Vittoria Montecuccoli Davia

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Ritratto di donna Vittoria Montecuccoli Davia di Lodovico Aureli

La contessa[1][2][3] Vittoria Montecuccoli Davia, nata Maria Vittoria Luigia Sigismonda Montecuccoli-Laderchi (Modena, 20 giugno 1655[4]Saint-Germain-en-Laye, 13 aprile 1703[5]), è stata una nobildonna italiana. Fu dama d'onore della regina consorte d'Inghilterra, di Scozia e d’Irlanda, Maria Beatrice d'Este, figlia del duca di Modena e Reggio, Alfonso IV d'Este.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

Maria Vittoria Montecuccoli-Laderchi nacque dal 2º marchese di Guiglia, Giovanni Battista Montecuccoli-Laderchi, e dalla marchesa[6] bolognese Ottavia Caprara[7], figlia del Senatore Niccolò Caprara, Conte di Pantano[8][9]. Il nonno paterno, Francesco Montecuccoli, 1º marchese di Guiglia e cugino di quarto grado[10] del generale Raimondo, era stato Maggiordomo maggiore del Duca di Modena e Reggio, Francesco I d'Este. La nonna paterna, invece, era figlia di Giovanni Battista Laderchi, il quale, fino al 1618, era stato segretario del Duca Cesare d'Este[11].

Appena ottenne[12], Maria Vittoria venne scelta dalla Duchessa consorte di Modena e Reggio, Laura Martinozzi, moglie del Duca Alfonso IV d'Este, dapprima come sua dama d'onore[7] e poi come dama d'onore della figlia secondogenita Maria Beatrice d'Este[6].

Il matrimonio con Virgilio Davia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1672, appena diciassettenne, sposò il ventiquattrenne bolognese Virgilio Giuseppe[6] Davia[13], il quale venne eletto Senatore di Bologna[13][14] per volontà del Pontefice Clemente X[6] proprio nell’anno del loro matrimonio.

Nel settembre dell’anno successivo, ricordando di non essere stata solo una semplice Dama d’onore per Maria Beatrice d'Este, bensì una sua indivisibile compagna per molti anni, volle recarsi a Modena insieme al consorte per “attestare ossequioso affetto”[6] alla Principessa cattolica in partenza per Londra. Questo perché il 30 settembre[15] 1673, Maria Beatrice d'Este aveva sposato, per procura e con rito cattolico, l’allora ancora Duca di York (ma futuro Re d'Inghilterra, di Scozia e d'Irlanda), Giacomo II Stuart. Marito che, però, ella raggiunse in Inghilterra solo nel dicembre successivo[16].

La Montecuccoli Davia alla Corte reale inglese[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo dell’esilio a Bruxelles di Maria Beatrice d'Este e Giacomo II Stuart (1679-1684), avvenuto a causa dell’aumento del sentimento anti-cattolico in Inghilterra[17][18], Maria Vittoria si recò nella capitale dei Paesi Bassi spagnoli, insieme al proprio marito, per andare a “consolare l’esule afflitta”[6] e vi rimase fino a quando l’allora futura Regina consorte d’Inghilterra e il marito ricevettero l’ordine dal Re Carlo II d'Inghilterra di trasferirsi a Edimburgo[19].

Nel 1684[20] I coniugi Davia raggiunsero anch’essi Edimburgo, probabilmente però dopo essere tornati per un brevissimo periodo a Modena. Ciò è probabile perché è noto che una delle tappe del loro viaggio verso la città scozzese fu quella francese di Marsiglia[6]. Dopo essere stata accolta a Edimburgo con amicizia, riconoscenza e gratitudine dal Duca di York e consorte, poco prima della morte di Carlo II (6 febbraio 1685) Maria Vittoria era tornata però in patria, insieme con il marito, ricongiungendosi pertanto con la propria famiglia[6].

Ma con la morte del Monarca “despota”[21] che si era convertito al cattolicesimo romano in punto di morte[22], la salita al trono del fratello Giacomo, che trasformò Maria Beatrice d'Este nella nuova Regina consorte d’Inghilterra, rese nuovamente necessaria la presenza di Maria Vittoria accanto alla compagna di sempre[6]. Fu così che la Montecuccoli Davia decise di fare ritorno in Inghilterra, dolendosi però di dover abbandonare l’educazione dei propri figli. Molto probabilmente, durante la sua assenza fu il marito, rimasto a Bologna, a prendersi cura della famiglia[6].

Era stato però proprio Virgilio Davia a consigliare alla moglie di raggiungere Londra con il fratello Raimondo[23]. In quell’occasione, una volta sbarcati a Dover, i Montecuccoli-Laderchi erano stati scortati fino alla Capitale del Regno[24], dove, al loro arrivo, Maria Beatrice d'Este aveva ordinato che alla compagna venisse mostrato il proprio figlio di sei mesi[25]. Ma quando, nel 1687-1688, il cattolico Giacomo II fece emanare dal Parlamento inglese la cosiddetta “Dichiarazione di Indulgenza” per introdurre la libertà di religione in Inghilterra, per i Reali inglesi la situazione iniziò a farsi complicata[26][27].

Anche perché, in quell’occasione, a schierarsi con chi probabilmente desiderava che la religione cattolica continuasse ad essere discriminata a favore delle altre religioni era stato addirittura Guglielmo III d'Orange, zio e suocero di Giacomo II[6]. Ciò diede inizio alla cosiddetta Gloriosa rivoluzione, la quale portò all’abdicazione e alla conseguente fuga in Francia di Giacomo II, e all’inizio del governo di Guglielmo III d'Orange.

La fuga rocambolesca e l’esilio in Francia[modifica | modifica wikitesto]

A causa di questo, nel dicembre 1688[28], Vittoria Montecuccoli Davia decise di seguire la Regina consorte e il principe infante quando, per ordine di Luigi XIV, Antoine Nompar de Caumont, Duca di Lauzun[6] li prelevò da Whitehall per portarli in salvo, prima a Calais e poi a Vincennes[29]. Lo fece però lasciando il fratello Raimondo a Londra, a difendere “fino all’ultimo anelito il Monarca dalla furia di coloro che altamente gridavano e giuravano lo sterminio de’ Papisti”[6]. Ma, a giudicare dalla data e dal luogo della morte di costui (Guiglia, 1735)[4], non furono sicuramente quelli gli ultimi aneliti della sua vita.

La fuga Reale venne organizzata, come detto, dal Duca di Lauzun. Per effettuarla il nobiluomo fece preparare ben tre vetture diverse, in cui presero posizione la Regina, vestita in modo trascurato per non farsi riconoscere, così come Maria Vittoria, la quale per lo stesso motivo si travestì addirittura da carbonara[6]. L’infante reale era stato riposto in una scatola di parrucche, della cui custodia si era fatta carico, in quel momento, proprio la Montecuccoli-Laderchi. Furono preceduti dalla governante del Re, dalla nutrice del principe e dal guardarobiere della Regina, un certo Francesco Riva, bolognese[6][30].

Una volta raggiunto il mare, si imbarcarono per Calais e, quando, all’arrivo sulle coste francesi, la Regina decise di recarsi presso la Chiesa dei Cappuccini, volle vicino a sé proprio Donna Vittoria[6], la quale riuscì così a consolidare ulteriormente il proprio status di sua “indivisibile compagna”[6]. Poco dopo, a Boulogne-sur-Mer, Maria Vittoria si ricongiunse con il fratello Raimondo. In quell’occasione però il marchese di Guiglia redarguì la sorella per essere partita da Londra senza avvisarlo. L’arrivo del nobiluomo precedette di poco quello di Giacomo II Stuart[31].

Ben presto però la presenza in Francia della contessa iniziò a fare emergere il malcontento e la diffidenza dei cortigiani di Luigi XIV[6]. Ciò fu provocato dal fatto che ella proveniva da una famiglia fedele agli Asburgo e, più in generale, al Sacro Romano Impero, per via della parentela della sua famiglia con il generale Montecuccoli[32]. Era inoltre nipote del conte Enea Silvio Caprara, feldmaresciallo del SRI[33] - perché fratello della madre di Maria Vittoria -, nonché cognata di quel Giovanni Antonio Davia[34] che, dopo essere stato nominato internunzio a Bruxelles nel 1687, aveva dimostrato però di essere troppo rigoroso e filopapale (Innocenzo XI) per i francesi[6].

Contribuì sicuramente ad alimentare la suddetta diffidenza l’ambiguo comportamento tenuto insieme al Cardinale Ranuzzi, durante un incontro a cui era presente anche François Pidou de Saint-Olon, un diplomatico che era stato incaricato di guardare a vista l’alto prelato bolognese per conto di Luigi XIV[6]. In quell’occasione, a far infuriare il Signore di Saint-Olon fu il fatto che, una volta accortasi della sorveglianza di quest’ultimo, Maria Vittoria lo aveva volontariariamente escluso dal gioco, rivolgendosi al Cardinale in dialetto bolognese per impedirgli di capire il contenuto della conversazione[6].

La severità e i sospetti (poi rientrati) della Corte francese andarono così a sommarsi alle varie gelosie che si erano venute a creare nella ristretta Corte reale inglese a causa della indiscutibile predilezione che la Regina consorte nutriva da sempre per Maria Vittoria[6].

Il tentativo di salvataggio del figlio Giovanni Battista[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1692 Giovanni Battista Davia, figlio di Maria Vittoria, era partito da Bologna alla volta dell’Ungheria per arruolarsi soldato di ventura a soli diciannove anni[35]. Successivamente era stato inviato in Transilvania, in qualità di generale aiutante dello zio Enea Silvio Caprara, feldmaresciallo del Sacro Romano Impero[6].

Durante un combattimento era stato però catturato e, in seguito, condotto a Costantinopoli, dove il Gran Sultano lo aveva fatto rinchiudere nella Fortezza di Yedikule[6], all’interno della quale, solitamente, venivano portate a termine anche esecuzioni capitali[36].

Dopo essersi rivolta a Luigi XIV attraverso Madame de Maintenon, sposa morganatica del Sovrano, affinché l’aiutasse a far liberare il figlio, Maria Vittoria si rivolse anche, prima al Re di Polonia e poi direttamente al Gran Sultano, riuscendo così, dopo quattro lunghi anni, a riportare a casa Giambattista[6].

L’assegnazione del titolo di Contessa d’Almond[modifica | modifica wikitesto]

Il 13 gennaio 1689 Giacomo II Stuart e Maria Beatrice d'Este, Re e Regina consorte d’Inghilterra[37]appena deposti, avevano fregiato Vittoria Montecuccoli Davia dei titoli di Contessa d’Almond e di Pari di Scozia e sovente, “scrivendole, la onoravano del titolo di cugina[6].

A causa della grande considerazione avuta per lei dalla Corte, la nobildonna non si azzardava a chiedere il permesso di assentarsi per fare ritorno a Bologna e ricongiungersi alla famiglia[6]. Fu solo quando il marito glielo chiese esplicitamente, via lettera, che ella decise di tornare in patria.

Al suo ritorno, attraversando le corti di Torino, di Parma e di Modena le trovò in festa per il suo passaggio[6].

La malattia e la morte[modifica | modifica wikitesto]

Il soggiorno della contessa a Bologna non durò però a lungo, visto che Maria Beatrice d'Este la richiamò con sollecitudine. Maria Vittoria fece così ritorno in Francia, a Saint-Germain-en-Laye, dove fu però testimone, purtroppo, della morte di Giacomo II Stuart[6].

Rimase così l’unica amica e compagna di Maria Beatrice d'Este, fino a quando, il 13 aprile 1703, dopo avere trascurato i sintomi di una malattia, curata tra l’altro in maniera errata dai medici di Corte, morì, anch’ella a Saint-Germain-en-Laye[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Martin Haile, “Queen Mary of Modena, her life and letters”, E.P. Dutton & Co., New York, 1905.
  2. ^ Emilio Orioli, “L’esilio di Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano a Bologna”, Stabilimento Poligrafico Emiliano, Bologna, 1907 - Pag. 86.
  3. ^ Giovanni Fantuzzi, “Notizie degli scrittori bolognesi - Tomo terzo”, Stamperia di San Tommaso d’Aquino, Bologna, 1783.
  4. ^ a b Museo dei Montecuccoli di Montese - Albero genealogico dei Montecuccoli del basso Frignano - Autore: Stefano Santagata.
  5. ^ Museo dei Montecuccoli di Guiglia - Pannello intitolato “Gian Battista Montecuccoli Laderchi 2º marchese di Guiglia” - Testi di Stefano Santagata.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad Carolina Bonafede 1845.
  7. ^ a b Milena Ricci 2013, p. 292.
  8. ^ [1] Archiviato il 29 giugno 2017 in Internet Archive. I Caprara divennero Conti di Pantano a partire dal Secolo XVII.
  9. ^ [2] Niccolò Caprara, Conte di Pantano nel sito geni.com.
  10. ^ Giovanni De Castro, “Fulvio Testi e le corti italiane nella prima metà del XVII secolo con documenti inediti”, Natale Battezzati editore, Milano, 1875 - Pag. 265.
  11. ^ [3] Giovanni Battista Laderchi nel “Dizionario biografico degli italiani”.
  12. ^ Perché ciò avvenne quando la figlia della Martinozzi aveva cinque anni, e Vittoria Montecuccoli era più grande di lei di tre anni.
  13. ^ a b [4] La famiglia Davia nel “Dizionario biografico degli italiani”.
  14. ^ Forse potrebbe essere necessario correggere quanto scritto in passato sulle umili origini dei Davia: infatti, al contrario di quanto riportato nel “Dizionario biografico degli italiani”, costoro potrebbero non essere arrivati a Bologna nel 1640, bensì nel 1614, ed inoltre sembra non avessero origini borghesi, se il capostipite Giovanni Antonio Davia, mercante, o meglio “trafficante” (ma forse usuraio - Cfr. Francesco Protonotari, “Nuova Antologia, Vol 134”, 1894 - Pag. 562.), in breve tempo accumulò un ingente patrimonio tramandandolo ai figli Giovanni Francesco, Giacomo e Pietro Antonio (nonno di Vittorio) - Cfr. Raffaella Morselli, Anna Cera Sores, “Collezioni e quadrerie nella Bologna del Seicento: inventari 1640-1707”, The J. Paul Getty Trust, New York, 1998.
  15. ^ [5] Giacomo II Stuart e Maria Beatrice d'Este si sposarono per procura il 30 settembre 1673.
  16. ^ [6] Il 1º dicembre 1673, per la precisione.
  17. ^ [7] Maria Beatrice d’Este, Regina d’Inghilterra nel “Dizionario biografico degli italiani”.
  18. ^ [8] Re Giacomo II in nndb.com
  19. ^ Nel “Dizionario biografico degli italiani” (voce “Maria Beatrice d’Este, Regina d’Inghilterra”) si legge chiaramente che il loro soggiorno obbligatorio a Edimburgo iniziò dopo il 1684.
  20. ^ La Bonafede ha scritto che Maria Vittoria e consorte partirono per Edimburgo passando per Marsiglia, “nei giorni che un contrordine emanato da Luigi XIV proibiva agli Ugonotti di migrar dalla Francia”. Si riferiva quasi sicuramente all’Editto di Fontainebleau del 18 ottobre 1865. Dato confermato anche da Virginio Marzocchi, in “Filosofia politica - Storia, concetti, contesti.”, il quale parla infatti di “divieto di emigrazione” emanato in seguito all’editto. Il problema è che la Bonafede scrisse anche che tornarono in Italia poco prima della morte del Re Carlo II, la quale però avvenne nel febbraio 1685, ossia ben prima dell’ottobre 1865. Pertanto è probabile che tale viaggio abbia avuto luogo non nel 1685, ma nel 1684.
  21. ^ [9] Celebre per avere governato a lungo senza il Parlamento.
  22. ^ Carlo II d'Inghilterra - La conversione di Carlo II.
  23. ^ Raimondo Montecuccoli-Laderchi, 3º marchese di Guiglia e Marano, nato a Modena nel 1659 e morto a Guiglia nel 1735 (Cfr. Museo dei Montecuccoli di Montese - Albero genealogico dei Montecuccoli del basso Frignano - Autore: Stefano Santagata). Quintogenito del 2º marchese di Guiglia e Marano, Giovanni Battista Montecuccoli-Laderchi, il quale, naturalmente, era padre anche di Vittoria Montecuccoli Davia.
  24. ^ Probabilmente fino al Palazzo di Whitehall, se esso fu residenza dei sovrani d’Inghilterra dal 1530 sino al 1698.
  25. ^ Sicuramente Giacomo Francesco Edoardo Stuart, il quale infatti nacque a Londra il 10 giugno 1688. Principe del Galles dalla nascita fino all’11 dicembre 1688, giorno della deposizione del padre, “seguì ancora in fasce i genitori nell'esilio in Francia”.
  26. ^ [10] Archiviato il 5 dicembre 2017 in Internet Archive. “Processi di modernizzazione civile e politica - 1660-1702”.
  27. ^ Per la precisione, la questione religiosa si radicalizzò nel 1687-1688 perché Giacomo, per abrogare il regime di discriminazione dei cattolici, in attesa del favore del Parlamento emanò la suddetta Dichiarazione.
  28. ^ Edward Corp, “A Court in exile - The Stuarts in France, 1689-1718”, Cambridge university press, Cambridge, 2004 - Pag. .
  29. ^ Antoine Nompar de Caumont, Duca di Lauzun
  30. ^ Francesco Riva è citato anche in Alessandro Cont, “La composizione sociale della corte degli Stuart nel periodo bolognese (1726-1729)”, incluso in “Quaderni Estensi, Rivista, III - 2011” e in Martin Haile, “Queen Mary of Modena, her life and letters”, E.P. Dutton & Co., New York, 1905 - Pag. 274.
  31. ^ Il quale però dovrebbe essere avvenuto non a Boulogne, bensì ad Ambleteuse, tra il 4 e il 5 gennaio 1689. (Cfr. James Clarke, “Bononia: or a topographical and historical description of Boulogne and its vicinity”, Leigh & Son, 421, Strand, 1835).
  32. ^ Il nonno paterno era cugino di quarto grado del generale morto nel 1680.
  33. ^ Feldmarescialli del Sacro Romano Impero Enea Silvio Caprara, feldmaresciallo del SRI.
  34. ^ [11] Giovanni Antonio Davia nel “Dizionario biografico degli italiani”.
  35. ^ Noi e il mondo - Rivista mensile de La Tribuna”, 1922 - Pag. 646.
  36. ^ Yedikule - La Yedikule, o fortezza delle “Sette torri”.
  37. ^ Erano stati deposti, infatti, l’11 dicembre 1688.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carolina Bonafede, Cenni biografici e ritratti d’insigni donne bolognesi raccolti dagli storici più accreditati, Bologna, Tipografia Salsi nelle Spaderie, 1845.
  • Milena Ricci, Testimonianze su Maria Beatrice d’Este, regina d’Inghilterra, nella raccolta Molza Viti della Biblioteca Estense Universitaria, in Quaderni Estensi, V, 2013.
  • Nelle Nozze degl'Illustrissi Signori Virgilio Senatore Davia, e D. Vittoria Montecuccoli, Bologna, Ferroni Giovanni Battista, 1673. (componimenti poetici, seicentina bolognese, in quarto)

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