Batterioterapia fecale: differenze tra le versioni

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== Razionali teorici ==
== Razionali teorici ==
I razionali teorici di questa tecnica terapeutica vanno ricercati nelle ricerche più avanzate che riguardano i [[probiotico|probiotici]] e gli studi sul [[microbioma]], che è l'insieme di microrganismi: [[batterio|batteri]], [[archeobatterio|archeobatteri]], [[fungo|funghi]], [[virus]], presenti in un ambiente specifico. Infatti è noto come una buona ecologia microbica possa respingere il sovra-sviluppo di organismi patogeni. Nel colon si stimano vi siano 500 a circa 1000 specie diverse di batteri per un totale di 10<sup>13</sup> batteri. Si parla di [[microbiota]] che va considerato come entità biologica a se stante [[simbionte]] nell'organismo ospite. Il complesso dei batteri o microbiota agisce nel mantenere l'[[omeostasi]] dell'organismo ospite; questa flora microbica è relativamente innocua se reintrodotta nell'organismo.
I razionali teorici di questa tecnica terapeutica vanno ricercati nelle ricerche più avanzate che riguardano i [[probiotico|probiotici]] e gli studi sul [[microbioma]], che è l'insieme di microrganismi: [[batterio|batteri]], [[archeobatterio|archeobatteri]], [[fungo|funghi]], [[virus]], presenti in un ambiente specifico. Infatti è noto come una buona ecologia microbica possa respingere il sovra-sviluppo di organismi patogeni. Nel colon si stimano vi siano 500 a circa 1000 specie diverse di batteri per un totale di 10<sup>13</sup> batteri.<ref name=Silvia2008>{{Citation | title = Il microbiota intestinale - Impatto di rifaximina sul microbiota intestinale: selezione di bifidobatteri antibiotico resistenti | url = http://www.biologia.unibo.it/NR/rdonlyres/32E55BC3-F20F-414E-A0CF-455FD08BFD8F/118240/TurroniImpattodirifaximinasulmicrobiotaintestinale.pdf | year = 2008 | author = Silvia Turroni . Alma Mater Studiorum . Università Di Bologna, Dott | journal = Ottorato Di Ricerca in Biocatalisi Applicata E Microbiologia Industriale | accessdate = }}</ref>
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Il vantaggio principale della batterioterapia fecale è quello di ridurre il rischio di indurre [[resistenza agli antibiotici]] in batteri ad alta patogenicità. Altri vantaggi sono un costo relativamente basso, la mancanza di necessità di farmaci e una buona efficacia (da confermare con studi più ampi) per il trattamento di casi in cui vi è una resistenza agli antibiotici.
Il vantaggio principale della batterioterapia fecale è quello di ridurre il rischio di indurre [[resistenza agli antibiotici]] in batteri ad alta patogenicità. Altri vantaggi sono un costo relativamente basso, la mancanza di necessità di farmaci e una buona efficacia (da confermare con studi più ampi) per il trattamento di casi in cui vi è una resistenza agli antibiotici.
Il metodo è tuttavia ancora considerato un trattamento di "ultima spiaggia" per la sua più invasività rispetto al trattamento convenzionale con antibiotici, e per i potenziali rischi di trasmissione di infezioni (batteri, virus, [[prioni]], parassiti intestinali).
Il metodo è tuttavia ancora considerato un trattamento di "ultima spiaggia" per la sua più invasività rispetto al trattamento convenzionale con antibiotici, e per i potenziali rischi di trasmissione di infezioni (batteri, virus, [[prioni]], parassiti intestinali).

Versione delle 20:38, 29 ago 2011

La batterio terapia fecale o trapianto fecale o trapianto di feci o trasfusione fecale o infusione di probiotici umani (HPI), è un trattamento medico, non farmacologico sperimentale, utilmente utilizzato in soggetti affetti da colite pseudomembranosa sostenuta dal Clostridium difficile;[1][2] o anche in caso di colite ulcerosa[3] refrattaria alle comuni terapie. Scopo di questa terapia è quello di ripristinare l'ecologia microbica e l'omeostasi del colon, reintroducendo una flora batterica sana, prelevata nelle feci da un donatore sano.

La terapia prevede il ripristino della normale flora fecale, alterata, nella colite pseudomembranosa, solitamente dai trattamenti antibiotici subiti dal soggetto. Di solito si usa un pool di feci ottenute da donatori sani:eterotrasfusione (metodica classica); o in certi casi da feci "donate" precedentemente dallo stesso soggetto: omotrasfusione ripristino autologo della flora gastrointestinale - (ARGF).[4]

Cenni storici

La tecnica è stata sviluppata sin dal 2004 dal team del Dr. Thomas J. Borody a Sydney, Australia, come trattamento alternativo nella colite pseudomembranosa, specie nelle forme recidivanti e resistenti alla terapia con vancomicina.[3][5]

Questa strategia terapeutica è stato a lungo usata nell'allevamento degli animali, per esempio, per evitare la salmonellosi nei polli.[6] Inoltre, è utilmente utilizzata su topi di laboratorio germ free per rendere umanizzate le feci degli stessi animali, in modo da poter studiare gli effetti di farmaci o altro sull'ecosistema umano riprodotto nel topo.[7]

Razionali teorici

I razionali teorici di questa tecnica terapeutica vanno ricercati nelle ricerche più avanzate che riguardano i probiotici e gli studi sul microbioma, che è l'insieme di microrganismi: batteri, archeobatteri, funghi, virus, presenti in un ambiente specifico. Infatti è noto come una buona ecologia microbica possa respingere il sovra-sviluppo di organismi patogeni. Nel colon si stimano vi siano 500 a circa 1000 specie diverse di batteri per un totale di 1013 batteri.[8] Si parla di microbiota che va considerato come entità biologica a se stante simbionte nell'organismo ospite. Il complesso dei batteri o microbiota agisce nel mantenere l'omeostasi dell'organismo ospite; questa flora microbica è relativamente innocua se reintrodotta nell'organismo.[9][10][11][12][13]

Non si sa molto del ruolo del microbiota, però molte specie animali erbivore e non,[14] è noto hanno abitudini coprofaghe, probabilmente ciò per avere un doppio ciclo digestivo (digestione doppia).[15]

Il vantaggio principale della batterioterapia fecale è quello di ridurre il rischio di indurre resistenza agli antibiotici in batteri ad alta patogenicità. Altri vantaggi sono un costo relativamente basso, la mancanza di necessità di farmaci e una buona efficacia (da confermare con studi più ampi) per il trattamento di casi in cui vi è una resistenza agli antibiotici. Il metodo è tuttavia ancora considerato un trattamento di "ultima spiaggia" per la sua più invasività rispetto al trattamento convenzionale con antibiotici, e per i potenziali rischi di trasmissione di infezioni (batteri, virus, prioni, parassiti intestinali).

Anche se l' esperienza con batterioterapia fecale è ancora limitata, i risultati pubblicati sul trattamento mostrano che oltre 80 pazienti hanno dimostrato un tasso medio di successo superiore al 90%.[16] La batterioterapia fecale è una procedura a basso contenuto tecnologico, facile da eseguire, che può rompere i cicli di uso ripetuto di antibiotici, che a sua volta riduce il rischio di fenomeni di antibiotico resistenza. Inoltre, ha anche un potenziale risparmio di costi, rispetto le ripetute somministrazione di antibiotici con le necessarie ospedalizzazioni.[16]

Colite pseudomembranosa

L'importanza di questa tecnica nel trattamento dell colite pseudomembranosa, nasce anche dal fatto che, anche se l'importanza come patogeno del Clostridium difficile (CDI) è stata stabilita a partire dal 1978,[17] la suaepidemiologia è recentemente cambiata, ponendo seri problemi diagnostici e terapeutici per i clinici. I tassi di infezione (CDI) sono raddoppiati da 31/100.000 persone del 1996 a 61/100.000 nel 2003.[18] Nel corso degli ultimi anni, la gravità e la mortalità in aumento del CDI è stata attribuita a un nuovo ceppo virulento di CD conosciuto come il ceppo: North American Pulsed-field gel electrophoresis type 1 (NAP-1) chiamato anche PFGE tipo BI/NAP1 ribotipo 027.[19] L'unicità del ceppo NAP-1 consiste nella sua maggiore produzione di tossine A e B, nella sua resistenza al fluorochinolone e nella produzione di una tossina binaria.[20] [21][22][23][24][25]

Inoltre il Clostridium difficile è diventato la più comune causa batterica di diarrea nosocomiale.[26][27] L'infezione da Clostridium difficile provoca la CDAD o più raramente la colite pseudomembranosa, che è una grave condizione medica causa di una significativa morbidità e mortalità, specialmente nei pazienti sottoposti a trattamento con antibiotici o pazienti con cancro sottoposti a trapianto di cellule staminali,[27] o anche in pazienti sottoposti a radioterapia.[28][29]

L'aumento della frequenza delle infezioni da parte di ceppi di C. difficile ipervirulenti hanno portato a complicazioni e fallimenti terapeutici con il trattamento tradizionale a base di metronidazolo e vancomicina.[30][31]

Pur con un'esperienza clinica limitata, preliminarmente la batterioterapia fecale ha mostrato di garantire elevati tassi di guarigione clinica, tuttavia, mancano ad oggi per questo approccio terapeutico studi clinici randomizzati. Malgrado ciò secondo ricercatori dell'Università del Minnesota, Minneapolis:

«il trapianto ha avuto un impatto drammatico sulla composizione della flora intestinale del paziente. ... Il cambiamento nella composizione batterica è stato accompagnato da risoluzione dei sintomi del paziente. ... i batteri del donatore hanno occupato rapidamente le loro nicchie con conseguente ripristino sia della struttura che della funzione delle comunità microbiche presenti.»

Colite ulcerosa

Nella colite ulcerosa, nessun agente patogeno è stato trovato fino ad oggi. Ma l'efficacia della batterioterapia fecale, in questo caso, suggerirebbe che la causa della colite ulcerosa può essere dovuta ad una precedente infezione di un agente patogeno rimasto sconosciuto. Infatti l'infezione iniziale può probabilmente essersi risolta naturalmente in questi pazienti; ma talvolta, uno squilibrio della flora intestinale del colon potrebbe portare ad una riacutizzazione infiammatoria (il che spiegherebbe la natura ciclica e ricorrente di questa malattia). Questo ciclo sembra, almeno in molti casi, essere interrotto dalla ri-colonizzazione del colon del paziente con di un complesso batterico (probiotico) prelevato da un intestino sano (eterotrapianto).[5] Alcuni medici ritengono che questo trattamento effettuato in soggetti in buone condizioni, è sicuro e molti pazienti potrebbero trarre beneficio da questa innovativa terapia.[33][34]

Altre patologie studiate

Attualmente la tecnica è studiata in soggetti affetti da Malattia di Parkinson, diabete ed obesità.[35]

Procedura

Classica

Normalmente si usano le feci di un parente, stretto e in buona salute, del paziente dopo aver indagato ed escluso la presenza di batteri o virus o parassiti contagiosi tipo: Salmonella, virus dell'epatite ecc.[36][37]

Dopo la raccolta, il campione di feci viene lavorato e preparato in un laboratorio clinico sotto forma di una sospensione liquida, che viene successivamente instillata nella tratto gastrointestinale superiore attraverso un sondino nasogastrico o nel colon attraverso un clistere.

La procedura comporta a volte 5-10 giorni di trattamento con clisteri, fatti con la flora batterica dalle feci di un donatore sano, la maggior parte dei pazienti guarisce dopo un solo trattamento. La scelta migliore per il donatore è un parente stretto che è stato testato per una vasta gamma di agenti batterici e parassitari.[38] I clisteri sono preparati e somministrati in ambiente ospedaliero per garantire tutte le attenzioni necessarie. L'infusione del probiotico può anche essere fatta attraverso un sondino nasogastrico, fornendo i batteri direttamente all'intestino tenue. [39][40]

I due metodi possono essere combinati per ottenere il miglior risultato. Regolari controlli vanno fatti fino ad un anno dopo la procedura.

ARGF (ripristino autologo della flora gastrointestinale)

Una forma modificata di batteriotterapia fecale attualmente in fase di sviluppo è il ripristino autologo della flora gastrointestinale - (ARGF). [41] Questa metodica è più sicura, più efficace e più facile da amministrare. Un campione fecale autologo, è fornito dal paziente prima del trattamento medico, questo è conservato in frigorifero. Se il paziente sviluppa successivamente la patologia da C. difficile il campione viene estratto con soluzione salina e filtrata. Il filtrato è liofilizzato e il solido risultante è racchiuso in capsule rivestite. La somministrazione delle capsule ripristina la flora proprio colon del paziente per combattere C. difficile sovrainfettivo. Questa procedura permetterà di evitare i rischi della classica batterioterapia fecale, dove l'infezione dal donatore potrebbe essere trasmessa al paziente e vi è l'obbligo di fornire campioni di feci nel duodeno attraverso una sonda nasale.[42]

Efficacia

L'efficacia è stimata essere del 90% dei casi trattati.[43]

Precauzioni

Dopo un workshop fatto presso la Yale University nel 2005 e nel 2007, sono state emanate e pubblicate raccomandazioni generali e specifiche, pubblicate e validate nel 2008, riguardo l'uso clinico dei probiotici (Recommendations for probiotic use. - 2008. J Clin Gastroenterol. 2008).[44] In questa importante pubblicazione sono state fatte numerose raccomandazioni per il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali (MICI) e la sindrome dell'intestino irritabile con probiotici. Gli autori del workshop hanno raccomandato cautela nell'uso della tecnica del trapianto fecale a causa del limitato numero di studi.

Note

  1. ^ G. Russell, Fecal bacteriotherapy for relapsing Clostridium difficile infection in a child: a proposed treatment protocol., in Pediatrics, vol. 126, n. 1, Jul 2010, pp. e239-42, DOI:10.1542/peds.2009-3363, PMID 20547640.
  2. ^ AA. MacConnachie, Faecal transplant for recurrent Clostridium difficile-associated diarrhoea: a UK case series., in QJM, vol. 102, n. 11, Nov 2009, pp. 781-4, DOI:10.1093/qjmed/hcp118, PMID 19726581.
  3. ^ a b TJ. Borody, Treatment of ulcerative colitis using fecal bacteriotherapy., in J Clin Gastroenterol, vol. 37, n. 1, Jul 2003, pp. 42-7, PMID 12811208.
  4. ^ W. Glauser, Risk and rewards of fecal transplants., in CMAJ, vol. 183, n. 5, Mar 2011, pp. 541-2, DOI:10.1503/cmaj.109-3806, PMID 21398226.
  5. ^ a b TJ. Borody, Bacteriotherapy using fecal flora: toying with human motions., in J Clin Gastroenterol, vol. 38, n. 6, Jul 2004, pp. 475-83, PMID 15220681.
  6. ^ E. Nurmi, New aspects of Salmonella infection in broiler production., in Nature, vol. 241, n. 5386, Jan 1973, pp. 210-1, PMID 4700893.
  7. ^ PJ. Turnbaugh, The effect of diet on the human gut microbiome: a metagenomic analysis in humanized gnotobiotic mice., in Sci Transl Med, vol. 1, n. 6, Nov 2009, pp. 6ra14, DOI:10.1126/scitranslmed.3000322, PMID 20368178.
  8. ^ Silvia Turroni . Alma Mater Studiorum . Università Di Bologna, Dott, Il microbiota intestinale - Impatto di rifaximina sul microbiota intestinale: selezione di bifidobatteri antibiotico resistenti (PDF), in Ottorato Di Ricerca in Biocatalisi Applicata E Microbiologia Industriale, 2008.
  9. ^ S. Prakash, Gut microbiota: next frontier in understanding human health and development of biotherapeutics., in Biologics, vol. 5, 2011, pp. 71-86, DOI:10.2147/BTT.S19099, PMID 21847343.
  10. ^ PM. Smith, The gut microbiota and mucosal T cells., in Front Microbiol, vol. 2, 2011, p. 111, DOI:10.3389/fmicb.2011.00111, PMID 21833339.
  11. ^ H. Tilg, Gut microbiome, obesity, and metabolic dysfunction., in J Clin Invest, vol. 121, n. 6, Jun 2011, pp. 2126-32, DOI:10.1172/JCI58109, PMID 21633181.
  12. ^ J. Matricon, Immunopathogenesis of inflammatory bowel disease., in Self Nonself, vol. 1, n. 4, ottobre 2010, pp. 299-309, DOI:10.4161/self.1.4.13560, PMID 21487504.
  13. ^ DA. Relman, Microbial genomics and infectious diseases., in N Engl J Med, vol. 365, n. 4, Jul 2011, pp. 347-57, DOI:10.1056/NEJMra1003071, PMID 21793746.
  14. ^ Hofmeister, Erik, Melinda Cumming, and Cheryl Dhein, Owner Documentation of Coprophagia in the Canine, 2001. Accessed November 17, 2005.
  15. ^ O. Soave, Coprophagy in animals: a review., in Cornell Vet, vol. 81, n. 4, Oct 1991, pp. 357-64, PMID 1954740.
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  18. ^ LC. McDonald, Clostridium difficile infection in patients discharged from US short-stay hospitals, 1996-2003., in Emerg Infect Dis, vol. 12, n. 3, Mar 2006, pp. 409-15, PMID 16704777.
  19. ^ Website, Rhode Island Department of Health A. Rhode Island Government, Virulent Clostridium difficile (NAP1 or ribotype 027): An emerging pathogen, 2007.
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Bibliografia

Riviste

Tesi e dissertazioni

Testi

Collegamenti esterni