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Natalino Sapegno

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Natalino Sapegno (Aosta, 10 novembre 1901Roma, 11 aprile 1990) è stato un critico letterario e italianista italiano, tra i maggiori studiosi del Trecento letterario italiano[1].

Figlio di Giuseppe Maria e di Albertine Louise Viora, nacque ad Aosta, città della famiglia materna (quella paterna era invece del Canavese). Trascorse l'infanzia a Torino, dove frequentò le scuole fino al ginnasio. Suo compagno di studi in questi anni fu Carlo Levi, che gli rimase amico per tutta la vita[2].

Nel 1916 fu affidato ai nonni materni con la sorella maggiore Giuliana e tornò ad Aosta, dove studiò al liceo classico "Principe di Napoli" per uscirne diplomato con un anno di anticipo. Nel 1918, indeciso se iscriversi a matematica o a lettere, optò per quest'ultima facoltà all'Università di Torino. Nello stesso anno, in occasione di un concorso per una borsa di studio, conobbe Piero Gobetti, di cui fu amico, e del cui periodico, La Rivoluzione liberale, divenne sostenitore. Nel 1919 morì il padre (allora ricopriva la carica di segretario capo dell'Intendenza di Finanza di Torino), lasciando la famiglia in difficoltà finanziarie[2].

Targa commemorativa dedicata a Natalino Sapegno, via Porta Pretoria a Aosta.

Diplomatosi al Liceo classico di Aosta (allora denominato "Principe di Napoli"), in compagnia di illustri personaggi quali Federico Chabod, si laureò a Torino il 10 luglio 1922 con una tesi su Jacopone da Todi, relatore Vittorio Cian. Il lavoro, da cui derivarono due pubblicazioni, fu rivisto e dato alle stampe nel 1926[2][3].

Nel 1924 si trasferì a Ferrara, dove insegnò per alcuni anni materie letterarie in istituti medi superiori.[4]

Si dedicò in quel periodo particolarmente allo studio della letteratura italiana del Trecento, scrivendo il suo testo forse più noto: Il Trecento.[5]

Dopo aver tenuto corsi negli Atenei di Bologna e Padova, fu chiamato nel 1936 all'Università degli Studi di Palermo e, l'anno successivo, alla Sapienza - Università di Roma, dove con il forte appoggio governativo del Ministro Bottai ebbe la cattedra lasciata da Vittorio Rossi, che tenne fino al 1976: furono suoi allievi, tra i tanti, Cesare Garboli, Nicola Tanda, Vittorio Sermonti e Alberto Asor Rosa.

Al termine della seconda guerra mondiale, pur non rinnegando il punto di partenza crociano, si accostò al pensiero di Gramsci, pervenendo nelle sue opere a un'originale fusione tra storicismo e marxismo.

Nel 1954 fu nominato accademico dei Lincei. Fece inoltre parte dell'Accademia dell'Arcadia, della Società Filologica Romana, della Societé Européenne de Culture, del Pen Club della Comunità Europea degli Scrittori.[6]

Sono molte le sue voci nell’Enciclopedia Italiana Treccani. Diresse con Emilio Cecchi la Storia della letteratura italiana, pubblicata dall'editore Garzanti in nove volumi negli anni 1965-1969.

Fu infine medaglia d'oro per i benemeriti delle scienze e della cultura, e presidente della giuria del Premio Viareggio.[7]

A lui sono intitolati la Fondazione Centro di studi storico-letterari Natalino Sapegno con sede a Morgex, nella medievale Tour de l'Archet.[8]

Si sposò due volte ed ebbe due figli.

  • È considerato tra i principali responsabili della bocciatura concorsuale di Giacomo Debenedetti, uno dei più noti "scandali" della storia dell'accademia italiana [9].
  • Gli sono state intitolate vie a Roma, Cesena, Castelvetrano.
  • Frate Jacopone, Torino, Baretti, 1926.
  • Il Trecento, Milano, Vallardi, 1934.
  • Compendio di Storia della Letteratura Italiana, 3 voll., Firenze, la Nuova Italia, 1936 (vol. 1), 1941 (vol. 2), 1947 (vol. 3).
  • Poeti minori del Trecento, Milano-Napoli, Ricciardi, 1952.
  • Commento alla Divina Commedia, 3 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1955–57.
  • Pagine di storia letteraria, Palermo, Manfredi, 1960 (poi Firenze, la Nuova Italia, 1986).
  • Ritratto di Manzoni ed altri saggi, Bari, Laterza, 1961.
  • Storia letteraria del Trecento, Milano-Napoli, Ricciardi, 1963.
  • Storia della letteratura italiana (in collaborazione con Emilio Cecchi), 9 voll., Milano, Garzanti, 1965–69.
  • Pagine disperse, Roma, Bulzoni, 1979.
  1. ^ Natalino Sapegno, su sapegno.it. URL consultato il 29 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 29 maggio 2014).
  2. ^ a b c Guido Lucchini, SAPEGNO, Natalino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 90, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2017. URL consultato il 12 dicembre 2022.
  3. ^ Franco Pignatti Morano di Custoza, voce “Sapegno, Natalino”, in Letteratura Italiana. Gli Autori, vol. II, Torino, Einaudi, 1991, p. 1586.
  4. ^ voce “Natalino Sapegno”, in Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Roma, Accademia dei Lincei, 1976, p. 1267.
  5. ^ Franco Pignatti, cit., p. 1586.
  6. ^ voce “Natalino Sapegno”, in Biografie e bibliografie…, cit., p. 1267.
  7. ^ Voce "Sapegno, Natalino", in Chi è?, Roma, L'Espresso, 2° vol., 1986, p. 210.
  8. ^ Fondazione Centro di studi storico-letterari Natalino Sapegno, su sapegno.it. URL consultato il 29 maggio 2014.
  9. ^ Quando Sapegno e Bo bocciarono Giacomo Debenedetti, su fattoadarte.corriere.it. URL consultato il 19 agosto 2021.
  • Carlo Salinari, “Natalino Sapegno”, in Letteratura italiana. I critici, vol. V, Milano, Marzorati, 1987, pp. 3585–3598.
  • Franco Pignatti Morano di Custoza, voce “Sapegno, Natalino”, in Letteratura Italiana. Gli Autori, vol. II, Torino, Einaudi, 1991, pp. 1586–1587.
  • “Natalino Sapegno”, voce in Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Roma, Accademia dei Lincei, 1976, pp. 1267–1269.
  • Ettore Bonora, Ritratto di Natalino Sapegno, in "Coincidenze", Alessandria, Dell'Orso, 1991.
  • Carlo Dionisotti, Natalino Sapegno dalla Torino di Gobetti alla cattedra romana, Torino, Bollati Boringhieri, 1995.

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