Volo Japan Airlines 123

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Volo Japan Airlines 123
Il Boeing 747-100 coinvolto nell'incidente
Tipo di eventoIncidente
Data12 agosto 1985
Ora18:17
TipoDecompressione esplosiva, causata da un errore di manutenzione, e conseguente perdita di controllo
LuogoMount Osutaka
StatoGiappone Giappone
Coordinate36°00′05″N 138°41′38″E / 36.001389°N 138.693889°E36.001389; 138.693889
Numero di voloJL123
OperatoreJapan Airlines
Numero di registrazioneJA8119
PartenzaAeroporto Internazionale di Tokyo
DestinazioneAeroporto Internazionale di Osaka
Occupanti524
Passeggeri509
Equipaggio15
Vittime520
Feriti4
Sopravvissuti4
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Giappone
Volo Japan Airlines 123
Dati estratti da Aviation Safety Network[1]
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Il volo Japan Airlines 123 era un volo di linea nazionale tra l'aeroporto internazionale di Tokyo e l'aeroporto internazionale di Osaka che precipitò sul monte Takamagahara, nei pressi del villaggio giapponese di Ueno, il 12 agosto 1985. È ad oggi il secondo più grave incidente di sempre nella storia dell'aviazione, nonché l'incidente occorso ad un unico aeroplano che ha causato il maggior numero di vittime tra gli occupanti, in quanto le vittime furono 520: tutti i 15 membri dell'equipaggio e 505 dei 509 passeggeri.[1] Solo il disastro di Tenerife, che coinvolse due aeromobili, ha provocato un numero maggiore di vittime.

Tipo di aereo[modifica | modifica wikitesto]

L'aereo era un Boeing 747-SR146, numero di registrazione JA8119, entrato in servizio il 28 gennaio 1974, che aveva alle spalle 25 030 ore di volo al momento dell'incidente. Si trattava della versione a corto raggio ed alta densità di passeggeri del Boeing 747 ed era stato acquistato dalla compagnia aerea proprio per il servizio sulla relazione Tokyo-Osaka, molto affollata nonostante la sua lunghezza relativamente ridotta.

Dinamica dell'incidente[modifica | modifica wikitesto]

Al momento dell'incidente l'aereo era al suo quinto volo, dei sei previsti, nel giorno. Il personale tecnico di bordo era composto dal comandante Masami Takahama, con al suo attivo 12 400 ore di volo di esperienza, il primo ufficiale Yutaka Sasaki, in addestramento per una promozione a comandante, e l'ingegnere di volo Hiroshi Fukuda.

La sera del 12 agosto 1985 l'aereo prese l'uscita 18 alle 18:04 e decollò dalla pista 15L dall'aeroporto di Tokyo-Haneda alle 18:12, diretto all'Aeroporto di Osaka-Kansai, con 12 minuti di ritardo. Quel giorno il volo era pieno, perché molte persone tornavano a casa in occasione dell'importante festività dell'Ullambana, nella quale molti giapponesi sono soliti rientrare nei loro luoghi di origine.

Circa 12 minuti dopo il decollo, mentre il velivolo stava sorvolando la baia di Sagami, la paratia posteriore si squarciò improvvisamente, causando una decompressione esplosiva che provocò il distacco dello stabilizzatore verticale e il conseguente danneggiamento dell'impianto idraulico. L'esplosione fece inoltre crollare i soffitti delle toilette vicine alla coda e provocò una rapida perdita di aria pressurizzata e, di conseguenza, il personale di cabina iniziò ad assistere i passeggeri con maschere per l'ossigeno d'emergenza. Tutte e quattro le linee dell'impianto idraulico si interruppero e l'aereo divenne pressoché ingovernabile, cominciando a variare quota repentinamente, descrivendo un movimento tipico degli aerei senza controllo che segue uno dei modi propri di oscillazione, conosciuto come "modo di fugoide". In pochi minuti il velivolo passò da una quota di 13 500 piedi (4 100 metri) a circa 7 000 piedi (2 100 metri). I piloti tentarono di controllare l'aereo con il solo ausilio dei motori, abbassando anche il carrello di atterraggio e i flap, e riuscirono a riportarlo temporaneamente a 13.000 piedi (4 000 metri). Mentre l'aereo sorvolava la penisola di Izu, i piloti tentarono di effettuare una virata verso l'Oceano Pacifico, ma si verificò un'altra discesa quasi in picchiata, improvvisa e incontrollabile, tra le montagne. L'ultimo contatto radar avvenne a 6 800 piedi (2 000 metri) alle 18:56.

Durante gli istanti finali, una delle ali colpì il costone di una montagna e si spezzò; successivamente l'aereo sbatté contro un secondo crinale, capovolgendosi e schiantandosi contro il monte Takamagahara, circa 11 km a sud-ovest del villaggio di Ueno, nella prefettura di Gunma, ad un'altitudine di 1 565 metri.

Si stimò che tra l'esplosione della paratia e lo schianto contro la montagna fossero passati 32 minuti.

I soccorsi e le vittime[modifica | modifica wikitesto]

Passeggeri a bordo
Nazionalità Passeggeri Equipaggio Totale
Giappone Giappone 487 15 502
Cina Cina 1 0 1
bandiera Germania Ovest 2 0 2
Hong Kong Hong Kong 4 0 4
India India 3 0 3
Italia Italia 2 0 2
Corea del Sud Corea del Sud 3 0 3
Regno Unito Regno Unito 1 0 1
Stati Uniti Stati Uniti 6 0 6
Totale 509 15 524

Un elicottero statunitense arrivò sul posto dopo solo venti minuti, ma fu richiamato alla base dato che le squadre di soccorso giapponesi stavano arrivando.

Poco dopo arrivarono gli elicotteri dell'esercito, ma, a causa dell'oscurità e del terreno impervio, i soccorritori non scorsero i sopravvissuti: il pilota dell'elicottero comunicò che non c'era segno di vita e, per tale motivo, i soccorritori, invece di portarsi sul posto dell'incidente immediatamente, passarono la notte in un villaggio situato a circa 63 km dai rottami, raggiungendo l'aereo solo nella mattinata seguente, 14 ore dopo l'impatto.[2] Lo staff medico trovò diversi corpi le cui ferite indicavano che fossero sopravvissuti all'incidente, ma erano morti prima dell'arrivo dei soccorsi per la gravità delle ferite riportate. Un medico sostenne che, se i soccorsi fossero arrivati 10 ore prima, avrebbero trovato molti più sopravvissuti.

Solo 4 persone sopravvissero all'incidente, tutte di nazionalità giapponese, trovate in grave stato di ipotermia. Tra di esse vi era una hostess della compagnia aerea fuori servizio, i cui commenti tecnici furono di aiuto nella ricostruzione del disastro. Tutti i sopravvissuti erano seduti sul lato sinistro e verso la metà delle file di sedili 54-60, nella parte posteriore del velivolo. Tra i passeggeri che persero la vita vi fu anche il popolare cantante giapponese Kyū Sakamoto.

Cause del disastro[modifica | modifica wikitesto]

Come sarebbe dovuta avvenire la riparazione (sopra) e come invece è avvenuta (sotto).

Secondo la Japanese Aircraft and Railway Accidents Investigation Commission, le cause del disastro furono le seguenti:[3]

  • Il 2 giugno 1978 il velivolo, durante un atterraggio all'Aeroporto Internazionale di Ōsaka, era incorso in un tailstrike che aveva danneggiato la paratia posteriore.
  • Le riparazioni erano state eseguite in modo completamente errato dai tecnici della Japan Airlines. Era stata infatti sostituita la semicalotta inferiore della paratia stagna di coda, che sarebbe dovuta essere collegata a quella superiore tramite una piastra, ma per motivi ignoti (probabilmente per far combaciare i fori di rivettatura) la piastra era stata tagliata in due paratie, di conseguenza la pressurizzazione della cabina, da quel momento in poi, si scaricava su una sola fila di rivetti. Il taglio della piastra, operazione a dir poco deleteria e maldestra, aveva ridotto del 70% la resistenza alla fatica del pezzo riparato.
  • I tecnici della Japan Airlines, nonostante numerose segnalazioni di fischi intermittenti nella parte posteriore della fusoliera, non avevano mai verificato approfonditamente gli interventi di manutenzione.
  • Le linee idrauliche erano quattro, per garantire la manovrabilità del velivolo qualora uno, due o addirittura tre dei sistemi fossero andati in panne; ma il cedimento della paratia stagna, eventualità che non era stata mai presa in considerazione in sede di progettazione, li aveva danneggiati tutti.

Conseguenze del disastro[modifica | modifica wikitesto]

In seguito a questo incidente la Boeing modificò il sistema idraulico, dato che era inammissibile che la ridondanza quadrupla del sistema potesse essere resa completamente inutile per effetto di un unico guasto. Furono inoltre presi provvedimenti riguardo alla manutenzione della paratia in questione, dato che la procedura in vigore non aveva permesso di riscontrare l'insorgere e la propagazione delle cricche che avevano portato al cedimento completo del pezzo.

Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Aviation Safety Network - Accident description.
  2. ^ L’incidente aereo in cui morirono più di 500 persone, trent’anni fa, su ilpost.it, 13 agosto 2015. URL consultato il 13 agosto 2015.
  3. ^ Final report Japan Airlines 123 (PDF), su mlit.go.jp.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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