Istituto per gli studi di politica internazionale

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Istituto per gli studi di politica internazionale
Sede a Milano, via Clerici 5, presso Palazzo Clerici
AbbreviazioneISPI
Tipocentro di ricerca
Fondazione1934[1]
Scopoculturale
Sede centraleBandiera dell'Italia Milano
PresidenteGiampiero Massolo
Sito web

L'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) è un centro studi italiano, specializzato in analisi geopolitiche e delle tendenze politico-economiche globali.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'Istituto fu fondato nel 1934 come associazione ad opera di un gruppo di giovani intellettuali provenienti dalle università di Milano e di Pavia[2] e aderenti alla Scuola di Mistica Fascista.[3] Il suo scopo originario era quello di promuovere in Italia lo studio dei problemi internazionali.[4] Negli anni successivi si occupò principalmente dei temi correlati alla presenza italiana ed europea in Africa. I suoi campi di ricerca comprendevano anche più in generale gli aspetti storici e organizzativi della diplomazia e della politica internazionale.[5]

Il primo presidente fu Alberto Pirelli, che ritornò alla sua presidenza nel 1946 dopo un periodo di commissariamento dell'ente.[6]

Dal 1934 al 1938 l'Istituto pubblicò una rivista di studi e ricerche, la «Rassegna di politica internazionale».[7]

Tra altre le pubblicazioni dell'istituto si possono ricordare:[4]

  • Annuario di politica internazionale (pubblicato tra il 1935 e il 1973),
  • Relazioni Internazionali (pubblicata dal 1936 al 1984 e dopo il 1986),[8]
  • Rapporto sullo stato del sistema internazionale (pubblicato tra il 1992 e il 2000),
  • Global FP (pubblicato a partire dal 2000).

Nel 1950, l'ISPI ha costituito una propria scuola di formazione, la ISPI School.

L'ISPI è stato elevato a ente morale il 13 marzo 1972 con decreto del presidente della Repubblica Giovanni Leone n. 302, che pone l’organizzazione sotto la vigilanza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Ha sede a Palazzo Clerici, a Milano.

Attività[modifica | modifica wikitesto]

Le attività di ricerca dell'Istituto si articolano in osservatori (Europa e governance globale; Medio Oriente e Nord Africa; Asia; Russia, Caucaso e Asia centrale; radicalizzazione e terrorismo internazionale; geoeconomia; cybersecurity) e programmi (Africa; America Latina; sicurezza energetica; relazioni transatlantiche; migrazioni).

È elencato nei rapporti ‘Global Go to Think Tank Index’,[9] redatti dall'Università della Pennsylvania.

Ricerca[modifica | modifica wikitesto]

L'obiettivo tradizionale della ricerca ISPI è quello di esaminare le tendenze politiche, strategiche ed economiche nel sistema internazionale. La sezione di ricerca principale contiene la pubblicazione finale dei progetti condotti dall'ISPI a volte congiuntamente con altri istituti. I risultati dei progetti di ricerca ISPI sono diffusi attraverso newsletter giornaliere, sul sito web e sui canali social dell'Istituto.

L'attività di ricerca presso l'Istituto è organizzata da centri (Asia, cybersecurity, Europa e governance globale, geoeconomia, Medio Oriente e Nord Africa, radicalizzazione e terrorismo internazionale, Russia, Caucaso e Asia centrale) e programmi (Africa; Cina; Sicurezza energetica; America Latina; migrazioni; relazioni transatlantiche; religioni e relazioni internazionali). I Paesi specifici sono dedicati all'India e all'Iran.

Palazzo Clerici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Palazzo Clerici.
Palazzo Clerici

Situato nel cuore della città di Milano, in un quartiere conosciuto nel XVII secolo come la "Contrada del prestino" dei Bossi, Palazzo Clerici appartenne prima a Battista Visconti e fu acquistato nel 1653 dai Clerici, una famiglia di mercanti di seta e banchieri originari del lago di Como.

Gli austriaci, infatti, affidarono la gestione interna del Ducato alla famiglia di Clerici, che quindi aveva bisogno di una villa a Milano e il palazzo divenne in seguito una delle sontuose e lussuose residenze della città. Nel 1740 Giorgio Antonio Clerici chiese a Giambattista Tiepolo di coronare il successo e le realizzazioni affrescando la sala principale del suo palazzo. Alla sua morte, Palazzo Clerici passò nelle mani di un ramo secondario della famiglia; è in questo periodo, precisamente tra il 1773 e il 1778, che l'arciduca Ferdinando d'Austria visse qui, mentre aspettava l'ultimazione di Palazzo Reale. I nomi di alcune delle camere più sontuose e riccamente decorate, come la camera da letto e boudoir di Maria Teresa, possono essere datate a questi anni.

Dopo la caduta di Napoleone fu ceduto al governo austriaco e divenne la sede della corte d'appello nel 1862. Infine, nel 1942 fu consegnato all'ISPI, l'Istituto di studi politici internazionali, e l'Istituto è ancora oggi situato qui.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Maria M. Benzoni, Anna Ostinelli e Silvia M. Pizzetti (a cura di), Inventario dell’archivio storico 1934-1970 (PDF), su archivi.beniculturali.it, MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI, 2007. URL consultato l'11 ottobre 2019 (archiviato l'8 settembre 2017).
  2. ^ Istituto per gli studi di politica internazionale, su ispionline.it, Istituto per gli studi di politica internazionale. URL consultato l'11 ottobre 2017 (archiviato il 13 gennaio 2015).
  3. ^ Victoria De Grazia e Sergio Luzzatto, A.K., Einaudi, 2002, pp. 698. URL consultato il 20 ottobre 2017.
  4. ^ a b ISPI, voce dell'Enciclopedia Treccani on-line su www.treccani.it Archiviato l'8 settembre 2017 in Internet Archive.
  5. ^ La geopolitica in Italia (1939-1942), pag, 22, Giulio Sinibaldi, libreriauniversitaria.it, anno 2010
  6. ^ Annali della Fondazione Ugo La Malfa XXVI, pagina 277, Aa.Vv., Gangemi Editore, anno 2011
  7. ^ Scheda della rivista, su opac.biblio.polimi.it. URL consultato il 21 giugno 2017.
  8. ^ Scheda della rivista, su acnp.unibo.it. URL consultato l'11 febbraio 2018.
  9. ^ Think Tanks and Civil Societies Program, Global Go To Think Tank Index. URL consultato il 9 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2016).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN145548577 · ISNI (EN0000 0004 1757 6583 · LCCN (ENn84121244 · J9U (ENHE987007263385205171 · WorldCat Identities (ENlccn-n84121244