Orobanche lucorum

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Succiamele del crespino
Orobanche lucorum
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi I
Ordine Lamiales
Famiglia Orobanchaceae
Tribù Orobancheae
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Sottoregno Tracheobionta
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Asteridae
Ordine Scrophulariales
Famiglia Orobanchaceae
Genere Orobanche
Specie O. lucorum
Nomenclatura binomiale
Orobanche lucorum
A.Braun ex F.W.Schultz, 1830
Nomi comuni

Orobanche del crespino

Il succiamele del crespino (nome scientifico Orobanche lucorum A.Braun ex F.W.Schultz, 1830) è una pianta parassita, appartenente alla famiglia delle Orobanchaceae.[1]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome generico (Orobanche) deriva da due termini greci òrobos (= legume) e anchéin (= strozzare) e indicano il carattere parassitario di buona parte delle piante del genere di questa specie soprattutto a danno delle Leguminose (nell'antica Grecia questo nome era usato per una pianta parassita della "veccia" - Vicia sativa).[2][3] L'epiteto specifico (lucorum) deriva dal latino e significa "dei boschi e delle foreste" e fa riferimento al suo habitat tipico.[4]

Il nome scientifico di questa specie è stato definito per la prima volta dal botanico tedesco Friedrich Wilhelm Schultz (1804-1876) perfezionato in seguito dal botanico tedesco Alexander Karl Braun (1805-1877) nella pubblicazione " Ann. Gew. Regensb. v. (1830) 504." del 1830.[5]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Habitus e habitat

Queste piante sono alte da 15 a 50 cm. La forma biologica è terofita parassita (T par), sono piante erbacee che differiscono dalle altre forme biologiche poiché, essendo annuali, superano la stagione avversa sotto forma di seme e sono munite di asse fiorale eretto e spesso privo di foglie. In questa specie sono presenti anche piante con forme biologiche perenni tipo geofite parassite (G par), sono piante provviste di gemme sotterranee e radici che mostrano organi specifici per nutrirsi della linfa di altre piante. Non contengono clorofilla per cui nel secco si colorano di bruno.[6][7][8][9]

Radici[modifica | modifica wikitesto]

Le radici sono fascicolate e si diramano da un bulbo o rizoma centrale. Nella parte finale sono provviste di austori succhianti che parassitano l'apparato radicale delle piante ospiti.

Fusto[modifica | modifica wikitesto]

La parte aerea del fusto è eretta, semplice (non ramosa) e subglabra; la forma è scanalata. Gli scapi terminali sono sempre fioriferi (mai sterili).

Foglie[modifica | modifica wikitesto]

Le foglie sono ridotte a delle squame prive di clorofilla (non sono fotosintetizzanti) spiralate ed hanno delle forme da lanceolate a lineari. Dimensione delle foglie: larghezza 3 – 5 mm; lunghezza 15 – 30 mm.

Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]

Infiorescenze

Le infiorescenze sono a forma di spiga o racemo più o meno denso. Le brattee dell'infiorescenza sono del tipo lesiniforme allungato; prima della fioritura formano una chioma apicale. Dimensione dell'infiorescenza: larghezza 2,5 - 3,5 cm; lunghezza 6 – 12 cm. Dimensione delle brattee: larghezza 2 – 3 mm; lunghezza 15 – 20 mm.

Fiore[modifica | modifica wikitesto]

I fiori sono ermafroditi, zigomorfi (del tipo bilabiato), tetrameri, ossia con quattro verticilli (calicecorolla - androceogineceo) e pentameri (la corolla è a 5 parti, mentre il calice anch'esso a 5 parti spesso è ridotto). In questa specie i fiori alla base sono avvolti da 3 elementi: in posizione centrale è presente una brattea; su entrambi i lati è presente una lacinia calicina profondamente bifida (non sono presenti le bratteole). Lunghezza totale del fiore: 15 – 20 mm.

X, K (4/5), [C (2+3), A 2+2], G (2), (supero), capsula
  • Calice: il calice è gamosepalo a 3 parti, ossia quattro sepali saldati 2 a 2 tipo lacinie allargate ben separate o collegate alla base, più una brattea centrale. I denti del calice sono poco differenti uno dall'altro. Dimensione del calice: 6 – 12 mm.
  • Corolla: la corolla, di tipo personato, è simpetala e consiste in un tubo cilindrico (non ristretto verso le fauci) terminante in un lembo bilabiato; dei due labbri quello superiore è intero e un po' retuso, mentre quello inferiore è trilobato con lobi più o meno uguali; i lobi inferiori sono cigliati. La superficie della corolla è pubescente-ghiandolare, ed è colorata di giallo brunastro. Dimensione della corolla: 15 – 20 mm.
  • Androceo: l'androceo possiede quattro stami didinami (due grandi e due piccoli). I filamenti sono pelosi o quasi glabri e sono inseriti alla base della corolla. Le antere, glabre, sono disposte trasversalmente e sono provviste di due logge più o meno uguali. Le sacche polliniche hanno l'estremità inferiore a forma di freccia.[7]
  • Gineceo: l'ovario è supero formato da due (o tre) carpelli ed è uniloculare; le placente sono due o quattro di tipo parietale, a volte unite al centro e portanti un numero molto elevato di ovuli. Lo stilo è del tipo filiforme e raggiunge appena le fauci della corolla; lo stigma è capitato o del tipo a 2 - 4 lobi ed è colorato di giallastro (alla fine dell'antesi è aranciato o brunastro).
  • Fioritura: da giugno a agosto.

Frutti[modifica | modifica wikitesto]

Il frutto è una capsula loculicida a forma più o meno ovoidale. I semi, molti e minuti dalle dimensioni quasi microscopiche, contengono un embrione rudimentale indifferenziato e composto da poche cellule; sono colorati di nero.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Queste piante non contengono clorofilla per cui possiedono organi specifici per nutrirsi della linfa di altre piante. Le loro radici infatti sono provviste di uno o più austori connessi alle radici ospiti per ricavare sostanze nutritive.[6][10][11] Inoltre il parassitismo di Orobanche lucorum è tale per cui anche i semi per germogliare hanno bisogno della presenza delle radici della pianta ospite; altrimenti le giovani piantine sono destinate ad una precoce degenerazione.

In genere questa specie è parassita della specie Berberis vulgaris.[8]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione della pianta
(Distribuzione regionale[12] – Distribuzione alpina[13])

Fitosociologia[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista fitosociologico Orobanche lucorum appartiene alla seguente comunità vegetale:[13]

Formazione : comunità arbustive.
Classe : Crataego-Prunetea
Ordine : Prunetalia spinosae
Alleanza: Berberidion vulgaris

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di appartenenza della specie (Orobanchaceae) comprende soprattutto piante erbacee perenni e annuali semiparassite (ossia contengono ancora clorofilla a parte qualche genere completamente parassita) con uno o più austori connessi alle radici ospiti. È una famiglia abbastanza numerosa con circa 60 - 90 generi e oltre 1700 - 2000 specie (il numero dei generi e delle specie dipende dai vari metodi di classificazione[15][16]) distribuiti in tutti i continenti.

La classificazione del genere Orobanche è problematica in quanto le varie specie differiscono una dall'altra per piccoli caratteri soprattutto nella forma del calice-corolla e per i vari colori delle parti floreali che presto tendono al bruno appena la pianta "entra" nel secco. Molte specie hanno una grande specificità dell'apparato radicale per cui una possibile distinzione è possibile tramite l'individuazione della pianta parassitata (vedi il paragrafo "Biologia").[8]

Filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

Secondo una recente ricerca di tipo filogenetico[10] la famiglia Orobanchaceae è composta da 6 cladi principali nidificati uno all'interno dell'altro. Il genere Orobanche si trova nel terzo clade (relativo alla tribù Orobancheae) insieme ai generi Boschniakia C. A. Mey. ex Bong. 1833, Cistanche Hoffmans. & Link 1809, Conopholis Wallr.1825, Epifagus Nutt. 1818, Eremitilla Yatsk. & J. L. Contr., 2009, Kopsiopsis (Beck) Beck 1930, Mannagettaea Harry Sm. 1933. Orobanche è monofiletico e rappresenta il core del clade ed è “gruppo fratello” del genere Mannagettaea e quindi di tutto il resto del gruppo.[17]

All'interno del genere Orobanche la specie Orobanche lucorum appartiene alla sezione Orobanche L.[18] caratterizzata soprattutto dalla forma del calice a tre parti ossia quattro sepali saldati 2 a 2 tipo lacinie ben separate o collegate alla base, più una brattea. L'altra sezione presente in Italia (Trionychon Wallr.) è caratterizzata dal calice diviso in 5 parti: in posizione centrale è presente una brattea, mentre su entrambi i lati sono presenti una bratteola lineare e una lacinia calicina profondamente bifida.[8]

Il numero cromosomico di O. lucorum è: 2n = 38.[19]

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[14]

  • Orobanche rubi Duby
  • Orobanche lucorum var. rubi (Duby) Beck

Altre notizie[modifica | modifica wikitesto]

L'orobanche del crespino in altre lingue è chiamata nei seguenti modi:

  • (DE) Hain-Sommerwurz o Hain-Würger
  • (FR) Orobanche de l'épine-vinette

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Orobanche lucorum, su The Plant List. URL consultato l'8 aprile 2015.
  2. ^ Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta Vol. 3, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 167.
  3. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 15 marzo 2015.
  4. ^ David Gledhill 2008, pag. 243.
  5. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato l'8 aprile 2015.
  6. ^ a b c Judd, pag. 496.
  7. ^ a b Strasburger, pag. 852.
  8. ^ a b c d Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 615.
  9. ^ Motta 1960, Vol. 3 - pag. 167.
  10. ^ a b Bennet, Mathews.
  11. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 18 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  12. ^ Conti et al. 2005, pag. 138.
  13. ^ a b c d Aeschimann et al. 2004, Vol. 2 - pag. 294.
  14. ^ a b EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 9 aprile 2015.
  15. ^ Strasburger, p. 850.
  16. ^ Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 20 ottobre 2014.
  17. ^ McNeal, Bennet, Wolfe, Mathews.
  18. ^ EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 16 marzo 2015.
  19. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato l'8 aprile 2015.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • D.Aeschimann, K.Lauber, D.M.Moser, J-P. Theurillat, Flora Alpina. Volume 2, Bologna, Zanichelli, 2004, p. 294.
  • F.Conti, G. Abbate, A.Alessandrini, C.Blasi, An annotated checklist of the Italian Vascular Flora, Roma, Palombi Editore, 2005, p. 137, ISBN 88-7621-458-5.
  • David Gledhill, The name of plants (PDF), Cambridge, Cambridge University Press, 2008. URL consultato il 9 aprile 2015 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  • Judd S.W. et al, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, ISBN 978-88-299-1824-9.
  • Alfio Musmarra, Dizionario di botanica, Bologna, Edagricole, 1996.
  • Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume secondo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 615, ISBN 88-506-2449-2.
  • Eduard Strasburger, Trattato di Botanica, vol. 2, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, ISBN 88-7287-344-4.
  • Jonathan R. Bennett e Sarah Mathews, Phylogeny of the parasitic plant family Orobanchaceae inferred from phytochrome A (PDF), in American Journal of Botany, vol. 93, n. 7, 2006, pp. 1039–1051. URL consultato il 9 aprile 2015 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  • Joel R. McNeal, Jonathan R. Bennett, Andrea D. Wolfe e Sarah Mathews, Phylogeny and origins of holoparasitism in Orobanchaceae, in American Journal of Botany, vol. 100, n. 5, maggio 2013, pp. 971-983 (archiviato dall'url originale il 3 luglio 2015).

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