistinse per l'atteggiamento di ostilità verso le dottrine gianseniste[2], che si erano diffuse a Biella ai tempi del vescovo Giulio Cesare Viancini[3] Infatti si era già distinto per aver scritto sermoni spiccatamente ultramontani: ad esempio nel 1813 in un pastorale per annunciare l'elezione di papa Leone XII aveva definito «mascherati cattolici» i giansenisti e i gallicani e per aver sostenuto L'amico d'Italia, il periodico che era legato alle Amicizie Cristiane del marchese Cesare Taparelli d'Azeglio.[2] La sua nomina a Biella era quindi in linea con la politica ecclesiastica tipica della Restaurazione, in cui la Santa Sede e la Corte di Torino erano unite nella contrapposizione alle dottrine giansenistiche diffuse in Piemonte.[4]

In occasione dei moti del 1821 dimostrò i suoi sentimenti anti-liberali, salutando la Costituzione concessa da Carlo Felice con una certa tiepidità, mentre in un'orazione funebre per Ferdinando I delle Due Sicilie pronunciata nel Duomo di Torino inveiva contro la Rivoluzione francese e i carbonari.[2][5]

Al vescovo Bollati non mancò l'opposizione di parte del clero diocesano, che sfociò in libelli anonimi opera del sacerdote Giovanni Antonio Varallo e in un'aperta ostilità contro il vicario generale Giovanni Antonio Morra, che condivideva la linea del vescovo. Morra sarà poi destituito dalla sua carica di rettore del seminario con il nuovo vescovo Placido Maria Tadini, considerato filogiansenista. Il canonico Felice Antonio Canepa, seguace della corrente giansenista dell'Università di Torino, fu uno degli avversari del canonico Morra.[6]

Curò il ripristino del catechismo diocesano dopo l'imposizione del Catechismo ad uso dell'impero del periodo napoleonico. Fece quindi ristampare nel 1823 il Compendio della dottrina cristiana ad uso della diocesi di Biella, che derivava da un precedente Compendio redatto dal vescovo Giulio Cesare Viancini.[7]

Nelle sue Relationes alla Santa Sede denunciò l'indifferenza e l'ostilità verso la Chiesa da parte dall'alta borghesia biellese, infarcita di ideali voltairriani, a cui contrappose però il riconoscimento della fede incorrotta del popolo.[8]

Celebrò i riti della Terza centenaria incoronazione della Madonna di Oropa, in un momento dal forte connotato simbolico per i tanti devoti biellesi.

Indisse il primo sinodo diocesano nel 1825, che si tenne il 19, 20 e 21 luglio[9], in cui mantenne un atteggiamento moderato, nominando a esaminatori pro-sinodali[10] alcuni preti di simpatie giansenistiche[11]. Costituì le parrocchie di Vagliumina, Favaro e Rosazza. Eresse nel 1824 la prebenda della penitenzieria per il capitolo cattedrale di Biella.[12]

Morì in carica l'11 giugno 1828. Fu sepolto nella cripta del Battistero di Biella, in posizione verticale, rivestito di tutti i paramenti per la Messa pontificale. Successivamente la salma fu esumata e deposta nella cappella centrale del cimitero comunale.[13] Fu ricordato per l'eccezionale carità verso i poveri.[14]

Genealogia episcopale[modifica | modifica wikitesto]

La genealogia episcopale è:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Angelo Stefano Bessone, Giovanni Pietro Losana (1793-1873), Biella, 2006, p. 139.
  2. ^ a b c Angelo Stefano Bessone, Il giansenismo nel Biellese, Biella, 1978, pp. 112, 234-240.
  3. ^ Angelo Stefano Bessone, Il giansenismo nel Biellese, Biella, 1978, p. 132.
  4. ^ Angelo Stefano Bessone, Il giansenismo nel Biellese, Biella, 1978, p. 234.
  5. ^ Angelo Stefano Bessone, Giovanni Pietro Losana (1793-1873), Biella, 2006, p. 387.
  6. ^ Angelo Stefano Bessone, Il giansenismo nel Biellese, Biella, 1978, pp. 238-244.
  7. ^ Angelo Stefano Bessone, Giovanni Pietro Losana (1793-1873), Biella, 2006, pp. 449-450.
  8. ^ Angelo Stefano Bessone, Uomini tempi e ambienti operai che hanno preparato Oreste Fontanella, Biella, 1985, pp. 359-360.
  9. ^ Angelo Stefano Bessone, Giovanni Pietro Losana (1793-1873), Biella, 2006, p. 113.
  10. ^ Gli esaminatori pro-sinodali vagliavano le nomine a parroco nei periodi tra un sinodo e l'altro.
  11. ^ Angelo Stefano Bessone, Il giansenismo nel Biellese, Biella, 1978, p. 240.
  12. ^ Angelo Stefano Bessone, Il giansenismo nel Biellese, Biella, 1978, p. 15, nota 8.
  13. ^ Angelo Stefano Bessone, Giovanni Pietro Losana (1793-1873), Biella, 2006, p. 611.
  14. ^ Angelo Stefano Bessone, Giovanni Pietro Losana (1793-1873), Biella, 2006, p. 142.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Delmo Lebole, Storia della Chiesa biellese, vol. 19, Biella, Tip. Unione Biellese, 1984.
  • Delmo Lebole, La Chiesa biellese nella storia e nell'arte, vol. 2, Biella, Unione Biellese, 1962.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo di Biella Successore
Giovanni Battista Canaveri, C.O. 21 dicembre 1818 - 11 giugno 1828 Placido Maria Tadini, O.C.D.
Controllo di autoritàSBN RAVV108031