Giacomo Montagano

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Giacomo Montagano
Conte di Montagano
TrattamentoConte
Altri titoliSignore di Campolieto, Frosolone, Limosano, Lupara, Matrice e San Giuliano di Puglia
Morte1477
DinastiaMontagano
PadreCorrado Montagano[1]
ReligioneCattolicesimo
Giacomo Montagano
Nascita?
Morte1477
Dati militari
Paese servito Regno d'Aragona
Regno di Napoli
Forza armataMercenari
Anni di servizio53 (1424-1477)
GradoCondottiero
ComandantiJacopo Caldora
BattaglieGuerra dell'Aquila (1424) ed altre
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Giacomo Montagano (... – 1477) è stato un nobile e condottiero italiano, conte di Montagano e signore di Campolieto, Frosolone, Limosano[2], Lupara, Matrice e San Giuliano di Puglia[3].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Avviato sin da giovane alla carriera militare nella compagnia di ventura di Jacopo Caldora, prese parte alla guerra dell'Aquila del 1424 contro Braccio da Montone[3].

Morto il Caldora nel 1439, passò dalla parte degli Aragonesi di Alfonso V d'Aragona, prendendo parte anche all'incoronazione di questi come re del Regno di Napoli nel 1442[3]. Ottenne l'incarico dal nuovo sovrano di contrastare i baroni ribelli nelle Marche e negli Abruzzi con Paolo di Sangro e Giovanni Antonio Orsini del Balzo[3]. Nonostante alcuni successi, nel 1459 non si vide rinnovare la condotta militare dal successore di Alfonso, Ferrante d'Aragona[3]. Tornò così al servizio degli Angioini[3].

Verso il 1460 finse di defezionare dal campo angioino con Deifobo dell'Anguillara e Marino Marzano e, giunto nel campo aragonese, situato presso Teano, chiese ed ottenne un colloquio con Ferrante[3]. Qui, messi a bada i condottieri Giovanni I Ventimiglia e Gregorio Coreglia, i tre tentarono di assassinare il sovrano[3]. L'assassinio fallì a causa degli uomini d'arme del re che, accorsi prontamente, costrinsero i tre alla fuga[3].

Negli anni seguenti continuò a fronteggiare gli Aragonesi insieme ai condottieri Antonio Caldora, Cola di Monforte-Gambatesa, Carlo di Monforte-Gambatesa, Jacopo Capece Galeota, Carlo di Sangro ed Orso Orsini[3].

Nel giugno 1464 difese con Mariano Savelli la contea di Venafro, assediata dagli Aragonesi[3]. Costretto alla resa, fu condotto fino al Castel Nuovo di Napoli; qui il sovrano lo spedì in esilio, dove morì nel 1477[3]. Essendo morto senza prole, con lui si estinse la sua famiglia[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Abbazia di Montecassino, I regesti dell'archivio, a cura di Tommaso Leccisotti, vol. 3, Roma, Ministero dell'Interno, 1966, ISBN non esistente.
  • Giambattista Masciotta, Una gloria ignorata del Molise: Giacomo Caldora, nel suo tempo e nella posterità, Faenza, Stabilimento F. Lega, 1926, ISBN non esistente.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]