Giosuè Carducci: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Pagina svuotata completamente
m Annullate le modifiche di 93.145.2.51 (discussione), riportata alla versione precedente di Etienne (Li)
Riga 1: Riga 1:
{{Membro delle istituzioni italiane
|nome = Giosuè A. M. Carducci
|istituzione=Senato del Regno
|immagine = Carducci.jpg
|luogo_nascita = Valdicastello ([[Pietrasanta]], [[Lucca]])
|data_nascita = [[27 luglio]] [[1835]]
|luogo_morte = [[Bologna]]
|data_morte = [[16 febbraio]] [[1907]]
|titolo =
|professione =
|partito =
|legislatura = [[Senatori del Regno XVII Legislatura|XVII]]
|gruppo_parlamentare =
|coalizione =
|circoscrizione =
|nomina_senatore_a_vita =
|data_nomina_senatore_a_vita =
|incarichi =
}}
{{Bio
|Nome = Giosuè Alessandro Michele
|Cognome = Carducci
|Sesso = M
|LuogoNascita = Valdicastello
|LuogoNascitaLink = Pietrasanta
|GiornoMeseNascita = 27 luglio
|AnnoNascita = 1835
|LuogoMorte = Bologna
|GiornoMeseMorte = 16 febbraio
|AnnoMorte = 1907
|Attività = poeta
|Epoca = 1800
|Attività2 = scrittore
|Nazionalità = italiano
|Premio1 = Nobel
|Specialità1 = letteratura
|AnnoPremio1 = 1906
}}

==Biografia==
[[Immagine:Busto Carducci Verona.JPG|thumb|200px|right|Carducci raffigurato in busto nella [[Biblioteca Civica di Verona]]]]

===L'infanzia===
Nacque nel [[1835]] a [[Valdicastello]] ([[Pietrasanta]], [[Lucca]]) da Michele e Ildegonda Celli, ma nel [[1839]] la famiglia si trasferì a [[Bolgheri]], dove il padre, implicato nei [[moti carbonari]] del [[1831]], esercitava la professione di [[medico]] condotto.

===Gli studi===
Nel [[1849]] la famiglia si stabilì a [[Firenze]] dove Giosue compì gli studi presso gli [[Padri Scolopi|Scolopi]] acquisendo una buona preparazione in campo letterario e retorico e, nel [[1853]], dopo aver vinto il concorso per un posto gratuito presso la [[Scuola Normale Superiore di Pisa]], si iscrisse alla Facoltà di Lettere, dove nel [[1855]] conseguì la laurea con una tesi sulla [[Poema cavalleresco|poesia cavalleresca]] e nello stesso anno pubblicò le sue prime poesie sul mensile "L'Arpa del popolo".

===L'insegnamento===
Nel [[1856]], dopo essersi trasferito a Santa Maria a Monte, piccolo borgo nella provincia di [[Pisa]], insegnò [[retorica]] presso il Ginnasio di [[San Miniato]] vivendo l'intensa esperienza che riporterà poi, nel [[1863]], nelle pagine di carattere [[Autobiografia|autobiografico]]: ''Risorse di San Miniato''. Nel corso di questo anno il poeta andò affermando la sua poetica anti-romantica e, con il gruppo di amici formato da [[Giuseppe Chiarini]] (1833-1908), [[Ottavio Targioni Tozzetti]] (1833-1899), [[Tommaso Gargani]] (1834-1862) ed Enrico Nencioni (1837-1896), fondò la società letteraria degli ''Amici pedanti'', dal taglio fortemente [[Classicismo|classicistico]] e anti-romantico, intervenendo in modo battagliero nelle discussioni tra [[Alessandro Manzoni|manzoniani]] e anti-manzoniani, ai quali ultimi appartiene.<br> Nel luglio dello stesso anno ottiene l'abilitazione all'insegnamento, ma non viene ratificata dal [[Granduca|governo granducale]] la sua designazione per concorso al ginnasio di [[Arezzo]].

===Le idee politiche===
Sospettato dalla polizia per le sue idee [[Partito Repubblicano Italiano|filo-repubblicane]], il [[9 aprile]] [[1858]] venne sospeso dall'insegnamento e per la durata di tre anni visse a Firenze guadagnandosi da vivere lavorando presso l'editore Barbera, del quale curava l'edizione dei piccoli volumi della "Bibliotechina Diamante", e dando lezioni private. Negli anni del trasformismo, il poeta conquistò un posto centrale nella struttura ideologica e culturale dell'Italia umbertina, giungendo ad abbracciare le idee politiche di [[Francesco Crispi]].
Il [[30 settembre]] [[1894]] pronunciò il discorso per l'inaugurazione del nuovo Palazzo degli Offici (ora Palazzo Pubblico) nella [[Repubblica di San Marino]].

===I lutti===
Fu colpito nel giro di due anni da due gravi lutti: nel [[1857]] [[Morte|morì]] il fratello Dante, suicidandosi nella casa santamariammontese del poeta secondo la versione ufficiale, ma forse ucciso accidentalmente dal padre dopo un litigio secondo una più recente versione, e nel [[1858]] lo stesso padre si [[Suicidio|suicidò]] per il dolore o, forse, per il rimorso; entrambi vennero sepolti nel vecchio cimitero del paese, dove oggi sono ancora visibili le lapidi. <br> Carducci trascorse un periodo di grande sconforto, che espresse in alcune sue liriche ricordando il "colle" ove ebbe luogo la tragedia, ovvero Santa Maria a Monte.<br> Il 7 marzo [[1859]] il [[matrimonio]] con la cugina [[Elvira Menicucci]]<ref>figlia del sarto militare Francesco Menicucci e della sua prima moglie</ref>, dalla quale ebbe quattro figli (Dante, Bice, Laura e Libertà (Titti)), lo aiutò a superare il dolore dei lutti.

Fu di nuovo colpito da gravi lutti familiari nel [[1870]] con la morte della madre e del figlio [[Dante Carducci|Dante]], deceduto in tenera età, a cui dedicò la poesia "[[Pianto antico]]".

===Il ritorno all'insegnamento===
Riammesso all'insegnamento, gli venne affidato un incarico presso il Liceo Classico Niccolò Forteguerri di [[Pistoia]] dove insegnò per tutto il 1859 [[Letteratura Latina|Latino]] e [[Letteratura Greca|Greco]].

Con decreto del [[26 settembre]] [[1860]] venne incaricato dall'allora Ministro della Pubblica Istruzione [[Terenzio Mamiani|Terenzio Mamiani Della Rovere]] a tenere la cattedra di Eloquenza Italiana, in seguito chiamata [[Storia della Letteratura Italiana|Letteratura Italiana]] presso l'[[Università di Bologna]], dove rimarrà in carica fino al [[1904]]. Pubblicò nel frattempo ''Juvenilia'', che raccoglie tutte le poesie del decennio precedente.

Nel [[1863]] pubblicò con lo pseudonimo di Enotrio Romano l' ''Inno a Satana'' che, pur ottenendo successo, fomentò vivaci polemiche. Sempre di quell'anno è la pubblicazione ''Delle poesie toscane di A. Poliziano''.

===La poesia laica===
La sua poesia, intanto, sotto l'influsso delle [[Letteratura|Letterature]] straniere ed in particolare di quella [[Letteratura francese|francese]] e [[Letteratura tedesca|tedesca]], divenne sempre più improntata di [[laicismo]], mentre le sue idee politiche andavano orientandosi in senso [[Repubblica (forma statuale)|repubblicano]]. Oltre all' ''[[Inno a Satana]]'' pubblicò, nel [[1868]], la raccolta maggiormente impegnata dal punto di vista politico: ''Levia Gravia''.

===Poeta nazionale===
Nel [[1871]] il poeta conobbe [[Carolina Cristofori]] (moglie dell'ex-garibaldino [[Domenico Piva]] e madre di [[Gino Piva]]), una donna ricca di ambizioni culturali, con la quale iniziò un fitto scambio epistolare, che nel [[1872]] sfocerà in una relazione amorosa. Alla donna, chiamata Lina o Lidia nelle lettere e in alcune poesie, dedicherà molti dei suoi versi e fu proprio in questo periodo che la fama del poeta, come guida nazionale della cultura italiana, si consolidò. Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in ''Rime Nuove'' ([[1861]]-[[1887]]) e in ''Odi barbare'' ([[1877]]-[[1889]]).

Proseguì l'insegnamento universitario e alla sua scuola si formano personalità come [[Giovanni Pascoli]]<ref>[http://www3.unibo.it/avl/storia/carducci.htm Universitàdi Bologna]</ref>, [[Severino Ferrari]]<ref>[http://www.casacarducci.it/comitatonazionale/profilo.htm Comitato Nazionale per il centenario della morte di Giusuè Carducci]</ref>, [[Renato Serra]], [[Alfredo Panzini]]<ref>Vedi l'opera ''Carducci'' di REnato Serra e Alfredo Panzini</ref>, [[Manara Valgimigli]]<ref>http://www.liceolevi.it/manaravalgimigli.htm</ref> ed [[Emma Tettoni]]<ref>http://www.archiviostorico.unibo.it/template/detailArchivioEventi.asp?IDFolder=491&IDImmagine=112876&IDOggetto=112872</ref>.

Nel [[1873]] si recò per la prima volta a [[Roma]] e pubblicò ''A proposito di alcuni giudizi su A. Manzoni'' e ''Del rinnovamento letterario d'Italia''.

Nel [[1874]], fece pubblicare la prima edizione a stampa dell'opera di [[Leone Cobelli]], storico del XV secolo, le "Cronache Forlivesi", di cui aveva curato l'edizione insieme ad [[Enrico Frati]].

Nel [[1878]], in occasione di una visita della famiglia reale a [[Bologna]], scrisse l'''Ode Alla Regina d'Italia'' in onore della regina Margherita, ammiratrice dei suoi versi, e venne accusato di essersi convertito alla [[monarchia]], suscitando quindi forti polemiche da parte dei repubblicani.

Negli anni che seguirono collaborò con il [[giornale]] "Fanfulla della Domenica", di impronta filo-governativa (1878), pubblicò le ''Nuove Odi Barbare'' e i ''Giambi ed epodi'', collaborò alla Cronaca bizantina e lesse il famoso discorso ''Per la morte di Garibaldi'' (1882).<br> Sulla Cronaca bizantina uscirono nel [[1883]] i [[Sonetto|sonetti]] del ''Ça ira'' e nel [[1887]] pubblicò ''Rime nuove''. Il corso che tenne all'Università nel [[1888]] sul [[poema]] [[Il giorno]] di [[Giuseppe Parini|Parini]] produsse l'importante saggio ''Storia del "Giorno" di G. Parini''. Nel [[1889]], dopo la pubblicazione della terza edizione delle ''Odi Barbare'', il poeta iniziò ad assemblare l'edizione delle sue ''Opere'' in venti volumi, lavoro che si concluse nel [[1899]].

===La nomina a senatore===
Nel [[1890]] venne nominato [[senatore]] e negli anni del suo mandato sostenne la [[politica]] di [[Francesco Crispi|Crispi]], che attuava un governo di stampo conservatore, anche dopo la [[Adua|sconfitta di Adua]].<br/>
Conobbe in quello stesso anno la scrittrice [[Annie Vivanti]] con la quale instaurò un'intensa [[amicizia]] sentimentale.

===Gli ultimi anni di vita===
Nel [[1899]] pubblicò la sua ultima raccolta di versi, ''Rime e Ritmi'', che comprende, fra l'altro, l'ode ''La chiesa di [[Polenta di Bertinoro|Polenta]]'', con cui lega questa località alla storia di Paolo e Francesca ed alla vita stessa di [[Dante]].

Nel 1904 fu costretto a lasciare l'insegnamento per motivi di salute. Nel [[1906]] l' Accademia di [[Svezia]] gli conferì il [[Premio Nobel]] per la letteratura, il primo ad un [[italia]]no con la motivazione:

{{quote|''Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica''|Motivazione del Premio Nobel}}

La [[morte]] lo colse a Bologna il 16 febbraio del 1907. È sepolto alla [[Certosa di Bologna]].

==Onori==

Gli è stato dedicato un [[Cratere meteoritico|cratere]] su [[Mercurio (astronomia)|Mercurio]]<ref>{{en}}[http://planetarynames.wr.usgs.gov/jsp/FeatureNameDetail.jsp?feature=61186 Mercury: Carducci] </ref>.

==Storicismo e Classicismo in Giosuè Carducci==
{{P|recensione e commenti personali|letteratura|febbraio 2009}}
{{F|letteratura|febbraio 2009}}

Conoscitore delle correnti letterarie straniere, tra le quali quella tedesca, la francese e l'inglese, egli concepì la letteratura in senso storicistico, come linguaggio di popolo che, riandando alle proprie radici, interpreta il suo processo presente e futuro secondo leggi e prospettive ben precise, pur con le variabili che di volta in volta emergono. Di qui il collegamento con il pensiero filosofico di Kant e di Dilthey; e con quello critico letterario di De Sanctis e Puoti, considerati suoi maestri.</br>
Carducci s'impegnò inoltre nell'indagine filologica, scoperta secoli prima dal Poliziano, se non da Dante e Petrarca, per sondare ancor più quanto letteriariamente e storicamente egli andava cercando. E assieme all'Ascoli, Manzoni, Puoti, si sforzava di riproporre la purezza linguistica, libera dalle intrusioni che si erano andate accumulando nei secoli scorsi a seguito delle invasioni straniere; e sull'esempio di quanto aveva attuato in Francia Malherbe.

Egli fu influenzato dal pensiero di W. Dilthey: in particolare da “La introduzione alle scienze e dello spirito” (1883) e dagli studi da questi condotti sul pensiero di Schleiermacher, che nel campo estetico avrebbero avuto approfondimenti in Croce e in quello filosofico da M. Heidegger.

Carducci ritiene che il processo storico dei popoli debba trovare sostegno nelle radici culturali, base della loro civiltà. È pure convinto che la storia non ripete gli schemi del passato per le diverse situazioni da affrontare e il più vasto numero dei popoli con i quali si viene a contatto. Per cui, se necessaria risulta l'analisi storica (compresa quella letteraria artistica e filosofica) per aver coscienza delle proprie radici, nel contempo occorre operare intuitivamente nella risoluzione dei nuovi problemi, di qualunque natura essi siano: letterari, artistici, religiosi e filosofici. Donde la necessità congeniale delle persone preposte alla cosa pubblica , culturale e economica; senza della quale si rischia di avvizzire nei meandri di un passato incapace di alternative.</br>
Ritiene che i poeti, gli artisti siano gli antisegnani di tale processo; magari in un primo momento oggetto di contestazione e di critica negativa perché non capiti, dato che per natura la massa è piuttosto conservatrice. Da qui il concetto di poeta vate, a lui attribuito: del resto non si spiegherebbe il percorso della poetica carducciana, tanto osannata, quanto criticata.

Tuttavia l'enfasi, relativa all'indagine storica, considerata sotto l'aspetto filosofico, riguarda chi è impegnato socialmente e culturalmente, tanto da porsi in polemica aperta con la classe dirigente e politica dell'epoca, che, benché legata agli ambienti massonici, voleva mantenere un certo equilibrio con la gerarchia cattolica, soprattutto dopo la presa di Roma nel 1870.
È questo il momento dell'inno “ A Satana”: un tributo alle conquiste della scienza e del progresso in genere; ma il solo titolo suonava male agli orecchi più ortodossi dell'epoca; e di “Dopo Aspromonte”, di “ça Ira”, di “ Piemonte”. Momenti fugaci che con l'andar del tempo e soprattutto con il sopravvenire di un maggior equilibrio interiore il poeta entra in un'area, forse più consona al suo io: la poesia dei ricordi e degli affetti, supportata da una cultura classica che in lui non era mai venuta meno. È questa l'epoca delle “Rime Nuove”, dell'ammirazione della campagna toscana, degli amori giovanili mai dimenticati, degli affetti famigliari, dei sogni mitici dell'antica Ellade e della grandezza di Roma, dei desideri di un tempo e realizzati solo in parte. “Davanti a S. Guido” del 1874 e rivista nel 1886, segna l'avvio di un traguardo poetico che trova nell'antica poesia greca e nei ricordi più cari dell'infanzia il motivo più puro. I cipressi costituiscono nell'intenzione poetica il coro della tragedia ellenica il quale intreccia con il protagonista, lo stesso poeta, un dialogo quanto mai problematico. Da un lato la tentazione di ritornare indietro nel tempo e assaporare nel paesaggio che lo videro fanciullo la dolcezza di sogni e di affetti, ormai perduta; dall'altro canto, da parte di Carducci che il treno sta trasportando lontano, il tentativo di resistere a quelle voci che gli fanno intravedere un sogno impossibile a realizzarsi, nonostante “vedi come pacato e azzurro è il mare/ Come ridente a lui discende il sol”. E Pan, la divinità della solitudine campestre nell'ora assolata del meriggio, dissolverà tutte le sue pene. Da ultimo il personaggio della nonna dall'accento versiliese e che riposa nel piccolo cimitero alto sulla collina e gli vuole narrare, ancora una volta, la novella della fanciulla che ha perduto il suo amato, vittima di un sortilegio. Ma nulla! Il poeta con il pianto nel cuore è trascinato via dal treno verso Bologna dalla sua Tittì, la cara bambina che l'aspetta.

Quelli della piena maturità sono gli anni della riflessione interiore, a seguito di lutti dolorosi che l'hanno colpito. “Pianto Antico” ricorda la morte del figlioletto Dante che, a sua volta, ricordava nel sacro nome del sommo Poeta, la tragica morte del fratello. L'uno e l'altro accumunati nel pianto di “Funere mersit acerbo”; e accanto a questi l'immagine della madre, rivivendola in “Sogno d'estate” tra i prati fioriti delle colline toscane assieme alla lontana visione del mare con nel cuore i sogni di un adolescente, attratto dalle letture omeriche. Il tutto immerso nella luce solare della prima estate, quando la vita promette ogni cosa.

Adesso il poeta è disilluso, nonostante la fama, la carriera universitaria, gli scritti da ogni angolo di critica osannati. Nel suo giardino in pieno giugno vede rifiorire il melograno dai fiori vermigli e che attirava il suo bambino di cui non avverte più le grida gioiose perché “Nella terra fredda,... nella terra negra,”...né il sol potrà più rallegrarlo, né l'amore riportarlo in vita.
Il poeta, di tanto in tanto, ritorna agli amori poetici di un tempo, soprattutto della tradizione greca. Ed ecco “ Primavere elleniche” (I. Eolia, Dorica e Alessandrina). Egli immagina d'essere accompagnato per quei mari e quei cieli di azzurro cristallino da Lina, la donna amata, nel periodo quando febbraio sta per finire e la primavera sta per rifiorire, nonostante le cime del Feriale siano ancora innevate sfavillando al sole, mentre il fiume Castalia comincia a rumoreggiare con le acque che stanno scendendo lucide. Delfi richiama Apollo con la musicalità delle sorgenti e i canti degli uccelli.

E il dio ritorna dal freddo settentrione ai luoghi a lui noti, alle piante d'alloro ancora infreddolite. Lo accompagnano due bianchi cigni; e per dove passa riporta il sereno, mentre sul capo tiene la benda offertagli dal padre Giove. I suoi capelli, mossi dalla brezza, esprimono un sntimento d'amore, manifestato dal suono della lira che tiene tra le mani. Le isole Cicladi, come danzando, fanno da contorno . Intanto quelle lontane di Cipro e di Citera plaudano a lui che arriva. Una leggera imbarcazione dalle rosse vele lo accompagna attraverso il mar Egeo; al timone, armato dal plettro d'oro, sta Atlante; mentre la poetessa Saffo, innamorata, prende posto sul veliero. Un tripudio di felicità e di sentimenti divini fa da contorno ai due amanti in quel mare violaceo e sotto un cielo divino. Una fantasia fuori da ogni dimensione umana; un'enfasi mistica ove lasciarsi perdere e sognare.
Questo il Carducci più vero? Difficile a dirlo. Forse il rifugio ove abbandonarsi nei momenti di delusione e smarrimento per rinvenire una ragione di vita!

Ormai anziano e forse attratto dai ricordi dell'infanzia, compose “ La chiesa di Polenta”, restaurata. Alla fine ecco la preghiera indirizzata alla Vergine, quando alla sera la campana annuncia la fine della giornata. Tutti in quel momento pregano Maria sia da parte de “piccioli mortali” come dai grandi geni dell'umanità. Un flusso melodico passa dalla terra al cielo. Accanto ai ricordi dei propri trapassati una volontà di pianto sorge spontanea dopo le fatiche della giornata. E intanto cala il silenzio su tutto, nel mentre il tramonto sfuma e le foglie più alte dei rami, mosse dalla brezza, sembrano ripetere il saluto mariano.

Quello del Carducci costituisce un percorso in un momento storico, dalle prospettive ancora molto incerte in un insieme di entusiasmi e ( perché no?) di paure per un futuro, ancora avvolto dalle nebbie del dubbio.

==Produzione poetica==
{{Nota
|allineamento = destra
|larghezza = 40%
|titolo = Cronologia delle opere
|contenuto =<br>
*1863 - ''Inno a Satana''
*1866-1867 - ''Della varia fortuna di Dante''
*1867 - Lavora all' ''Idillio maremmano'' che terminerà nel 1872
*1868 - ''Levia Gravia''
*1868 - Inizia a lavorare sul saggio ''Dello svolgimento della letteratura nazionale'' che termina nel 1871
*1871 - ''Pianto antico''
*1871 - ''Poesie''
*1872 - ''Primavere elleniche''
*1873 - ''Nuove poesie di Enotrio Romano''
*1874 - ''Davanti a San Guido'' e ''Nostalgia''
*1875 - ''Faida di comune'', ''Tedio invernale'', ''Alla stazione in una mattina d'Autunno'', ''Mors - nell'epidemia difterica''
*1876 - ''Alle fonti del Clitumno''
* 1877 - ''Odi barbare''
*1878 - ''Alla regina d'Italia''
*1880 - ''Sogno d'Estate''
*1881 - ''Nevicata''
*1882 - ''Nuove Odi barbare'', ''Giambi ed Epodi'', ''Confessioni e battaglie'' a cui seguiranno altri due volumi nel 1883 e 1884
*1883 - ''San Martino'','' Visione'', ''Ça ira''
*1885 - ''Il comune rustico''
*1887 - ''Rime Nuove''
*1888 - ''Jaufré Rudel''
*1889 - ''Terze Odi Barbare''
*1890 - ''Piemonte''
*1892 - ''Storia del Giorno di Giuseppe Parini''
*1893 - Raccolta definitiva delle ''Odi Barbare''
*1899 - ''Rime e Ritmi'', Commento alle ''Rime'' di Francesco Petrarca
*1902 - ''Dello svolgimento dell'Ode in Italia''
}}

Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le [[Antologia|raccolte]] da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nell'edizione delle ''Opere''.

I volumi della raccolta delle Opere non corrispondondono però all'ordine cronologico con il quale il poeta aveva pubblicato le prime raccolte, ma fanno riferimento più che altro su distinzioni di [[Genere letterario|generi]] e pertanto troviamo [[poesia|poesie]] di uno stesso [[periodo]] in raccolte diverse.

===Le Opere===
Sotto il titolo di ''Opere'' il Carducci stesso organizzò definitivamente le sue raccolte, lasciando fuori da esse alcuni testi.

Le raccolte seguono questo ordine:
* ''Juvenilia'' in sei libri (1850-1860)
* ''Levia Gravia'' in due libri (1861-1871)
* ''Inno a Satana'' (1863)
* ''Giambi ed Epodi'' in due libri (1867-1879)
* ''Intermezzo'' (1874-1887)
* ''Rime Nuove'' in nove libri (1861-1887)
* ''Odi barbare'' in due libri (1873-1889)
* ''Rime e Ritmi'' (1889- 1898 )
* ''Della Canzone di Legnano'', parte I (Il Parlamento) (1879)

====Juvenilia====
La prima raccolta di liriche, che lo stesso Carducci raccolse e divise, dal titolo significativo ''Juvenilia'' (1850-1860), ha il carattere un po' provinciale e pedante del gruppo degli "Amici pedanti" che aveva formato in quel periodo con il proposito di combattere i [[Romanticismo|romantici]] fiorentini. Nei versi della raccolta si coglie subito l'imitazione dei classici antichi e, tra i moderni, soprattutto quella di [[Vittorio Alfieri|Alfieri]], [[Vincenzo Monti|Monti]], [[Ugo Foscolo|Foscolo]] e [[Giacomo Leopardi|Leopardi]].

In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di [[Victor Hugo|Hugo]], [[Joseph-Emile Barbier|Barbier]], [[Percy Bysshe Shelley|Shelley]], [[Heinrich Heine|Heine]] e [[August von Platen|Von Platen]], assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla [[Rivoluzione francese]] diventando acceso repubblicano e [[Giuseppe Mazzini|mazziniano]]. <br> Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico ''Giambi ed Epodi'' che seguono il noto ''Inno a Satana'' e si intrecciano con le poesie di ''Levia Gravia''.

====Levia Gravia====
(Cose pesanti e cose leggere)
Nella seconda raccolta, ''Levia Gravia'' (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nell'uso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo l'uso della retorica. <br>
In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dell' [[unità d'Italia]]. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è ''Congedo'', dove si vive lo stato d'animo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è ''Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce '' e politicamente significativo il canto ''Dopo Aspromonte'', dove viene celebrato un [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] ribelle e fiero.

====Giambi ed Epodi====

La raccolta intitolata Giambi ed Epodi (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre l'antica poesia [[Polemica|polemico]]-[[Satira|satirica]], come quella greca di [[Archiloco]] e quella latina di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] che nel suo ''Libro di [[Epodo|epodi]]'' si ispira al poeta-soldato.

In Giambi ed Epodi vi è l'esaltazione dei grandi ideali di [[libertà]] e [[giustizia]], il disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro il [[papato]] e contro molti aspetti di costume della vita italiana.

====Rime Nuove====
Nella raccolta ''Rime nuove'' (1861-1887), che è preceduta da un ''Intermezzo'', si colgono gli echi e i motivi di Hugo, von Platen, [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]], [[Heine]], [[Charles Baudelaire|Baudelaire]] e [[Edgar Allan Poe|Poe]]. In essa i contenuti e le forme derivano in gran parte dai precedenti scritti ma maggiormente approfonditi e maturi.
<br> Tra i temi che emergono nelle ''Rime nuove'' un posto rilevante è assunto dal culto del passato e delle memorie storiche dove il sogno della realizzazione di una [[società]] [[Egualitarismo|egualitaria]] e liberale si avverte soprattutto attraverso l'esaltazione dell' [[età dei comuni]] che vengono presi come esempio di sanità morale e di vita civile.<br>
Un altro esempio preso dal Carducci di espansione democratica è la [[Rivoluzione Francese]] che viene rievocata nei 12 [[Sonetto|sonetti]] del ''Ça ira''.

Accanto al sogno, sul piano storico, di un popolo libero e primitivo, corrisponde sul piano sentimentale quello di una infanzia libera e ribelle che si riversa sul paesaggio maremmano, come nel caso del sonetto ''Traversando la Maremma toscana'', uno forse tra i più belli e noti del poeta. Anche "[[pianto antico]]" è molto significativo

====Odi barbare====
"Odi barbare" è una raccolta di 50 liriche scritte tra il 1873 e il 1889. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la [[Metrica classica|metrica quantitativa]] dei Greci e dei Latini con quella [[Metrica italiana|accentuativa]] italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal Quattrocento in poi. Egli pertanto chiama le sue liriche ''barbare'' perché tali sarebbero sembrate non solo ad un greco o ad un latino, ma anche a molti italiani.

Predomina nelle Odi barbare il tema [[Storia|storico]] e quello [[Paesaggio|paesaggistico]] con accenti più intimi, come nella poesia ''Alla stazione in una mattina d'autunno''. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, l'infanzia, la [[natura]], la storia, la [[morte]] accettata con virile tristezza come nella poesia ''Nevicata''.

====Rime e Ritmi====
Nella raccolta ''Rime e Ritmi'' (1889-1898), formata da 29 poesie, le composizioni in metrica tradizionale si affiancano a quelle in metrica barbara, come sottolinea lo stesso titolo; in esse vengono ricapitolati i motivi già presenti nelle precedenti opere, non senza delle interessanti novità.
Se le odi storiche e celebrative, da ''Piemonte'' a ''Cadore'', un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dell'Ottocento.

Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di ''Idillii alpini'', ossia ''L'ostessa di Gaby'', ''Esequie della guida E. R.'', ''In riva al Lys'', ''Sant'Abbondio'' e l'''Elegia del monte Spluga'', alle quali va aggiunto l'incantevole ''Mezzogiorno alpino''. ''Presso una Certosa'' è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi [[Elegia|elegie]] ''La moglie del gigante'' e ''Jaufré Rudel''.

====Della Canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento) (1879)====
Fa parte a sé ''Il Parlamento'', frammento de ''La canzone di Legnano'' che è senza dubbio uno dei capolavori del Carducci e dove si trova l'ispirazione maggiore delle maggiori raccolte.

==Poetica==
Con Carducci si ebbe una reazione al tardo [[romanticismo]] ([[Giovanni Prati|Prati]], [[Aleardo Aleardi|Aleardi]]) avversato anche dagli [[Scapigliatura|Scapigliati]].

In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una [[Lingua (idioma)|lingua]] che avesse dignità letteraria.

Il sentimento della vita, con i suoi valori di [[gloria]], amore, [[bellezza]] ed [[Eroe|eroismo]], è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del [[paesaggio]], un paesaggio che non è pittoresco e non è esaltato come prodigio di [[Miracolo|miracoli]] di bellezza, ma è il terreno mirabile di forza contro il quale si stagliano tutte le creature.

Un altro grande tema dell'arte carducciano è quello della [[memoria]] che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non c'è più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa.

La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata [http://giosuecarducci.iitalia.com/pensiero.htm].

== La critica contro corrente ==
[[Immagine:Lettera aperta a B C.jpg |thumb|right|200px|Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915]]
Carducci fu oggetto anche di critiche molto aspre.
Da segnalare fra queste quella di FR. [[Enotrio Ladenarda]], pseudonimo di [[Andrea Lo Forte Randi]], critico insigne: ''Lettera aperta a [[Benedetto Croce]]'', ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915. (Ladenarda aveva scritto anche ''Giosuè Carducci'' Vol.1° e 2°, ''Feticisti Carduccini'', 1912.), e quella di [[Natalino Sapegno]], che lo defini un ''poeta minore''.
Si può leggerne un estratto [http://utenti.lycos.it/mariorapisardi/id34.htm qui].

== Opere ==
* ''Primi versi''
* ''Juvenilia''
* ''Levia gravia'', [[1868]]
* ''Giambi ed epodi'', [[1882]]
* ''Rime Nuove'', [[1861]] - [[1887]]
* ''Odi barbare'', [[1877]] - [[1889]]
* ''Rime e ritmi'', [[1899]]
* Prose giovanili
* Primi saggi
* Discorsi letterari e storici
* Studi sulla letteratura italiana dei primi secoli
* ''I trovatori e la cavalleria''
* Dante
* Petrarca e Boccaccio
* Il Poliziano e l'Umanesimo
* La coltura estense e la gioventù dell'Ariosto
* L'Ariosto e il Tasso
* Lirica e storia nei secoli XVII e XVIII
* Studi su Giuseppe Parini
** il Parini minore
** il Parini maggiore
* Poeti e figure del Risorgimento
* Leopardi e Manzoni
* Scritti di storia e di erudizione
* Bozzetti e scherme
* Confessioni e battaglie
* Ceneri e faville
* Versioni da antichi e da moderni
* Ricordi autobiografici, saggi e frammenti
* ''Inno a Satana'', [[1863]]
* ''Alla regina d'Italia'', [[1878]]
* ''Poesie''
* ''Del Risorgimento italiano''
* ''Dello svolgimento della letteratura nazionale''
* ''Letture italiane scelte e annotate ad uso delle suole secondarie inferiori'', scritto con [[Ugo Brilli]]
* ''Ça ira. Versi e prosa''
* ''Amarti è odiarti. Lettere a Lidia''
* ''Confessioni e battaglie''
* ''Per il tricolore'', discorso tenuto nell'atrio del Palazzo civico di Reggio Emilia per le celebrazioni del primo centenario del tricolore
* ''Cacce in rima''
* ''Prose''
* ''Accapigliatura ed altre prose''
* ''Lo studio bolognese'', discorso per l'ottavo centenario
* ''Faida di Comune''
* ''Il libro delle prefazioni''

== Bibliografia critica ==
*Walter Binni, ''Carducci e altri saggi'', Einaudi (De Maestri), Torino 1960
*Vincenzo De Caprio e Stefano Giovanardi, ''I testi della letteratura italiana: l'Ottocento'', Einaudi, Milano 1998, pp. 1023-1086
*Stefania Martini, ''Dante e la Commedia nell'opera di Carducci giovane'', 1846-1865, Collana di studi e ricerche Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Pantograf, Genova 1999
*Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia: storia della letteratura italiana'', [[Palumbo (editore)|Palumbo Editore]], Palermo 1994, pp. 728-736
*Luigi Russo, ''Carducci senza retorica'', Laterza, Roma-Bari 1970
*Giambattista Salinari, ''Giosuè Carducci'' in Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, "Storia della Letteratura Italiana", volume VIII: dall'Ottocento al Novecento, Garzanti 1969, pagg.625-729
*Giuseppe Sozzi, ''Vita e poesia giovanile di Giosuè Carducci'', casa editrice G. D'Anna, Firenze-Messina 1961
*Lorenzo Tomasin, ''Classica e odierna. Studi sulla lingua di Carducci'', Olschki, Firenze 2007
*[[Renato Serra]], [[Alfredo Panzini]], ''Carducci'', Fara Editore, Rimini, 1994.
*[http://www.antoniopiromalli.it/Schede/Carducci.htm Antonio Piromalli, ''Introduzione a Carducci'', Roma-Bari, Laterza, 1988]
Antonio Carrannante, ''Giosuè Carducci nella storia della scuola italiana'', in ''Cultura e scuola'', n. 132, ottobre-dicembre 1994, pp. 197-217

== Note ==
<references/>

==Voci correlate==
*[[Adolfo Albertazzi]]
*[http://it.wikisource.org/wiki/Lettera_a_Filippo_Zamboni Lettera] di [[Mario Rapisardi]] a [[Filippo Zamboni]] , in occasione della polemica con Giosuè Carducci, 21 marzo (1886)
*[http://it.wikisource.org/wiki/Lettera_di_Filippo_Turati_a_Mario_Rapisardi Lettera] di [[Filippo Turati]] a [[Mario Rapisardi]], a proposito di Giosuè Carducci, (1881)
*[http://it.wikisource.org/wiki/Lettera_di_Giovanni_Alfredo_Cesareo_a_Mario_Rapisardi Lettera] di [[Giovanni Alfredo Cesareo]] a [[Mario Rapisardi]], a proposito di Giosuè Carducci, (1896)
*[[San Martino (poesia)|San Martino]]
*[[Pianto antico]]

== Altri progetti ==
{{interprogetto|s=Autore:Giosuè Carducci|s_preposizione=di|q|commons}}

== Collegamenti esterni ==
* [http://giosuecarducci.iitalia.com Giosuè Carducci vita, opere, foto, approfondimenti vari]
* [http://xoomer.alice.it/ilcarducci/index.html Le opere di Giosuè Carducci e cronologia]
* [http://www.italialibri.net/autori/carduccig.html Giosuè Carducci Approfondimento]
* [http://www.liberliber.it/biblioteca/c/carducci/ Giosuè Carducci Approfondimento biografico e testi]
* [http://www.casacarducci.it/ Istituto Casa Carducci]
* [http://www.0web.it/poesia/giosue-carducci Le poesie di Giosuè Carducci]
* [http://www.antoniopiromalli.it/rass_Carducci.htm Scritti e discorsi su Giosuè Carducci, dal Fondo Antonio Piromalli]
* [http://www.antoniopiromalli.it/Testi/Evoluzione_poesia_Carducci_conferenzadiAntonioPiromalli.pdf ''Evoluzione della poesia di Giosuè Carducci'', Conversazione di Antonio Piromalli, 24 marzo 2002]

{{Box successione
|carica = [[Premio Nobel per la letteratura]]
|periodo = [[1906]]
|precedente = [[Henryk Sienkiewicz]]
|successivo = [[Rudyard Kipling]]
}}

{{poeti italiani}}
{{Premio Nobel per la letteratura 1901-1925}}
{{Portale|biografie|letteratura}}

[[Categoria:Personalità legate a Bologna|Carducci Giosuè]]
[[Categoria:Scrittori toscani]]
[[Categoria:massoni|Carducci Giosuè]]
[[Categoria:Senatori del Regno XVII Legislatura]]

[[an:Giosuè Carducci]]
[[ar:جوزويه كاردوتشي]]
[[bg:Джозуе Кардучи]]
[[bn:জিওসুয়ে কার্দুচ্চি]]
[[bs:Giosuè Carducci]]
[[ca:Giosuè Carducci]]
[[cs:Giosuè Carducci]]
[[da:Giosuè Carducci]]
[[de:Giosuè Carducci]]
[[el:Τζιόζουε Καρντούτσι]]
[[en:Giosuè Carducci]]
[[eo:Giosuè Carducci]]
[[es:Giosuè Carducci]]
[[et:Giosuè Carducci]]
[[fa:جوسوئه کاردوچی]]
[[fi:Giosuè Carducci]]
[[fr:Giosuè Carducci]]
[[gd:Giosuè Carducci]]
[[gl:Giosuè Carducci]]
[[he:ג'וזוא קרדוצ'י]]
[[hi:जिओसुए कार्डुच्ची]]
[[hr:Giosuè Carducci]]
[[hu:Giosuè Carducci]]
[[id:Giosuè Carducci]]
[[ilo:Giosuè Carducci]]
[[io:Giosuè Carducci]]
[[ja:ジョズエ・カルドゥッチ]]
[[ka:ჯოზუე კარდუჩი]]
[[ko:조수에 카르두치]]
[[ku:Giosuè Carducci]]
[[la:Iosue Carducci]]
[[lij:Giosuè Carducci]]
[[nl:Giosuè Carducci]]
[[no:Giosuè Carducci]]
[[oc:Giosuè Carducci]]
[[pl:Giosuè Carducci]]
[[pms:Giosuè Carducci]]
[[pt:Giosuè Carducci]]
[[ro:Giosuè Carducci]]
[[ru:Кардуччи, Джозуэ]]
[[scn:Giosuè Carducci]]
[[sk:Giosuè Carducci]]
[[sr:Đozue Karduči]]
[[sv:Giosuè Carducci]]
[[sw:Giosue Carducci]]
[[th:โจซูเอ คาร์ดุชชี]]
[[tr:Giosue Carducci]]
[[uk:Кардуччі Джозуе]]
[[vi:Giosuè Carducci]]
[[zh:焦苏埃·卡尔杜奇]]
[[zh-min-nan:Giosuè Carducci]]

Versione delle 19:20, 2 mar 2009

Template:Membro delle istituzioni italiane

Giosuè Alessandro Michele Carducci (Valdicastello, 27 luglio 1835Bologna, 16 febbraio 1907) è stato un poeta e scrittore italiano.

Biografia

Carducci raffigurato in busto nella Biblioteca Civica di Verona

L'infanzia

Nacque nel 1835 a Valdicastello (Pietrasanta, Lucca) da Michele e Ildegonda Celli, ma nel 1839 la famiglia si trasferì a Bolgheri, dove il padre, implicato nei moti carbonari del 1831, esercitava la professione di medico condotto.

Gli studi

Nel 1849 la famiglia si stabilì a Firenze dove Giosue compì gli studi presso gli Scolopi acquisendo una buona preparazione in campo letterario e retorico e, nel 1853, dopo aver vinto il concorso per un posto gratuito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, si iscrisse alla Facoltà di Lettere, dove nel 1855 conseguì la laurea con una tesi sulla poesia cavalleresca e nello stesso anno pubblicò le sue prime poesie sul mensile "L'Arpa del popolo".

L'insegnamento

Nel 1856, dopo essersi trasferito a Santa Maria a Monte, piccolo borgo nella provincia di Pisa, insegnò retorica presso il Ginnasio di San Miniato vivendo l'intensa esperienza che riporterà poi, nel 1863, nelle pagine di carattere autobiografico: Risorse di San Miniato. Nel corso di questo anno il poeta andò affermando la sua poetica anti-romantica e, con il gruppo di amici formato da Giuseppe Chiarini (1833-1908), Ottavio Targioni Tozzetti (1833-1899), Tommaso Gargani (1834-1862) ed Enrico Nencioni (1837-1896), fondò la società letteraria degli Amici pedanti, dal taglio fortemente classicistico e anti-romantico, intervenendo in modo battagliero nelle discussioni tra manzoniani e anti-manzoniani, ai quali ultimi appartiene.
Nel luglio dello stesso anno ottiene l'abilitazione all'insegnamento, ma non viene ratificata dal governo granducale la sua designazione per concorso al ginnasio di Arezzo.

Le idee politiche

Sospettato dalla polizia per le sue idee filo-repubblicane, il 9 aprile 1858 venne sospeso dall'insegnamento e per la durata di tre anni visse a Firenze guadagnandosi da vivere lavorando presso l'editore Barbera, del quale curava l'edizione dei piccoli volumi della "Bibliotechina Diamante", e dando lezioni private. Negli anni del trasformismo, il poeta conquistò un posto centrale nella struttura ideologica e culturale dell'Italia umbertina, giungendo ad abbracciare le idee politiche di Francesco Crispi. Il 30 settembre 1894 pronunciò il discorso per l'inaugurazione del nuovo Palazzo degli Offici (ora Palazzo Pubblico) nella Repubblica di San Marino.

I lutti

Fu colpito nel giro di due anni da due gravi lutti: nel 1857 morì il fratello Dante, suicidandosi nella casa santamariammontese del poeta secondo la versione ufficiale, ma forse ucciso accidentalmente dal padre dopo un litigio secondo una più recente versione, e nel 1858 lo stesso padre si suicidò per il dolore o, forse, per il rimorso; entrambi vennero sepolti nel vecchio cimitero del paese, dove oggi sono ancora visibili le lapidi.
Carducci trascorse un periodo di grande sconforto, che espresse in alcune sue liriche ricordando il "colle" ove ebbe luogo la tragedia, ovvero Santa Maria a Monte.
Il 7 marzo 1859 il matrimonio con la cugina Elvira Menicucci[1], dalla quale ebbe quattro figli (Dante, Bice, Laura e Libertà (Titti)), lo aiutò a superare il dolore dei lutti.

Fu di nuovo colpito da gravi lutti familiari nel 1870 con la morte della madre e del figlio Dante, deceduto in tenera età, a cui dedicò la poesia "Pianto antico".

Il ritorno all'insegnamento

Riammesso all'insegnamento, gli venne affidato un incarico presso il Liceo Classico Niccolò Forteguerri di Pistoia dove insegnò per tutto il 1859 Latino e Greco.

Con decreto del 26 settembre 1860 venne incaricato dall'allora Ministro della Pubblica Istruzione Terenzio Mamiani Della Rovere a tenere la cattedra di Eloquenza Italiana, in seguito chiamata Letteratura Italiana presso l'Università di Bologna, dove rimarrà in carica fino al 1904. Pubblicò nel frattempo Juvenilia, che raccoglie tutte le poesie del decennio precedente.

Nel 1863 pubblicò con lo pseudonimo di Enotrio Romano l' Inno a Satana che, pur ottenendo successo, fomentò vivaci polemiche. Sempre di quell'anno è la pubblicazione Delle poesie toscane di A. Poliziano.

La poesia laica

La sua poesia, intanto, sotto l'influsso delle Letterature straniere ed in particolare di quella francese e tedesca, divenne sempre più improntata di laicismo, mentre le sue idee politiche andavano orientandosi in senso repubblicano. Oltre all' Inno a Satana pubblicò, nel 1868, la raccolta maggiormente impegnata dal punto di vista politico: Levia Gravia.

Poeta nazionale

Nel 1871 il poeta conobbe Carolina Cristofori (moglie dell'ex-garibaldino Domenico Piva e madre di Gino Piva), una donna ricca di ambizioni culturali, con la quale iniziò un fitto scambio epistolare, che nel 1872 sfocerà in una relazione amorosa. Alla donna, chiamata Lina o Lidia nelle lettere e in alcune poesie, dedicherà molti dei suoi versi e fu proprio in questo periodo che la fama del poeta, come guida nazionale della cultura italiana, si consolidò. Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in Rime Nuove (1861-1887) e in Odi barbare (1877-1889).

Proseguì l'insegnamento universitario e alla sua scuola si formano personalità come Giovanni Pascoli[2], Severino Ferrari[3], Renato Serra, Alfredo Panzini[4], Manara Valgimigli[5] ed Emma Tettoni[6].

Nel 1873 si recò per la prima volta a Roma e pubblicò A proposito di alcuni giudizi su A. Manzoni e Del rinnovamento letterario d'Italia.

Nel 1874, fece pubblicare la prima edizione a stampa dell'opera di Leone Cobelli, storico del XV secolo, le "Cronache Forlivesi", di cui aveva curato l'edizione insieme ad Enrico Frati.

Nel 1878, in occasione di una visita della famiglia reale a Bologna, scrisse l'Ode Alla Regina d'Italia in onore della regina Margherita, ammiratrice dei suoi versi, e venne accusato di essersi convertito alla monarchia, suscitando quindi forti polemiche da parte dei repubblicani.

Negli anni che seguirono collaborò con il giornale "Fanfulla della Domenica", di impronta filo-governativa (1878), pubblicò le Nuove Odi Barbare e i Giambi ed epodi, collaborò alla Cronaca bizantina e lesse il famoso discorso Per la morte di Garibaldi (1882).
Sulla Cronaca bizantina uscirono nel 1883 i sonetti del Ça ira e nel 1887 pubblicò Rime nuove. Il corso che tenne all'Università nel 1888 sul poema Il giorno di Parini produsse l'importante saggio Storia del "Giorno" di G. Parini. Nel 1889, dopo la pubblicazione della terza edizione delle Odi Barbare, il poeta iniziò ad assemblare l'edizione delle sue Opere in venti volumi, lavoro che si concluse nel 1899.

La nomina a senatore

Nel 1890 venne nominato senatore e negli anni del suo mandato sostenne la politica di Crispi, che attuava un governo di stampo conservatore, anche dopo la sconfitta di Adua.
Conobbe in quello stesso anno la scrittrice Annie Vivanti con la quale instaurò un'intensa amicizia sentimentale.

Gli ultimi anni di vita

Nel 1899 pubblicò la sua ultima raccolta di versi, Rime e Ritmi, che comprende, fra l'altro, l'ode La chiesa di Polenta, con cui lega questa località alla storia di Paolo e Francesca ed alla vita stessa di Dante.

Nel 1904 fu costretto a lasciare l'insegnamento per motivi di salute. Nel 1906 l' Accademia di Svezia gli conferì il Premio Nobel per la letteratura, il primo ad un italiano con la motivazione:

«Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica»

La morte lo colse a Bologna il 16 febbraio del 1907. È sepolto alla Certosa di Bologna.

Onori

Gli è stato dedicato un cratere su Mercurio[7].

Storicismo e Classicismo in Giosuè Carducci

Conoscitore delle correnti letterarie straniere, tra le quali quella tedesca, la francese e l'inglese, egli concepì la letteratura in senso storicistico, come linguaggio di popolo che, riandando alle proprie radici, interpreta il suo processo presente e futuro secondo leggi e prospettive ben precise, pur con le variabili che di volta in volta emergono. Di qui il collegamento con il pensiero filosofico di Kant e di Dilthey; e con quello critico letterario di De Sanctis e Puoti, considerati suoi maestri.
Carducci s'impegnò inoltre nell'indagine filologica, scoperta secoli prima dal Poliziano, se non da Dante e Petrarca, per sondare ancor più quanto letteriariamente e storicamente egli andava cercando. E assieme all'Ascoli, Manzoni, Puoti, si sforzava di riproporre la purezza linguistica, libera dalle intrusioni che si erano andate accumulando nei secoli scorsi a seguito delle invasioni straniere; e sull'esempio di quanto aveva attuato in Francia Malherbe.

Egli fu influenzato dal pensiero di W. Dilthey: in particolare da “La introduzione alle scienze e dello spirito” (1883) e dagli studi da questi condotti sul pensiero di Schleiermacher, che nel campo estetico avrebbero avuto approfondimenti in Croce e in quello filosofico da M. Heidegger.

Carducci ritiene che il processo storico dei popoli debba trovare sostegno nelle radici culturali, base della loro civiltà. È pure convinto che la storia non ripete gli schemi del passato per le diverse situazioni da affrontare e il più vasto numero dei popoli con i quali si viene a contatto. Per cui, se necessaria risulta l'analisi storica (compresa quella letteraria artistica e filosofica) per aver coscienza delle proprie radici, nel contempo occorre operare intuitivamente nella risoluzione dei nuovi problemi, di qualunque natura essi siano: letterari, artistici, religiosi e filosofici. Donde la necessità congeniale delle persone preposte alla cosa pubblica , culturale e economica; senza della quale si rischia di avvizzire nei meandri di un passato incapace di alternative.
Ritiene che i poeti, gli artisti siano gli antisegnani di tale processo; magari in un primo momento oggetto di contestazione e di critica negativa perché non capiti, dato che per natura la massa è piuttosto conservatrice. Da qui il concetto di poeta vate, a lui attribuito: del resto non si spiegherebbe il percorso della poetica carducciana, tanto osannata, quanto criticata.

Tuttavia l'enfasi, relativa all'indagine storica, considerata sotto l'aspetto filosofico, riguarda chi è impegnato socialmente e culturalmente, tanto da porsi in polemica aperta con la classe dirigente e politica dell'epoca, che, benché legata agli ambienti massonici, voleva mantenere un certo equilibrio con la gerarchia cattolica, soprattutto dopo la presa di Roma nel 1870. È questo il momento dell'inno “ A Satana”: un tributo alle conquiste della scienza e del progresso in genere; ma il solo titolo suonava male agli orecchi più ortodossi dell'epoca; e di “Dopo Aspromonte”, di “ça Ira”, di “ Piemonte”. Momenti fugaci che con l'andar del tempo e soprattutto con il sopravvenire di un maggior equilibrio interiore il poeta entra in un'area, forse più consona al suo io: la poesia dei ricordi e degli affetti, supportata da una cultura classica che in lui non era mai venuta meno. È questa l'epoca delle “Rime Nuove”, dell'ammirazione della campagna toscana, degli amori giovanili mai dimenticati, degli affetti famigliari, dei sogni mitici dell'antica Ellade e della grandezza di Roma, dei desideri di un tempo e realizzati solo in parte. “Davanti a S. Guido” del 1874 e rivista nel 1886, segna l'avvio di un traguardo poetico che trova nell'antica poesia greca e nei ricordi più cari dell'infanzia il motivo più puro. I cipressi costituiscono nell'intenzione poetica il coro della tragedia ellenica il quale intreccia con il protagonista, lo stesso poeta, un dialogo quanto mai problematico. Da un lato la tentazione di ritornare indietro nel tempo e assaporare nel paesaggio che lo videro fanciullo la dolcezza di sogni e di affetti, ormai perduta; dall'altro canto, da parte di Carducci che il treno sta trasportando lontano, il tentativo di resistere a quelle voci che gli fanno intravedere un sogno impossibile a realizzarsi, nonostante “vedi come pacato e azzurro è il mare/ Come ridente a lui discende il sol”. E Pan, la divinità della solitudine campestre nell'ora assolata del meriggio, dissolverà tutte le sue pene. Da ultimo il personaggio della nonna dall'accento versiliese e che riposa nel piccolo cimitero alto sulla collina e gli vuole narrare, ancora una volta, la novella della fanciulla che ha perduto il suo amato, vittima di un sortilegio. Ma nulla! Il poeta con il pianto nel cuore è trascinato via dal treno verso Bologna dalla sua Tittì, la cara bambina che l'aspetta.

Quelli della piena maturità sono gli anni della riflessione interiore, a seguito di lutti dolorosi che l'hanno colpito. “Pianto Antico” ricorda la morte del figlioletto Dante che, a sua volta, ricordava nel sacro nome del sommo Poeta, la tragica morte del fratello. L'uno e l'altro accumunati nel pianto di “Funere mersit acerbo”; e accanto a questi l'immagine della madre, rivivendola in “Sogno d'estate” tra i prati fioriti delle colline toscane assieme alla lontana visione del mare con nel cuore i sogni di un adolescente, attratto dalle letture omeriche. Il tutto immerso nella luce solare della prima estate, quando la vita promette ogni cosa.

Adesso il poeta è disilluso, nonostante la fama, la carriera universitaria, gli scritti da ogni angolo di critica osannati. Nel suo giardino in pieno giugno vede rifiorire il melograno dai fiori vermigli e che attirava il suo bambino di cui non avverte più le grida gioiose perché “Nella terra fredda,... nella terra negra,”...né il sol potrà più rallegrarlo, né l'amore riportarlo in vita. Il poeta, di tanto in tanto, ritorna agli amori poetici di un tempo, soprattutto della tradizione greca. Ed ecco “ Primavere elleniche” (I. Eolia, Dorica e Alessandrina). Egli immagina d'essere accompagnato per quei mari e quei cieli di azzurro cristallino da Lina, la donna amata, nel periodo quando febbraio sta per finire e la primavera sta per rifiorire, nonostante le cime del Feriale siano ancora innevate sfavillando al sole, mentre il fiume Castalia comincia a rumoreggiare con le acque che stanno scendendo lucide. Delfi richiama Apollo con la musicalità delle sorgenti e i canti degli uccelli.

E il dio ritorna dal freddo settentrione ai luoghi a lui noti, alle piante d'alloro ancora infreddolite. Lo accompagnano due bianchi cigni; e per dove passa riporta il sereno, mentre sul capo tiene la benda offertagli dal padre Giove. I suoi capelli, mossi dalla brezza, esprimono un sntimento d'amore, manifestato dal suono della lira che tiene tra le mani. Le isole Cicladi, come danzando, fanno da contorno . Intanto quelle lontane di Cipro e di Citera plaudano a lui che arriva. Una leggera imbarcazione dalle rosse vele lo accompagna attraverso il mar Egeo; al timone, armato dal plettro d'oro, sta Atlante; mentre la poetessa Saffo, innamorata, prende posto sul veliero. Un tripudio di felicità e di sentimenti divini fa da contorno ai due amanti in quel mare violaceo e sotto un cielo divino. Una fantasia fuori da ogni dimensione umana; un'enfasi mistica ove lasciarsi perdere e sognare. Questo il Carducci più vero? Difficile a dirlo. Forse il rifugio ove abbandonarsi nei momenti di delusione e smarrimento per rinvenire una ragione di vita!

Ormai anziano e forse attratto dai ricordi dell'infanzia, compose “ La chiesa di Polenta”, restaurata. Alla fine ecco la preghiera indirizzata alla Vergine, quando alla sera la campana annuncia la fine della giornata. Tutti in quel momento pregano Maria sia da parte de “piccioli mortali” come dai grandi geni dell'umanità. Un flusso melodico passa dalla terra al cielo. Accanto ai ricordi dei propri trapassati una volontà di pianto sorge spontanea dopo le fatiche della giornata. E intanto cala il silenzio su tutto, nel mentre il tramonto sfuma e le foglie più alte dei rami, mosse dalla brezza, sembrano ripetere il saluto mariano.

Quello del Carducci costituisce un percorso in un momento storico, dalle prospettive ancora molto incerte in un insieme di entusiasmi e ( perché no?) di paure per un futuro, ancora avvolto dalle nebbie del dubbio.

Produzione poetica

Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le raccolte da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nell'edizione delle Opere.

I volumi della raccolta delle Opere non corrispondondono però all'ordine cronologico con il quale il poeta aveva pubblicato le prime raccolte, ma fanno riferimento più che altro su distinzioni di generi e pertanto troviamo poesie di uno stesso periodo in raccolte diverse.

Le Opere

Sotto il titolo di Opere il Carducci stesso organizzò definitivamente le sue raccolte, lasciando fuori da esse alcuni testi.

Le raccolte seguono questo ordine:

  • Juvenilia in sei libri (1850-1860)
  • Levia Gravia in due libri (1861-1871)
  • Inno a Satana (1863)
  • Giambi ed Epodi in due libri (1867-1879)
  • Intermezzo (1874-1887)
  • Rime Nuove in nove libri (1861-1887)
  • Odi barbare in due libri (1873-1889)
  • Rime e Ritmi (1889- 1898 )
  • Della Canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento) (1879)

Juvenilia

La prima raccolta di liriche, che lo stesso Carducci raccolse e divise, dal titolo significativo Juvenilia (1850-1860), ha il carattere un po' provinciale e pedante del gruppo degli "Amici pedanti" che aveva formato in quel periodo con il proposito di combattere i romantici fiorentini. Nei versi della raccolta si coglie subito l'imitazione dei classici antichi e, tra i moderni, soprattutto quella di Alfieri, Monti, Foscolo e Leopardi.

In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di Hugo, Barbier, Shelley, Heine e Von Platen, assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla Rivoluzione francese diventando acceso repubblicano e mazziniano.
Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico Giambi ed Epodi che seguono il noto Inno a Satana e si intrecciano con le poesie di Levia Gravia.

Levia Gravia

(Cose pesanti e cose leggere) Nella seconda raccolta, Levia Gravia (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nell'uso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo l'uso della retorica.
In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dell' unità d'Italia. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è Congedo, dove si vive lo stato d'animo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce e politicamente significativo il canto Dopo Aspromonte, dove viene celebrato un Garibaldi ribelle e fiero.

Giambi ed Epodi

La raccolta intitolata Giambi ed Epodi (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre l'antica poesia polemico-satirica, come quella greca di Archiloco e quella latina di Orazio che nel suo Libro di epodi si ispira al poeta-soldato.

In Giambi ed Epodi vi è l'esaltazione dei grandi ideali di libertà e giustizia, il disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro il papato e contro molti aspetti di costume della vita italiana.

Rime Nuove

Nella raccolta Rime nuove (1861-1887), che è preceduta da un Intermezzo, si colgono gli echi e i motivi di Hugo, von Platen, Goethe, Heine, Baudelaire e Poe. In essa i contenuti e le forme derivano in gran parte dai precedenti scritti ma maggiormente approfonditi e maturi.
Tra i temi che emergono nelle Rime nuove un posto rilevante è assunto dal culto del passato e delle memorie storiche dove il sogno della realizzazione di una società egualitaria e liberale si avverte soprattutto attraverso l'esaltazione dell' età dei comuni che vengono presi come esempio di sanità morale e di vita civile.
Un altro esempio preso dal Carducci di espansione democratica è la Rivoluzione Francese che viene rievocata nei 12 sonetti del Ça ira.

Accanto al sogno, sul piano storico, di un popolo libero e primitivo, corrisponde sul piano sentimentale quello di una infanzia libera e ribelle che si riversa sul paesaggio maremmano, come nel caso del sonetto Traversando la Maremma toscana, uno forse tra i più belli e noti del poeta. Anche "pianto antico" è molto significativo

Odi barbare

"Odi barbare" è una raccolta di 50 liriche scritte tra il 1873 e il 1889. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la metrica quantitativa dei Greci e dei Latini con quella accentuativa italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal Quattrocento in poi. Egli pertanto chiama le sue liriche barbare perché tali sarebbero sembrate non solo ad un greco o ad un latino, ma anche a molti italiani.

Predomina nelle Odi barbare il tema storico e quello paesaggistico con accenti più intimi, come nella poesia Alla stazione in una mattina d'autunno. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, l'infanzia, la natura, la storia, la morte accettata con virile tristezza come nella poesia Nevicata.

Rime e Ritmi

Nella raccolta Rime e Ritmi (1889-1898), formata da 29 poesie, le composizioni in metrica tradizionale si affiancano a quelle in metrica barbara, come sottolinea lo stesso titolo; in esse vengono ricapitolati i motivi già presenti nelle precedenti opere, non senza delle interessanti novità. Se le odi storiche e celebrative, da Piemonte a Cadore, un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dell'Ottocento.

Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di Idillii alpini, ossia L'ostessa di Gaby, Esequie della guida E. R., In riva al Lys, Sant'Abbondio e l'Elegia del monte Spluga, alle quali va aggiunto l'incantevole Mezzogiorno alpino. Presso una Certosa è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi elegie La moglie del gigante e Jaufré Rudel.

Della Canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento) (1879)

Fa parte a sé Il Parlamento, frammento de La canzone di Legnano che è senza dubbio uno dei capolavori del Carducci e dove si trova l'ispirazione maggiore delle maggiori raccolte.

Poetica

Con Carducci si ebbe una reazione al tardo romanticismo (Prati, Aleardi) avversato anche dagli Scapigliati.

In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una lingua che avesse dignità letteraria.

Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore, bellezza ed eroismo, è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del paesaggio, un paesaggio che non è pittoresco e non è esaltato come prodigio di miracoli di bellezza, ma è il terreno mirabile di forza contro il quale si stagliano tutte le creature.

Un altro grande tema dell'arte carducciano è quello della memoria che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non c'è più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa.

La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata [1].

La critica contro corrente

Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915

Carducci fu oggetto anche di critiche molto aspre. Da segnalare fra queste quella di FR. Enotrio Ladenarda, pseudonimo di Andrea Lo Forte Randi, critico insigne: Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915. (Ladenarda aveva scritto anche Giosuè Carducci Vol.1° e 2°, Feticisti Carduccini, 1912.), e quella di Natalino Sapegno, che lo defini un poeta minore. Si può leggerne un estratto qui.

Opere

  • Primi versi
  • Juvenilia
  • Levia gravia, 1868
  • Giambi ed epodi, 1882
  • Rime Nuove, 1861 - 1887
  • Odi barbare, 1877 - 1889
  • Rime e ritmi, 1899
  • Prose giovanili
  • Primi saggi
  • Discorsi letterari e storici
  • Studi sulla letteratura italiana dei primi secoli
  • I trovatori e la cavalleria
  • Dante
  • Petrarca e Boccaccio
  • Il Poliziano e l'Umanesimo
  • La coltura estense e la gioventù dell'Ariosto
  • L'Ariosto e il Tasso
  • Lirica e storia nei secoli XVII e XVIII
  • Studi su Giuseppe Parini
    • il Parini minore
    • il Parini maggiore
  • Poeti e figure del Risorgimento
  • Leopardi e Manzoni
  • Scritti di storia e di erudizione
  • Bozzetti e scherme
  • Confessioni e battaglie
  • Ceneri e faville
  • Versioni da antichi e da moderni
  • Ricordi autobiografici, saggi e frammenti
  • Inno a Satana, 1863
  • Alla regina d'Italia, 1878
  • Poesie
  • Del Risorgimento italiano
  • Dello svolgimento della letteratura nazionale
  • Letture italiane scelte e annotate ad uso delle suole secondarie inferiori, scritto con Ugo Brilli
  • Ça ira. Versi e prosa
  • Amarti è odiarti. Lettere a Lidia
  • Confessioni e battaglie
  • Per il tricolore, discorso tenuto nell'atrio del Palazzo civico di Reggio Emilia per le celebrazioni del primo centenario del tricolore
  • Cacce in rima
  • Prose
  • Accapigliatura ed altre prose
  • Lo studio bolognese, discorso per l'ottavo centenario
  • Faida di Comune
  • Il libro delle prefazioni

Bibliografia critica

  • Walter Binni, Carducci e altri saggi, Einaudi (De Maestri), Torino 1960
  • Vincenzo De Caprio e Stefano Giovanardi, I testi della letteratura italiana: l'Ottocento, Einaudi, Milano 1998, pp. 1023-1086
  • Stefania Martini, Dante e la Commedia nell'opera di Carducci giovane, 1846-1865, Collana di studi e ricerche Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Pantograf, Genova 1999
  • Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia: storia della letteratura italiana, Palumbo Editore, Palermo 1994, pp. 728-736
  • Luigi Russo, Carducci senza retorica, Laterza, Roma-Bari 1970
  • Giambattista Salinari, Giosuè Carducci in Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, "Storia della Letteratura Italiana", volume VIII: dall'Ottocento al Novecento, Garzanti 1969, pagg.625-729
  • Giuseppe Sozzi, Vita e poesia giovanile di Giosuè Carducci, casa editrice G. D'Anna, Firenze-Messina 1961
  • Lorenzo Tomasin, Classica e odierna. Studi sulla lingua di Carducci, Olschki, Firenze 2007
  • Renato Serra, Alfredo Panzini, Carducci, Fara Editore, Rimini, 1994.
  • Antonio Piromalli, Introduzione a Carducci, Roma-Bari, Laterza, 1988

Antonio Carrannante, Giosuè Carducci nella storia della scuola italiana, in Cultura e scuola, n. 132, ottobre-dicembre 1994, pp. 197-217

Note

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Premio Nobel per la letteratura Successore
Henryk Sienkiewicz 1906 Rudyard Kipling

Template:Poeti italiani Template:Premio Nobel per la letteratura 1901-1925