Giosuè Carducci: differenze tra le versioni

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Giosuè Alessandro Michele Carducci (Valdicastello, 27 luglio 1835Bologna, 16 febbraio 1907) è stato un poeta e scrittore italiano.


Biografia

L'infanzia

Nacque nel 1835 a Valdicastello (Pietrasanta, Lucca) da Michele e Ildegonda Celli, ma nel 1839 la famiglia si trasferì a Bolgheri, dove il padre implicato nei moti carbonari del 1831, esercitava la professione di medico condotto.

Gli studi

Nel 1849 la famiglia si stabilì a Firenze dove Giòsue compì gli studi presso gli Scolopi acquisendo una buona preparazione in campo letterario e retorico e nel 1853, dopo aver vinto il concorso per un posto gratuito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, si iscrisse alla Facoltà di lettere dove nel 1855 conseguì la laurea con una tesi sulla poesia cavalleresca e nello stesso anno pubblicò le sue prime poesie sul mensile "L'Arpa del popolo".

L'insegnamento

Nel 1856 dopo essersi trasferito a Santa Maria a Monte, piccolo borgo nella provincia di Pisa, insegnò retorica presso il ginnasio di San Miniato vivendo una intensa esperienza che riporterà poi nel 1863 nelle pagine di carattere autobiografico: Risorse di San Miniato. Nel corso di questo anno il poeta andò affermando la sua poetica anti-romantica e con il gruppo di amici formato da Giuseppe Chiarini (1833-1908), Ottavio Targioni Tozzetti (1833-1899), Tommaso Gargani (1834-1862) ed Enrico Nencioni (1837-1896) fondò la società letteraria degli Amici pedanti, dal taglio fortemente classicistico e anti-romantico, intervenendo in modo battagliero nelle discussioni tra manzoniani e anti-manzoniani ai quali ultimi appartiene.
Nel luglio dello stesso anno ottiene l'abilitazione all'insegnamento, ma non viene ratificata dal governo granducale la sua designazione per concorso al ginnasio di Arezzo.

Le idee politiche

Sospettato dalla polizia per le sue idee filo-repubblicane, il 9 aprile 1858 venne sospeso dall'insegnamento e per la durata di tre anni visse a Firenze guadagnandosi da vivere con il lavoro presso l'editore Barbera del quale curava l'edizione dei piccoli volumi della "Bibliotechina Diamante" e dando lezioni private. Negli anni del trasformismo il poeta conquistò un posto centrale nella struttura ideologica e culturale dell'Italia umbertina, giungendo ad abbracciare le idee politiche di Francesco Crispi. Il 30 settembre 1894 nella Repubblica di San Marino pronunciò il discorso per l'inaugurazione del nuovo Palazzo degli Offici (ora Palazzo Pubblico).

I lutti

Colpito nel giro di due anni da due gravi lutti - nel 1857 morì il fratello Dante, morto suicida nella casa santamariammontese del poeta secondo la versione ufficiale, ma forse ucciso accidentalmente dal padre dopo un litigio secondo una più recente versione, e nel 1858 lo stesso padre si suicidò per il dolore o forse per il rimorso; entrambi vennero sepolti nel vecchio cimitero del paese dove oggi sono ancora visibili le lapidi - Carducci trascorse un periodo di grande sconforto che espresse attraverso alcune sue liriche ricordando il "colle" ove ebbe luogo la tragedia, ovvero Santa Maria a Monte, ma nel 7 marzo 1859 il matrimonio con la cugina Elvira Manicucci [1], dalla quale ebbe quattro figli (Dante, Bice, Laura e Libertà (Titti)), lo aiutò a superare il dolore dei lutti.

Fu di nuovo colpito da gravi lutti familiari nel 1870 con la morte della madre e del figlio Dante, deceduto in tenera eta', a cui dedicò la poesia "pianto antico".

Il ritorno all'insegnamento

Riammesso all'insegnamento, gli venne affidato un incarico presso il liceo classico Niccolò Forteguerri di Pistoia dove insegnò per tutto il 1859 latino e greco.

Con decreto del 26 settembre 1860 venne incaricato, dall'allora ministro della Pubblica Istruzione Terenzio Mamiani Della Rovere, a tenere la cattedra di eloquenza italiana, in seguito chiamata Letteratura italiana presso l'Università di Bologna dove rimarrà in carica fino al 1904. Pubblicò nel frattempo Juvenilia, che raccoglie tutte le poesie del decennio precedente.

Nel 1863 pubblicò con lo pseudonimo di Enotrio Romano l' Inno a Satana che, pur ottenendo successo, fomentò vivaci polemiche. Sempre di quell'anno è la pubblicazione Delle poesie toscane di A. Poliziano.

La poesia laica

La sua poesia intanto, sotto l'influsso delle letterature straniere ed in particolare di quella francese e tedesca, divenne sempre più improntata di laicismo mentre le sue idee politiche andavano orientandosi in senso repubblicano. Oltre all' Inno a Satana pubblicò nel 1868 la raccolta maggiormente impegnata dal punto di vista politico: Levia Gravia.


Poeta nazionale

Nel 1871 il poeta conobbe Carolina Cristofori (moglie dell'ex-garibaldino Domenico Piva e madre di Gino Piva), una donna ricca di ambizioni culturali, con la quale iniziò un fitto scambio epistolare sfociato nel 1872 in una relazione amorosa. Alla donna, chiamata Lina o Lidia nelle lettere e in alcune poesie, dedicherà molti dei suoi versi e fu proprio in questo periodo che la fama del poeta, come guida nazionale della cultura italiana, si consolidò. Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in Rime Nuove (1861-1887) e in Odi barbare (1877-1889).

Proseguì l'insegnamento universitario e alla sua scuola si formano personalità come Giovanni Pascoli[2], Severino Ferrari[3], Renato Serra, Alfredo Panzini[4], Manara Valgimigli[5] ed Emma Tettoni[6].

Nel 1873 si recò per la prima volta a Roma e pubblicò A proposito di alcuni giudizi su A. Manzoni e Del rinnovamento letterario d'Italia.

Nel 1874, fece pubblicare la prima edizione a stampa dell'opera di Leone Cobelli, storico del XV secolo, le "Cronache Forlivesi", di cui aveva curato l'edizione insieme ad Enrico Frati.

Nel 1878, in occasione di una visita della famiglia reale a Bologna, scrisse l'Ode Alla Regina d'Italia in onore della regina Margherita, ammiratrice dei suoi versi e venne accusato di essersi convertito alla monarchia suscitando forti polemiche da parte dei repubblicani.

Negli anni che seguirono collaborò con il giornale "Fanfulla della Domenica" di impronta filo-governativa (1878), pubblicò le Nuove Odi Barbare e i Giambi ed epodi, collaborò alla Cronaca bizantina e lesse il famoso discorso Per la morte di Garibaldi (1882).
Sulla Cronaca bizantina uscirono nel 1883 i sonetti del Ça ira e nel 1887 pubblicò Rime nuove. Il corso che tenne all'Università nel 1888 sul poema Il giorno di Parini produsse l'importante saggio Storia del "Giorno" di G. Parini. Nel 1889, dopo la pubblicazione della terza edizione delle Odi Barbare, il poeta iniziò ad assemblare l'edizione delle sue Opere in venti volumi, lavoro che si concluse nel 1899.

La nomina a senatore

Nel 1890 venne nominato senatore e negli anni del suo mandato sostenne la politica di Crispi , che attuava un governo di stampo conservatore, anche dopo la sconfitta di Adua.
Conobbe in quello stesso anno la scrittrice Annie Vivanti con la quale instaurò un'intensa amicizia sentimentale.

Gli ultimi anni di vita

Nel 1899 pubblicò la sua ultima raccolta di versi, Rime e Ritmi, che comprende, fra l'altro, l'ode La chiesa di Polenta, con cui lega questa località alla storia di Paolo e Francesca ed alla vita stessa di Dante.

Nel 1904 fu costretto a lasciare l'insegnamento per motivi di salute. Nel 1906 l' Accademia di Svezia gli conferì il Premio Nobel per la letteratura, il primo ad un italiano con la motivazione:

«Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica»

La morte lo colse a Bologna il 16 febbraio del 1907. È sepolto alla Certosa di Bologna.

Produzione poetica

Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le raccolte da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nell'edizione delle Opere.
I volumi della raccolta delle Opere non corrispondondono però all'ordine cronologico con il quale il poeta aveva pubblicato le prime raccolte, ma fanno riferimento più che altro su distinzioni di generi e pertanto troviamo poesie di uno stesso periodo in raccolte diverse.


Le Opere

Sotto il titolo di Opere il Carducci stesso organizzò definitivamente le sue raccolte, lasciando fuori da esse alcuni testi.

Le raccolte seguono questo ordine:

  • Juvenilia in sei libri (1850-1860)
  • Levia Gravia in due libri (1861-1871)
  • Inno a Satana (1863)
  • Giambi ed Epodi in due libri (1867-1879)
  • Intermezzo (1874-1887)
  • Rime Nuove in nove libri (1861-1887)
  • Odi barbare in due libri (1873-1889)
  • Rime e Ritmi (1889- 1898 )
  • Della Canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento). (1879)

Juvenilia

La prima raccolta di liriche, che lo stesso Carducci raccolse e divise, dal titolo significativo Juvenilia (1850-1860), ha il carattere un po' provinciale e pedante del gruppo degli "Amici pedanti" che aveva formato in quel periodo con il proposito di combattere i romantici fiorentini. Nei versi della raccolta si coglie subito l'imitazione dei classici antichi e, tra i moderni, soprattutto quella di Alfieri, Monti, Foscolo e Leopardi.
In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di Hugo, Barbier, Shelley, Heine e Von Platen, assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla Rivoluzione francese diventando acceso repubblicano e mazziniano.
Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico Giambi ed Epodi che seguono il noto Inno a Satana e si intrecciano con le poesie di Levia Gravia.

Levia Gravia

(Cose pesanti e cose leggere) Nella seconda raccolta, Levia Gravia (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nell'uso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo l'uso della retorica.
In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dell' unità d'Italia. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è Congedo, dove si vive lo stato d'animo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce e politicamente significativo il canto Dopo Aspromonte, dove viene celebrato un Garibaldi ribelle e fiero.


Giambi ed Epodi

La raccolta intitolata Giambi ed Epodi (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre l'antica poesia polemico-satirica, come quella greca di Archiloco e quella latina di Orazio che nel suo Libro di epodi si ispira al poeta-soldato.
In Giambi ed Epodi vi è l'esaltazione dei grandi ideali di libertà e giustizia, il disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro il papato e contro molti aspetti di costume della vita italiana.

Rime nuove

Nella raccolta Rime nuove (1861-1887), che è preceduta da un Intermezzo, si colgono gli echi e i motivi di Hugo, von Platen, Goethe, Heine, Baudelaire e Poe. In essa i contenuti e le forme derivano in gran parte dai precedenti scritti ma maggiormente approfonditi e maturi.
Tra i temi che emergono nelle Rime nuove un posto rilevante è assunto dal culto del passato e delle memorie storiche dove il sogno della realizzazione di una società egualitaria e liberale si avverte soprattutto attraverso l'esaltazione dell' età dei comuni che vengono presi come esempio di sanità morale e di vita civile.
Un altro esempio preso dal Carducci di espansione democratica è la Rivoluzione Francese che viene rievocata nei 12 sonetti del Ça ira.
Accanto al sogno, sul piano storico, di un popolo libero e primitivo, corrisponde sul piano sentimentale quello di una infanzia libera e ribelle che si riversa sul paesaggio maremmano, come nel caso del sonetto Traversando la Maremma toscana, uno forse tra i più belli e noti del poeta. Anche "pianto antico" è molto significativo

Odi barbare

"Odi barbare" è una raccolta di 50 liriche scritte tra il 1873 e il 1889. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la metrica quantitativa dei Greci e dei Latini con quella accentuativa italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal Quattrocento in poi. Egli pertanto chiama le sue liriche barbare perché tali sarebbero sembrate non solo ad un greco o ad un latino, ma anche a molti italiani.

Predomina nelle Odi barbare il tema storico e quello paesaggistico con accenti più intimi, come nella poesia Alla stazione in una mattina d'autunno. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, l'infanzia, la natura, la storia, la morte accettata con virile tristezza come nella poesia Nevicata.

Rime e Ritmi

Nella raccolta Rime e Ritmi (1889-1898), formata da 29 poesie, le composizioni in metrica tradizionale si affiancano a quelle in metrica barbara, come sottolinea lo stesso titolo; in esse vengono ricapitolati i motivi già presenti nelle precedenti opere, non senza delle interessanti novità. Se le odi storiche e celebrative, da Piemonte a Cadore, un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dell'Ottocento. Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di Idillii alpini, ossia L'ostessa di Gaby, Esequie della guida E. R., In riva al Lys, Sant'Abbondio e l'Elegia del monte Spluga, alle quali va aggiunto l'incantevole Mezzogiorno alpino. Presso una Certosa è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi elegie La moglie del gigante e Jaufré Rudel.

Della Canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento) (1879)

Fa parte a sé Il Parlamento, frammento de La canzone di Legnano che è senza dubbio uno dei capolavori del Carducci e dove si trova l'ispirazione maggiore delle maggiori raccolte.

Poetica

Con Carducci si ebbe una reazione al tardo romanticismo (Prati, Aleardi) avversato anche dagli Scapigliati.

In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una lingua che avesse dignità letteraria.

Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore, bellezza ed eroismo, è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del paesaggio, un paesaggio che non è pittoresco e non è esaltato come prodigio di miracoli di bellezza, ma è il terreno mirabile di forza contro il quale si stagliano tutte le creature.

Un altro grande tema dell'arte carducciano è quello della memoria che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non c'è più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa.

La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata [1].

La critica contro corrente

Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915

Carducci fu oggetto anche di critiche molto aspre. Da segnalare fra queste quella di FR. Enotrio Ladenarda, pseudonimo di Andrea Lo Forte Randi, critico insigne: Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915. (Ladenarda aveva scritto anche Giosuè Carducci Vol.1° e 2°, Feticisti Carduccini, 1912.), e quella di Natalino Sapegno, che lo defini un poeta minore. Si può leggerne un estratto qui.

Opere

  • Primi versi
  • Juvenilia
  • Levia gravia, 1868
  • Giambi ed epodi, 1882
  • Rime nuove, 1861 - 1887
  • Odi barbare, 1877 - 1889
  • Rime e ritmi, 1899
  • Prose giovanili
  • Primi saggi
  • Discorsi letterari e storici
  • Studi sulla letteratura italiana dei primi secoli
  • I trovatori e la cavalleria
  • Dante
  • Petrarca e Boccaccio
  • Il Poliziano e l'Umanesimo
  • La coltura estense e la gioventù dell'Ariosto
  • L'Ariosto e il Tasso
  • Lirica e storia nei secoli XVII e XVIII
  • Studi su Giuseppe Parini
    • il Parini minore
    • il Parini maggiore
  • Poeti e figure del Risorgimento
  • Leopardi e Manzoni
  • Scritti di storia e di erudizione
  • Bozzetti e scherme
  • Confessioni e battaglie
  • Ceneri e faville
  • Versioni da antichi e da moderni
  • Ricordi autobiografici, saggi e frammenti
  • Inno a Satana, 1863
  • Alla regina d'Italia, 1878
  • Poesie
  • Del Risorgimento italiano
  • Dello svolgimento della letteratura nazionale
  • Letture italiane scelte e annotate ad uso delle suole secondarie inferiori, scritto con Ugo Brilli
  • Ça ira. Versi e prosa
  • Amarti è odiarti. Lettere a Lidia
  • Confessioni e battaglie
  • Per il tricolore, discorso tenuto nell'atrio del Palazzo civico di Reggio Emilia per le celebrazioni del primo centenario del tricolore
  • Cacce in rima
  • Prose
  • Accapigliatura ed altre prose
  • Lo studio bolognese, discorso per l'ottavo centenario
  • Faida di Comune
  • Il libro delle prefazioni


Bibliografia critica

  • Walter Binni, Carducci e altri saggi, Einaudi (De Maestri), Torino 1960
  • Vincenzo De Caprio e Stefano Giovanardi, I testi della letteratura italiana: l'Ottocento, Einaudi, Milano 1998, pagg. 1023-1086
  • Stefania Martini, Dante e la Commedia nell'opera di Carducci giovane, 1846-1865, Collana di studi e ricerche Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Pantograf, Genova 1999
  • Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia: storia della letteratura italiana, Palumbo Editore, Palermo 1994, pagg. 728-736
  • Luigi Russo, Carducci senza retorica, Laterza, Roma-Bari 1970
  • Giambattista Salinari, Giosuè Carducci in Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, "Storia della Letteratura Italiana", volume VIII: dall'Ottocento al Novecento, Garzanti 1969, pagg.625-729
  • Giuseppe Sozzi, Vita e poesia giovanile di Giosuè Carducci, casa editrice G. D'Anna, Firenze-Messina 1961
  • Lorenzo Tomasin, Classica e odierna. Studi sulla lingua di Carducci, Olschki, Firenze 2007
  • Renato Serra, Alfredo Panzini, Carducci, Fara Editore, Rimini, 1994.
  • Antonio Piromalli, Introduzione a Carducci, Roma-Bari, Laterza, 1988

Note

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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