Ernesto Picchioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Ernesto Picchioni
L’arresto di Ernesto Picchioni
Soprannomi"Il mostro di Nerola" o "Il mostro della Salaria"
NascitaAscrea, 3 maggio 1906
MortePorto Azzurro, 9 settembre 1967
Vittime accertate6 (compresi due soldati tedeschi in tempo di guerra)
Vittime sospettate16
Periodo omicidi1944 (presumibilmente) - 1949
Luoghi colpitiNerola
Metodi uccisioneaccoltellamento, assalto con arma bianca
Altri criminiaggressione, furto, occultamento di cadavere, minaccia
Arresto12 marzo 1949
Provvedimenti2 ergastoli e 26 anni di carcere
Periodo detenzione12 marzo 1949 - 9 settembre 1967

Ernesto Picchioni, detto "Il mostro di Nerola" o "Il mostro della Salaria" (Ascrea, 3 maggio 1906Porto Azzurro, 9 settembre 1967), è stato un serial killer italiano, responsabile dai 6 ai 16 omicidi, tutti commessi a Nerola[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato nel 1906 ad Ascrea in provincia di Rieti, si trasferì a Nerola in provincia di Roma nel 1944 in una casa fatiscente al km 47 della via Salaria con la moglie Angela Lucarelli e i quattro figli. Ai Carabinieri che chiesero di cosa viveva, lui rispose "guadagno vendendo lumache". Nel 1946 scontò quattro mesi di carcere per aver aggredito, colpendolo con una pietra alla testa, il proprietario del fondo in cui abitava abusivamente[2]. Nel terreno intorno alla casa vennero trovati quattro cadaveri, oltre ad alcuni cani uccisi e resti di biciclette smontate; anche intorno al paese vennero trovati altri due cadaveri - quello di un tredicenne e di un uomo anziano - ma per questi non venne provato il collegamento con lui.

Modus operandi[modifica | modifica wikitesto]

Abitando in una casa a due piani occupata abusivamente, fatiscente e isolata, presso il km 47 della via Salaria, seminava chiodi piegati ad arte per bucare le ruote delle biciclette. Quando gli sventurati andavano a chiedere aiuto nel suo casolare, gli offriva del cibo e un giaciglio se li vedeva abbienti, poi durante la notte li uccideva e li derubava dei loro averi.

Condanna, detenzione e morte[modifica | modifica wikitesto]

Venne prima deportato per una notte nella carcere del castello di Palombara Sabina, poi fu portato nel carcere di Civitavecchia; venne in seguito condannato a due ergastoli e 26 anni di prigione il 12 marzo 1949[1]. L'unica sua difesa fu un improbabile movente politico (iscritto al PCI, Partito Comunista Italiano) per i suoi delitti. Si vantava anche di aver ucciso due militari tedeschi in ritirata. Dopo aver tentato di aggredire papa Giovanni XXIII durante una visita in carcere, venne portato nel carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro nell'Isola d'Elba, dove nel 1967 morì a causa di un arresto cardiaco, a 61 anni d'età.

Non ricevette in carcere mai nessuna visita dai parenti anche perché affermava che li avrebbe uccisi nel momento in cui li avesse visti. Le figlie Carolina e Gabriella dopo l'arresto del padre vennero adottate nel 1952 dall'imprenditore Robert Wilbraham Fitz Aucher, benefattore e magnate dell'acciaio, ricevendo in eredità 2 milioni di dollari[1].

Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]

Il caso ebbe un grande seguito di pubblico, tanto da ispirare diverse pubblicazioni a diffusione popolare, come i fogli volanti per cantastorie che ne hanno riportato, in rima, le vicende[3]. Al "mostro della Salaria" è ispirato il racconto I nostri graffiti da Le ombre bianche di Ennio Flaiano[4].

Nel film Totò contro i quattro, ne viene menzionato il nome che i media diedero all'assassino: Totò, rivolgendosi ad Aldo Fabrizi quando gli chiede l'indirizzo di uno scassinatore per poterlo aiutare ad aprire una serratura rotta, risponde: "Sicché quando deve tirare il collo a una gallina che fa? Chiama il mostro della Salaria!?"

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Ernesto Picchioni su murderpedia.org
  2. ^ Ernesto Picchioni il “mostro di Nerola”
  3. ^ A titolo di esempio, si vedano i fogli pubblicati dall'editore Campi come Picchioni, il mostro di Nerola: Via Salaria: i delitti del chilometro 47, versi di Giuseppe Bracali, Foligno, Casa Editrice G. Campi, 1949.
  4. ^ Ennio Flaiano, Le ombre bianche, Adelphi Edizioni spa, 12 settembre 2012, ISBN 978-88-459-7209-6. URL consultato il 10 dicembre 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie