Giovanni Roveda: differenze tra le versioni

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Inizialmente si nascose nel [[provincia di Biella|Biellese]]. Dopo il [[25 luglio]] 1943 e la caduta del fascismo si spostò a [[Roma]], dove insieme con il [[Partito Socialista Italiano|socialista]] [[Bruno Buozzi]] e il [[Democrazia Cristiana|democristiano]] [[Gioacchino Quarello]] si impegnò a preparare la Confederazione generale del lavoro unitaria. I tre furono inoltre designati dal ministro del lavoro [[Leopoldo Piccardi|Piccardi]] al vertice dell'"Organizzazione dei lavoratori dell'industria" (che, come tutti i sindacati di origine corporativa, il [[governo Badoglio I|governo Badoglio]] intendeva ricostruire affidandolo alle forze democratiche): Buozzi divenne commissario, Roveda e Quarello vicecommissari.
Inizialmente si nascose nel [[provincia di Biella|Biellese]]. Dopo il [[25 luglio]] 1943 e la caduta del fascismo si spostò a [[Roma]], dove insieme con il [[Partito Socialista Italiano|socialista]] [[Bruno Buozzi]] e il [[Democrazia Cristiana|democristiano]] [[Gioacchino Quarello]] si impegnò a preparare la Confederazione generale del lavoro unitaria. I tre furono inoltre designati dal ministro del lavoro [[Leopoldo Piccardi|Piccardi]] al vertice dell'"Organizzazione dei lavoratori dell'industria" (che, come tutti i sindacati di origine corporativa, il [[governo Badoglio I|governo Badoglio]] intendeva ricostruire affidandolo alle forze democratiche): Buozzi divenne commissario, Roveda e Quarello vicecommissari.


Dopo l'armistizio dell'[[8 settembre]] trovò rifugio nel "Seminario Pontificio Lombardo", che godeva dell'extraterritorialità vaticana, ma nel dicembre del 1943 vi fu arrestato dalla [[banda Koch]]. Fu poi trasferito nel [[Carcere degli Scalzi]] a [[Verona]]. Venne liberato il [[17 luglio]] [[1944]], dopo un'azione temeraria dei [[Gruppi di azione patriottica|GAP]] veronesi in cui persero la vita i partigiani [[Lorenzo Fava]] e Danilo Pretto, e fu designato membro della Direzione provvisoria del PCI per l'Alta Italia.
Dopo l'armistizio dell'[[8 settembre]] trovò rifugio nel "Seminario Pontificio Lombardo", che godeva dell'extraterritorialità vaticana, ma nel dicembre del 1943 vi fu arrestato dalla [[banda Koch]]. Fu poi trasferito nel [[Carcere degli Scalzi]] a [[Verona]]. Venne liberato il [[17 luglio]] [[1944]] da un gruppo di sei militanti dei [[Gruppi di azione patriottica|GAP]] guidati dal comandante [[Brigate Garibaldi|garibaldino]] [[Aldo Petacchi]]. Dopo essere riusciti a liberare Roveda, i partigiani dovettero impegnare un aspro scontro a fuoco contro i militari nazifascisti durante il quale tutti vennero feriti e due, [[Lorenzo Fava]] e [[Danilo Pretto]], furono uccisi. Nonostante queste perdite l'azione ebbe successo, i superstiti riuscirono a fuggire e Roveda venne trasferito prima a Milano e poi a Torino<ref>P.Spriano, ''Storia del Partito comunista italiano'', vol. V, pp. 379-380.</ref>.

Roveda era contrario alla sua liberazione in quanto sapeva che questo avrebbe scatenato una scia di sangue dietro di lui e raccomandava alla moglie, in contatto con i partigiani veronesi, di non prestarsi a questa liberazione che invece avvenne.
Roveda era contrario alla sua liberazione in quanto sapeva che questo avrebbe scatenato una scia di sangue dietro di lui e raccomandava alla moglie, in contatto con i partigiani veronesi, di non prestarsi a questa liberazione che invece avvenne.
Infatti, non fu pienamente riconoscente di questa liberazione ai partigiani veronesi, come si lamentò in alcune interviste all'Arena di Verona uno dei protagonisti, Emilio Moretto detto Bernardino. Lo stesso Moretto riconosce in questo assalto il forte segnale politico e di rivolta.
Infatti, non fu pienamente riconoscente di questa liberazione ai partigiani veronesi, come si lamentò in alcune interviste all'Arena di Verona uno dei protagonisti, Emilio Moretto detto Bernardino. Lo stesso Moretto riconosce in questo assalto il forte segnale politico e di rivolta.

Versione delle 22:13, 17 apr 2013

Template:Membro delle istituzioni italiane Giovanni Roveda (Mortara, 4 giugno 1894Torino, 17 novembre 1962) è stato un antifascista, sindacalista e politico italiano. Fu prigioniero politico durante il fascismo, primo sindaco di Torino dopo la Liberazione, segretario generale della FIOM, membro della direzione nazionale del PCI, che aveva contribuito a fondare, e Senatore della Repubblica.

Biografia

Si trasferì giovanissimo a Torino, dove trovò lavoro come operaio in litografia. Nel 1909 entrò nella Gioventù socialista. Attivo in politica e nel sindacato, nel 1919 diventò segretario nazionale della Federazione italiana lavoranti in legno. In seguito diventò dirigente della sezione socialista di Torino e collaboratore de L'Ordine Nuovo. Nel 1920 capeggiò l'occupazione delle fabbriche e, nel 1921, fu tra i fondatori del Partito Comunista. Segretario generale della Camera del Lavoro di Torino, con l'avvento del fascismo fu aggredito ripetutamente dagli squadristi.

In seguito alle Leggi eccezionali fasciste del 1926, Giovanni Roveda, che faceva parte del Comitato centrale del Partito comunista d'Italia, venne arrestato. Il 20 febbraio 1928 fu condannato dal Tribunale speciale (con Antonio Gramsci, Umberto Terracini ed altri dirigenti del partito) a vent'anni e quattro mesi di carcere.

Dopo undici anni di carcere Roveda fu scarcerato per un'amnistia, ma «per mancanza di segni di ravvedimento» il 14 aprile 1937 fu mandato al confino a Ponza. Fu poi trasferito a Ventotene, dove rimase fino al marzo del 1943, quando riuscì a fuggire approfittando di un permesso per visitare la moglie malata. Durante l'incarcerazione e il confino aveva perso oltre quaranta chili di peso.

Inizialmente si nascose nel Biellese. Dopo il 25 luglio 1943 e la caduta del fascismo si spostò a Roma, dove insieme con il socialista Bruno Buozzi e il democristiano Gioacchino Quarello si impegnò a preparare la Confederazione generale del lavoro unitaria. I tre furono inoltre designati dal ministro del lavoro Piccardi al vertice dell'"Organizzazione dei lavoratori dell'industria" (che, come tutti i sindacati di origine corporativa, il governo Badoglio intendeva ricostruire affidandolo alle forze democratiche): Buozzi divenne commissario, Roveda e Quarello vicecommissari.

Dopo l'armistizio dell'8 settembre trovò rifugio nel "Seminario Pontificio Lombardo", che godeva dell'extraterritorialità vaticana, ma nel dicembre del 1943 vi fu arrestato dalla banda Koch. Fu poi trasferito nel Carcere degli Scalzi a Verona. Venne liberato il 17 luglio 1944 da un gruppo di sei militanti dei GAP guidati dal comandante garibaldino Aldo Petacchi. Dopo essere riusciti a liberare Roveda, i partigiani dovettero impegnare un aspro scontro a fuoco contro i militari nazifascisti durante il quale tutti vennero feriti e due, Lorenzo Fava e Danilo Pretto, furono uccisi. Nonostante queste perdite l'azione ebbe successo, i superstiti riuscirono a fuggire e Roveda venne trasferito prima a Milano e poi a Torino[1].

Roveda era contrario alla sua liberazione in quanto sapeva che questo avrebbe scatenato una scia di sangue dietro di lui e raccomandava alla moglie, in contatto con i partigiani veronesi, di non prestarsi a questa liberazione che invece avvenne. Infatti, non fu pienamente riconoscente di questa liberazione ai partigiani veronesi, come si lamentò in alcune interviste all'Arena di Verona uno dei protagonisti, Emilio Moretto detto Bernardino. Lo stesso Moretto riconosce in questo assalto il forte segnale politico e di rivolta.

Nell'aprile 1945 partecipò alle cosiddette Cinque giornate di Torino, la liberazione della città ad opera dalle formazioni partigiane. Il 28 aprile 1945, nel pieno dell'insurrezione, il CLN della regione Piemonte (CLNRP) nominò Roveda sindaco di Torino a capo di una "Giunta Popolare" rappresentativa di tutte le forze politiche democratiche, mentre il socialista Pier Luigi Passoni venne nominato prefetto e Giorgio Agosti, esponente di spicco del movimento "Giustizia e Libertà", questore. Dopo l'ingresso in città del comando militare alleato (1º maggio 1945) e la resa del generale tedesco Schlemmer, il 3 maggio 1945 avvenne l'insediamento ufficiale della nuova giunta. La nuova amministrazione popolare della città comprendeva tra gli altri Ada Gobetti (vedova di Piero), Gioacchino Quarello (democristiano) e Domenico Chiaramello (socialista), vicesindaci, e il futuro premio Nobel Renato Dulbecco (azionista).
A partire dal 1923, con l'avvento del fascismo, Torino aveva subito sei anni di commissariamento e sedici di governo dei podestà: le ultime elezioni municipali si erano svolte un quarto di secolo prima, nel 1920.

Roveda rimase sindaco di Torino fino al 1946, quando fu eletto deputato alla Costituente. Nel frattempo era ritornato all'attività sindacale: diresse prima la Camera del Lavoro di Torino, poi (dal 1946 al 1956) la FIOM nazionale e infine, dal 1956, la "Federazione sindacale mondiale dei metallurgici". Fu anche membro della Direzione del PCI, senatore (di diritto dal 1948, rieletto nel 1953), presidente dell'INCA (Istituto Nazionale Confederale di Assistenza) dal 1953 al 1956.

Morì il 17 novembre 1962 a Torino in seguito a una flebite, provocata da un proiettile che l'aveva colpito durante l'evasione dal Carcere degli Scalzi e che non era stato possibile estrargli.

In molte città italiane gli sono state intitolate strade e associazioni di lavoratori, prima fra tutte nella sua Torino, dove gli è stata dedicata una via nel costruendo quartiere al momento della sua morte di Mirafiori Sud.

Bibliografia

  • Carlo Boccazzi Varotto, in I deputati piemontesi all'Assemblea Costituente, Milano, Franco Angeli, 1999
  • Berto Perotti, Attilio Dabini, Assalto al carcere. La storia e il racconto della liberazione di Giovanni Roveda dal carcere veronese "degli Scalzi", Verona, Cierre, 1995
  • Ferruccio Borio, I sindaci della libertà – Torino dal 1945 ad oggi, edizioni Eda, 1980

Collegamenti esterni


Predecessore Sindaco di Torino Successore
Michele Fassio 28 aprile 1945 - 17 dicembre 1946 Celeste Negarville
  1. ^ P.Spriano, Storia del Partito comunista italiano, vol. V, pp. 379-380.