Carta araba dei diritti dell'uomo

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La Carta araba dei diritti dell'uomo (الميثاق العربي لحقوق الإنسان in arabo, Arab Charter on Human Rights in inglese, acronimo ACHR) è un documento fondamentale di identità nazionale degli Stati arabi e della loro appartenenza ad una comune civiltà.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sadeq Larijani alla conferenza sui diritti umani islamici

La Carta, anticipata dalla Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo il 19 settembre 1981, è stata adottata dal Consiglio della Lega degli Stati arabi il 15 settembre 1994 ed è stata emendata il 22 maggio 2004.[1] Alla data del novembre 2013 la Carta era stata firmata dai rappresentanti di Algeria, Bahrein, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Siria, Emirati Arabi Uniti e Yemen.

Nel 2014 la Lega araba ha elaborato un nuovo documento, lo Statuto della Corte araba dei diritti umani, col fine di regolare i contenziosi interstatali riguardanti le violazioni della Carta. Il primo paese a ratificarlo è stato l'Arabia Saudita nel 2016.[2]

Finalità[modifica | modifica wikitesto]

Il documento, partendo dallo Statuto delle Nazioni Unite conferma i principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti umani e si allaccia alla Dichiarazione dei diritti umani nell'Islam del Cairo.[3] Prevede una serie di diritti tradizionali, tra cui il diritto alla libertà e alla sicurezza, l'uguaglianza di tutti davanti alla legge, la protezione dalla tortura, il diritto alla proprietà privata, la libertà di pratica religiosa e la libertà di pacifica associazione.

Testo[modifica | modifica wikitesto]

Il testo della Carta, nella sua versione emendata del 2004, è composto da:

  • un preambolo di carattere generale che richiama principi religiosi e legati all'umanità, cita i legami tra oriente ed occidente, ricorda avvenimenti storici e rifiuta razzismo e sionismo
  • 53 articoli che trattano dei diritti del cittadino ad ogni livello, dell'autodeterminazione dei popoli, dei reati e delle pene (compresa la pena di morte), della tortura, della scienza e della sperimentazione scientifica, della schiavitù e del lavoro, della protezione delle minoranze, della nazionalità e del diritto di asilo politico, dell'educazione e del diritto di opinione, della famiglia, del diritto ad una sana alimentazione, e di altri aspetti di carattere normativo ed organizzativo.[4]

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Louise Arbour al World Economic Forum Annual Meeting del 2011

Diritti delle donne e pena di morte per i bambini[modifica | modifica wikitesto]

Il 24 gennaio 2008 l'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Louise Arbour ha dichiarato che la Carta araba dei diritti dell'uomo è incompatibile con la Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Organizzazione delle Nazioni Unite in particolare per gli aspetti attinenti ai diritti delle donne e alla pena di morte per i bambini.[5][6]

Equiparazione di razzismo e sionismo[modifica | modifica wikitesto]

Non si accetta da parte di alcuni paesi che nel preambolo si mettano sullo stesso piano razzismo e sionismo giudicando questo aspetto attinente alla politica, non ai diritti umani, e questo genera letture diverse date allo stesso testo.[7][4]

Negazione dei diritti per chi non è cittadino dei paesi firmatari[modifica | modifica wikitesto]

L'articolo 34 dove si tratta del diritto al lavoro, l'articolo 24 che riguarda la libertà di riunione e l'articolo 36 concernente la sicurezza sociale, temi oggetto di diritti ritenuti universali, sono visti in un'ottica limitata ai cittadini dei paesi che aderiscono alla Carta, e non come diritto inalienabile dell'individuo.[nota 1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni
Fonti

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]