Omicidio di Marta Russo: differenze tra le versioni

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*[http://www.martarusso.org/ Associazione Marta Russo]
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*[http://giovanniscattone.blogspot.it/ Opinione del prof. Giovanni Sabbatucci riportata sul blog di Giovanni Scattone]
*[http://giovanniscattone.blogspot.it/2012/03/lopinione-del-professor-sabbatucci.html ''L'opinione del prof. Sabbatucci'', riportata sul blog di Giovanni Scattone] di [[Giovanni Sabbatucci]]
*[http://www.webalice.it/guido.vitiello/ Comitato per la Difesa di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro]
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Versione delle 15:22, 9 apr 2015

Targa in ricordo di Marta Russo all'Università La Sapienza di Roma

Marta Russo (Roma, 13 aprile 1975), studentessa di giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma, fu vittima di un omicidio compiuto all'interno della Città universitaria il 9 maggio 1997, quando la ragazza, che era ventiduenne, fu uccisa da un colpo di pistola.

L'omicidio fu al centro di un complesso caso giudiziario, oggetto di grande copertura mediatica alla fine degli anni novanta, sia per il luogo in cui era stato perpetrato, sia per la difficoltà delle prime indagini, che non riuscivano a delineare un movente. Nel 2003 furono condannati in via definitiva due assistenti universitari, Giovanni Scattone (per omicidio colposo e detenzione illegale di arma da fuoco) e Salvatore Ferraro (per favoreggiamento personale), i quali si sono sempre professati innocenti.

Dinamica del delitto

La mattina del 9 maggio 1997, alle ore 11:35, Marta Russo fu raggiunta da un proiettile mentre, insieme all'amica Jolanda Ricci, percorreva un vialetto all'interno della Città Universitaria, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Giurisprudenza. La ragazza fu trasportata al vicino Policlinico Umberto I, dove arrivò in coma e morì il 14 maggio. I genitori e la sorella decisero di donarne gli organi.[1][2]

La salma di Marta Russo riposa nel Cimitero del Verano di Roma.

Le indagini

A causa della complessità della scena del delitto, per ricostruire la dinamica degli eventi si dovette ricreare virtualmente il cortile dell'università con una videocamera laser tridimensionale unica in Italia, in possesso della Facoltà di Architettura dell'Università degli studi di Ferrara e in uso ai tecnici del NubLab[3] / DIAPREM[4]. Gli scanner 3D, utilizzati abitualmente per rilevare l'architettura storica in funzione del restauro, permisero in questo caso di realizzare un modello estremamente preciso e completo come base per le perizie[5]. Questa ricostruzione è stata tuttavia criticata da alcuni esperti di armi, come, alcuni anni dopo, l'ex magistrato Edoardo Mori, che afferma che le perizie non potevano sostenere con certezza che il colpo partì da una precisa stanza, scrivendo anche che a causa degli errori forensi, a suo dire commessi, si focalizzò l'attenzione sul luogo sbagliato come punto di partenza del colpo.[6]

La pista terroristica e della criminalità organizzata

Subito dopo l'omicidio, la particolarità del luogo dove era avvenuto, la coincidenza con gli anniversari della morte di Aldo Moro e di Giorgiana Masi (studentessa vittima di proiettile vagante durante una manifestazione a Roma nel 1977) e la clamorosa vittoria della destra nelle elezioni delle rappresentanze studentesche tenute il giorno precedente all'omicidio resero plausibile la tesi dell'agguato terroristico a sfondo politico, ipotesi abbandonata perché né Marta Russo né l'amica Jolanda Ricci, vicina a lei al momento dello sparo, erano iscritte a partiti o movimenti politici. Anche l'ipotesi di una nuova strategia della tensione fu presto abbandonata, come quella della criminalità organizzata, emersa anche in seguito.[7]

Le indagini iniziali furono ad ampio spettro e scandagliarono il passato di Marta, dei suoi familiari, dell'amica Jolanda e di altri testimoni. Si indagò anche sul passato del padre di Jolanda, Renato Ricci, funzionario del Ministero della Giustizia, impiegato nel Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria (Dap) e già vicedirettore del carcere di Rebibbia.[8] Il padre di Jolanda aveva dichiarato di aver ricevuto alcune telefonate anonime,[9] con minacce dirette proprio alla ragazza.[10] La Procura di Roma non fece inizialmente menzione del fatto che Renato Ricci era stato tra gli indiziati principali dei pestaggi avvenuti il 12 luglio 1972 nel carcere di cui era vicedirettore.[11][8] Venne ipotizzata una vendetta della criminalità (mafia, 'ndrangheta, banda della Magliana)[8] o un'azione dimostrativa del terrorismo rosso, che avesse per obiettivo Jolanda Ricci in quanto figlia di Renato, e non Marta Russo, colpita per errore data la vicinanza e la somiglianza da lontana (entrambe le ragazze avevano i capelli tinti di biondo e un vestito simile).[8] La pista venne abbandonata.[12]

A fine ottobre 2003, poco prima della sentenza definitiva, Giovanni Scattone rivelò la presenza sul luogo e nel giorno del delitto di un dipendente di un'impresa di pulizie risultato poi appartenente alle Nuove Brigate Rosse, Paolo Broccatelli, condannato per associazione sovversiva a 9 anni di reclusione due anni dopo, in relazione all'omicidio di Massimo D'Antona.[13][14]

Aveva, appunto, destato particolare scalpore il ritrovamento, nella notte di domenica 11 maggio 1997, di alcune cartucce in un locale dell'Istituto di Fisiologia utilizzato dagli inservienti delle pulizie.[8] Interrogati e perquisiti, risultarono estranei alla vicenda.[8] Fu individuata la finestra, dalla quale era stato esploso il colpo, negli uffici dell'Istituto di filosofia del diritto al secondo piano della Facoltà di Giurisprudenza. Gli inquirenti cominciarono a raccogliere testimonianze ma nessuna delle persone nelle stanze superiore venne collegata al terrorismo. Si parlò anche di altri scandali legati al mondo universitario.[15] Nel 2001 si verificò un caso simile a Roma, quando una religiosa venne colpita da un proiettile in via Trastevere; il colpevole non venne mai individuato.[16]

Scattone e Ferraro

Furono ascoltati, tra gli altri, una studentessa, Giuliana Olzai, il professor Nicolò Lipari, ex parlamentare democristiano, e soprattutto sua figlia Maria Chiara Lipari, che fece i nomi del professor Bruno Romano, direttore dell'istituto e noto filosofo, che fu arrestato per favoreggiamento e poi presto scagionato (Romano venne difeso dall'avvocato Giulia Bongiorno), di Gabriella Alletto, impiegata dell'istituto, di Francesco Liparota, usciere, e di due assistenti universitari, Giovanni Scattone (Roma, 7 febbraio 1968) e Salvatore Ferraro (Locri, 24 gennaio 1967)[17][18]. Una ventina di studenti testimoniarono che il "delitto perfetto" era ricorrente nei discorsi dei due assistenti universitari[19]. Durante le lezioni di filosofia del diritto, avrebbero parlato delle connessioni tra il Superuomo di Nietzsche e la figura di Raskolnikov, il protagonista immaginario di Delitto e castigo di Dostoevskij, che realizza un delitto quasi perfetto, ma poi confessa tutto; seppur considerata una pista poco consistente, gli inquirenti insistevano che avessero voluto inscenare un delitto senza movente, circostanza sempre negata con determinazione da Scattone e Ferraro.[20]

Si giunse all'incriminazione di Scattone e di Ferraro, che si proclamarono sempre innocenti, ma che fornirono alibi non confermati[21] e talvolta smentiti; assieme a loro venne rinviato a giudizio anche Francesco Liparota per favoreggiamento[22].

Sul davanzale furono ritrovate particelle di bario e antimonio, compatibili con la polvere da sparo, ma non fu possibile stabilire se effettivamente fosse un residuo di sparo.[23] Nella borsa di Ferraro furono ritrovati altri residui, secondo l'accusa resti di polvere da sparo, secondo altri polvere metallica derivata da particelle di pastiglie freno dei veicoli, diffuse nell'aria di Roma.[6] L'arma del delitto non verrà mai ritrovata.[6]

Venne accettata la ricostruzione secondo la quale Scattone e Ferraro avessero portato in aula una pistola, credendo fosse scarica o con la sicura inserita, e a Scattone sarebbe partito accidentalmente un colpo, mentre la maneggiava; oppure Scattone avrebbe sparato volontariamente (anche se venne escluso il dolo eventuale) ma non voleva colpire nessuno, ma sparare in aria; da qui la reazione concitata che sarebbe avvenuta in seguito. I due assistenti negarono sempre anche questa accusa, affermando di non avere mai avuto una pistola.[20]

Sentenze

Primo e secondo grado

Nel processo di primo grado emersero collegamenti con soggetti legati alla 'ndrangheta riguardante la provenienza della pistola, poi caduti in dibattimento.[7] La condotta dei pubblici ministeri nel corso dell'interrogatorio preliminare della testimone Gabriella Alletto, al limite della minaccia, fu definita "gravissima" dall'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi[24], e ci furono critiche da parlamentari e dal Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick. I pm affermarono difatti che l'impiegata doveva dire che Scattone e Ferraro erano nella stanza, altrimenti sarebbe stata lei sola ad essere accusata di omicidio: «Cioè, non ha capito che lei è messa male, è messa peggio de quello che ha sparato... No, la prendere... la prenderemo per omicida!»; il processo per favoreggiamento nei suoi confronti sarà poi archiviato.[24]

Nel videotape dell'11 giugno 1997 la Alletto ripeteva infatti: "Non sono mai entrata in quell'aula".[24] Il 15 settembre 1998, dopo le suddette pressioni dichiarò invece: "Ero nell'aula 6, Scattone aveva una pistola, poi ho visto un bagliore e sentito un tonfo".[24] Gabriella Alletto rese poi una contestata dichiarazione al processo, sulla presenza dei due accusati nella stanza (dichiarazione ritenuta, dai critici, forzata, ma che la donna, pur non volendone più parlare, non ritrattò mai): «Scattone aveva in mano una pistola nera, ho visto un bagliore e ho sentito un "tonfo". Ferraro si è messo le mani nei capelli, dentro c'era pure Liparota... Scattone, invece, con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola... Era il gelo assoluto. Non hanno detto nulla, poi è entrata la Lipari... Era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito bisbigliando qualcosa, forse un saluto, alla Lipari che era appena entrata. Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota.[7] In un altro video disse: «Giurai il falso sui miei figli, dovevo proteggermi (...) il ricordo non è più chiaro anche perché ho cercato di mandare via quei tremendi giorni. (...) Ho dovuto fare uno sforzo per ricordare, non volevo essere coinvolta, non volevo coinvolgere i miei figli e la mia famiglia (...) Non volevo, ma l'ho dovuto fare. L'ho fatto per amore e perché non voglio che succeda più ad altri (...) In ufficio sono stata coinvolta in un lavaggio del cervello, le persone che dovevano aiutarmi, che dovevano dirmi "Gabriella, puoi fare qualcosa", non mi hanno aiutato. Il professor Bruno Romano ha avuto un atteggiamento non buono e mi dispiace dirlo.»[7]

La Alletto denunciò poi per diffamazione il parlamentare Marco Taradash e ottenne il suo rinvio a giudizio[25]. Il deputato aveva denunciato una "montatura giudiziaria" e affermato che «a me sembrano testimonianze costruite a tavolino in cambio delle quali almeno due hanno avuto la garanzia dell'impunità».[26]

Il dibattimento di primo grado si concluse con la condanna di Giovanni Scattone per omicidio colposo (escludendo quindi il dolo[27]), e di Salvatore Ferraro per favoreggiamento, e con la legittimazione dell'operato dei pubblici ministeri nel corso dell'interrogatorio della Alletto.

Dopo la sentenza, Scattone e Ferraro, nel frattempo scarcerati e agli arresti domiciliari, furono illecitamente invitati in esclusiva a Porta a Porta dietro compenso di 130 milioni di lire ciascuno. Agostino Saccà, al tempo direttore di RaiUno, fu indagato in concorso con altri per «mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice»[28].

Nel processo di appello fu confermata la sentenza di primo grado, con un lieve aumento della pena per Scattone, accusato anche di detenzione illegale di arma da fuoco. Francesco Liparota fu condannato per favoreggiamento.[29]

Il 6 dicembre 2001, la Corte di Cassazione, su richiesta anche del Procuratore Generale, annullò la sentenza di appello.[30] Il secondo processo di appello confermò le condanne, ma con pene più miti: sei anni per Scattone, quattro per Ferraro, due per Liparota.[31]

Condanna definitiva di Scattone e Ferraro e assoluzione di Liparota (Cassazione, 2003)

Il 15 dicembre 2003 la V Sezione Penale della Corte di Cassazione, nell'assolvere l'usciere Francesco Liparota[32], condannò in via definitiva Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro[33].

Scattone, che avrebbe potuto scontare la maggioranza della pena ai domiciliari, rifiutò di confessare il delitto e preferì andare in carcere per finire di scontare gli anni rimanenti. Ferraro sconterà la pena ai domiciliari.[34]

Procedimenti correlati

Nel luglio 2005 Giovanni Scattone accusò il giornalista Paolo Occhipinti e la RCS di violazione del diritto della personalità per un articolo pubblicato sul settimanale Oggi, ma perse la causa di risarcimento dei danni, con addebito a suo carico delle spese processuali.[35]

Nell'ottobre 2005 l'investigatore privato e criminologo[36] Carmelo Lavorino fu condannato a un anno e mezzo di reclusione (pena sospesa) per calunnia nei confronti degli investigatori dell'accusa[37].

Nel maggio 2011 la XIII Sezione del Tribunale Civile di Roma, presieduta dal giudice Roberto Parziale, condannò Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro al risarcimento di un milione di euro ai familiari di Marta Russo - i genitori, Donato e Aureliana, e la sorella Tiziana - e al pagamento delle spese giudiziarie, stabilendo inoltre che La Sapienza non può essere ritenuta responsabile della morte della ragazza. Il solo Ferraro fu condannato a versare all'università 28 mila euro come risarcimento dei danni di immagine.[38]

Nell'aprile 2013 la Corte di Cassazione confermò il risarcimento delle spese del giudizio e della detenzione carceraria per € 300.468 a carico di Ferraro e a favore dello Stato italiano, motivando la sentenza con le circostanze che «il soggetto non si trova in stato di indigenza» e che «l’adempimento non comporta uno squilibrio del suo bilancio tale da precludere il suo recupero e il reinserimento sociale»[39].

Commemorazioni

Il 26 maggio 2001 la seconda edizione del torneo di scherma «Trofeo Marta Russo» è diventato internazionale. Dal 2004 ha cambiato denominazione in «Una stella per Marta».

Nel 2001 fu dedicato a Marta Russo un parco nel quartiere Labaro in Roma, adiacente a via Gemona del Friuli.[40]

Dal 14 maggio 2003 si svolge il premio «Marta Russo. La Donazione degli organi: gesto d'amore a favore della vita», rivolto agli studenti degli istituti di scuola media superiore di Roma e provincia, promosso dall'Associazione Marta Russo e dalla Provincia di Roma.

Il 5 maggio 2010 l'Istituto Comprensivo Via Italo Torsiello di Roma, frazione di Trigoria, fu intitolato a Marta Russo con una cerimonia alla quale parteciparono i genitori della ragazza.

Polemiche

Salvatore Ferraro (secondo da sinistra) alla presentazione di un suo libro sul carcere per l'associazione Il Detenuto Ignoto; la seconda da destra è Rita Bernardini.

Nel settembre 2003 Salvatore Ferraro fu ingaggiato come consulente per la sceneggiatura di un film su un serial killer[41]. Ferraro è inoltre divenuto un militante del Partito Radicale, tra i responsabili dell'Associazione "Il Detenuto Ignoto", e ha lavorato anche come collaboratore della Camera dei deputati durante il governo Prodi II, assunto da Daniele Capezzone[42], allora deputato della Rosa nel Pugno e Presidente della Commissione Attività Produttive.[43][44] Nel 2014 venne invitato a parlare del tema della riabilitazione dei carcerati in un incontro organizzato dal Partito Democratico.[1]

Nel 2011, scontata la pena e non più interdetto dai pubblici uffici, Giovanni Scattone, nel frattempo sposato da dieci anni con Cinzia Giorgio, scrittrice e sceneggiatrice (definita dai media "una sua fan", in quanto aveva organizzato numerose raccolte fondi per provare l'innocenza dell'assistente universitario, seguendo tutte le udienze del processo)[45][46][47][48][49], ottenne una supplenza in storia e filosofia presso il liceo scientifico Cavour di Roma, dove aveva studiato Marta Russo, generando pareri contrastanti tra insegnanti, genitori e studenti riguardo la sua riammissione all'insegnamento.[50][51][52] Dopo un periodo di polemiche accese, Scattone decise di abbandonare l'incarico.[53] Tornò poi a insegnare filosofia nel liceo Primo Levi[54], e in anni successivi come supplente di materie umanistiche in altri licei. Ci furono alcune manifestazioni di protesta da parte di giovani di estrema destra.[55]

Note

  1. ^ a b Campi, il Pd invita Salvatore Ferraro a presentare il suo libro ed è polemica
  2. ^ «Legata a quell'ostaggio dal cuore di Marta»
  3. ^ Laboratorio di modellazione e rilievo in tre dimensioni.
  4. ^ Development of Integrated Automatic Procedure for Restoration of Monuments.
  5. ^ La Repubblica Effetti speciali in aula targati Hollywood
  6. ^ a b c Edoardo Mori, Drammatica situazione delle scienze forensi in Italia
  7. ^ a b c d Haver Flavio, " Scattone aveva in mano una pistola ", su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 15 settembre 1998. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  8. ^ a b c d e f Flavio Haver, "Colpita per errore, il bersaglio era l'amica", in Corriere della Sera, 13 maggio 1997 (archiviato dall'originale).
  9. ^ Flavio Haver, Il padre di Jolanda, in Corriere della Sera, 13 maggio 1997 (archiviato dall'originale).
  10. ^ Enrico Ratto, Caso Marta Russo: Intervista a Giovanni Valentini, su pedro.it. URL consultato il 15 ottobre 2014.
    «Giovanni Valentini è editorialista della "Repubblica", ha diretto "L’Europeo" e poi "L’Espresso". È autore del libro "Il mistero della Sapienza - il caso Marta Russo" (Baldini & Castoldi).»
  11. ^ Anonimo, Per il massacro di Rebibbia incriminati il direttore e i vice direttori, in Lotta Continua, 29 luglio 1972 (archiviato dall'originale).
    «Il direttore del carcere di Rebibbia, il gendarme dottor Giovanni Castellano, i suoi due vicedirettori, Vincenzo Barbera e Renato Ricci, (che avevano presenziato di persona al pestaggio dei detenuti per accertarsi che le botte andassero a segno), alcuni sottufficiali e numerose guardie carcerarie, sono stati indiziati del reato di lesioni per aver sottoposto più di 45 detenuti al massacro di botte e di manganellate della notte del 12 luglio scorso. Ieri un avvocato ha sporto denuncia al magistrato perché il detenuto da lui difeso è in fin di vita in conseguenza delle botte ricevute quella notte.»
  12. ^ Cinzia Palopodi, Psicologia della Testimonianza: Il caso Marta Russo (PDF), in Tesi di Specializzazione Triennale in Scienze Criminologiche, Istituto MEME, p. 6. URL consultato il 15 ottobre 2014.
  13. ^ Mieli Paolo, Il giudice in croce e le accuse di Scattone alle Br, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 31 ottobre 2003. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  14. ^ La morte di Marta Russo, l'uomo delle pulizie e i dubbi di Scattone
  15. ^ Alla Sapienza scatta anche l' indagine interna
  16. ^ Suora colpita come Marta Russo Roma, sparo in viale Trastevere La donna in ospedale: non è grave
  17. ^ Haver Flavio, Marta Russo, scontro tra i professori, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 16 luglio 1998. URL consultato il 25 febbraio 2013.
  18. ^ Redazione, Marta Russo, un caso lungo due anni, su repubblica.it, La Repubblica, 1º giugno 1999. URL consultato il 25 febbraio 2013.
  19. ^ Di Gianvito Lavinia, " Provavano il delitto perfetto ", su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 settembre 1997. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  20. ^ a b Kennedy, Frances. "It was the perfect crime. So who made the fatal error?", The Independent, 1999-06-08. Retrieved on 2009-07-08.
  21. ^ Brogi Paolo, Nuovo alibi per Scattone, un'altra donna nel mistero, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 15 luglio 1997. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  22. ^ Haver Flavio, "Testimone flop" per l' alibi di Scattone, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 25 aprile 1998. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  23. ^ L'omicidio di Marta Russo nella ricostruzione di Roberta Bruzzone (I parte)
  24. ^ a b c d la Repubblica/fatti: Marta Russo, i due pm rischiano la sostituzione
  25. ^ Brogi Paolo, Gabriella Alletto ottiene il rinvio a giudizio di Taradash, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 13 febbraio 1999. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  26. ^ Alletto: Taradash rinviato a giudizio
  27. ^ Haver Flavio, Marta Russo, scontro sulla sentenza, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 9 febbraio 2001. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  28. ^ Haver Flavio, Saccà, direttore di RaiUno indagato per i milioni dati a Scattone e Ferraro, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 12 dicembre 1999. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  29. ^ Haver Flavio, "Ecco perché Scattone sparò ", su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 maggio 2001. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  30. ^ Haver Flavio, Delitto Marta Russo «È stato il diavolo a premere il grilletto», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 19 ottobre 2002. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  31. ^ Haver Flavio, «Condanna più severa a Scattone», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 maggio 2003. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  32. ^ Redazione, «Liparota era terrorizzato» La Cassazione: non è punibile, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 23 luglio 2004. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  33. ^ Di Gianvito Lavinia, Marta Russo, libero Scattone «Voglio un lavoro e dei figli», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 3 aprile 2004. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  34. ^ Giovanni Scattone - Biografia
  35. ^ Redazione online, Negato risarcimento a Giovanni Scattone, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 28 luglio 2005. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  36. ^ Meredith Kercher “uccisa solo da Guede”: Carmelo Lavorino, criminologo, convinto
  37. ^ Di Gianvito Lavinia, «Marta Russo, non ci fu complotto», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 15 ottobre 2005. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  38. ^ Redazione online, Morte di Marta Russo, Scattone e Ferraro dovranno risarcire la famiglia, su corriere.it, Il Corriere della Sera, 5 maggio 2011. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  39. ^ Fonte: Il Fatto Quotidiano, 18.04.2013, "Marta Russo, Cassazione conferma oltre 300mila euro di spese"
  40. ^ Corriere della Sera articolo del 29 dicembre 2001 [1]
  41. ^ Haver Flavio, Ferraro si dà al cinema. «Esperto» per un serial killer, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 24 settembre 2003. URL consultato il 23 febbraio 2013.
  42. ^ Capezzone aveva seguito il caso e definì "teppistico" il comportamento di alcuni magistrati, subendo poi una condanna per diffamazione
  43. ^ Adesioni al digiuno di dialogo con la Commissione giustizia della Camera per l'Amnistia
  44. ^ Un lavoro alla Camera, polemica su Ferraro
  45. ^ Scattone e Ferraro, lacrime e gioia. "Ora va trovato il vero assassino"
  46. ^ Marta Russo, Scattone si sposa con una sua fan
  47. ^ Corriere della Sera, Nozze segrete per Scattone, 15 ottobre 2001, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 29 novembre 2011.
  48. ^ Corriere della Sera, 'Credo soltanto alla giustizia divina', 2003, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 29 novembre 2011.
  49. ^ Marta Russo, moglie di Scattone: "Mio marito innocente", su blitzquotidiano.it. URL consultato il 29 novembre 2011.
  50. ^ Fonte: La Repubblica, 26.11.2011, "Scattone nella scuola di Marta Russo. La madre: «Non dovrebbe educare i giovani»"
  51. ^ Fonte: Ansa,29.11.2011,"La mamma di un'allieva di Scattone",
  52. ^ Fregonara Gianna, UNO SBAGLIO CHE RINNOVA IL DOLORE, su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 26 novembre 2011. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  53. ^ Fregonara Gianna, Scattone: «Rinuncio alla cattedra», su archiviostorico.corriere.it, Il Corriere della Sera, 26 novembre 2011. URL consultato il 24 febbraio 2013.
  54. ^ Scattone dal carcere alla cattedra insegna storia e filosofia al liceo, La Repubblica, 6 ottobre 2005.
  55. ^ Marta Russo, Scattone farà il professore di liceo: supplente di storia fino a giugno

Bibliografia

  • Giovanni Valentini, Il mistero della Sapienza. Il caso Marta Russo, Baldini e Castoldi, 1999.
  • Alberto Beretta Anguissola, La prenderemo per omicida. Caso Marta Russo: il dramma di Gabriella Alletto, Koinè, 2001.
  • Marco Catino, Sociologia di un delitto. Media, giustizia e opinione pubblica nel caso Marta Russo, Roma, Luca Sossella, 2001.
  • Rita Di Giovacchino, Il libro nero della Prima Repubblica, Fazi, 2005.
  • Nino Luca, Parentopoli. Quando l'università è affare di famiglia, Marsilio, 2009.
  • Salvatore Ferraro, La pena visibile o della fine del carcere, Rubbettino, 2013.

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