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OSPEDALE SAN GIOVANNI CALIBITA FATEBENEFRATELLI[modifica | modifica wikitesto]

L'ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, dell'ordine dei Fatebenefratelli, è situato a Roma nell'Isola Tiberina, sorto al posto dell'antico tempio dedicato ad Esculapio il cui culto nell'Urbe fu introdotto nel 291 a.C.

Le origini leggendarie dell'isola e del tempio[modifica | modifica wikitesto]

L’Isola Tiberina porta il triplice segno della religione, della leggenda e della scienza; di essa si dice che sia nata dal Tevere (“insula in flumine nata”) e che sia l'isola più piccola al mondo.[1]

La tradizione raccolta dallo storico romano Tito Livio, avvolge nella favola tanto le origini geologiche dell'isola quanto le origini del tempio salutare di Esculapio (Asclepieion), sulle cui fondamenta è stato edificato l’odierno ospedale. Secondo la leggenda, l'isola fu naturalmente plasmata dalle spighe e dai covoni gettati nel fiume e trascinati dalla corrente dopo l'invasione dei campi da parte della plebe che festeggiava la cacciata di Tarquinio il Superbo.[2]

Autori romani, tra cui si ricorda Ovidio con la sua opera “Le Metamorfosi”, raccontano che l'isola fu scelta dal dio Esculapio come sede del proprio tempio, attraverso uno dei serpenti sacri che partecipavano al rito dell'incubatio nell’Asclepieion di Epidauro, dove i decemviri, interrogato l’oracolo dei Libri Sibillini, avevano inviato un’ambasceria per porre fine alla terribile pestilenza che intorno al 293 a.C. aveva flagellato la città di Roma. La pestilenza perse rapidamente di intensità e i Romani eressero sull’isola il tempio del dio della Salute in segno di gratitudine, ampliato sempre di più fino a diventare una Aedes Aesculapii, ispirata al modello dei santuari-clinica ellenici.[3]

Medaglia di Antonino il Pio

La scelta del luogo, al tempo creduta una grazia celeste, lungi dall'essere frutto di una scelta casuale o sovrannaturale, è stata in realtà il risultato di studi e indagini di uomini esperti e oculati, dovuta a motivazioni di carattere sociale, politico, civile e logistico: la religione dei Romani non offriva ai malati grazie e consolazioni al pari delle diffuse liturgie elleniche e le arti mediche erano rimaste per lo più lontane dall’elaborazione religiosa e scientifica; l'isola si trovava fuori dalla zona del pomerium, era comoda per l'isolamento dei malati, adatta per le cure idroterapiche, sede del valetudinario e, secondo la testimonianza di Plutarco, garantiva un'aria più salubre rispetto alla città; inoltre rispecchiava la volontà da parte dei Romani di costruire lontano dal centro cittadino i luoghi consacrati a Vulcano, Venere, Marte e al protettore dei medici qual era Esculapio.[4]

Il passaggio dalla tradizione ellenico-romana a quella cristiana[modifica | modifica wikitesto]

L’unione tra la nozione di ospitalità della tradizione greco-romana e i valori cristiani promossi dalla Chiesa cattolica trovò concretizzazione nella proiezione sull'isola e sul tempio, già prima della costruzione dell’ospedale vero e proprio, dell'azione di un vicino centro di operosità cristiana della riva cistiberina e transtiberina. In un periodo in cui gli infermi erano curati a domicilio, salvo i casi più gravi da allettare, l'Asclepieion rappresentava un luogo non solo di culto ma anche di accoglienza e cura dei malati, liberi o schiavi, principalmente appartenenti ai ceti più umili della città di Roma e si prestava naturalmente ad essere trasformato in ospedale.[5]

Dal IV al VI secolo si determinarono quei contatti tra i riti vecchi e il nuovo Rito cristiano che segnarono il passaggio ad una nuova fase. Nell'Isola la tradizione dell'incubatio venne reinterpretata in chiave cristiana e il tempio pagano fu purificato e battezzato dal sangue dei Martiri. Gli infermi chiedevano la grazia ai Santi di Cristo, tra cui S. Michele, S. Demetrio, S. Andrea, S. Pietro, e i Santi Cosma e Damiano, e passavano la notte nel santuario pregando finché nel sogno non appariva il Santo che pronunciava le parole divine offrendo la salvezza dello spirito e della carne. Gli infermi, quindi, trovavano, congiunto col tempio, un primo ospedale, dove l'assistenza era resa una missione oltre che un'arte, infatti i medici e gli infermieri operavano sotto il segno della fede e della scienza.[6]

Il fondatore[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto S. Giovanni di Dio

Giovanni Ciudad (Montemor-o-Novo 8 marzo 1495 - Granada 8 marzo 1550), secondo la pia tradizione, ebbe da Gesù Bambino l'indicazione della sua strada: “Giovanni di Dio, Granada sarà la tua croce”. Fu beatificato da Urbano VIII nel 1630, canonizzato da Alessandro VIII nel 1690 e dichiarato patrono celeste degli ospedali e dei malati e degli infermieri con le loro associazioni rispettivamente da Leone XIII nel 1886 e da Pio XI nel 1930. Riconosciuto in seguito tra i benefattori dell’umanità, inizialmente venne considerato “pazzo” e rinchiuso nell’ospedale di Granada, per il suo atteggiamento e le sue azioni troppo discordanti da quelle comuni. Qui fece la sua prima esperienza ospedaliera, e, viste le pessime condizioni in cui versavano i malati, nutrì il desiderio di aprire un ospedale tutto suo.[7]

Il primo ospedale[modifica | modifica wikitesto]

La sua grande opera cominciò a Granada in via Lucena nel 1537, anno riconosciuto come fondazione dell'Ospedale di Giovanni di Dio. L’ospedale era dotato di soli 46 posti letto e Giovanni stesso vi traeva sulle sue spalle gli infermi, che vivevano nei luoghi più umili della città. Fu un riformatore: pensò per primo di dividere i malati in categorie (ogni genere aveva il suo reparto), fu il primo ad aprire una Work-house, per accogliere i poveri senza tetto.[8]

Il suo ospedale era aperto a tutti e i mezzi per aiutare i poveri provenivano dalle offerte e dalle elemosine che lui stesso raccoglieva per le vie di Granada dicendo: "Fate bene, fratelli, a voi stessi! Chi fa bene per sè? Fatelo per amor di Dio, fratelli miei in Gesù Cristo".[9]

L’arrivo in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Ospedale di S. Giovanni Calibita nel 1593, Isola Tiberina

Gli eredi-seguaci alla morte di San Giovanni formarono il nucleo primitivo dei Fatebenefratelli, il cui scopo era assistere gli ammalati. Inviati dall’ospedale di Granada, nel 1570 arrivarono a Roma per la prima volta e ottennero il riconoscimento pontificio ufficiale con la bolla "Licet ex debito" di Pio V del 1571. Tra questi Fratelli c’era Pietro Soriano, che nel 1571 fondò il primo ospedale in Italia dei Fatebenefratelli in Piazza di Pietra e nel 1584 comprò il monastero con la chiesa di S. Giovanni Calibita alla Tiberina, trasferendovi l'Ospedale di Piazza di Pietra, che prese il nome di Ospedale di S. Giovanni Calibita. Nel 1588 Pietro Soriano morì, lasciando ai posteri il suo impulso di carità.[10]

Dal 1608 al 1867 l’Ordine visse distinto in due Congregazioni autonome: di Spagna e d’Italia. Il numero dei conventi-ospedali di Spagna crebbe rapidamente, estendendosi anche alle colonie spagnole in America, e l’Italia venne divisa in 6 province religiose negli ordinamenti amministrativi dei Fatebenefratelli: la prima è la Romana (1587), come diretta continuazione di quella italiana.[11]

Il più importante ospedale in Italia appartenente all’ordine dei Fatebenefratelli è quello di Roma: l’ospedale di “S. Giovanni Calibita” sull’Isola Tiberina.[12]

La necessità di nuovi locali[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1591 la costruzione dell’ospedale nell’Isola era ultimata e la sede fu ampliata con i locali originariamente destinati ai malati di tifo, ceduti ai Fatebenefratelli dopo l’epidemia di tifo esantematico che afflisse Roma. I debiti, dovuti alle spese necessarie per completare l’ospedale, gravavano minacciosamente e soltanto lo spirito di carità di alcuni creditori potette salvare la causa.[13]

A causa della celebre pestilenza del 1630, che a Roma più grave imperversò quella del 1656, l’ospedale dell’Isola Tiberina fu chiuso fin dalle prime avvisaglie di contagio poiché vi era morto un marinaio sospetto di peste. Tutta l’isola venne trasformata in lazzaretto.[14]

Da Ordine a Associazione ospedaliera laicale[modifica | modifica wikitesto]

Il XVIII secolo fu un periodo difficile dal punto di vista politico e sociale: con la Rivoluzione Francese, durante la dominazione della Francia repubblicana nello Stato Pontificio, il clero e gli Ordini furono perseguitati dal Governo, il quale però riservò un certo riguardo per i Fatebenefratelli.[15]

Durante la dominazione imperiale (1808-1814), dati i tempi difficili dal punto di vista politico e sociale, alcuni ordini religiosi vennero disciolti, tra cui i Fatebenefratelli, i quali però continuarono a dedicarsi agli infermi, nonostante l’ospedale avesse subito gravi perdite economiche e diversi problemi dal punto di vista dell’organizzazione. Dopo tre anni il governo napoletano restituì l’amministrazione all’ordine.[16]

L’ampliamento dell’Ospedale[modifica | modifica wikitesto]

L’architetto Azzurri nel 1867 condusse i lavori di ampliamento dell’ospedale. Lo scopo era quello di costruire un reparto ospedaliero modello, secondo le più moderne acquisizioni del tempo, ragionando in termini di igiene, tecnica ospedaliera e i bisogni psicologici dei ricoverati. La stanza più antica fu rimodernata e ad essa ne fu annessa una per convalescenti. L’areazione era assicurata da 18 ampie finestre collocate alle due pareti e costruita in modo da non dar luogo a correnti d’aria pericolose per i degenti; altro mezzo di areazione e di riscaldamento insieme fu praticato con 12 bocche di emissione dell’aria interna in comunicazione con l’aria calda di due caminetti, mentre 16 bocche di immissione di aria esterna in alto e altrettante in basso, introducevano aria pura. Il primo esempio delle moderne cartelle cliniche furono le “tavolette dei segni”, nelle quali veniva annotato tutto ciò che riguardava il paziente. Il corredo del malato era costituito da camicia, berretto, veste da camera e, in estate, da sandali. Il numero medio dei degenti si aggirava attorno ai 40, mentre le giornate di degenza si aggiravano fra le 800 e 1200 annue. Per garantire la sopravvivenza economica dell'ospedale, i malati non erano quasi mai curati gratuitamente.[17]

La legge sulle opere Pie[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alla promulgazione della Legge sulle opere Pie (3 agosto 1862) e sulla soppressione delle corporazioni religiose (7 luglio 1866), i Fatebenefratelli rimasero a Roma come un’associazione ospedaliera laicale addetta all’ospedale. Tuttavia, il 10 luglio 1875 la giunta liquidatrice dell’Asse ecclesiastico consegnò l’ospedale di San Giovanni Calibita al Municipio di Roma.[18]

Il compromesso con la Giunta[modifica | modifica wikitesto]

Allora, intervennero lunghe sequele di proteste, di emendamenti e di rifiuti e il possesso dell’ospedale passò alla Commissione degli ospedali di Roma, che espletò il suo mandato fino al 1891 e il 17 marzo 1892 il fabbricato ospedaliero con gli annessi venne venduto a tre Fatebenefratelli (il Leitner e i sacerdoti Berthelin e Menêtre) per la somma di 400.000 lire. L’ospedale non subì modificazioni fino al 1914-15 ed era così costituito: reparto medico, con la “sala assunta” e “sala amici”; reparto chirurgico con le due sale “San Carlo” e “S. Cuore”; casa di salute con 12 camere e ambulatorio otorinolaringoiatrico.[19]

I restauri del 1912-1930[modifica | modifica wikitesto]

I nuovi restauri del triennio 1912-15, ampliarono e migliorarono le condizioni igieniche, il reparto chirurgico fu ingrandito, furono rimessi a nuovo la casa di salute, gli ambulatori e il gabinetto di analisi e una

La chiesa, l'ospedale, la farmacia, l'ingresso principale, com'erano prima dei lavori del 1930

scala di marmo sostituì la vecchia scala. In seguito alla Prima Guerra Mondiale, nel 1922 vennero ripresi i lavori di ampliamento e fu costruita una nuova sala operatoria e vengono impiantati i gabinetti di oculistica e di radioscopia. Ma l’aspetto generale del complesso dell’isola d’Occidente era rimasto presso a poco come nei secoli passati: all’ospedale erano aggiunti altri edifici comprendenti servizi e reparti diversi ed edifici antichi si addossavano all’edificio ospedaliero.[20]

Nel 1930 il versante occidentale dell’isola fu occupato con un unico corpo di fabbrica, comprendente l’ospedale con tutti i suoi annessi e il convento, secondo il disegno dall’architetto Bazzani. Nel 1934 l’ospedale era così composto:

  • piano terra: Sala “Assunta” (41 letti), Sala “S. Raffaele” (12 letti), Sala “S. Giovanni di Dio” (14 letti), ambulatori e gabinetti (dentistico, otorinolaringoiatrico, oculistico, pediatrico, radiologico) e pronto soccorso;
  • primo piano: reparto “San Pietro” con camere di prima classe per donne; reparto chirurgico con 70 letti in tre corsie: “San Carlo I”, “San Carlo II”, “Amici”; tre camere operatorie e camera di medicazione;
  • secondo piano: reparto femminile con 80 letti;
  • terzo piano: casa di salute con 35 camere per uomini.

In totale un complesso di 350 posti-letto.[21]

Nel 1972 i superiori dell’Ordine ospedaliero chiedono al dottor Romano Forleo di creare e dirigere una nuova Divisione di Ostetricia e Ginecologia e nei venticinque anni della sua direzione, oltre a far nascere circa 75.000 bambini, rende il Fatebeneftaelli un centro di riferimento, tra l'altro, per la patologia ostetrica, per i problemi legati alla menopausa e per la ginecologia dell'adolescenza.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AAVV (1996), L'isola della salute, Associazione Amici dell'Ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina di Roma
  • Borghi L. (2012), Umori. Il fattore umano nella storia delle discipline biomediche, Società Editrice Universo (Roma)
  • Gallavotti Cavallero D. (1977), Guide rionali di Roma: R.XII - Ripa; Parte 1, F.lli Palombi Editori
  • Huetter L. (1962), Renzo Uberto Montini, S. Giovanni Calibita, Collana del Chiese di Roma illustrate, Marietti, Roma
  • Magliozzi G. (2005), Fra Orsenigo, Biblioteca Ospedaliera (Roma)
  • Magliozzi G. (1983), L'inizio dell'attività ospedaliera dei Fatebenefratelli nelle città di Roma e Perugia, Ospedali Fatebenefratelli, Vol. 1, Fasc. 2, pagg. 238-252
  • Martire E. (1934), L’isola della salute. Dal tempio romano di Esculapio all’Ospedale di San Giovanni di Dio, Rassegna Romana (Roma)
  • Micheli G. (1985), L’isola Tiberina e i Fatebenefratelli, Editrice CENS (Milano)
  • Pazzini A. (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna)
  • Plateroti F. (2000) Isola Tiberina, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
  • Russotto G. (1950), L’Ordine ospedaliero S. Giovanni di Dio (Fatebenefratelli): sintesi storica, Rassegna Romana (Roma)
  • Sterpellone L. (1998), L'isola Tiberina, Tascabili Economici Newton n. 86, Roma

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Martire E. (1934), L’isola della salute. Dal tempio romano di Esculapio all’Ospedale di San Giovanni di Dio, Rassegna Romana, Roma, pp. 5.
  2. ^ Martire E. (1934), L’isola della salute. Dal tempio romano di Esculapio all’Ospedale di San Giovanni di Dio, Rassegna Romana, Roma, pp. 5-6.
  3. ^ Borghi L. (2012), Umori. Il fattore umano nella storia delle discipline biomediche, Società Editrice Universo (Roma), pp. 23-24.
  4. ^ Martire E. (1934), L’isola della salute. Dal tempio romano di Esculapio all’Ospedale di San Giovanni di Dio, Rassegna Romana, Roma, pp. 7-8.
  5. ^ Martire E. (1934), L’isola della salute. Dal tempio romano di Esculapio all’Ospedale di San Giovanni di Dio, Rassegna Romana, Roma, pp. 8-13.
  6. ^ Martire E. (1934), L’isola della salute. Dal tempio romano di Esculapio all’Ospedale di San Giovanni di Dio, Rassegna Romana, Roma, pp. 15.
  7. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 18-30.
  8. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 18-30.
  9. ^ Russotto Gabriele (1950), L’Ordine ospedaliero S. Giovanni di Dio (Fatebenefratelli): sintesi storica, Rassegna Romana (Roma), pp. 17.
  10. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 34-36 e pp. 117-118.
  11. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 65.
  12. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 113-116.
  13. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 121-124.
  14. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 121-124.
  15. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 124-127.
  16. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 124-127.
  17. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 124-127.
  18. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 127-130.
  19. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 127-130.
  20. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 130..
  21. ^ Pazzini Adalberto (1956), Assistenza e ospedali nella storia dei Fatebenefratelli, Marietti (Bologna), pp. 130.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Sito ufficiale del Fatebenefratelli Isola Tiberina, Ospedale San Giovanni Calibita:

https://www.fatebenefratelli-isolatiberina.it/It/Homepage