Ophrys × maremmae tardans

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Ofride tardiva
Ophrys × maremmae nothosubsp. tardans
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Monocotiledoni
Ordine Asparagales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Orchidoideae
Tribù Orchideae
Sottotribù Orchidinae
Specie Ophrys × maremmae
Sottospecie Ophrys × maremmae tardans
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Liliopsida
Sottoclasse Liliidae
Ordine Orchidales
Famiglia Orchidaceae
Genere Ophrys
Specie Ophrys × maremmae
Sottospecie Ophrys × maremmae tardans
Nomenclatura trinomiale
Ophrys × maremmae tardans
O.Danesch & E.Danesch, 1984

L'ofride tardiva (Ophrys × maremmae nothosubsp. tardans (O.Danesch & E.Danesch) Del Prete, 1984) è una pianta erbacea spontanea in Italia, appartenente alla famiglia delle Orchidacee.[1]

È un'entità di origine ibridogena (O. fuciflora subsp. candica × O. tenthredinifera)[2].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

L'epiteto sottospecifico (“tardans” – dal latino “tardivo”) si riferisce al periodo della fioritura, quando le altre specie di Ophrys sono ormai sfiorite.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

È un'orchidea terrestre alta da 10 a 35 cm. La forma biologica è geofita bulbosa, ossia è una pianta perenne che porta le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presenta organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati bulbi o tuberi, strutture di riserva che annualmente producono nuovi fusti, foglie e fiori.

Radici[modifica | modifica wikitesto]

Le radici sono fascicolate e secondarie da bulbo e consistono in sottili fibre radicali posizionate nella parte superiore dei bulbi.

Fusto[modifica | modifica wikitesto]

  • Parte ipogea: la parte sotterranea del fusto è composta da due tuberi bulbosi; il primo svolge delle importanti funzioni di alimentazione, mentre il secondo raccoglie materiali nutritizi di riserva per lo sviluppo della pianta che si formerà nell'anno venturo.
  • Parte epigea: la parte aerea del fusto è semplice ed eretta. Il colore è verde.

Foglie[modifica | modifica wikitesto]

È presente una rosetta basale con foglie a forma ovato-lanceolata, ad apice acuto e alcune (mediamente 3) foglie cauline. Sulla pagina fogliare sono presenti delle nervature parallele disposte longitudinalmente (foglie di tipo parallelinervie). Quelle cauline sono progressivamente più ridotte a portamento amplessicaule e simili a brattee.

Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]

L'infiorescenza è “indefinita” (senza fiore apicale o politelica) del tipo spiciforme con pochi fiori (da 3 a 7). Questi ultimi sono posti alle ascelle di brattee a forma lineare-lanceolata con una scanalatura centrale; sono lunghe più o meno come l'ovario e nel colore possono essere simili ai tepali (altrimenti sono verdi). I fiori inoltre sono resupinati, ruotati sottosopra; in questo caso il labello è volto in basso.

Fiore[modifica | modifica wikitesto]

I fiori sono ermafroditi ed irregolarmente zigomorfi, pentaciclici (perigonio a 2 verticilli di tepali, 2 verticilli di stami (di cui uno solo fertile – essendo l'altro atrofizzato), 1 verticillo dello stilo)[3].

  • Formula fiorale: per queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X, P 3+3, [A 1, G (3)], infero, capsula[4]
Diagramma fiorale[5]
  • Perigonio: il perigonio è composto da 2 verticilli con 3 tepali (o segmenti) ciascuno (3 interni e 3 esterni). I tre segmenti esterni sono patenti a forma ovato-arrotondata e concavi. Quello mediano è spesso lievemente ricurvo in avanti. I due tepali interni (il terzo, quello centrale, chiamato labello, è molto diverso da tutti gli altri) sono più piccoli a forma triangolare e con bordi pubescenti; sono disposti in modo alternato a quelli esterni. Colore dei tepali: a rosa pallido a violetto con una nervatura verde centrale.
  • Labello: il labello (la parte più vistosa del fiore) è pubescente a forma vagamente trapezoidale; si presenta con un portamento pendente. La parte terminale è formata da due lobi di colore ocra scuro al centro dei quali è presente un apicolo (parte terminale del labello) verdastro. In questa specie non è presente lo sperone. Colore del labello: bruno-rossiccio (ai bordi è vistosamente pubescente/vellutato), con macchie lucide più chiare al centro (quasi bianche o grigie o rossatre contornate da bordi più chiari) a forma di “H” e disegni simili all'addome di un insetto.
  • Ginostemio: lo stame con le rispettive antere (in realtà si tratta di una sola antera fertile biloculare – a due logge) è concresciuto (o adnato) con lo stilo e lo stigma e forma una specie di organo colonnare chiamato "ginostemio"[6]. Quest'organo esternamente di colore verde, è posizionato all'interno-centro del fiore ed ha un portamento incurvato in avanti; è corto e ottuso. Il polline ha una consistenza gelatinosa; e si trova nelle due logge dell'antera, queste sono fornite di una ghiandola vischiosa (chiamata retinacolo). I pollinii sono inseriti su due retinacoli distinti tramite delle caudicole, mentre i retinacoli sono protetti da due borsicole[7]. La cavità stigmatica di questa orchidea è colorata di rosso scuro. L'ovario, sessile in posizione infera è formato da tre carpelli fusi insieme[3]. L'ovario non è contorto.
  • Fioritura: da aprile a maggio.

Frutti[modifica | modifica wikitesto]

Il frutto è una capsula. Al suo interno sono contenuti numerosi minutissimi semi piatti. Questi semi sono privi di endosperma e gli embrioni contenuti in essi sono poco differenziati in quanto formati da poche cellule. Queste piante vivono in stretta simbiosi con micorrize endotrofiche, questo significa che i semi possono svilupparsi solamente dopo essere infettati dalle spore di funghi micorrizici (infestazione di ife fungine). Questo meccanismo è necessario in quanto i semi da soli hanno poche sostanze di riserva per una germinazione in proprio.[8]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

La riproduzione di questa pianta può avvenire in due modi:

  • per via sessuata grazie all'impollinazione degli insetti pronubi: come per altre specie di Ophrys anche in questa l'impollinazione avviene tramite un ben definito maschio di imenottero del genere Andrena[5] che riconosce (o crede di riconoscere) nella figura disegnata sul labello una propria femmina e quindi tenta una copulazione col solo risultato di trasferire il polline da un individuo floreale all'altro. Anche il profumo (non sempre gradevole per noi umani) emesso dall'orchidea imita i ferormoni dell'insetto femmina per incitare ulteriormente l'insetto maschio all'accoppiamento. Questo fiore è privo di nettare per cui a impollinazione avvenuta l'insetto non ottiene nessuna ricompensa; questa specie può quindi essere classificata tra i “fiori ingannevoli”[9]. La germinazione dei semi è condizionata dalla presenza di funghi specifici (i semi sono privi di albume). La disseminazione è di tipo anemocora.
  • per via vegetativa in quanto uno dei due bulbi possiede la funzione vegetativa per cui può emettere gemme avventizie capaci di generare nuovi individui (l'altro bulbo generalmente è di riserva).

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Questa entità è un raro endemismo della Puglia del sud.

Il suo habitat tipico sono le garighe, le radure e macchie su substrato calcareo.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

  • Ophrys × lambrechtsiana P.Delforge
  • Ophrys × silvanae Lumare & Medagli
  • Ophrys × tardans O.Danesch & E.Danesch

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Come tutte le orchidee è una specie protetta e quindi ne è vietata la raccolta e il commercio ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES).[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Ophrys × maremmae nothosubsp. tardans, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 7 maggio 2021.
  2. ^ (EN) Ophrys × maremmae nothosubsp. tardans, su World Checklist of Orchidaceae, Board of Trustees of the Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 7 maggio 2021.
  3. ^ a b Pignatti, vol. 3, p. 700.
  4. ^ Tavole di botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 1º aprile 2010 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2010).
  5. ^ a b Judd et al., p. 140.
  6. ^ Musmarra, p. 628.
  7. ^ Nicolini, vol. 3, p. 151.
  8. ^ Strasburger, vol. 2, p. 808.
  9. ^ Strasburger, vol. 2, pp. 556, 771.
  10. ^ CITES - Commercio internazionale di animali e piante in pericolo, su esteri.it, 7 febbraio 2019. URL consultato il 7 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 27 gennaio 2021).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]