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Carlo Lombardo (carabiniere)[modifica | modifica wikitesto]

carabiniere italiano (1942-1966)

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Carlo Lombardo (Roma, 14 marzo 1942 - Fonni (NU) 24 dicembre 1966) è stato un Brigadiere dei Carabinieri italiano, morto nel 1966, a 24 anni, ucciso durante un conflitto a fuoco con alcuni banditi della Barbagia, in Sardegna.

Nazionalità 🇮🇹 Italia
Nascita Roma, 14 marzo 1942
Morte Fonni (Nu), 24 dicembre 1966
Cause della morte Conflitto a fuoco con banditi in Barbagia, Sardegna
Dati militari
Paese servito Italia 🇮🇹
Forza armata Esercito italiano
Arma Arma dei Carabinieri
Anni di servizio 1962 - 1966
Grado Brigadiere
Vice Comandante di Stazione Carabinieri di Villagrande Strisaili (NU); Stazione Carabinieri di Fonni (NU)
Suo Comandante Silvio Farris
Decorazioni Medaglia d'oro al Merito Civile
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Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e formazione[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Lombardo nacque a Roma il 14 marzo 1942 da Salvatore, originario di Letojanni (all'epoca frazione di Taormina) e da Assunta Elena Martorelli.

Secondo di cinque figli (i fratelli: Loredana, Giuseppe, Giacomo e Luigi), aveva svolto l'attività di cronista e fotoreporter per il quotidiano "Il Tempo" a L'Aquila.

Si arruolò, giovanissimo, come volontario allievo sottufficiale nell'arma dei Carabinieri nel 1961, volendo emulare la carriera del padre Salvatore, ufficiale di Pubblica Sicurezza, Comandante della Squadra Mobile della Questura dell'Aquila, ove restò in servizio fino al 1971.

Dopo un breve CAR nella caserma "Rebeggiani" di Chieti Scalo (CH), fu inviato alla scuola di Moncalieri, dove superò il corso con ottimi risultati, essendo diventato, per quell'anno (1962), il piu giovane vicebrigadiere d'Italia.

Destinato alla (oggi ex) caserma "Pastrengo" di Roma, operò nel reparto dei carabinieri a cavallo, comandato dal campione d'equitazione Raimondo d'Inzeo.

Servizio operativo volontario in Barbagia, Sardegna[modifica | modifica wikitesto]

Dopo qualche mese passato alla "Pastrengo" chiese, su domanda volontaria, d'essere inviato in terra di Sardegna, intendendo esercitare un ruolo operativo e, soprattutto, investigativo.

Giunto in Sardegna, nel 1963 fu assegnato come Vice Comandante della stazione di Villagrande Strisaili (NU), nel cuore della Barbagia, ove in quel momento era assai attivo il fenomeno del banditismo e dell'abigeato. Trasferito dopo circa due anni alla più importante stazione di Fonni (Nuoro), sempre come Vice Comandate, ebbe modo di occuparsi di rilevanti delitti.

L'agguato e l'omicidio

La drammatica sequenza dei fatti che portarono alla morte prematura, a soli 24 anni, del giovane e coraggioso carabiniere Carlo Lombardo, è stata descritta nel libro "Sardegna criminale"1 del Maggiore dei Carabinieri, Dr. Giovanni Ricci:

"Il vicebrigadiere dei carabinieri Carlo Lombardo, originario di Roma, viene assassinato con una fucilata nel centro abitato di Fonni la notte del 24 dicembre 1966. Aveva 24 anni e stava eseguendo un servizio di perlustrazione a piedi insieme ai carabinieri Giovanni Di Mauro, Antonio Napoletano, Giuseppe Canu e Giovanni Serra, quando un colpo di fucile calibro 12 lo ha colpito al torace ferendolo gravemente.

Lombardo viene immediatamente soccorso dal carabiniere Canu, mentre i suoi colleghi tentano inutilmente di inseguire l'attentatore dirigendosi di corsa verso la vicina piazza San Pietro. Un altro militare si reca in caserma e informa il maresciallo Silvio Farris, comandante della stazione, che piomba sul luogo dell'agguato alla guida di una Campagnola.

ll giovane sottoufficiale è ancora vivo; il suo superiore lo carica in macchina e parte a forte velocità verso Nuoro. Lombardo muore durante quella disperata corsa, ma prima di spirare sussurra all'appuntato Pais due nomi: "Baralla" e "Sechi."

Alla mezzanotte e quarantacinque di quel 24 dicembre 1966, come da rapporto dell'Arma, terminò la vita terrena di Carlo Lombardo.

Nel bel libro sul fenomeno del banditismo sardo del Dr. Giovanni Ricci, viene dedicato un intero capitolo alla vicenda dell'assassinio di Carlo Lombardo, con dovizia di particolari, soprattutto quelli riguardanti le indagini ed investigazioni nonché le descrizioni delle prove a carico degl'imputati, che furono accusati di omicidio, nel processo che si tenne nel Tribunale di Nuoro.


Riconoscimenti

Funerali di Stato

I funerali di Stato si svolsero a Nuoro il giorno di Natale del 1966. Intervennero l'allora comandante generale dell'Arma, in rappresentanza di tutti i Carabinieri d'Italia, e le maggiori autorità civili, militari e religiose della provincia, oltre a un'immensa folla commossa. Poi la salma proseguì per L'Aquila, città di residenza del caduto, dove, il 27 dicembre ebbero luogo altre solenni onoranze funebri, con la partecipazione, accanto ai familiari della vittima, di tutte le autorità del capoluogo, di rappresentanze militari e civili, e di una vasta massa di popolo. Prima che la bara venisse portata nella Cattedrale di San Massimo per il rito funebre, il popolo aquilano si recò, in un mesto e continuato pellegrinaggio, nella chiesa di San Marco, dove venne allestita la camera ardente che accolse la salma del Brigadiere Carlo Lombardo al suo arrivo in città.

Dopo i solenni funerali di Stato, le sue spoglie furono tumulate nel cimitero momumentale dell'Aquila.

Avanzamento "in memoriam"

L'allora Comandate dell'Arma, Generale Carlo Ciglieri, scrisse alla famiglia d'aver deliberato di concedere al giovane caduto l'avanzamento al superiore grado di Brigadiere "in memoriam".

Il proc


Il processo

In una lettera2 dell'Avvocato aquilano Berardino Marinucci, che, unitamente agli avvocati Gustavo ed Elena Marinucci, nel processo rappresentò le parti civili - ovvero i parenti di Carlo Lombardo - vengono sinteticamente ricostruite le fasi processuali:

"(...) Mi recai in Sardegna e presi contatto con il Magistrato che conduceva le indagini per il gravissimo episodio, il quale mi fece capire che nella sua requisitoria sarebbe stato severissimo, perché i banditi avevano ucciso un vicebrigadiere dei Carabinieri, mentre nessuno, nel tempo, aveva mai osato di attentare alla vita di un militare dell'Arma.

Una volta depositati gli atti, ebbi modo di apprendere, dai rapporti compilati dai Carabinieri che avevano effettuato le indagini, che il brigadiere Lombardo, mentre in pattuglia stava percorrendo un tratto di strada nel centro del paese, era stato raggiunto da una fucila esplosa da chi si era appostato dietro una fontana della piazzetta del Municipio del paese in questione e che, immediatamente soccorso dai commilitoni, prima di spirare aveva avuto la forza di fare i nomí di due individui, tali Sechi e Mureddu (detto "Baralla"), quali possibili autori, evidentemente, della esecrabile vera e propria esecuzione.

Sempre dagli atti, risultava che i carabinieri avevano rínvenuto nel luogo dell'agguato alcune cartucce a terra, perdute allorché gli autori del fatto erano precipitosamente fuggiti subito dopo.

Recatisi immediatamente i carabinieri in casa dei due, furono trovate in un cassone molte cartucce ed una rudimentale "macchinetta a manovella", normalmente usata dai cacciatori per "caricare" le cartucce di un fucile da caccia. Si ebbe modo di constatare che le cartucce trovate sul posto - nella piazza - e quelle rinvenute nella casa dei banditi, presentavano una vistosa rottura alla base dei "bossoll", provocata dalla "macchinetta" rinvenuta, che, a sua volta, evidenziava la netta rottura di un "ingranaggio". Se ne dedusse che tutte le cartucce erano state caricate, indiscutibilmente, dai due individui, dei quali il povero Carlo era riuscito a pronunciare prima di morire il nome.

ll processo durò qualche mese, anche perché, nel corso del dibattimento, chiesi, ed ottenni, che la Corte disponesse una perizia su tutto il materiale rinvenuto, e cioè: sulle cartucce con quelle vistose incisioni alla base dei bossoli; sulla macchinetta usata che, a sua volta, appariva con un evidente dente dell'ingranaggio rotto perfettamente corrispondente a quelle "incisioni" nei bossoli; sulla qualità della polvere da sparo, per controllare se per tutte erano state usate le stesse "poIveri"; sul calibro dei grossi pallettoni, i più grandi in commercio e, normalmente, usati per la caccia al cinghiale. Ed infine, ingrandimenti di tutti i reperti, per meglio evidenziare alla Corte d'Assise quanto era stato messo a disposizione del perito.

Le conclusioni di questi, depositate dopo qualche tempo, confermarono che le cartucce sequestrate erano tutte eguali, tutte con le stesse "incisioni" provocate da quella macchinetta rinvenuta in casa; che la polvere da sparo era identica in tutti i bossoli; ed infine che il calibro dei "pallettoni" era lo stesso rinvenuto sul povero Carlo e, soprattutto, del tutto uguale a quello utilizzato per caricare tutte le cartucce: sia quelle rinvenute sul posto dell'agguato, sia quelle trovate nel cassettone della casa del Sechi.

Una serie dunque di indizi certi, univoci e concordanti recita il Codice Penale, in ordine alle prove a carico dei due imputati, sicché, teminata l'istruttoria dibattimentale, il processo fu rinviato ad altro giorno per la diserzione delle parti. Prese la parola il Pubblico Ministero, lo stesso di cui ho parlato, il quale, al temine della sua requisitoria sostenne inspiegabilmente che le prove a carico degli imputati non erano sufficienti, che sussistevano dubbi in ordine alla responsabilità dei due, concludendo con l'assoluzione per insufficienza di prove".

Una mancata giustizia

In una intervista3 del 23 dicembre 2021 al Prof. Luigi Lombardo, fratello di Carlo, il professore, con dolore immutato, ha dichiarato:

"Ho appreso con soddisfazione dell’operazione dei Carabinieri con la quale è stato assicurato alla giustizia il famoso bandito sardo Graziano Mesina, già attivo quando mio fratello carabiniere Carlo esercitava la sua missione in Barbagia nel 1966. Ma, al contempo, non posso non ricordare che l’efferato omicidio di mio fratello Carlo, ancora a distanza di 55 anni, è rimasto impunito. Dopo tanto tempo il perdono cristiano  potrebbe essere concesso, ma il perdono, proprio per l’intrinseco significato della locuzione "per dono", necessita della presenza di un destinatario, per cui non può essere offerto in maniera  astratta.

Inoltre, il perdono è figlio della giustizia e, in questo caso, giustizia non è stata fatta, nonostante fosse stato arrestato un indiziato, indicato dallo stesso Carlo durante l’agonia prima della morte, e sul quale pesavano ben tre prove, non tre indizi. Dopo 22 mesi di carcere preventivo si celebrò presso la Corte d’Assise di Nuoro un processo farsesco, nel quale le parti civili, cioè i parenti del caduto, furono rappresentate dagli Avvocati Gustavo, Berardino ed Elena Marinucci, in quegli anni costituenti uno degli Studi penalistici più importanti d’Italia. Ciononostante il processo si chiuse con l’assoluzione dell’imputato e morì là, con un unico grado di giudizio in quanto il Procuratore della Repubblica stranamente “dimenticò” di presentare l’appello. Ma, in quegli anni queste cose erano all’ordine del giorno in quelle aree.

Così accadde che l’assassinio non fu punito, mentre la famiglia tutta ebbe l’ergastolo, perché, ancora oggi, a distanza di 55 anni le ferite emozionali sono ancora vive nell’animo di noi tutti per la impossibilità ad avere serenità con un ricordo tanto agghiacciante. Con i sistemi scientifici odierni si sarebbe potuto arrivare facilmente alla individuazione dell’autore del delitto, esaminando i mozziconi di sigaretta dallo stesso abbandonati sul luogo ove era appostato, e che, all’epoca, furono repertati come corpi di reato e conservati insieme con i bossoli dei colpi esplosi. Se potessero essere ritrovati, si potrebbe riaprire un caso giudiziario e rendere, finalmente, giustizia ad un giovane di 23 anni che faceva soltanto il proprio dovere servendo la Patria in cui credeva fermamente”.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor civile
Medaglia d'oro al valor civile

Il 5 giugno 2009, nel corso d'una solenne cerimonia a Roma, nell'occasione del 195° anniversario di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri, il Capo dello Stato, Presidente della Repubblica Giorgio Napolitanopresenti anche diverse alte cariche dello Stato italiano, ha concesso al giovane caduto dell'Arma la Medaglia d'oro al Merito Civile con la seguente motivazione:

"Vice Brigadiere in sottordine alla stazione distaccata operante in area particolarmente sensibile sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica assicurava, esponendosi personalmnente a grave rischio, il rispetto delle leggi e dei regolamenti, investigando, in tale contesto, in ordine ad un efferato omicidio. Il suo impegno provocava la violenta reazione di un malvivente, che non esitava a tendergli un vile agguato indirizzandogli un mortale colpo di fucile. Nobile esempio di elette virtù civiche, elevato spirito di servizio e non comune senso del dovere, portati all'estremo sacrificio. 24 dicembre 1966 - Fonni (Nuoro)".

A Carlo Lombardo è anche stata dedicata una via nello stradario dell'Aquila.

Note

1 Giovanni Ricci, Sardegna criminale, Newton Compton, Roma, 1984.

2 Lettera pubblicata nel pampleth celebrativo "In Memoriam", scritto ed autopubblicato dal Prof. Luigi Lombardo, in occasione del 55° anniversario della morte del fratello Carlo Lombardo, il 24 dicembre 2021

3 In: ilcapoluogo.it