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Villa Pignatelli
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
IndirizzoLargo Principessa Rosina Pignatelli, 201 - 80121 Napoli, Italia
Caratteristiche
TipoAppartamento storico
Istituzione1952
FondatoriRosina Pignatelli
[Sito ufficiale Sito web]

La Villa Pignatelli è un complesso monumentale ubicato nel quartiere Chiaia in Napoli risalente agli inizi del XIX secolo.

La struttura si affaccia sulla riviera di Chiaia e rappresenta uno dei più significativi esempi di architettura neoclassica di Napoli.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Voluta nel 1826 dal baronetto Sir Ferdinand Richard Acton (figlio di John Francis Edward Acton, VI Baronetto, primo ministro di Ferdinando I), la villa venne realizzata da Pietro Valente a cui successe nel 1830 Guglielmo Bechi. Per eseguire i lavori fu necessario demolire una preesistente abitazione appartenente ai Carafa.[1]

Portone d'ingresso al parco

I lavori del Valente non furono semplici, dovendo di volta in volta adeguarsi alle precise richieste del proprietario inglese. Diverse furono infatti le controversie tra le due parti riguardo i lavori di esecuzione e non a caso circa ventidue furono i progetti presentati dall'architetto napoletano[1] per trovare l'accordo con Ferdinand Richard Acton. Proprio per queste diatribe, i lavori di decorazione interna e quelli del giardino furono affidati al toscano Guglielmo Bechi.

Qualche anno dopo la morte di Acton, nel 1841, la villa venne acquistata dalla famiglia di banchieri tedeschi Carl Mayer von Rothschild, che affidarono i lavori di abbellimento dapprima a un architetto parigino e poi, insoddisfatti del lavoro, a Gaetano Genovese. In questo periodo, all'estremità settentrionale del parco, fu costruita una palazzina di tre piani nota come palazzina Rothschild.[1]

I Rothschild abitarono nella villa fino al 1860, e in seguito la affidarono alla comunità ebraica che la utilizzò come oratorio.

La torretta neogotica

Nel 1867, la famiglia tedesca vide le proprie sorti legate a quella dei Borbone, i quali furono allontanati dalla città a seguito dell'unità nazionale. Così la villa fu venduta al principe Diego Aragona Pignatelli Cortes, che fece costruire nel parco edifici dal gusto pittoresco e storicistico come lo Chalet svizzero e la Torretta neogotica. La proprietà passò poi al nipote Diego Aragona Pìgnatelli Cortes, che vi si trasferì con la moglie Rosina Fici dei Duchi d'Amalfi nel 1897 e vi fece costruire la copertura del portico, apportò alcune trasformazioni all'interno e commissionò mobili per gli ambienti dell'appartamento che rispecchiano un gusto prevalentemente eclettico. Diego e Rosina ne furono proprietari fino al 1952, quando la principessa Rosina ne fece donazione allo Stato Italiano purché l'appartamento rimanesse conservato integralmente e le collezioni vincolate alla dimora. [2]

Nel 1960 il Soprintendente Bruno Molajoli aprì al pubblico, col nome di "Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes", il piano terra della villa e il giardino.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Facciata principale della villa

Dell'architetto Pietro Valente è il progetto della villa, dell'appartamento del maggiordomo sul lato ovest del lotto, dei due padiglioni che affacciano sulla Riviera e degli alloggi della servitù sovrastanti il fabbricato destinato alle scuderie. La residenza, pensata come una domus pompeiana, si sviluppa su tre piani; il corpo principale, arretrato rispetto alla strada, e i due avancorpi laterali a mo' di tempietti raccordati dal porticato neodorico determinano la sezione a "C" della pianta. La facciata è caratterizzata da un imponente peristilio neodorico e da un corpo principale con paraste ioniche e basso frontone, mentre l'ingresso si trova sul lato posteriore presso l'atrio a cui si poteva accedere, secondo le intenzioni del Valente, tramite due rampe laterali direttamente in carrozza[3]. Di Guglielmo Bechi, oltre agli interni e al giardino, è la scalinata in marmo con sculture raffiguranti il cosiddetto Cane di Alcibiade, che riproducono statue romane a loro volta derivanti da originali ellenistici[2].

Facciata posteriore della villa

Il Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes[modifica | modifica wikitesto]

Aperto nel 1960, il Museo è costituito dall'appartamento storico della villa, che si distribuisce tra il pian terreno e alcuni ambienti del primo piano, e dalle suppellettili e le collezioni di arti decorative raccolte da Rosina Pignatelli.

Piano Terra[modifica | modifica wikitesto]

Dall'ingresso si accede al vestibolo a pianta circolare con pavimento a tessere marmoree che conduce agli ambienti di rappresentanza e, sulla destra, a uno scalone in marmo. L'ambiente è arredato con quattro panche curve in legno addossate alle pareti con nicchie adornate da stucchi entro le quali sono collocati vasi giapponesi. A sinistra del vestibolo si accede al Salottino impero, un piccolo ambiente arredato con quattro grandi specchiere e il cui parato in carta con decori in oro è di probabile manifattura napoletana. Lungo le pareti quattro vetrine accolgono piatti delle manifatture di Limoges, miniature e maioliche dei Castelli d'Abruzzo. Nell'ala sinistra si pare il Salone da ballo decorato con specchiere in cornici di legno intagliato e scolpito a motivi a festoni di manifattura napoletana risalenti al XIX secolo. Di manifattura francese sono i lampadari in bronzo dorato e cristallo. Le pareti, scandite da paraste e decorate da affreschi di Vincenzo Paliotti raffiguranti Amorini musicanti, sono in finto marmo e decorate da un fregio con teste sbalzate. La volta ribassata è decorata a monocromi, mentre una serliana, separa il salone da un ambiente con pareti in cera rosa e destinato all'orchestra.

Dal fronte settentrionale attraverso un portichetto a quattro pilastri con altrettante semicolonne doriche addossate si accede al pian terreno. L'imponente portico colonnato che caratterizza la facciata principale, richiama le antiche ville pompeiane. Di fronte alla facciata posteriore, invece, nel pian terreno della palazzina Rothschild, in quelle che erano le scuderie della villa, vi è il museo delle carrozze, con diversi esemplari di vetture ed accessori annessi di fine Ottocento per lo più realizzati a Parigi, Napoli e Londra.[3].


Il parco[modifica | modifica wikitesto]

Il giardino modellato all'inglese, mosso nel disegno dei viali e variegato nella scelta delle piante disposte “a boschetto”, è stato progettato da Guglielmo Bechi. L'attuale disposizione rispetta l'impianto originario. Tra le specie più belle e rare esistenti oggi sono da segnalare la Araucaria excelsa, la Grevillea Robusta, il Ficus Magnolioides, la Strelitzia Augusta, tipi diversi di Cycadaceae e palme di vario genere. Numerose anche le piante di Camelie, sul prato posteriore spicca nella sua imponenza una Magnolia Grandiflora.

Museo delle Carrozze

Alla fine del secolo il parco è stato arricchito da piccoli edifici di genere “pittoresco”: la torretta neogotica, lo chalet svizzero, la serra.[1]


Interno[modifica | modifica wikitesto]

La villa dispone di tre piani. Il piano terra è quello che conserva l'aspetto di dimora nobiliare ed offre una ricca collezione di porcellane orientali del Settecento e dell'Ottocento. La principessa Rosina donò argenti, bronzi e cristalli appartenenti alla sua famiglia ed una ricca collezione di porcellane europee del XVIII e XIX secolo. Il nucleo più rappresentativo è quello della Manifattura di Meissen con esemplari anche di datazione antica come il Servizio da caffè con paesaggi marini del 17351740 o ancora il gruppo plastico con il Ratto di Proserpina del 1750. Della Real Fabbrica di Napoli vi sono la famosa Lavandaia, il Gentiluomo con marsina, la Scena galante con cagnolino; numerosi i biscuit di Capodimonte e altri oggetti della medesima manifattura.[4] Il sottotetto e gli scantinati, accessibili mediante scale di servizio ben dissimulate, erano destinati alla servitù, ai ripostigli e alle dispense, mentre le cucine erano poste nell'interrato di una vicina costruzione e collegate alla villa mediante una piccola galleria sotterranea. Il primo piano, accessibile dal vestibolo circolare d'ingresso, era destinato infine alla residenza padronale.

Salotto Rosso

Dal vestibolo del pian terreno, punto di accesso alla villa dove è visibile un tripode neoclassico in legno, marmi policromi e pietre dure, si accede a due sale dell'edificio, nonché al piano superiore. Ad oriente ci immette nella piccola sala d'armi dove sono esposti armi ed utensili da caccia, per poi immettersi nel grande salone delle feste (oggi utilizzato anche per convegni) e di qui nella sala dell'orchestra. Ad occidente vi è l'accesso ai piani superiori tramite scala a chiocciola. Di fronte all'ingresso al vestibolo invece vi è l'accesso al salotto rosso, punto centrale e da cui poi si snodano tutti gli altri ambienti della villa.

Salotto Verde
Biblioteca

La sala Rossa presenta sul soffitto il dipinto Allegoria dell'architettura di ignoto autore, attribuito secondo alcuni a Francesco Oliva, questi particolarmente attivo nel XIX secolo nei lavori decorativi dei palazzi nobiliari in città, nella cui scena si può ammirare un piccolo genio che regge un foglio su cui è visibile la pianta della villa.[5] Le alterazioni architettoniche e le decorazioni in stucco bianco e oro risalgono all'epoca dei Rothschild (metà Ottocento) e quindi, alle mani di Gaetano Genovese il quale modificò l'originale progetto di un architetto parigino di cui si ignora l'identità.[5] Il pavimento è in terracotta dipinto mentre gli arredi e la mobilia fanno parte della manifattura napoletana e francese tipica dell'Ottocento. Dal salotto Rosso si accede ad occidente per quello Verde il quale funge sostanzialmente da cordone tra la sala Rossa e la biblioteca. Nella sala Verde troneggia lo scrittorio con alzata in legno intarsiato e bronzo con inserti di porcellana e motivi floreali. Pregevole anche il pavimento sempre in cotto dipinto che rimanda alla precedente sala, nonché le collezioni di porcellane provenienti dalle maggiori fabbriche del periodo, tra cui quella di Capodimonte, Vienna ed altre europee.[5] Da quest'ambiente si può raggiungere a nord la sala da pranzo che mostra un importante numero di vasi di porcellana decorati con motivi animali, floreali o storici e soprattutto un pregevole servizio di piatti della prima metà del XIX secolo di Limoges con posate d'argento e bicchieri con lo stemma nobiliare della famiglia Pignatelli,[5] a sud invece la biblioteca, con lo splendido parato, di cui fa parte un ricco fondo bibliotecario e più di 4000 microsolchi di lirica e classica, le librerie dall'intaglio neorinascimentale e le poltrone tappezzate in cuoio con stemmi familiari. L'ambiente, che veniva utilizzato anche come sala da biliardo, espone inoltre diverse opere tra cui un Ritratto di Maria Carolina di ignoto autore del XVIII secolo, le tavole con le Storie della Vergine di Giovan Filippo Criscuolo del 1530 circa, raffiguranti la Nascita della Vergine, la Presentazione al Tempio e lo Sposalizio della Vergine, nonché la scultura in bronzo del Narciso di Vincenzo Gemito.[5] Tra i libri conservati vi sono anche la serie completa del Real Museo Borbonico che cataloga ed illustra con stampe tutti i ritrovamenti vesuviani conservati poi nel palazzo degli Studi.[5]

Il Salotto Azzurro

L'altra metà della villa è composta dal salotto Azzurro che conserva ancora l'aspetto originario ottocentesco con decorazioni a dipinto sulla volta e che mostra testimonianze storiche legate alla famiglia Pignatelli attraverso fotografie ritraenti illustri ospiti della villa, come i membri di casa Savoia o di altre nobili famiglie d'europa.[5] Successiva alla sala Azzurra è la sala delle feste le cui decorazioni a stucco, i dipinti e gli arredi, sono quelli originali eseguiti tra il 1870 ed il 1880 dal pittore romano Vincenzo Paliotti. La sala, che mostra anche un busto bronzeo di Fernando Cortes, confluisce tramite un'aperura a tre ingressi aperti nella successiva sala dell'orchestra alle spalle della quale c'è un piccolo aula da toiletta semicircolare denominato salottino pompeiano per via delle decorazioni eseguite dal fiorentino Guglielmo Bechi con stucchi in stile pompeiano.[3] I dipinti sempre a medesimo rimando sono invece attribuiti a Nicola La Volpe e Gennaro Maldarelli.[5]

Sul retro della villa, adibita a mostre e concerti, vi è infine la pregevole veranda neoclassica.

Al primo piano, che ospita mostre di fotografia, è il tondo raffigurante La primavera di Giacinto Diano, risalente alla fine del '700.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e D. Mazzoleni, I palazzi di Napoli, Arsenale Editrice (2007) ISBN 88-7743-269-1
  2. ^ a b D.M. Pagano, Villa Pignatelli, Arte'm (2015) ISBN 978-88-569-0395-9
  3. ^ a b c Barrella N. (1996) I grandi musei napoletani, Roma, Newton & Compton, p. 53, 54, 55, ISBN 88-8183-462-6
  4. ^ Museo Pignatelli - sito beniculturali, su polomusealenapoli.beniculturali.it. URL consultato il 10 gennaio 2012.
  5. ^ a b c d e f g h Museo di Villa Pignatelli.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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