Poggio Bracciolini: differenze tra le versioni

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Versione delle 21:00, 10 apr 2017

Disambiguazione – "Bracciolini" rimanda qui. Se stai cercando il poeta omonimo, vedi Francesco Bracciolini.
Raffigurazione di Poggio Bracciolini.

Giovanni Francesco Poggio Bracciolini, nome umanistico Poggius Florentinus (Terranuova, 11 febbraio 1380Firenze, 30 ottobre 1459), è stato un umanista e storico italiano. È ricordato per aver rimesso in circolazione, sottraendoli a secoli di oblio, diversi capolavori della letteratura latina; su tutti, il noto autore latino Quintiliano.

Biografia

Historia Florentina, 1478

Nato da Guccio (speziale) e da Jacoba Frutti (figlia di un notaio),[1], in gioventù si trasferì a Bologna per compiere gli studi giuridici ma, a causa di un rovescio finanziario del padre, Poggio dovette ritornare in Toscana e iniziare gli studi da notaio a Firenze. Per mantenersi iniziò a lavorare come copista. Sviluppò una calligrafia molto apprezzata, tanto che il suo nome giunse a personaggi in vista, come Coluccio Salutati e Leonardo Bruni[2]. Salutati divenne il suo méntore e lo avviò agli studi di latino e greco; ebbe notevole influenza sulla sua formazione anche l'umanista Ambrogio Traversari.

Nel 1403, ventitreenne, si recò a Roma con una lettera di presentazione di Salutati[3]. Fu prima abbreviator, poi si fece strada nella cancelleria papale fino a raggiungere, circa nel 1410[4], la carica di secretarius domesticus, ossia responsabile della redazione della corrispondenza riservata dell'antipapa Giovanni XXIII, eletto al Concilio di Pisa.

A causa delle vicissitudini del Grande Scisma d'Occidente (1378-1417) si trovò, per la sua posizione, a viaggiare in Germania ed in Francia, soprattutto per seguire i lavori del Concilio di Costanza (1414-1418). Il Concilio ebbe un esito infausto per Poggio: Giovanni XXIII fu deposto. Retrocesso di nuovo ad abbreviator e trattato con alterigia, Poggio lasciò l'incarico. Nel 1418 si recò in Inghilterra al seguito del vescovo di Winchester, il cardinale Enrico Beaufort, dove rimase per quattro anni. Nel 1423 ritornò in Italia; durante il viaggio verso Roma sostò a Colonia dove riscoprì una copia della Cena Trimalchionis, excerptum dal Satyricon. A Roma fu reintegrato nell'incarico in Curia da Papa Martino V. Fu secretarius domesticus anche dei successori Eugenio IV e Niccolò V, fino al 1453.

Attivissimo, lavorava come segretario personale del pontefice, gestiva uno scriptorium e trovava anche il tempo per effettuare traduzioni (specialmente da Senofonte e da Diodoro Siculo) e scrivere dialoghi d'argomento morale. Nel 1427 Poggio comprò una casa nel paese natale, la "Valdarnina".[5] Successivamente vi tornò almeno una volta all'anno. Nel 1436, all'età di cinquantasei anni, si sposò con la diciottenne Vaggia Buondelmonti (nata Selvaggia di Ghino Buondelmonti), appartenente a una famiglia della nobiltà feudale fiorentina.[6] Scrisse il dialogo An seni sit uxor ducenda per spiegare le ragioni di tale scelta tardiva. Vaggia gli diede sei figli: cinque maschi (Pietro Paolo, Giovanni Battista, Jacopo, Giovanni Francesco e Filippo) e una femmina (Lucrezia). Tutti i maschi intrapresero la carriera ecclesiastica, ad eccezione di Jacopo, che, dopo esser divenuto un insigne studioso, fu impiccato a Firenze nel 1478 a seguito del suo coinvolgimento nella congiura dei Pazzi. Poggio ebbe anche molti figli con la sua amante Lucia Pannelli.[5]

Nel 1453 si trasferì a Firenze, presso i Medici. Qui fu Cancelliere della Repubblica fiorentina per cinque anni. Nel 1458 si ritirò a vita privata.

Morì il 30 ottobre del 1459, a pochi mesi di distanza dalla giovane moglie (morta a febbraio). Fu sepolto, come ogni cittadino illustre, nella Basilica di Santa Croce, accanto agli altri cancellieri, e suoi amici, Salutati, Bruni e Carlo Marsuppini.

Il suo paese natale è stato rinominato Terranuova Bracciolini in suo onore.

Cacciatore di manoscritti

In conseguenza dei suoi incarichi nella Curia romana, Poggio ebbe l'opportunità di effettuare molte ricerche nelle biblioteche dei monasteri delle aree vicine a Costanza (San Gallo, Reichenau, Cluny), nelle quali riscoprì molte opere dell'antichità. In Germania si sapeva che le abbazie ed i conventi contenevano opere latine, ma nessuno le aveva trascritte né diffuse.

Poggio effettuò quattro visite nei monasteri dell'Europa centrale. I classici latini da lui riscoperti furono[7]:

Explicit del De rerum natura di Lucrezio, trascritto da Niccolò Niccoli, amico di Poggio.
Nel 1425 Poggio firma la sua trascrizione di Cicerone.
Abbazia di Cluny (1415)
  • due orazioni di Cicerone, all'epoca sconosciute agli umanisti: Pro Murena e Pro Sexto Roscio Amerino;
Abbazia di San Gallo (1416)
Abbazia di San Gallo (1417)
Città di Langres e biblioteca del Duomo di Colonia (1417)

A San Gallo nel 1416 Poggio Bracciolini trovò una copia del De architectura di Vitruvio. Il trattato, che ebbe grande importanza per l'Architettura, dal Rinascimento fino al XIX secolo, era già conosciuto[9]. Bracciolini contribuì ulteriormente alla sua diffusione.

Un altro grande ritrovamento attribuito a Poggio è il De rerum natura di Lucrezio, avvenuto a San Gallo nel 1417 (Poggio tenne segreto il nome della località)[10] nel 1417. La trascrizione del copista di Bracciolini fu immediatamente copiata dall'umanista Niccolò Niccoli. Questi due esemplari rimasero la fonte di tutte le edizioni di Lucrezio apparse nei secoli XV-XVI.

Tra il 1452 e il 1453 fu protagonista di un'accesa polemica con Lorenzo Valla in cui, all'interno del comune recupero dell'Antico, si contrapposero concezioni opposte della cultura umanistica: da una parte il metodo filologico e storicizzato e l'esigenza della scientificità e del rigore nell'uso linguistico del latino (Valla); dall'altra l'approccio di Poggio, più entusiastico ed incentrato sulla rivalutazione della continuità culturale tra cultura antica e letteratura cristiana e medievale e sul mito della retorica, personificato da Cicerone nella cui figura Poggio Bracciolini cercò una totale immedesimazione stilistica convinto della trasmissibilità attraverso le epoche dell'insegnamento degli antichi.

La grafia «minuscola umanistica»

Poggio Bracciolini ebbe il notevole merito di incentivare la grafia minuscola carolina che era caduta in disuso, sostituita dalla meno chiara scrittura gotica. Poggio continuò sulla linea del suo méntore Coluccio Salutati, convinto che la minuscola fosse la grafia usata dai Romani (e non quella che si sviluppò alla corte di Carlo Magno).

Da essa sviluppò la "minuscola umanistica rotonda", che promosse nelle sue lettere (i manoscritti ricopiati invece erano in corsivo, scrittura meno chiara ma molto più rapida). Fu una mossa decisiva nel secolo in cui sarebbe nata la stampa: infatti a fine secolo i "piombi" (caratteri tipografici) adottati in Italia furono fatti in minuscola e non in gotica. Da essi derivano anche molti caratteri a stampa odierni. Niccolò Niccoli inventò la scrittura minuscola corsiva. Poggio, dal 1408, grazie all'osservazione delle epigrafi romane, aggiunse le maiuscole. Il suo interesse per le epigrafi è dimostrato dalla redazione di una raccolta, la Sylloge (1429).

Opere

Originali

Poggio all'età di 68 anni. Manoscritto del De varietate fortunae.
File:De varietate fortunae.jpg
De varietate fortunae. Dedica di Poggio a Papa Niccolò V. In alto a destra nella pagina compare il suo ritratto.

Avendo dedicato tutta la vita alla professione di segretario personale del pontefice, Poggio Bracciolini non fu scrittore a tempo pieno. Fu comunque autore di diversi dialoghi: sull'avarizia, la nobiltà, contro l'ipocrisia. Inoltre scrisse un'opera sulla storia di Firenze.

Anni romani (1423-1453)

Nell'Urbe Poggio scrisse i seguenti dialoghi: De avaritia (1425-8, di cui informa F. Barbaro nel 1428), De infelicitate principum (1444) e Contra hypocritas (1447-9). Poi, An seni sit uxor ducenda (1436), Dialogus trium disputationum e De praestantia Caesaris et Scipionis, in realtà un'epistola-trattato diretta a Scipione Mainenti, dove difendeva il modello repubblicano utilizzando la figura di Publio Cornelio Scipione.

La lunga permanenza a Roma gli consentì di studiare approfonditamente le vestigia del passato. I suoi studi furono raccolti nel De varietate fortunae (1431-1448). Tale opera è considerata una delle più importanti testimonianze sui monumenti romani scritta nel XV secolo. Essa si apre con una descrizione delle rovine di Roma: esse sono monumentum della fragilità delle cose umane (spunto avuto probabilmente dal collega curiale Biondo Flavio, che nel 1446 scrisse un Roma instaurata, opera di 'restauro' topografico di Roma antica). A Roma Bracciolini ebbe modo anche di collezionare storie aneddotiche e novelle, successivamente raccolte nel volume Facetiae ("Facezie" o, forse più correttamente, "Fiabe", 1438-1452)[11].

Poggio raccolse il proprio epistolario in dieci libri, di cui si conoscono tre redazioni: la prima comprendeva solo le lettere al Niccoli (datate al 1435 circa), poi dal 1438 cominciò la raccolta dell'epistolario completo, che portò a termine a Firenze con le ultima lettere (scritte negli anni dal 1445 al 1459).

Poggio fu anche un fecondo autore di invettive, soprattutto quando sostenne dispute con altri umanisti.

Anni fiorentini (1453-1459)

Nel periodo in cui risiedette a Firenze, in età avanzata, scrisse:

  • un dialogo in due volumi intitolato De miseria humanae conditionis ("La miseria della condizione umana"), 1455;
  • una Historia florentina, che copriva il periodo che intercorre dalla metà del secolo precedente alla sua epoca.

Traduzioni

Dal greco al latino

Edizioni

Note

  1. ^ Emilio Bigi, BRACCIOLINI, Poggio, in Dizionario biografico degli italiani, XII, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971. URL consultato il 13 gennaio 2017.
  2. ^ Le prime prove datano al 1402-03: un manoscritto del 'De verecundia dello stesso Salutati e una sua lettera al cancelliere Pietro Turchi.
  3. ^ Greenblatt, p. 140
  4. ^ Greenblatt, p. 159
  5. ^ a b Greenblatt, p. 214
  6. ^ Greenblatt, p. 215
  7. ^ Claudio Piga e Giancarlo Rossi, Introduzione a L'avarizia di Poggio Bracciolini, Nino Aragno editore, Torino 2015.
  8. ^ Le prime quattro sono: Contra Rullum, Pro Roscio Comoedo, Pro Rabirio perduellionis reo, In Pisonem, Pro Rabirio Postumo, cui si aggiungono le tre orazioni De lege agraria.
  9. ^ Copie del manoscritto erano state possedute e studiate da Petrarca e da Boccaccio ed altre copie sono documentate in Italia a fine Trecento. Cfr. H.W. Kruft, Storie delle teorie architettoniche da Vitruvio al Settecento, 1988
  10. ^ Greenblatt, p. 53
  11. ^ Una rara edizione del 1484 delle Facezie di Poggio Brancolini è stato acquistata nel 2016 dalla Biblioteca nazionale di Firenze La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze acquista un importantissimo incunabolo, su facebook.com. URL consultato il 30 giugno 2016.

Bibliografia

  • Giovanni Fiesoli, Nella biblioteca di Poggio Bracciolini: un percorso storico e documentario tra codici ed epistole, in Memorie Valdarnesi s. IX, a. 179° (2013), pp. 81-152.
  • Stephen Greenblatt, Il manoscritto, Milano, Rizzoli, 2012.
  • R.V. Manekin, Analisi del contenuto come metodo di ricerca sulla storia del pensiero (Poggio Bracciolini). Ricerche sulla scienza delle fonti storiche, Gazzetta dell'Università di Mosca. Serie 8. Storia. 1991. N 6, pag. 72-82.
  • Emilio Bigi, «BRACCIOLINI, Poggio (Poggius, Poggius Florentinus)», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971.
  • Gianvito Resta, «Bracciolini, Poggio», in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.

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