Knockout: differenze tra le versioni
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Versione delle 16:19, 27 ago 2016
Il knock-out è una causa di interruzione anticipata dell'incontro in sport da combattimento, in particolare nel pugilato.[1]
Etimologia
L'espressione viene dall'inglese «knock out of time», «abbattere oltre il tempo».[1] È resa anche dall'acronimo KO e dall'italiano «fuori combattimento».
Regolamentazione
Un'interruzione per k.o. avviene quando l'atleta non può proseguire il combattimento, dopo aver ricevuto colpi regolari dal pugile avversario. Se l'atleta atterrato non si rialza entro il limite regolamentare di tempo (per esempio, 10" nel pugilato) è dichiarato sconfitto per KO, con la conseguente assegnazione della vittoria al suo avversario.
Il knock-out può comportare una perdita di coscienza, derivata dal colpo fisico: pugni portati alla zona della testa (in particolare a tempie e mascella) possono anche provocare una commozione cerebrale.
KO tecnico
Il ko tecnico (TKO) è assegnato quando l'atleta, pur non essendo stato atterrato, è in condizioni tali da impedirgli di proseguire l'incontro. Viene decretato dall'arbitro nei seguenti casi:
- Problemi fisici: l'atleta riporta un infortunio o una ferita di gravità tale da non poter continuare a combattere. La segnalazione avviene ad opera del medico;
- Stop dall'angolo: lo staff di un pugile richiede la sospensione dell'incontro per le condizioni fisico-agonistiche del proprio assistito. È noto anche come "getto della spugna" o "getto dell'asciugamano".
- Stop dall'arbitro: l'arbitro interrompe il combattimento per manifesta inferiorità del pugile ed incapacità di reagire con cognizione di causa.
- Atterramenti multipli: nel corso di una stessa ripresa, il pugile subisce più knockdown.
Knockdown
Il knockdown consiste nell'atterramento dell'avversario: è considerato tale quando il pugile tocca la superficie del ring con il proprio corpo, fatta eccezione per gli arti inferiori, in seguito ai colpi incassati. Rientra nella definizione anche il caso in cui il pugile sia appoggiato alle corde dell'arena, senza possibilità di difesa.
Prima dell'avvio del conteggio, l'arbitro ordina al pugile avversario di recarsi sul lato opposto del quadrato: egli non può tornare a combattere finché il giudice di gara non autorizza il prosieguo del combattimento. Nella compilazione dei cartellini con i punteggi, i giudici tengono conto degli atterramenti inferti e subìti dai pugili durante la ripresa.[1]
Note
- ^ a b c C.Ferretti, A.Frasca (a cura di), Enciclopedia dello sport, Milano, Garzanti Libri, 2008, p. 1670.