Museo civico di scienze naturali Enrico Caffi

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Museo civico di scienze naturali Enrico Caffi
Il Museo
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Località Bergamo
Indirizzopiazza Cittadella 10
Coordinate45°42′19.92″N 9°39′34.83″E / 45.705532°N 9.659674°E45.705532; 9.659674
Caratteristiche
TipoZoologia, entomologia, geologia, paleontologia
Apertura1871
Visitatori61 036 (2022)
Sito web

Il Museo civico di scienze naturali Enrico Caffi di Bergamo, situato in Città Alta nella Cittadella vicino al Civico museo archeologico di Bergamo, conserva più di un milione di reperti distribuiti su una superficie espositiva di oltre 1800 .[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il museo è nato nel 1871, anche se fu ufficialmente inaugurato nel 1918 «grazie a tutta una serie di donazioni da parte di privati e da alcune collezioni didattiche organizzate tra il 1860 ed il 1870 da docenti del Regio Istituto Tecnico».[2]

Tra le collezioni più antiche figurano la Raccolta lepidotterologica di Antonio Curò (circa 12.000 esemplari), la Raccolta ornitologica di Giovanni Battista Camozzi Vertova, e la Raccolta Malacologica (v. Malacologia) di Giovanni Piccinelli.[3]

Primo direttore dell'istituzione fu il sacerdote Enrico Caffi (San Pellegrino Terme, 1866 - Bergamo, 1950), che guidò il museo incrementandone notevolmente le raccolte fino al 1947.[1]

Nel 1960 le collezioni vennero spostate nell'attuale sede, nel Palazzo Visconteo della Cittadella.[1]

Patrimonio museale[modifica | modifica wikitesto]

Il museo è composto di diverse sezioni, dedicati alla zoologia, all'entomologia, alla geologia, alla paleontologia.

Quest'ultima sezione «è particolarmente ricca: oltre al calco in grandezza naturale di uno scheletro di allosauro, sono importanti i reperti fossili del Triassico, rinvenuti nelle valli bergamasche. Degni di nota sono inoltre i coralli del Paleozoico, le ammoniti piritizzate, resti di insetti inclusi in ambra (...), la libellula Italophlebia gervasuttii, i fossili del più antico rettile volante, l'Eudimorphodon ranzii (...), del rettile Endennasaurus acutirostris, di un fitosauro, ed i resti scheletrici degli elefanti (Elephas meridionalis) rinvenuti nelle miniere di lignite della Val Gandino».[1]

Interessante è anche la sezione dedicata all'etnografia contenente la raccolta Beltrami con reperti relativi ai nativi nordamericani.

Particolare attenzione è riservata all'attività didattica e alla interattività; nel museo si possono usare dei microscopi elettronici, o leggere libri o usare vetrine tattili (contrassegnate dalla scritta "Il museo da toccare"). Un apposito percorso con scritte in Braille è allestito per i non vedenti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN136692522 · ISNI (EN0000 0001 0664 2352 · LCCN (ENnr89003654 · WorldCat Identities (ENlccn-nr89003654