Reintroduzione: differenze tra le versioni

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[[File:Návrat divokých koní 2013 10.jpg|alt=Un cavallo di Przewalski rilasciato allo stato brado in Mongolia, come parte del progetto Return of the Wild Horses.|miniatura|Un [[Equus ferus przewalskii|cavallo di Przewalski]] rilasciato allo stato brado in Mongolia, come parte del progetto ''Return of the Wild Horses''.]]
La '''reintroduzione di specie animali''' è il rilascio deliberato in natura di una specie precedentemente estinta o scomparsa. Gli esemplari vengono rilasciati dalla cattività o da altre aree in cui la specie è stata in grado di sopravvivere.<ref>{{Cita web|url=https://www.ohga.it/i-programmi-di-conservazione-hanno-salvato-molte-specie-dallestinzione/|titolo=I programmi di conservazione hanno salvato molte specie dall’estinzione|sito=Ohga!|lingua=it-IT|accesso=2022-02-08}}</ref>
La '''reintroduzione di specie animali''' è il rilascio deliberato in natura di una specie precedentemente estinta o scomparsa. Gli esemplari vengono rilasciati dalla cattività o da altre aree in cui la specie è stata in grado di sopravvivere.<ref>{{Cita web|url=https://www.ohga.it/i-programmi-di-conservazione-hanno-salvato-molte-specie-dallestinzione/|titolo=I programmi di conservazione hanno salvato molte specie dall’estinzione|sito=Ohga!|lingua=it-IT|accesso=2022-02-08}}</ref>


L'obiettivo della reintroduzione delle specie è stabilire una popolazione sana, geneticamente diversificata e autosufficiente in un'area in cui è stata estirpata o aumentare una popolazione esistente: le specie che possono essere idonee per la reintroduzione sono tipicamente quelle minacciate di estinzione in natura. Tuttavia, la reintroduzione di una specie può essere anche motivata da scopi diversi dalla tutela della [[biodiversità]]<ref>Gli esseri umani hanno reintrodotto specie per il cibo e il controllo dei parassiti per migliaia di anni. Tuttavia, la pratica della reintroduzione per la conservazione è molto più recente, a partire dal XX secolo: per un caso recente v. [https://www.bbc.com/news/science-environment-59760356 Victoria Gill, ''Biodiversity: The tale of the 'un-extinct' fish'', BBC News, 30 dicembre 2021].</ref>: ad esempio, i [[Canis lupus|lupi]] furono talvolta reintrodotti nelle aree selvatiche del [[America del Nord|Nord America]] per frenare la sovrappopolazione di [[Cervus elaphus canadensis|cervi]]. Poiché la reintroduzione può comportare il ritorno di specie [[autoctone]] nelle località in cui erano state estirpate, alcuni preferiscono il termine "ristabilimento".
L'obiettivo della reintroduzione delle specie è stabilire una popolazione sana, geneticamente diversificata e autosufficiente in un'area in cui è stata estirpata o aumentare una popolazione esistente: le specie che possono essere idonee per la reintroduzione sono tipicamente quelle minacciate di estinzione in natura. Tuttavia, la reintroduzione di una specie può essere anche motivata da scopi diversi dalla tutela della [[biodiversità]]<ref>Gli esseri umani hanno reintrodotto specie per il cibo e il controllo dei parassiti per migliaia di anni. Tuttavia, la pratica della reintroduzione per la conservazione è molto più recente, a partire dal XX secolo: per un caso recente v. [https://www.bbc.com/news/science-environment-59760356 Victoria Gill, ''Biodiversity: The tale of the 'un-extinct' fish'', BBC News, 30 dicembre 2021].</ref>: ad esempio, i [[Canis lupus|lupi]] furono talvolta reintrodotti nelle aree selvatiche del [[America del Nord|Nord America]] per frenare la sovrappopolazione di [[Cervus elaphus canadensis|cervi]]. Poiché la reintroduzione può comportare il ritorno di specie [[autoctone]] nelle località in cui erano state estirpate, alcuni preferiscono il termine "ristabilimento".

Da migliaia di anni gli esseri umani reintroducono specie a scopo alimentare e per il controllo dei parassiti. Tuttavia, la pratica della reintroduzione a scopo conservativo è molto più recente, a partire dal XX secolo<ref name="Seddon 2007">{{cite journal|last1=Seddon|year=2007|title=Developing the Science of Reintroduction Biology|journal=Conservation Biology|volume=21|issue=2|pages=303–312|doi=10.1111/j.1523-1739.2006.00627.x|pmid=17391180|last2=Armstrong|first2=DP|last3=Maloney|first3=RF|s2cid=10434140}}</ref>.

== Metodi per reperire individui ==
Esistono diversi approcci alla reintroduzione delle specie. La strategia ottimale dipenderà dalla biologia dell'organismo<ref name="IUCN 2017 Guidelines">{{cite web|title=IUCN Guidelines for Restorations and Other Conservation Translocations|url=http://www.iucn-whsg.org/sites/default/files/IUCN%20Guidelines%20to%20Reintroduction%20and%20Other%20Conservation%20Translocations.pdf|website=IUCN|access-date=15 May 2017}}</ref>. La prima questione da affrontare quando si inizia la reintroduzione di una specie è se procurarsi individui ''in situ'', da popolazioni selvatiche, o ''ex situ'', dalla prigionia in uno zoo o in un giardino botanico, per esempio.

=== ''In situ'' ''sourcing'' ===
L’''in situ'' ''sourcing'' per i ripristini comporta lo spostamento di individui da una popolazione selvatica esistente a un nuovo sito dove la specie era stata precedentemente estirpata. Idealmente, le popolazioni dovrebbero essere reperite ''in situ'' quando possibile a causa dei numerosi rischi associati alla reintroduzione di organismi da popolazioni in cattività in natura<ref name="IUCN 2017 Ex Situ">{{cite journal|last1=Maunder|first1=Mike|last2=Byers|first2=Onnie|title=The IUCN Technical Guidelines on the Management of Ex Situ Populations for Conservation: reflecting major changes in the application of ex situ conservation|journal=Oryx|date=January 2005|volume=39|issue=1|pages=95–98|doi=10.1017/S0030605305000177|doi-access=free}}</ref>. Per garantire che le popolazioni reintrodotte abbiano le migliori possibilità di sopravvivere e riprodursi, gli individui dovrebbero provenire da popolazioni che assomigliano geneticamente ed ecologicamente alla popolazione ricevente<ref name=":1">{{Cite journal|last1=Montalvo|first1=Arlee M.|last2=Ellstrand|first2=Norman C.|date=2000-08-15|title=Transplantation of the Subshrub Lotus scoparius: Testing the Home-Site Advantage Hypothesis|journal=Conservation Biology|language=en|volume=14|issue=4|pages=1034–1045|doi=10.1046/j.1523-1739.2000.99250.x|s2cid=84203019|issn=0888-8892}}</ref>. In generale, il ''sourcing'' da popolazioni con condizioni ambientali simili a quelle del sito di reintroduzione massimizzerà la possibilità che gli individui reintrodotti siano ben adattati all'habitat del sito di reintroduzione, altrimenti ci sono possibilità che non si inseriscano nel loro ambiente<ref name="Houde et al 2017">{{cite journal|last1=Houde|first1=Aimee|last2=Garner|first2=Shawn|last3=Neff|first3=Bryan|title=Restoring species through reintroductions: strategies for source population selection|journal=Restoration Ecology|date=2015|volume=23|issue=6|pages=746–753|doi=10.1111/rec.12280|s2cid=83859097}}</ref><ref name=":12">{{Cite journal|last1=Montalvo|first1=Arlee M.|last2=Ellstrand|first2=Norman C.|date=2000-08-15|title=Transplantation of the Subshrub Lotus scoparius: Testing the Home-Site Advantage Hypothesis|journal=Conservation Biology|language=en|volume=14|issue=4|pages=1034–1045|doi=10.1046/j.1523-1739.2000.99250.x|s2cid=84203019|issn=0888-8892}}</ref>.

Una considerazione per l’''in situ sourcing'' è ​​in quale fase della vita gli organismi dovrebbero essere raccolti, trasportati e reintrodotti. Ad esempio, nel caso delle piante, spesso è ideale trasportarle come semi poiché in questa fase hanno le migliori possibilità di sopravvivere alla traslocazione. Tuttavia, alcune piante sono difficili da stabilizzare come seme e potrebbe essere necessario traslocarle da giovani o da adulte<ref name="IUCN 2017 Guidelines2">{{cite web|title=IUCN Guidelines for Restorations and Other Conservation Translocations|url=http://www.iucn-whsg.org/sites/default/files/IUCN%20Guidelines%20to%20Reintroduction%20and%20Other%20Conservation%20Translocations.pdf|website=IUCN|access-date=15 May 2017}}</ref>.

=== ''Ex situ sourcing'' ===
Nelle situazioni in cui la raccolta ''in situ'' di individui non è fattibile, come nel caso di specie rare e in via di estinzione con troppo pochi individui esistenti in natura, è possibile la raccolta ''ex situ.'' I metodi di raccolta ''ex situ'' consentono la conservazione di individui che hanno un alto potenziale di reintroduzione. Esempi di conservazione includono il germoplasma conservato nelle banche dei semi, nelle banche dello sperma e degli ovuli, nella crioconservazione e nella coltura dei tessuti<ref name="IUCN 2017 Ex Situ2">{{cite journal|last1=Maunder|first1=Mike|last2=Byers|first2=Onnie|title=The IUCN Technical Guidelines on the Management of Ex Situ Populations for Conservation: reflecting major changes in the application of ex situ conservation|journal=Oryx|date=January 2005|volume=39|issue=1|pages=95–98|doi=10.1017/S0030605305000177|doi-access=free}}</ref>. I metodi che consentono la conservazione di un numero elevato di individui mirano anche a massimizzare la diversità genetica. I materiali immagazzinati generalmente hanno una lunga durata di conservazione, ma alcune specie perdono la vitalità se immagazzinate come semi<ref name="Walters 2005">{{cite journal|last1=Walters|first1=Christina|last2=Wheeler|first2=Lana|last3=Grotenhuis|first3=Judith|title=Longevity of seeds stored in a genebank: species characteristics|journal=Seed Science Research|date=2005|volume=15|issue=1|pages=1–20|doi=10.1079/ssr2004195|s2cid=86085929}}</ref>. Le tecniche di coltura dei tessuti e di crioconservazione sono state perfezionate solo per poche specie<ref name="Engelmann 2011">{{cite journal|last1=Engelmann|first1=Florent|title=Use of biotechnologies for the conservation of plant biodiversity|journal=In Vitro Cellular & Developmental Biology - Plant|date=2011|volume=47|issue=1|pages=5–16|doi=10.1007/s11627-010-9327-2|s2cid=23582569}}</ref>.

Gli organismi possono anche essere tenuti in collezioni viventi in cattività. Le collezioni viventi sono più costose della conservazione del [[germoplasma]] e quindi possono supportare solo una frazione degli individui rispetto all’''ex situ sourcing<ref name="IUCN 2017 Ex Situ3">{{cite journal|last1=Maunder|first1=Mike|last2=Byers|first2=Onnie|title=The IUCN Technical Guidelines on the Management of Ex Situ Populations for Conservation: reflecting major changes in the application of ex situ conservation|journal=Oryx|date=January 2005|volume=39|issue=1|pages=95–98|doi=10.1017/S0030605305000177|doi-access=free}}</ref>.'' Il rischio aumenta quando si ricercano individui da aggiungere alle collezioni viventi. La perdita di diversità genetica è preoccupante perché vengono immagazzinati meno individui<ref>{{cite journal|last1=Witzenberger|first1=Kathrin|last2=Hochkirch|first2=Axel|title=Ex situ conservation genetics: a review of molecular studies on the genetic consequences of captive breeding programmes for endangered animal species|journal=Biodiversity and Conservation|date=2011|volume=20|issue=9|pages=1843–1861|doi=10.1007/s10531-011-0074-4|s2cid=19255252}}</ref>. Gli individui possono anche adattarsi geneticamente alla cattività, il che spesso influisce negativamente sull'idoneità riproduttiva degli individui stessi. L'adattamento alla cattività può rendere gli individui meno adatti alla reintroduzione in natura. Pertanto, dovrebbero essere compiuti sforzi per replicare le condizioni naturali e ridurre al minimo il tempo trascorso in cattività, quando possibile<ref name="Frankham 2008">{{cite journal|last1=Frankham|first1=Richard|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|date=2008|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref>.

== Successi e fallimenti ==
[[File:Reem-Lavan001.jpg|alt=L'Oryx leucoryx fu reintrodotto in Oman e Israele nel XX secolo.|miniatura|L'''Oryx leucoryx'' fu reintrodotto in Oman e Israele nel XX secolo.]]
[[File:Fisher Reintroduction 2015 at Cispus Learning Center, 065.jpg|alt=Una martora di Pennant viene reintrodotta nella foresta nazionale di Gifford Pinchot, nel sud dello Stato di Washington.|miniatura|Una [[Pekania pennanti|martora di Pennant]] viene reintrodotta nella foresta nazionale di Gifford Pinchot, nel sud dello Stato di Washington.]]
[[File:Liberación de tortugas en Santiago del Estero - 2.jpg|alt=Una tartaruga terrestre argentina rilasciata in natura a Santiago del Estero, in Argentina.|miniatura|Una [[Chelonoidis chilensis|tartaruga terrestre argentina]] rilasciata in natura a [[Santiago del Estero]], in Argentina.]]
La biologia della reintroduzione è una disciplina relativamente giovane e continua ad essere un ''work in progress''. Non esiste una definizione rigorosa e accettata di successo della reintroduzione, ma è stato proposto che i criteri ampiamente utilizzati per valutare lo stato di conservazione dei taxa in via di estinzione, come i criteri della [[Lista rossa IUCN|Lista Rossa IUCN]], dovrebbero essere utilizzati per valutare il successo della reintroduzione<ref name="Robert 2015">{{cite journal|last1=Robert|first1=A.|last2=Colas|first2=B.|last3=Guigon|first3=I.|last4=Kerbiriou|first4=C.|last5=Mihoub|first5=J.B.|last6=Saint-Jalme|first6=M.|last7=Sarrazin|first7=F.|year=2015|title=Defining reintroduction success using IUCN criteria for threatened species: a demographic assessment|journal=Animal Conservation|volume=18|issue=5|pages=397–406|doi=10.1111/acv.12188|s2cid=85603026}}</ref>. Programmi di reintroduzione di successo dovrebbero produrre popolazioni vitali e auto-sostenibili a lungo termine. L'IUCN/SSC Re-introduction Specialist Group & Environment Agency, nelle loro Global Re-introduction Perspectives del 2011, hanno compilato casi di reintroduzione da tutto il mondo<ref name="iucnsscrsg.org">Soorae, P. S. (ed.) (2011). Global Re-introduction Perspectives: 2011.More case studies from around the globe. Gland, Switzerland: IUCN/SSC Re-introduction Specialist Group and Abu Dhabi, UAE: Environment Agency-Abu Dhabi. xiv + 250 pp.SBN: 978-2-8317-1432-5 https://portals.iucn.org/library/sites/library/files/documents/2011-073.pdf</ref>. Sono stati riportati 184 casi di studio su una serie di specie che includevano invertebrati, pesci, anfibi, rettili, uccelli, mammiferi e piante. Le valutazioni di tutti gli studi includevano obiettivi, indicatori di successo, sintesi del progetto, principali difficoltà affrontate, principali lezioni apprese e successo del progetto con le ragioni del successo o del fallimento. Una valutazione simile focalizzata esclusivamente sulle piante ha riscontrato alti tassi di successo per la reintroduzione di specie rare<ref>{{Cite journal|last1=Albrecht|first1=Matthew A.|last2=Guerrant Jr.|first2=Edward O.|last3=Maschinski|first3=Joyce|last4=Kennedy|first4=Kathryn L.|date=2011-11-01|title=A long-term view of rare plant reintroduction|journal=Biological Conservation|volume=144|issue=11|pages=2557–2558|doi=10.1016/j.biocon.2011.07.021}}</ref>. Un'analisi dei dati del Center for Plant Conservation International Reintroduction Registry ha rilevato che, per i 49 casi in cui i dati erano disponibili, il 92% delle popolazioni vegetali reintrodotte è sopravvissuta due anni. La popolazione di [[Panthera tigris altaica|tigri siberiane]] è passata da 40 individui negli anni '40 a circa 500 nel 2007. Risulta la più grande popolazione di tigri non frammentata al mondo<ref>Rietbergen, Jennifer Building a Sustainable Future WWF International 2008</ref>. Tuttavia, un'elevata percentuale di traslocazioni e reintroduzioni non è riuscita a stabilire popolazioni autosufficienti. Ad esempio, in Cina la reintroduzione dei [[Ailuropoda melanoleuca|panda giganti]] in cattività ha avuto effetti contrastanti. I primi panda liberati dalla prigionia morirono tutti rapidamente dopo la reintroduzione<ref>{{Cite web|url=https://www.pandasinternational.org/program-areas-2/reintroduction-program/reintroduction-program-2006/|title=Reintroduction Program – 2006 {{!}} Pandas International|website=www.pandasinternational.org|language=en-US|access-date=2017-06-03}}</ref>. Anche con il miglioramento della loro capacità di reintrodurre i panda, rimane la preoccupazione su come se la caveranno tali animali allevati in cattività con i loro parenti selvatici<ref>{{Cite news|url=http://news.nationalgeographic.com/2017/04/giant-pandas-china-video-reintroduction/|title=New Video Shows Returning Pandas to the Wild Actually Works|date=19 April 2017|access-date=2017-06-03}}</ref>.

Molti fattori possono attribuire al successo o al fallimento di una reintroduzione. Predatori, cibo, agenti patogeni, concorrenti e condizioni meteorologiche possono tutti influenzare la capacità di una popolazione reintrodotta di crescere, sopravvivere e riprodursi. Il numero di animali reintrodotti in un tentativo dovrebbe variare anche in base a fattori quali il comportamento sociale, i tassi di predazione previsti e la densità in natura<ref>{{Cite journal|last1=Wimberger|first1=Kirsten|last2=Downs|first2=Colleen T.|last3=Perrin|first3=Mike R.|date=2009-10-01|title=Two Unsuccessful Reintroduction Attempts of Rock Hyraxes (Procavia capensis) into a Reserve in the KwaZulu-Natal Province, South Africa|journal=South African Journal of Wildlife Research|volume=39|issue=2|pages=192–201|doi=10.3957/056.039.0213|s2cid=85997109|issn=0379-4369}}</ref>. Gli animali allevati in cattività possono sperimentare stress durante la prigionia o la traslocazione, che può indebolire il loro sistema immunitario. Le linee guida per la reintroduzione dell'IUCN sottolineano la necessità di una valutazione della disponibilità di habitat idonei come componente chiave della pianificazione della reintroduzione<ref name="SSC Re-introduction Specialist Group 1995">Prepared by the SSC Re-introduction Specialist Group (May 1995) IUCN/SSC Guidelines for Re-Introductions http://www.iucnsscrsg.org</ref>. Una scarsa valutazione del sito di rilascio può aumentare le possibilità che la specie rigetti il ​​sito e magari si sposti in un ambiente meno adatto. Ciò può ridurre l’idoneità della specie e quindi diminuire le possibilità di sopravvivenza. Essi affermano che il ripristino dell'habitat originale e il miglioramento delle cause di estinzione devono essere esplorati e considerati condizioni essenziali per questi progetti. Sfortunatamente, il periodo di monitoraggio che dovrebbe seguire le reintroduzioni spesso rimane trascurato<ref>Sarrazin, F. Barbault, R. (November 1996). Reintroduction: Challenges and Lessons for Basic Ecology Elsevier Science Volume 11 No. 11</ref>.

== Considerazioni genetiche ==
Quando una specie è stata estirpata da un sito in cui esisteva in precedenza, gli individui che costituiranno la popolazione reintrodotta devono provenire da popolazioni selvatiche o in cattività. Quando si ricercano individui per la reintroduzione, è importante considerare l'adattamento locale, l'adattamento alla cattività (per la conservazione ''ex situ''), la possibilità di depressione da consanguineità e depressione da incrocio, la tassonomia, l'ecologia e la diversità genetica della popolazione di origine<ref name=":02">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>. Le popolazioni reintrodotte sperimentano una maggiore vulnerabilità alle influenze di deriva, selezione e processi evolutivi del flusso genico dovuti alle loro piccole dimensioni, alle differenze climatiche ed ecologiche tra gli habitat di origine e nativi e alla presenza di altre popolazioni compatibili con l'accoppiamento<ref name="Frankham 20082">{{cite journal|last1=Frankham|first1=Richard|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|date=2008|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref><ref>{{Cite journal|last1=Latch|first1=Emily K.|last2=Rhodes|first2=Olin E.|date=2006-01-21|title=The effects of gene flow and population isolation on the genetic structure of␣reintroduced wild turkey populations: Are genetic signatures of source populations retained?|journal=Conservation Genetics|language=en|volume=6|issue=6|pages=981–997|doi=10.1007/s10592-005-9089-2|s2cid=19523834|issn=1566-0621}}</ref><ref>{{Cite journal|last=Sork|first=Victoria L.|author-link1=Victoria Sork|date=2015-11-03|title=Gene flow and natural selection shape spatial patterns of genes in tree populations: implications for evolutionary processes and applications|journal=Evolutionary Applications|language=en|volume=9|issue=1|pages=291–310|doi=10.1111/eva.12316|pmc=4780383|pmid=27087853}}</ref><ref>{{cite journal|last1=Brekke|first1=Patricia|title=High genetic diversity in the remnant island population of hihi and the genetic consequences of re-introduction|journal=Molecular Ecology|date=2011|volume=20|issue=1|pages=29–45|doi=10.1111/j.1365-294X.2010.04923.x|pmid=21073589|s2cid=25508833|url=https://kar.kent.ac.uk/27513/1/Brekke%20et%20al%202011%20Molecular%20Ecology.pdf}}</ref>.

Se la specie prevista per la reintroduzione è rara in natura, è probabile che abbia un numero di popolazione insolitamente basso e occorre prestare attenzione per evitare la consanguineità e la depressione da consanguineità<ref name=":03">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>. La consanguineità può modificare la frequenza della distribuzione allelica in una popolazione e potenzialmente comportare un cambiamento nella diversità genetica cruciale<ref name=":04">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>. Inoltre, depressione da incrocio può verificarsi se una popolazione reintrodotta può ibridarsi con popolazioni esistenti in natura, il che può provocare una prole con una forma fisica ridotta e un minore adattamento alle condizioni locali. Per ridurre al minimo entrambi, i professionisti dovrebbero procurarsi di individui in modo da catturare quanta più diversità genetica possibile e tentare di far corrispondere il più possibile le condizioni del sito di origine alle condizioni del sito locale<ref name=":05">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>.

Nelle reintroduzioni delle specie si suggerisce di catturare quanta più diversità genetica possibile, misurata come [[Eterozigosi|eterozigosità]]<ref name=":06">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>. Alcuni protocolli suggeriscono che l'approvvigionamento di circa 30 individui da una popolazione catturerà il 95% della diversità genetica<ref name=":07">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>. Mantenere la diversità genetica nella popolazione ricevente è fondamentale per evitare la perdita di adattamenti locali essenziali, minimizzare la depressione da consanguineità e massimizzare la forma fisica della popolazione reintrodotta.

=== Somiglianza ecologica ===
[[File:Castilleja levisecta bracts.jpg|alt=Esemplari di Castilleja levisecta, usata per uno studio sulla reintroduzione.|miniatura|Esemplari di ''Castilleja levisecta'', usata per uno studio sulla reintroduzione.]]
Le piante o gli animali sottoposti a reintroduzione possono mostrare una forma fisica ridotta se non sono sufficientemente adattati alle condizioni ambientali locali. Pertanto, i ricercatori dovrebbero considerare la somiglianza ecologica e ambientale dei siti di origine e di destinazione quando selezionano le popolazioni per la reintroduzione. I fattori ambientali da considerare includono le caratteristiche del clima e del suolo (pH, percentuale di argilla, limo e sabbia, percentuale di combustione del carbonio, percentuale di combustione di azoto, concentrazione di Ca, Na, Mg, P, K)<ref name=":13">{{Cite journal|last1=Montalvo|first1=Arlee M.|last2=Ellstrand|first2=Norman C.|date=2000-08-15|title=Transplantation of the Subshrub Lotus scoparius: Testing the Home-Site Advantage Hypothesis|journal=Conservation Biology|language=en|volume=14|issue=4|pages=1034–1045|doi=10.1046/j.1523-1739.2000.99250.x|s2cid=84203019|issn=0888-8892}}</ref>. Storicamente, l'approvvigionamento di materiale vegetale per le reintroduzioni ha seguito la regola "locale è migliore", come il modo migliore per preservare gli adattamenti locali, con individui per le reintroduzioni selezionati dalla popolazione geograficamente più vicina<ref>{{Cite journal|last1=Havens|first1=Kayri|last2=Vitt|first2=Pati|last3=Still|first3=Shannon|last4=Kramer|first4=Andrea T.|last5=Fant|first5=Jeremie B.|last6=Schatz|first6=Katherine|date=2015-01-01|title=Seed Sourcing for Restoration in an Era of Climate Change|journal=Natural Areas Journal|volume=35|issue=1|pages=122–133|doi=10.3375/043.035.0116|s2cid=86349716|issn=0885-8608}}</ref>. Tuttavia, in un esperimento di trapianto (ossia una sperimentazione per testare l'effetto dell'ambiente spostando due specie dai loro ambienti nativi in ​​un ambiente comune), è stato dimostrato che la distanza geografica non è un indicatore sufficiente di idoneità<ref name=":14">{{Cite journal|last1=Montalvo|first1=Arlee M.|last2=Ellstrand|first2=Norman C.|date=2000-08-15|title=Transplantation of the Subshrub Lotus scoparius: Testing the Home-Site Advantage Hypothesis|journal=Conservation Biology|language=en|volume=14|issue=4|pages=1034–1045|doi=10.1046/j.1523-1739.2000.99250.x|s2cid=84203019|issn=0888-8892}}</ref>. Inoltre, i previsti cambiamenti climatici hanno portato allo sviluppo di nuovi protocolli di approvvigionamento dei semi che mirano a procurarsi i semi che si adattano meglio alle condizioni climatiche del progetto<ref>{{Cite journal|last1=Breed|first1=Martin F.|last2=Stead|first2=Michael G.|last3=Ottewell|first3=Kym M.|last4=Gardner|first4=Michael G.|last5=Lowe|first5=Andrew J.|date=2013-02-01|title=Which provenance and where? Seed sourcing strategies for revegetation in a changing environment|journal=Conservation Genetics|language=en|volume=14|issue=1|pages=1–10|doi=10.1007/s10592-012-0425-z|s2cid=12813499|issn=1566-0621}}</ref>. Le agenzie di conservazione hanno sviluppato zone di trasferimento dei semi che fungono da linee guida per quanto lontano può essere trasportato il materiale vegetale prima che abbia prestazioni scadenti<ref>{{Cite book|title=Genetically appropriate choices for plant materials to maintain biological diversity|last1=Rogers|first1=D. L.|last2=Montalvo|first2=A. M.|publisher=Report to the USDA Forest Service, Rocky Mountain Region, Lakewood, CO.|year=2004|location=University of California|pages=103–129}}</ref>. Le zone di trasferimento dei semi tengono conto della prossimità, delle condizioni ecologiche e climatiche per prevedere come le prestazioni delle piante varieranno da una zona all'altra. Uno studio sulla reintroduzione di ''Castilleja levisecta'' ha rilevato che le popolazioni di origine fisicamente più vicine al sito di reintroduzione hanno ottenuto i risultati peggiori in un esperimento sul campo, mentre quelle della popolazione di origine le cui condizioni ecologiche corrispondevano maggiormente al sito di reintroduzione hanno ottenuto i risultati migliori, dimostrando l'importanza della corrispondenza gli adattamenti evoluti di una popolazione alle condizioni del sito di reintroduzione<ref>{{Cite journal|last1=Lawrence|first1=Beth|last2=Kaye|first2=Thomas|date=2011|title=Reintroduction of Castilleja levisecta: Effects of Ecological Similarity, Source Population Genetics, and Habitat Quality|journal=Restoration Ecology|volume=19|issue=2|pages=166–176|doi=10.1111/j.1526-100x.2009.00549.x|s2cid=85653946}}</ref>.

=== Adattamento alla cattività ===
Alcuni programmi di reintroduzione utilizzano piante o animali provenienti da popolazioni in cattività per formare una popolazione reintrodotta<ref name=":08">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref>. Quando si reintroducono individui da una popolazione in cattività in natura, esiste il rischio che si siano adattati alla cattività a causa della selezione differenziale dei genotipi in cattività rispetto a quelli selvatici. La base genetica di questo adattamento è la selezione di alleli rari e recessivi che sono deleteri in natura ma preferiti in cattività<ref name="Frankham 20083">{{cite journal|last1=Frankham|first1=Richard|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|date=2008|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref>. Di conseguenza, gli animali adattati alla cattività mostrano una ridotta tolleranza allo stress, una maggiore docilità e una perdita di adattamenti locali<ref>{{Cite journal|last=Frankham|first=Richard|date=2008|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref>. Le piante possono anche mostrare adattamenti alla cattività attraverso cambiamenti nella tolleranza alla siccità, nei requisiti di nutrienti e nei requisiti di dormienza dei semi<ref>{{Cite journal|last1=Ensslin|first1=Andreas|last2=Tschöpe|first2=Okka|last3=Burkart|first3=Michael|last4=Joshi|first4=Jasmin|date=2015-12-01|title=Fitness decline and adaptation to novel environments in ex situ plant collections: Current knowledge and future perspectives|journal=Biological Conservation|volume=192|pages=394–401|doi=10.1016/j.biocon.2015.10.012}}</ref>. La portata dell'adattamento è direttamente correlata all'intensità della selezione, alla diversità genetica, alla dimensione effettiva della popolazione e al numero di generazioni in cattività. Le caratteristiche selezionate per la cattività sono estremamente svantaggiose in natura, quindi tali adattamenti possono portare a una ridotta forma fisica dopo la reintroduzione. I progetti di reintroduzione che introducono animali selvatici generalmente registrano tassi di successo più elevati rispetto a quelli che utilizzano animali allevati in cattività<ref name="Frankham 20084">{{cite journal|last1=Frankham|first1=Richard|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|date=2008|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref>. L'adattamento genetico alla cattività può essere ridotto al minimo attraverso metodi di gestione: massimizzando la durata della generazione e il numero di nuovi individui aggiunti alla popolazione in cattività; minimizzando la dimensione effettiva della popolazione, il numero di generazioni trascorse in cattività e la selezione pressione; e ridurre la diversità genetica frammentando la popolazione<ref name=":09">{{Cite book|title=Introduction to Conservation Genetics|last1=Frankham|first1=Richard|last2=Ballou|first2=Jon|last3=Briscoe|first3=David|date=2004-01-01|publisher=Cambridge University Press|isbn=9780521702713|location=United Kingdom|pages=419–470|oclc=965796229}}</ref><ref name="Frankham 20085">{{cite journal|last1=Frankham|first1=Richard|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|date=2008|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref>. Per le piante, la riduzione al minimo dell'adattamento alla cattività si ottiene solitamente acquistando materiale vegetale da una banca dei semi, dove gli individui vengono conservati come semi raccolti in natura e non hanno avuto la possibilità di adattarsi alle condizioni di cattività. Tuttavia, questo metodo è plausibile solo per le piante con semi dormienti<ref name="Frankham 20086">{{cite journal|last1=Frankham|first1=Richard|title=Genetic adaptation to captivity in species conservation programs|journal=Molecular Ecology|date=2008|volume=17|issue=1|pages=325–333|doi=10.1111/j.1365-294x.2007.03399.x|pmid=18173504|s2cid=8550230}}</ref>.

=== Scambi genetici ===
Nelle reintroduzioni dalla cattività, la traslocazione di animali dalla cattività allo stato selvatico ha implicazioni sia per le popolazioni in cattività che per quelle selvatiche. La reintroduzione di animali geneticamente preziosi dalla cattività migliora la diversità genetica delle popolazioni reintrodotte mentre impoverisce le popolazioni in cattività; al contrario, gli animali allevati in cattività geneticamente preziosi possono essere strettamente imparentati con individui in natura e quindi aumentare il rischio di depressione da consanguineità se reintrodotti. L’aumento della diversità genetica è favorito dalla rimozione di individui geneticamente sovra-rappresentati dalle popolazioni in cattività e dall’aggiunta di animali con bassa parentela genetica alla natura selvaggia<ref>{{Cite journal|last=Earnhardt|first=Joanne M.|date=November 1999|title=Reintroduction programmes: genetic trade-offs for populations|journal=Animal Conservation|language=en|volume=2|issue=4|pages=279–286|doi=10.1111/j.1469-1795.1999.tb00074.x|s2cid=84850782|issn=1367-9430}}</ref><ref name=":3">{{Cite book|title=Introduction to conservation genetics|author=Frankham, Richard|date=2010|publisher=Cambridge University Press|others=Ballou, J. D. (Jonathan D.), Briscoe, David A. (David Anthony), 1947-|isbn=9781139190244|edition=2nd|location=Cambridge, UK|oclc=774393970}}</ref>. Tuttavia, in pratica, si raccomanda la reintroduzione iniziale di individui con basso valore genetico nella popolazione in cattività per consentire la valutazione genetica prima della traslocazione di individui di valore<ref name=":32">{{Cite book|title=Introduction to conservation genetics|author=Frankham, Richard|date=2010|publisher=Cambridge University Press|others=Ballou, J. D. (Jonathan D.), Briscoe, David A. (David Anthony), 1947-|isbn=9781139190244|edition=2nd|location=Cambridge, UK|oclc=774393970}}</ref>.

== Miglioramento delle tecniche di ricerca ==
Un approccio cooperativo alla reintroduzione da parte di ecologisti e biologi potrebbe migliorare le tecniche di ricerca. Sia per la preparazione che per il monitoraggio delle reintroduzioni, si incoraggiano crescenti contatti tra biologi accademici della popolazione e gestori della fauna selvatica all'interno della Survival Species Commission e della [[Unione internazionale per la conservazione della natura|IUCN]]. Quest'ultima afferma che una reintroduzione richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge un team di persone provenienti da contesti diversi<ref name="SSC Re-introduction Specialist Group 19952">Prepared by the SSC Re-introduction Specialist Group (May 1995) IUCN/SSC Guidelines for Re-Introductions http://www.iucnsscrsg.org</ref>. Uno studio di Wolf e altri nel 1998 ha indicato che il 64% dei progetti di reintroduzione hanno utilizzato opinioni soggettive per valutare la qualità dell'habitat<ref name="Stamps 2007">{{cite journal|last1=Stamps|first1=J.A.|last2=Swaisgood|first2=R.R|year=2007|title=Someplace like home: Experience, Habitat selection and Conservation Biology|journal=Applied Animal Behaviour Science|volume=102|issue=3–4|pages=392–409|doi=10.1016/j.applanim.2006.05.038}}</ref>. Ciò significa che la maggior parte delle valutazioni sulla reintroduzione si è basata su prove aneddotiche umane e non abbastanza su risultati statistici. Seddon e altri (2007) suggeriscono che i ricercatori che contemplano future reintroduzioni dovrebbero specificare gli obiettivi, lo scopo ecologico generale e le limitazioni tecniche e biologiche intrinseche di una data reintroduzione, e i processi di pianificazione e valutazione dovrebbero incorporare approcci sia sperimentali che modellistici<ref name="Seddon 20072">{{cite journal|last1=Seddon|year=2007|title=Developing the Science of Reintroduction Biology|journal=Conservation Biology|volume=21|issue=2|pages=303–312|doi=10.1111/j.1523-1739.2006.00627.x|pmid=17391180|last2=Armstrong|first2=DP|last3=Maloney|first3=RF|s2cid=10434140}}</ref>.

Monitorare la salute degli individui, così come la sopravvivenza, è importante; sia prima che dopo la reintroduzione<ref name="SSC Re-introduction Specialist Group 19953">Prepared by the SSC Re-introduction Specialist Group (May 1995) IUCN/SSC Guidelines for Re-Introductions http://www.iucnsscrsg.org</ref>. Potrebbe essere necessario un intervento se la situazione si rivela sfavorevole. I modelli di dinamica della popolazione che integrano parametri demografici e dati comportamentali registrati sul campo possono portare a simulazioni e test di ipotesi a priori. Utilizzare i risultati precedenti per progettare ulteriori decisioni ed esperimenti è un concetto centrale della gestione adattiva. In altre parole, imparare facendo può aiutare nei progetti futuri. Gli ecologisti delle popolazioni dovrebbero quindi collaborare con biologi, ecologisti e addetti alla gestione della fauna selvatica per migliorare i programmi di reintroduzione<ref name="bgci.org">BGCI: The global network. Retrieved April 30, 2012 from http://www.bgci.org/ourwork/Ecosystems/ {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120201233921/http://www.bgci.org/ourwork/Ecosystems|date=2012-02-01}}</ref>.

=== Monitoraggio genetico ===
Affinché le popolazioni reintrodotte possano stabilire e massimizzare con successo l'idoneità riproduttiva, i professionisti dovrebbero eseguire test genetici per selezionare quali individui saranno i fondatori delle popolazioni reintrodotte e per continuare a monitorare le popolazioni dopo la reintroduzione<ref name="IUCN 2017 Guidelines3">{{cite web|title=IUCN Guidelines for Restorations and Other Conservation Translocations|url=http://www.iucn-whsg.org/sites/default/files/IUCN%20Guidelines%20to%20Reintroduction%20and%20Other%20Conservation%20Translocations.pdf|website=IUCN|access-date=15 May 2017}}</ref>. Sono disponibili numerosi metodi per misurare la parentela genetica e la variazione tra gli individui all'interno delle popolazioni. Gli strumenti comuni di valutazione della diversità genetica includono marcatori [[microsatelliti]], analisi del [[DNA mitocondriale]], [[Allozima|allozimi]] e [[Amplified fragment length polymorphism|AFLP]]<ref>{{Cite journal|last1=SCHWARTZ|first1=M|last2=LUIKART|first2=G|last3=WAPLES|first3=R|date=2007|title=Genetic monitoring as a promising tool for conservation and management|journal=Trends in Ecology & Evolution|volume=22|issue=1|pages=25–33|doi=10.1016/j.tree.2006.08.009|pmid=16962204|s2cid=3744830|issn=0169-5347|url=https://digitalcommons.unl.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1481&context=usdeptcommercepub}}</ref>. Dopo la reintroduzione, è possibile utilizzare strumenti di monitoraggio genetico per ottenere dati quali l'abbondanza della popolazione, dimensione effettiva della popolazione e struttura della popolazione e può anche essere utilizzato per identificare casi di consanguineità all'interno di popolazioni reintrodotte o ibridazione con popolazioni esistenti che sono geneticamente compatibili. Si raccomanda il monitoraggio genetico a lungo termine dopo la reintroduzione per monitorare i cambiamenti nella diversità genetica della popolazione reintrodotta e determinare il successo di un programma di reintroduzione. Cambiamenti genetici avversi come la perdita di eterozigosi possono indicare che un intervento di gestione, come l'integrazione della popolazione, è necessario per la sopravvivenza della popolazione reintrodotta<ref name="Haye 877–892">{{Cite journal|last1=Haye|first1=M. J. J. La|last2=Reiners|first2=T. E.|last3=Raedts|first3=R.|last4=Verbist|first4=V.|last5=Koelewijn|first5=H. P.|date=2017-08-01|title=Genetic monitoring to evaluate reintroduction attempts of a highly endangered rodent|journal=Conservation Genetics|language=en|volume=18|issue=4|pages=877–892|doi=10.1007/s10592-017-0940-z|issn=1566-0621|doi-access=free}}</ref><ref>{{Cite journal|last1=Roques|first1=S.|last2=Berrebi|first2=P.|last3=Rochard|first3=E.|last4=Acolas|first4=M.L.|date=2018|title=Genetic monitoring for the successful re-stocking of a critically endangered diadromous fish with low diversity|journal=Biological Conservation|volume=221|pages=91–102|doi=10.1016/j.biocon.2018.02.032|issn=0006-3207}}</ref><ref name="Mowry 196–206">{{Cite journal|last1=Mowry|first1=R. A.|last2=Schneider|first2=T. M.|last3=Latch|first3=E. K.|last4=Gompper|first4=M. E.|last5=Beringer|first5=J.|last6=Eggert|first6=L. S.|date=2014-08-06|title=Genetics and the successful reintroduction of the Missouri river otter|journal=Animal Conservation|language=en|volume=18|issue=2|pages=196–206|doi=10.1111/acv.12159|s2cid=83575190|issn=1367-9430}}</ref>.

== Re-introduction Specialist Group (RSG) ==
L'RSG è una rete di specialisti il ​​cui obiettivo è combattere la continua e massiccia perdita di biodiversità utilizzando le reintroduzioni come strumento responsabile per la gestione e il ripristino della biodiversità stessa<ref>{{Cita web|url=http://rsg-oceania.squarespace.com/|titolo=RSG Oceania - Welcome|sito=rsg-oceania.squarespace.com|lingua=en|accesso=2023-09-25}}</ref>. Lo fa sviluppando e promuovendo attivamente informazioni scientifiche, politiche e pratiche interdisciplinari per stabilire popolazioni selvatiche vitali nei loro habitat naturali. Il ruolo dell'RSG è quello di promuovere il ripristino di popolazioni vitali in natura di animali e piante<ref>{{Cita web|url=https://portals.iucn.org/library/efiles/documents/PP-005.pdf|titolo=IUCN/SSC Guidelines for Re-Introductions}}</ref>. La necessità di questo ruolo è stata avvertita a causa della crescente domanda da parte dei professionisti della reintroduzione, della comunità globale della conservazione e dell'aumento dei progetti di reintroduzione in tutto il mondo.

Un numero crescente di specie animali e vegetali stanno diventando rare o addirittura estinte in natura. Nel tentativo di ristabilire le popolazioni, le specie possono – in alcuni casi – essere reintrodotte in un’area, sia attraverso la traslocazione da popolazioni selvatiche esistenti, sia reintroducendo animali allevati in cattività o piante propagate artificialmente.


== Lista di specie reintrodotte ==
== Lista di specie reintrodotte ==
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* [[Geronticus eremita|Ibis eremita]] - Reintroduzione in Italia in corso.<ref>{{Cita web|url=https://www.ebnitalia.it/it/news-122/ibis-eremita-in-italia.html|titolo=Ibis eremita in Italia|lingua=it|accesso=2022-02-08}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.gardapost.it/2021/09/02/austria-italia-al-traguardo-la-14-migrazione-guidata-dalluomo-degli-ibis-eremita/|titolo=Austria-Italia, al traguardo la 14° migrazione guidata dall’uomo degli ibis eremita|sito=Gardapost|lingua=it-IT|accesso=2022-02-08}}</ref>
* [[Geronticus eremita|Ibis eremita]] - Reintroduzione in Italia in corso.<ref>{{Cita web|url=https://www.ebnitalia.it/it/news-122/ibis-eremita-in-italia.html|titolo=Ibis eremita in Italia|lingua=it|accesso=2022-02-08}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.gardapost.it/2021/09/02/austria-italia-al-traguardo-la-14-migrazione-guidata-dalluomo-degli-ibis-eremita/|titolo=Austria-Italia, al traguardo la 14° migrazione guidata dall’uomo degli ibis eremita|sito=Gardapost|lingua=it-IT|accesso=2022-02-08}}</ref>
* [[Gypaetus barbatus|Gipeto]] - Estinto in Italia dal XX secolo. Alcuni esemplari sono stati reintrodotti nel [[Parco nazionale del Mercantour|Parco Nazionale del Mercantour]] (Francia) dal 1993 e [[Parco naturale delle Alpi Marittime|Parco Naturale delle Alpi Marittime]] (Italia) dal 1994 e nel 2000 nel [[Parco Nazionale dello Stelvio]]. Dai primi anni del duemila una coppia di gipeti, probabilmente proveniente dalla Francia, si è stabilita nell'area di Courmayeur ai piedi del Monte Bianco.<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/ambiente/2016/06/05/news/ambiente_cosi_lo_salviamo_in_italia-141263238/|titolo=Specie salvate dall'estinzione, cinque storie italiane|sito=la Repubblica|data=2016-06-04|lingua=it|accesso=2022-02-08}}</ref>
* [[Gypaetus barbatus|Gipeto]] - Estinto in Italia dal XX secolo. Alcuni esemplari sono stati reintrodotti nel [[Parco nazionale del Mercantour|Parco Nazionale del Mercantour]] (Francia) dal 1993 e [[Parco naturale delle Alpi Marittime|Parco Naturale delle Alpi Marittime]] (Italia) dal 1994 e nel 2000 nel [[Parco Nazionale dello Stelvio]]. Dai primi anni del duemila una coppia di gipeti, probabilmente proveniente dalla Francia, si è stabilita nell'area di Courmayeur ai piedi del Monte Bianco.<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/ambiente/2016/06/05/news/ambiente_cosi_lo_salviamo_in_italia-141263238/|titolo=Specie salvate dall'estinzione, cinque storie italiane|sito=la Repubblica|data=2016-06-04|lingua=it|accesso=2022-02-08}}</ref>
Resto del Mondo


=== Resto del Mondo<ref>{{Cita web|url=https://www.weforum.org/agenda/2022/08/endangered-species-reintroduced-biodiversity/|titolo=8 endangered species that are being reintroduced around the world|sito=World Economic Forum|data=2022-08-10|lingua=en|accesso=2023-09-25}}</ref> ===
* [[Oryx leucoryx|Orice d'Arabia]] - Estinto in natura e reintrodotto in [[Oman]], [[Emirati Arabi Uniti]], [[Israele]].<ref>Arabian Oryx.gov.sa, [Monitoring of Arabian oryx at reintroduction sites "Monitoring of Arabian oryx at reintroduction sites"].</ref><ref>''Haaretz'',[http://www.haaretz.com/print-edition/news/jerusalem-zoo-oryx-moving-to-the-arava-1.214443 "Jerusalem Zoo Oryx Moving to the Arava"], 1 March 2007.</ref>
* [[Oryx leucoryx|Orice d'Arabia]] - Estinto in natura e reintrodotto in [[Oman]], [[Emirati Arabi Uniti]], [[Israele]].<ref>Arabian Oryx.gov.sa, [Monitoring of Arabian oryx at reintroduction sites "Monitoring of Arabian oryx at reintroduction sites"].</ref><ref>''Haaretz'',[http://www.haaretz.com/print-edition/news/jerusalem-zoo-oryx-moving-to-the-arava-1.214443 "Jerusalem Zoo Oryx Moving to the Arava"], 1 March 2007.</ref>
* [[Bison bonasus|Bisonte europeo]] - Estinto in natura e reintrodotto in [[Polonia]] e [[Bielorussia]] (successo), in altre parti d'Europa (in corso) e nel Regno Unito (proposto).
* [[Bison bonasus|Bisonte europeo]] - Estinto in natura e reintrodotto<ref>{{Cita web|url=https://www.polonia.travel/it/cosa-vedere/la-natura/le-maggiori-attrazioni/la-foresta-di-bialowieza-e-i-suoi-bisonti|titolo=La Foresta di Bialowieza e i suoi bisonti|sito=www.polonia.travel|lingua=it-it|accesso=2023-09-25}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.thegoldenscope.com/it/2021/02/bialowieza-la-foresta-del-bisonte-europeo/|titolo=Bialowieza, la foresta del bisonte europeo|sito=The Golden Scope|data=2021-02-03|lingua=it-IT|accesso=2023-09-25}}</ref> in [[Polonia]] e [[Bielorussia]] (successo), in altre parti d'Europa (in corso) e nel Regno Unito (proposto).
* [[Acinonyx jubatus|Ghepardo]] - Estinto in [[India]], è stato reintrodotto nel Parco Nazionale Kuno-Palpur, nello Stato del Madhya Pradesh<ref>{{Cita news|lingua=en-IN|cognome=PTI|url=https://www.thehindu.com/news/national/12-cheetahs-released-in-acclimatisation-enclosure-at-kuno-national-park-after-two-month-quarantine/article66758833.ece|titolo=12 cheetahs released in acclimatisation enclosure at Kuno National Park after two-month quarantine|pubblicazione=The Hindu|data=2023-04-20|accesso=2023-09-25}}</ref>.
* [[Avvoltoio]]<ref>{{Cita web|url=https://rewildingeurope.com/rewilding-in-action/wildlife-comeback/vultures/|titolo=Vultures|sito=Rewilding Europe|lingua=en-GB|accesso=2023-09-25}}</ref> - Reintrodotto in Bulgaria, Portogallo e Croazia.
* [[Lynx lynx|Lince eurasiatica]]<ref>{{Cita web|url=https://rewildingeurope.com/rewilding-in-action/wildlife-comeback/lynx/|titolo=Lynx|sito=Rewilding Europe|lingua=en-GB|accesso=2023-09-25}}</ref> - Reintrodotta in Svizzera, Slovenia, Croazia, Francia, Italia, Repubblica Ceca, Germania e Austria.
* [[Bettongia penicillata|Woylie]] - Reintrodotto in [[Australia]] dopo essere scomparso da circa un secolo<ref>{{Cita web|url=https://www.newscientist.com/article/2287900-endangered-bettong-reintroduced-in-australia-after-more-than-a-century/|titolo=Endangered bettong reintroduced in Australia after more than a century|autore=#author.fullName}|sito=New Scientist|lingua=en-US|accesso=2023-09-25}}</ref>.
* [[Mustela nigripes|Furetto dai piedi neri]] - Reintrodotto nei parchi nazionali degli Stati Uniti<ref>{{Cita web|url=https://www.npca.org/articles/1548-national-park-rangers-are-helping-these-10-animals-and-plants-survive|titolo=National Park Rangers Are Helping These 10 Animals and Plants Survive}}</ref>.
* [[Milvus milvus|Nibbio reale]] - Reintrodotto in Inghilterra<ref>{{Cita web|url=https://www.wildlifetrusts.org/wildlife-explorer/birds/birds-prey/red-kite|titolo=Red kite {{!}} The Wildlife Trusts|sito=www.wildlifetrusts.org|lingua=en|accesso=2023-09-25}}</ref>.
* [[Equus ferus przewalskii|Cavallo di Przewalski]]<ref>{{Cita web|url=https://nationalzoo.si.edu/animals/przewalskis-horse|titolo=Przewalski's horse|sito=Smithsonian's National Zoo|data=2016-04-25|lingua=en|accesso=2023-09-25}}</ref> - Reintrodotto in Cina.


==Note==
==Note==

Versione delle 11:01, 25 set 2023

Un cavallo di Przewalski rilasciato allo stato brado in Mongolia, come parte del progetto Return of the Wild Horses.
Un cavallo di Przewalski rilasciato allo stato brado in Mongolia, come parte del progetto Return of the Wild Horses.

La reintroduzione di specie animali è il rilascio deliberato in natura di una specie precedentemente estinta o scomparsa. Gli esemplari vengono rilasciati dalla cattività o da altre aree in cui la specie è stata in grado di sopravvivere.[1]

L'obiettivo della reintroduzione delle specie è stabilire una popolazione sana, geneticamente diversificata e autosufficiente in un'area in cui è stata estirpata o aumentare una popolazione esistente: le specie che possono essere idonee per la reintroduzione sono tipicamente quelle minacciate di estinzione in natura. Tuttavia, la reintroduzione di una specie può essere anche motivata da scopi diversi dalla tutela della biodiversità[2]: ad esempio, i lupi furono talvolta reintrodotti nelle aree selvatiche del Nord America per frenare la sovrappopolazione di cervi. Poiché la reintroduzione può comportare il ritorno di specie autoctone nelle località in cui erano state estirpate, alcuni preferiscono il termine "ristabilimento".

Da migliaia di anni gli esseri umani reintroducono specie a scopo alimentare e per il controllo dei parassiti. Tuttavia, la pratica della reintroduzione a scopo conservativo è molto più recente, a partire dal XX secolo[3].

Metodi per reperire individui

Esistono diversi approcci alla reintroduzione delle specie. La strategia ottimale dipenderà dalla biologia dell'organismo[4]. La prima questione da affrontare quando si inizia la reintroduzione di una specie è se procurarsi individui in situ, da popolazioni selvatiche, o ex situ, dalla prigionia in uno zoo o in un giardino botanico, per esempio.

In situ sourcing

L’in situ sourcing per i ripristini comporta lo spostamento di individui da una popolazione selvatica esistente a un nuovo sito dove la specie era stata precedentemente estirpata. Idealmente, le popolazioni dovrebbero essere reperite in situ quando possibile a causa dei numerosi rischi associati alla reintroduzione di organismi da popolazioni in cattività in natura[5]. Per garantire che le popolazioni reintrodotte abbiano le migliori possibilità di sopravvivere e riprodursi, gli individui dovrebbero provenire da popolazioni che assomigliano geneticamente ed ecologicamente alla popolazione ricevente[6]. In generale, il sourcing da popolazioni con condizioni ambientali simili a quelle del sito di reintroduzione massimizzerà la possibilità che gli individui reintrodotti siano ben adattati all'habitat del sito di reintroduzione, altrimenti ci sono possibilità che non si inseriscano nel loro ambiente[7][8].

Una considerazione per l’in situ sourcing è ​​in quale fase della vita gli organismi dovrebbero essere raccolti, trasportati e reintrodotti. Ad esempio, nel caso delle piante, spesso è ideale trasportarle come semi poiché in questa fase hanno le migliori possibilità di sopravvivere alla traslocazione. Tuttavia, alcune piante sono difficili da stabilizzare come seme e potrebbe essere necessario traslocarle da giovani o da adulte[9].

Ex situ sourcing

Nelle situazioni in cui la raccolta in situ di individui non è fattibile, come nel caso di specie rare e in via di estinzione con troppo pochi individui esistenti in natura, è possibile la raccolta ex situ. I metodi di raccolta ex situ consentono la conservazione di individui che hanno un alto potenziale di reintroduzione. Esempi di conservazione includono il germoplasma conservato nelle banche dei semi, nelle banche dello sperma e degli ovuli, nella crioconservazione e nella coltura dei tessuti[10]. I metodi che consentono la conservazione di un numero elevato di individui mirano anche a massimizzare la diversità genetica. I materiali immagazzinati generalmente hanno una lunga durata di conservazione, ma alcune specie perdono la vitalità se immagazzinate come semi[11]. Le tecniche di coltura dei tessuti e di crioconservazione sono state perfezionate solo per poche specie[12].

Gli organismi possono anche essere tenuti in collezioni viventi in cattività. Le collezioni viventi sono più costose della conservazione del germoplasma e quindi possono supportare solo una frazione degli individui rispetto all’ex situ sourcing[13]. Il rischio aumenta quando si ricercano individui da aggiungere alle collezioni viventi. La perdita di diversità genetica è preoccupante perché vengono immagazzinati meno individui[14]. Gli individui possono anche adattarsi geneticamente alla cattività, il che spesso influisce negativamente sull'idoneità riproduttiva degli individui stessi. L'adattamento alla cattività può rendere gli individui meno adatti alla reintroduzione in natura. Pertanto, dovrebbero essere compiuti sforzi per replicare le condizioni naturali e ridurre al minimo il tempo trascorso in cattività, quando possibile[15].

Successi e fallimenti

L'Oryx leucoryx fu reintrodotto in Oman e Israele nel XX secolo.
L'Oryx leucoryx fu reintrodotto in Oman e Israele nel XX secolo.
Una martora di Pennant viene reintrodotta nella foresta nazionale di Gifford Pinchot, nel sud dello Stato di Washington.
Una martora di Pennant viene reintrodotta nella foresta nazionale di Gifford Pinchot, nel sud dello Stato di Washington.
Una tartaruga terrestre argentina rilasciata in natura a Santiago del Estero, in Argentina.
Una tartaruga terrestre argentina rilasciata in natura a Santiago del Estero, in Argentina.

La biologia della reintroduzione è una disciplina relativamente giovane e continua ad essere un work in progress. Non esiste una definizione rigorosa e accettata di successo della reintroduzione, ma è stato proposto che i criteri ampiamente utilizzati per valutare lo stato di conservazione dei taxa in via di estinzione, come i criteri della Lista Rossa IUCN, dovrebbero essere utilizzati per valutare il successo della reintroduzione[16]. Programmi di reintroduzione di successo dovrebbero produrre popolazioni vitali e auto-sostenibili a lungo termine. L'IUCN/SSC Re-introduction Specialist Group & Environment Agency, nelle loro Global Re-introduction Perspectives del 2011, hanno compilato casi di reintroduzione da tutto il mondo[17]. Sono stati riportati 184 casi di studio su una serie di specie che includevano invertebrati, pesci, anfibi, rettili, uccelli, mammiferi e piante. Le valutazioni di tutti gli studi includevano obiettivi, indicatori di successo, sintesi del progetto, principali difficoltà affrontate, principali lezioni apprese e successo del progetto con le ragioni del successo o del fallimento. Una valutazione simile focalizzata esclusivamente sulle piante ha riscontrato alti tassi di successo per la reintroduzione di specie rare[18]. Un'analisi dei dati del Center for Plant Conservation International Reintroduction Registry ha rilevato che, per i 49 casi in cui i dati erano disponibili, il 92% delle popolazioni vegetali reintrodotte è sopravvissuta due anni. La popolazione di tigri siberiane è passata da 40 individui negli anni '40 a circa 500 nel 2007. Risulta la più grande popolazione di tigri non frammentata al mondo[19]. Tuttavia, un'elevata percentuale di traslocazioni e reintroduzioni non è riuscita a stabilire popolazioni autosufficienti. Ad esempio, in Cina la reintroduzione dei panda giganti in cattività ha avuto effetti contrastanti. I primi panda liberati dalla prigionia morirono tutti rapidamente dopo la reintroduzione[20]. Anche con il miglioramento della loro capacità di reintrodurre i panda, rimane la preoccupazione su come se la caveranno tali animali allevati in cattività con i loro parenti selvatici[21].

Molti fattori possono attribuire al successo o al fallimento di una reintroduzione. Predatori, cibo, agenti patogeni, concorrenti e condizioni meteorologiche possono tutti influenzare la capacità di una popolazione reintrodotta di crescere, sopravvivere e riprodursi. Il numero di animali reintrodotti in un tentativo dovrebbe variare anche in base a fattori quali il comportamento sociale, i tassi di predazione previsti e la densità in natura[22]. Gli animali allevati in cattività possono sperimentare stress durante la prigionia o la traslocazione, che può indebolire il loro sistema immunitario. Le linee guida per la reintroduzione dell'IUCN sottolineano la necessità di una valutazione della disponibilità di habitat idonei come componente chiave della pianificazione della reintroduzione[23]. Una scarsa valutazione del sito di rilascio può aumentare le possibilità che la specie rigetti il ​​sito e magari si sposti in un ambiente meno adatto. Ciò può ridurre l’idoneità della specie e quindi diminuire le possibilità di sopravvivenza. Essi affermano che il ripristino dell'habitat originale e il miglioramento delle cause di estinzione devono essere esplorati e considerati condizioni essenziali per questi progetti. Sfortunatamente, il periodo di monitoraggio che dovrebbe seguire le reintroduzioni spesso rimane trascurato[24].

Considerazioni genetiche

Quando una specie è stata estirpata da un sito in cui esisteva in precedenza, gli individui che costituiranno la popolazione reintrodotta devono provenire da popolazioni selvatiche o in cattività. Quando si ricercano individui per la reintroduzione, è importante considerare l'adattamento locale, l'adattamento alla cattività (per la conservazione ex situ), la possibilità di depressione da consanguineità e depressione da incrocio, la tassonomia, l'ecologia e la diversità genetica della popolazione di origine[25]. Le popolazioni reintrodotte sperimentano una maggiore vulnerabilità alle influenze di deriva, selezione e processi evolutivi del flusso genico dovuti alle loro piccole dimensioni, alle differenze climatiche ed ecologiche tra gli habitat di origine e nativi e alla presenza di altre popolazioni compatibili con l'accoppiamento[26][27][28][29].

Se la specie prevista per la reintroduzione è rara in natura, è probabile che abbia un numero di popolazione insolitamente basso e occorre prestare attenzione per evitare la consanguineità e la depressione da consanguineità[30]. La consanguineità può modificare la frequenza della distribuzione allelica in una popolazione e potenzialmente comportare un cambiamento nella diversità genetica cruciale[31]. Inoltre, depressione da incrocio può verificarsi se una popolazione reintrodotta può ibridarsi con popolazioni esistenti in natura, il che può provocare una prole con una forma fisica ridotta e un minore adattamento alle condizioni locali. Per ridurre al minimo entrambi, i professionisti dovrebbero procurarsi di individui in modo da catturare quanta più diversità genetica possibile e tentare di far corrispondere il più possibile le condizioni del sito di origine alle condizioni del sito locale[32].

Nelle reintroduzioni delle specie si suggerisce di catturare quanta più diversità genetica possibile, misurata come eterozigosità[33]. Alcuni protocolli suggeriscono che l'approvvigionamento di circa 30 individui da una popolazione catturerà il 95% della diversità genetica[34]. Mantenere la diversità genetica nella popolazione ricevente è fondamentale per evitare la perdita di adattamenti locali essenziali, minimizzare la depressione da consanguineità e massimizzare la forma fisica della popolazione reintrodotta.

Somiglianza ecologica

Esemplari di Castilleja levisecta, usata per uno studio sulla reintroduzione.
Esemplari di Castilleja levisecta, usata per uno studio sulla reintroduzione.

Le piante o gli animali sottoposti a reintroduzione possono mostrare una forma fisica ridotta se non sono sufficientemente adattati alle condizioni ambientali locali. Pertanto, i ricercatori dovrebbero considerare la somiglianza ecologica e ambientale dei siti di origine e di destinazione quando selezionano le popolazioni per la reintroduzione. I fattori ambientali da considerare includono le caratteristiche del clima e del suolo (pH, percentuale di argilla, limo e sabbia, percentuale di combustione del carbonio, percentuale di combustione di azoto, concentrazione di Ca, Na, Mg, P, K)[35]. Storicamente, l'approvvigionamento di materiale vegetale per le reintroduzioni ha seguito la regola "locale è migliore", come il modo migliore per preservare gli adattamenti locali, con individui per le reintroduzioni selezionati dalla popolazione geograficamente più vicina[36]. Tuttavia, in un esperimento di trapianto (ossia una sperimentazione per testare l'effetto dell'ambiente spostando due specie dai loro ambienti nativi in ​​un ambiente comune), è stato dimostrato che la distanza geografica non è un indicatore sufficiente di idoneità[37]. Inoltre, i previsti cambiamenti climatici hanno portato allo sviluppo di nuovi protocolli di approvvigionamento dei semi che mirano a procurarsi i semi che si adattano meglio alle condizioni climatiche del progetto[38]. Le agenzie di conservazione hanno sviluppato zone di trasferimento dei semi che fungono da linee guida per quanto lontano può essere trasportato il materiale vegetale prima che abbia prestazioni scadenti[39]. Le zone di trasferimento dei semi tengono conto della prossimità, delle condizioni ecologiche e climatiche per prevedere come le prestazioni delle piante varieranno da una zona all'altra. Uno studio sulla reintroduzione di Castilleja levisecta ha rilevato che le popolazioni di origine fisicamente più vicine al sito di reintroduzione hanno ottenuto i risultati peggiori in un esperimento sul campo, mentre quelle della popolazione di origine le cui condizioni ecologiche corrispondevano maggiormente al sito di reintroduzione hanno ottenuto i risultati migliori, dimostrando l'importanza della corrispondenza gli adattamenti evoluti di una popolazione alle condizioni del sito di reintroduzione[40].

Adattamento alla cattività

Alcuni programmi di reintroduzione utilizzano piante o animali provenienti da popolazioni in cattività per formare una popolazione reintrodotta[41]. Quando si reintroducono individui da una popolazione in cattività in natura, esiste il rischio che si siano adattati alla cattività a causa della selezione differenziale dei genotipi in cattività rispetto a quelli selvatici. La base genetica di questo adattamento è la selezione di alleli rari e recessivi che sono deleteri in natura ma preferiti in cattività[42]. Di conseguenza, gli animali adattati alla cattività mostrano una ridotta tolleranza allo stress, una maggiore docilità e una perdita di adattamenti locali[43]. Le piante possono anche mostrare adattamenti alla cattività attraverso cambiamenti nella tolleranza alla siccità, nei requisiti di nutrienti e nei requisiti di dormienza dei semi[44]. La portata dell'adattamento è direttamente correlata all'intensità della selezione, alla diversità genetica, alla dimensione effettiva della popolazione e al numero di generazioni in cattività. Le caratteristiche selezionate per la cattività sono estremamente svantaggiose in natura, quindi tali adattamenti possono portare a una ridotta forma fisica dopo la reintroduzione. I progetti di reintroduzione che introducono animali selvatici generalmente registrano tassi di successo più elevati rispetto a quelli che utilizzano animali allevati in cattività[45]. L'adattamento genetico alla cattività può essere ridotto al minimo attraverso metodi di gestione: massimizzando la durata della generazione e il numero di nuovi individui aggiunti alla popolazione in cattività; minimizzando la dimensione effettiva della popolazione, il numero di generazioni trascorse in cattività e la selezione pressione; e ridurre la diversità genetica frammentando la popolazione[46][47]. Per le piante, la riduzione al minimo dell'adattamento alla cattività si ottiene solitamente acquistando materiale vegetale da una banca dei semi, dove gli individui vengono conservati come semi raccolti in natura e non hanno avuto la possibilità di adattarsi alle condizioni di cattività. Tuttavia, questo metodo è plausibile solo per le piante con semi dormienti[48].

Scambi genetici

Nelle reintroduzioni dalla cattività, la traslocazione di animali dalla cattività allo stato selvatico ha implicazioni sia per le popolazioni in cattività che per quelle selvatiche. La reintroduzione di animali geneticamente preziosi dalla cattività migliora la diversità genetica delle popolazioni reintrodotte mentre impoverisce le popolazioni in cattività; al contrario, gli animali allevati in cattività geneticamente preziosi possono essere strettamente imparentati con individui in natura e quindi aumentare il rischio di depressione da consanguineità se reintrodotti. L’aumento della diversità genetica è favorito dalla rimozione di individui geneticamente sovra-rappresentati dalle popolazioni in cattività e dall’aggiunta di animali con bassa parentela genetica alla natura selvaggia[49][50]. Tuttavia, in pratica, si raccomanda la reintroduzione iniziale di individui con basso valore genetico nella popolazione in cattività per consentire la valutazione genetica prima della traslocazione di individui di valore[51].

Miglioramento delle tecniche di ricerca

Un approccio cooperativo alla reintroduzione da parte di ecologisti e biologi potrebbe migliorare le tecniche di ricerca. Sia per la preparazione che per il monitoraggio delle reintroduzioni, si incoraggiano crescenti contatti tra biologi accademici della popolazione e gestori della fauna selvatica all'interno della Survival Species Commission e della IUCN. Quest'ultima afferma che una reintroduzione richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge un team di persone provenienti da contesti diversi[52]. Uno studio di Wolf e altri nel 1998 ha indicato che il 64% dei progetti di reintroduzione hanno utilizzato opinioni soggettive per valutare la qualità dell'habitat[53]. Ciò significa che la maggior parte delle valutazioni sulla reintroduzione si è basata su prove aneddotiche umane e non abbastanza su risultati statistici. Seddon e altri (2007) suggeriscono che i ricercatori che contemplano future reintroduzioni dovrebbero specificare gli obiettivi, lo scopo ecologico generale e le limitazioni tecniche e biologiche intrinseche di una data reintroduzione, e i processi di pianificazione e valutazione dovrebbero incorporare approcci sia sperimentali che modellistici[54].

Monitorare la salute degli individui, così come la sopravvivenza, è importante; sia prima che dopo la reintroduzione[55]. Potrebbe essere necessario un intervento se la situazione si rivela sfavorevole. I modelli di dinamica della popolazione che integrano parametri demografici e dati comportamentali registrati sul campo possono portare a simulazioni e test di ipotesi a priori. Utilizzare i risultati precedenti per progettare ulteriori decisioni ed esperimenti è un concetto centrale della gestione adattiva. In altre parole, imparare facendo può aiutare nei progetti futuri. Gli ecologisti delle popolazioni dovrebbero quindi collaborare con biologi, ecologisti e addetti alla gestione della fauna selvatica per migliorare i programmi di reintroduzione[56].

Monitoraggio genetico

Affinché le popolazioni reintrodotte possano stabilire e massimizzare con successo l'idoneità riproduttiva, i professionisti dovrebbero eseguire test genetici per selezionare quali individui saranno i fondatori delle popolazioni reintrodotte e per continuare a monitorare le popolazioni dopo la reintroduzione[57]. Sono disponibili numerosi metodi per misurare la parentela genetica e la variazione tra gli individui all'interno delle popolazioni. Gli strumenti comuni di valutazione della diversità genetica includono marcatori microsatelliti, analisi del DNA mitocondriale, allozimi e AFLP[58]. Dopo la reintroduzione, è possibile utilizzare strumenti di monitoraggio genetico per ottenere dati quali l'abbondanza della popolazione, dimensione effettiva della popolazione e struttura della popolazione e può anche essere utilizzato per identificare casi di consanguineità all'interno di popolazioni reintrodotte o ibridazione con popolazioni esistenti che sono geneticamente compatibili. Si raccomanda il monitoraggio genetico a lungo termine dopo la reintroduzione per monitorare i cambiamenti nella diversità genetica della popolazione reintrodotta e determinare il successo di un programma di reintroduzione. Cambiamenti genetici avversi come la perdita di eterozigosi possono indicare che un intervento di gestione, come l'integrazione della popolazione, è necessario per la sopravvivenza della popolazione reintrodotta[59][60][61].

Re-introduction Specialist Group (RSG)

L'RSG è una rete di specialisti il ​​cui obiettivo è combattere la continua e massiccia perdita di biodiversità utilizzando le reintroduzioni come strumento responsabile per la gestione e il ripristino della biodiversità stessa[62]. Lo fa sviluppando e promuovendo attivamente informazioni scientifiche, politiche e pratiche interdisciplinari per stabilire popolazioni selvatiche vitali nei loro habitat naturali. Il ruolo dell'RSG è quello di promuovere il ripristino di popolazioni vitali in natura di animali e piante[63]. La necessità di questo ruolo è stata avvertita a causa della crescente domanda da parte dei professionisti della reintroduzione, della comunità globale della conservazione e dell'aumento dei progetti di reintroduzione in tutto il mondo.

Un numero crescente di specie animali e vegetali stanno diventando rare o addirittura estinte in natura. Nel tentativo di ristabilire le popolazioni, le specie possono – in alcuni casi – essere reintrodotte in un’area, sia attraverso la traslocazione da popolazioni selvatiche esistenti, sia reintroducendo animali allevati in cattività o piante propagate artificialmente.

Lista di specie reintrodotte

Italia

Resto del Mondo[70]

Note

  1. ^ I programmi di conservazione hanno salvato molte specie dall’estinzione, su Ohga!. URL consultato l'8 febbraio 2022.
  2. ^ Gli esseri umani hanno reintrodotto specie per il cibo e il controllo dei parassiti per migliaia di anni. Tuttavia, la pratica della reintroduzione per la conservazione è molto più recente, a partire dal XX secolo: per un caso recente v. Victoria Gill, Biodiversity: The tale of the 'un-extinct' fish, BBC News, 30 dicembre 2021.
  3. ^ Developing the Science of Reintroduction Biology, in Conservation Biology, vol. 21, n. 2, 2007, pp. 303–312, DOI:10.1111/j.1523-1739.2006.00627.x.
  4. ^ IUCN Guidelines for Restorations and Other Conservation Translocations (PDF), su iucn-whsg.org.
  5. ^ The IUCN Technical Guidelines on the Management of Ex Situ Populations for Conservation: reflecting major changes in the application of ex situ conservation, in Oryx, vol. 39, n. 1, January 2005, pp. 95–98, DOI:10.1017/S0030605305000177.
  6. ^ (EN) Transplantation of the Subshrub Lotus scoparius: Testing the Home-Site Advantage Hypothesis, in Conservation Biology, vol. 14, n. 4, 15 agosto 2000, pp. 1034–1045, DOI:10.1046/j.1523-1739.2000.99250.x.
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  9. ^ IUCN Guidelines for Restorations and Other Conservation Translocations (PDF), su iucn-whsg.org.
  10. ^ The IUCN Technical Guidelines on the Management of Ex Situ Populations for Conservation: reflecting major changes in the application of ex situ conservation, in Oryx, vol. 39, n. 1, January 2005, pp. 95–98, DOI:10.1017/S0030605305000177.
  11. ^ Longevity of seeds stored in a genebank: species characteristics, in Seed Science Research, vol. 15, n. 1, 2005, pp. 1–20, DOI:10.1079/ssr2004195.
  12. ^ Use of biotechnologies for the conservation of plant biodiversity, in In Vitro Cellular & Developmental Biology - Plant, vol. 47, n. 1, 2011, pp. 5–16, DOI:10.1007/s11627-010-9327-2.
  13. ^ The IUCN Technical Guidelines on the Management of Ex Situ Populations for Conservation: reflecting major changes in the application of ex situ conservation, in Oryx, vol. 39, n. 1, January 2005, pp. 95–98, DOI:10.1017/S0030605305000177.
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  18. ^ A long-term view of rare plant reintroduction, in Biological Conservation, vol. 144, n. 11, 1º novembre 2011, pp. 2557–2558, DOI:10.1016/j.biocon.2011.07.021.
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  21. ^ New Video Shows Returning Pandas to the Wild Actually Works, 19 April 2017.
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