Enrico d'Aragona

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Enrico d'Aragona
Marchese di Gerace
Stemma
Stemma
In carica21 maggio 1473 -
1478
PredecessoreTommaso Caracciolo
SuccessoreLuigi
NascitaXV secolo
Morte1478
DinastiaTrastámara-Napoli
PadreFerdinando I di Napoli
MadreDiana Guardato
ConsortePolissena Ventimiglia
FigliLuigi
Giovanna
Caterina
Ippolita
Carlo
ReligioneCattolicesimo

Enrico d'Aragona (XV secolo1478) era figlio di Ferdinando I di Napoli e della sua concubina Diana Guardato, fu marchese di Gerace.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio spurio del re di Napoli Ferrante d'Aragona e di Diana Guardato, per il cui parto la donna morì, stando al racconto dei Successi tragici et amorosi di Silvio Ascanio Corona.[1]

Secondo altre fonti era figlio di Giovanna Caracciolo, ma questo renderebbe impossibile la sua nascita, in quanto la donna fu amante di re Ferrante tra il 1472 e il 1474.[2]

Il 21 maggio 1473 Enrico ottenne dal padre il feudo di Gerace, che dopo essersi liberata del dominio dei Caracciolo era diventata città demaniale. Nello stesso anno sposò Polissena Ventimiglia.[1]

Enrico è noto soprattutto per le drammatiche circostanze della sua morte. Morì infatti dopo aver mangiato dei funghi velenosi nel Castello di Terranova da Sibari, dove si era recato, ospite di Marino Correale di Grotteria, per riscuotere tributi per conto del re di Napoli. Assieme a lui morirono altre persone, mentre il fratello Cesare marchese di Santa Agata, che aveva anch'egli mangiato i funghi, sopravvisse. La moglie di Enrico, Polissena Ventimiglia[3], incinta del figlio Carlo e con i quattro figli ancora bambini (Caterina, Luigi, Ippolita e Giovanna), si rivolse a Francesco da Paola perché compisse il miracolo di salvare il marito, ma il santo le rispose di non possia fare alcuna cosa perché lo Signor Dio volia lo dicto Signor Don Enrico con ipso.

Fra i presenti al tragico episodio vi fu Joanni Maurello il quale ricordò Enrico nell'epicedio Lamento per la morte di don Enrico d'Aragona, stampato a Cosenza nel 1478 e ritenuto il più antico componimento poetico in calabrese[4].

Gli succedettero nel feudo di Gerace, dapprima il figlio Luigi (1474-1519), che nel 1492 rinunciò al titolo per diventare Protonotario apostolico, e successivamente Carlo, il figlio postumo di Enrico. Luigi, divenuto cardinale, nel 1510 fece assassinare ad Amalfi la sorella Giovanna, il marito Antonio Beccadelli di Bologna, e i tre figlioletti; questa cupa vicenda ha ispirato fra gli altri Matteo Bandello (Novella XXVI, Il signor Antonio Bologna sposa la duchessa di Malfi e tutti dui sono ammazzati), John Webster (La duchessa di Amalfi) e Lope de Vega (Il maggiordomo della duchessa di Amalfi).

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Dal matrimonio con Polissena Ventimiglia nacquero cinque figli:

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Ferran I, re d'Aragona e Sicilia Juan I, re di Castiglia e León  
 
Elionor d'Aragó i de Sicília  
Alfons V, re d'Aragona e Napoli  
Leonor de Alburquerque Sancho, conte d'Alburquerque  
 
Beatriz de Portugal  
Ferran I, re di Napoli  
Enrico Carlino  
 
 
Gueraldona Carlino  
Isabella Carlino  
 
 
Enrico d'Aragona, marchese di Gerace  
 
 
 
Zaccaria Guardato  
 
 
 
Diana Guardato  
 
 
 
 
 
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Camillo Minieri Riccio, Catalogo di mss. della (sua) biblioteca, 1868.
  2. ^ Patrizia Mainoni (a cura di), Con animo virile, donne e potere nel Mezzogiorno medievale, Viella, pp. 401-402.
  3. ^ Madama Pulissena
    Che è rimasa sula e viduvella
    gravida per più dolo e grossa prena
    Chi sta de iorno in iorno pe figliare,
    sacia de doglia e de infinita pena.
    Pasquino Crupi, Rimatori del XV secolo: Roda, Coletta, Maurello, Soveria Mannelli: Rubbettino Editore, 2002, p. 89. Polissena fu figlia di Antonio Ventimiglia marchese di Geraci, confuso spesso con il cugino Antonio Centelles e Ventimiglia. Vedi Giurato, p.130.
  4. ^ Luigi Accattatis, Vocabolario del dialetto calabrese: Casalino-Apriglianese, Castrovillari: Dai tipi di F. Patitucci, 1895-1897, p. 94.
  5. ^ https://donneprotagoniste.blogspot.com/2015/02/ippolita-daragona.html?m=1

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sharo Gambino (curatore), Lamento per la morte di don Enrico d'Aragona (1478) di Joanne Maurello, Chiaravalle Centrale: Frama Sud, 1983.
  • Franco Mosino, «Canzoni per la morte di donnu Errico de Ragona di Ionne Maurello. Testo e glossario», Rivista storica calabrese, n. 1-2, p. 279-318, 1982.
  • Rimatori del XV secolo: Roda, Coletta, Maurello (in appendice: La morte di don Enrico d'Aragona), a cura di Pasquino Crupi, Soveria Mannelli: Rubbettino Editore, 2002.
  • Simona Giurato, La Sicilia di Ferdinando il Cattolico. Tradizioni politiche e conflitto fra Quattrocento e Cinquecento (1468-1523), Soveria Mannelli: Rubbettino, 2003.
  • Enzo D'Agostino, Da Locri a Gerace. Storia di una diocesi nella Calabria bizantina dalle origini al 1480, Soveria Mannelli: Rubbettino, p. 251, 2005.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]