Stalin e antisemitismo: differenze tra le versioni

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L''''antisemitismo di Iosif Stalin''' è un argomento molto discusso dagli storici: sebbene appartenesse ad un movimento contrario all'antisemitismo, in varie occasioni private mostrò un atteggiamento di disprezzo nei confronti degli ebrei, testimoniato dai suoi contemporanei e documentato da fonti storiche.<ref>{{Cita libro|cognome=Tolstoy|nome=Nikolai|titolo=Stalin's Secret War|editore=Holt, Rinehart and Winston|anno=1981|p=27f}}</ref>
L''''antisemitismo di Iosif Stalin''' è un argomento molto discusso dagli storici: sebbene appartenesse ad un movimento contrario all'antisemitismo, in varie occasioni private mostrò un atteggiamento di disprezzo nei confronti degli ebrei, testimoniato dai suoi contemporanei e documentato da fonti storiche.<ref>{{Cita libro|cognome=Tolstoy|nome=Nikolai|titolo=Stalin's Secret War|editore=Holt, Rinehart and Winston|anno=1981|p=27f}}</ref>


Nel 1939, invertì la politica comunista e iniziò a cooperare con la [[Germania nazista]] cosa che portò alla rimozione degli ebrei dalle posizioni di più alto profilo dal [[Cremlino di Mosca|Cremlino]]. Come dittatore dell'Unione Sovietica, promosse le politiche repressive che ebbero un notevole impatto sugli ebrei poco dopo la [[seconda guerra mondiale]], specialmente durante la campagna anti-cosmopolita. Alla sua morte, Stalin stava pianificando una campagna ancora più ampia contro gli ebrei. Secondo il suo successore [[Nikita Khrushchev]], Stalin stava fomentando il [[complotto dei medici]] come pretesto per avviare ulteriori repressioni anti-ebraiche.
Nel 1939, invertì la politica socialista e iniziò a cooperare con la [[Germania nazista]] cosa che portò alla rimozione degli ebrei dalle posizioni di più alto profilo dal [[Cremlino di Mosca|Cremlino]]. Come dittatore dell'Unione Sovietica, promosse le politiche repressive che ebbero un notevole impatto sugli ebrei poco dopo la [[seconda guerra mondiale]], specialmente durante la campagna anti-cosmopolita. Alla sua morte, Stalin stava pianificando una campagna ancora più ampia contro gli ebrei. Secondo il suo successore [[Nikita Khrushchev]], Stalin stava fomentando il [[complotto dei medici]] come pretesto per avviare ulteriori repressioni anti-ebraiche.


== I primi anni ==
== I primi anni ==

Versione delle 17:19, 25 mar 2024

L'antisemitismo di Iosif Stalin è un argomento molto discusso dagli storici: sebbene appartenesse ad un movimento contrario all'antisemitismo, in varie occasioni private mostrò un atteggiamento di disprezzo nei confronti degli ebrei, testimoniato dai suoi contemporanei e documentato da fonti storiche.[1]

Nel 1939, invertì la politica socialista e iniziò a cooperare con la Germania nazista cosa che portò alla rimozione degli ebrei dalle posizioni di più alto profilo dal Cremlino. Come dittatore dell'Unione Sovietica, promosse le politiche repressive che ebbero un notevole impatto sugli ebrei poco dopo la seconda guerra mondiale, specialmente durante la campagna anti-cosmopolita. Alla sua morte, Stalin stava pianificando una campagna ancora più ampia contro gli ebrei. Secondo il suo successore Nikita Khrushchev, Stalin stava fomentando il complotto dei medici come pretesto per avviare ulteriori repressioni anti-ebraiche.

I primi anni

Nato in Georgia, fu educato in un seminario ortodosso a Tbilisi prima di abbracciare le idee della rivoluzione marxista del XX secolo, sembra improbabile che Stalin sia stato mosso dall'antisemitismo giovanile dato che conobbe solo un numero limitato di rivoluzionari di origine ebraica durante i suoi primi anni di attività politica.[2] Sebbene attivo nella fazione bolscevica del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, non partecipò ad alcun congresso fino al 1905.

Sebbene gli ebrei fossero attivi sia tra i bolscevichi socialdemocratici che tra i menscevichi, ebbero peso maggiore tra i menscevichi. Stalin prese atto delle proporzioni etniche rappresentate da entrambe le parti, come si vede da un rapporto del 1907 sul Congresso pubblicato nel Bakinsky rabochy, dove citò una battuta su "un piccolo pogrom" attribuito da Stalin a Grigorij Aleksinskij:

«Non meno interessante è la composizione del congresso dal punto di vista delle nazionalità. I numeri mostrano che la maggioranza menscevica è composta da ebrei, senza contare i bundisti, dopo di che vengono i georgiani e i russi. D'altra parte, la maggioranza della fazione bolscevica è costituita da russi, dopodiché vengono gli ebrei, senza contare ovviamente i polacchi e i lettoni, e poi i georgiani, che i menscevichi sono una fazione ebraica e i bolscevichi una genuina fazione russa, quindi non sarebbe una cattiva idea per noi bolscevichi organizzare un piccolo pogrom interno al partito.[2]»

Gli anni 1917-1930

Sebbene i bolscevichi considerassero ogni attività religiosa una superstizione contro-scientifica e un residuo del vecchio ordine precomunista, il nuovo ordine politico stabilito dopo la rivoluzione russa andava contro i secoli di antisemitismo sotto i Romanov.

Il Consiglio dei commissari del popolo adottò un decreto nel 1918 dove condannò ogni forma di antisemitismo e invitò gli operai e i contadini a contrastarlo,[3] contemporaneamente Lenin continuò a schierarsi contro l'antisemitismo.[4] Le campagne informative contro l'antisemitismo furono condotte all'interno dell'Armata Rossa e dei luoghi di lavoro, una disposizione che vietò l'incitamento alla propaganda contro qualsiasi etnia entrò a far parte della legge sovietica.[3] Durante questo periodo, nell'Unione Sovietica furono aperte diverse istituzioni sia di cultura yiddish laica sponsorizzate dallo stato, come il Teatro ebraico statale di Mosca, che di altre minoranze.

In qualità di commissario del popolo per le nazionalità, Stalin fu il membro del gabinetto responsabile degli affari delle minoranze. Nel 1922 Stalin fu il primo segretario generale del partito eletto, un incarico non ancora considerato il più alto nel governo sovietico.

Lenin iniziò a criticare Stalin poco dopo. Nelle sue lettere del dicembre 1922, il malato Lenin (la cui salute lo rese incapace nel 1923-1924) criticò Stalin e Dzeržinskij per il loro atteggiamento sciovinista nei confronti della nazione georgiana durante l'affare georgiano:[5] le lettere furono rese pubbliche nel Testamento di Lenin, dove si raccomandò al partito di rimuovere Stalin dall'incarico di segretario generale. Le lettere del 1922 e la raccomandazione furono entrambe trattenute dalla circolazione pubblica dallo stesso Stalin e dai suoi sostenitori nel partito: questi materiali non furono pubblicati in Unione Sovietica fino alla destalinizzazione del 1956.[6]

Dopo la morte di Lenin, avvenuta il 21 gennaio 1924, il partito mantenne ufficialmente il principio della leadership collettiva, ma Stalin superò presto i suoi rivali nel Politbüro del Comitato Centrale, collaborando inizialmente con Grigory Zinoviev e Lev Kamenev riuscì a emarginare il rivale Leon Trotsky. Nel 1929, Stalin emarginò effettivamente anche Zinoviev e Kamenev, costringendoli entrambi a sottomettersi alla sua autorità, mentre l'intransigente Trotsky fu costretto all'esilio.

Boris Bazhanov, segretario personale di Stalin che disertò nel 1928 in Francia, produsse un libro di memorie critico nei confronti di Stalin nel 1930, dove affermò che Stalin aveva avuto rozze esplosioni antisemite anche prima della morte di Lenin.[7]

Gli anni '30

La condanna dell'antisemitismo nel 1931

Il 12 gennaio 1931, Stalin rilasciò la seguente risposta a un'inchiesta sull'atteggiamento sovietico nei confronti dell'antisemitismo da parte della Jewish Telegraphic Agency negli Stati Uniti:

«Lo sciovinismo nazionale e razziale è una traccia dei costumi misantropici caratteristici del periodo del cannibalismo. L'antisemitismo, come forma estrema di sciovinismo razziale, è la traccia più pericolosa del cannibalismo.

L'antisemitismo giova agli sfruttatori, come un parafulmine che devia i colpi sferrati dai lavoratori del capitalismo. L'antisemitismo è pericoloso, per i lavoratori rappresenta un falso sentiero che li conduce fuori dalla giusta direzione. Quindi i comunisti, in quanto internazionalisti coerenti, non possono che essere inconciliabili, nemici giurati dell'antisemitismo.

In URSS l'antisemitismo è punito con la massima severità della legge in quanto fenomeno profondamente ostile al sistema sovietico. Secondo la legge dell'URSS gli antisemiti attivi sono passibili di pena di morte.[8]»

Istituzione dell'Oblast autonomo ebraico

Per compensare le crescenti aspirazioni nazionali e religiose del sionismo, e per inquadrare gli ebrei sovietici nella politica di Stalin, nel 1928 fu stabilita un'alternativa alla Terra di Israele con l'aiuto di Komzet e OZET. L'Oblast autonomo ebraico con il centro a Birobidžan nell'Estremo Oriente russo doveva diventare una sorta di "Sion sovietica". Lo yiddish, piuttosto che l'ebraico "reazionario", sarebbe diventata la lingua nazionale, la letteratura e le arti socialiste proletarie avrebbe sostituito l'ebraismo come quintessenza della cultura. Nonostante la massiccia campagna di propaganda nazionale e internazionale, la popolazione ebraica non raggiunse mai il 30% (nel 2003 era solo dell'1,2% circa). L'esperimento si interruppe a metà degli anni '30, durante la prima campagna di purghe di Stalin, dove neanche i leader locali furono risparmiati.

La Grande Purga

Il periodo repressivo di massa più duro, la Grande Purga (o Grande Terrore) di Stalin, fu lanciato nel 1936-1937 e comportò l'esecuzione di oltre mezzo milione di cittadini sovietici accusati di tradimento, terrorismo e altri crimini antisovietici. La campagna di purghe prese di mira in particolare gli ex oppositori di Stalin e dei vecchi bolscevichi, inclusa l'epurazione su larga scala del Partito Comunista, la repressione dei contadini kulaki, dei leader dell'Armata Rossa e dei comuni cittadini, tutti accusati di aver cospirato contro l'amministrazione di Stalin.[9] Sebbene molte delle vittime della Grande Purga fossero ebrei etnici o religiosi, non furono specificamente presi di mira come gruppo etnico durante questa campagna (secondo quanto riportato da Mikhail Baitalsky,[10] Gennady Kostyrchenko,[11] David Priestland,[12] Jeffrey Veidlinger,[13] Roj Medvedev[14] e Edvard Radzinskij[15]).

Il patto Molotov-Ribbentrop

Durante l'incontro con il ministro nazista Joachim von Ribbentrop, Stalin promise di sbarazzarsi della "dominazione ebraica", soprattutto nelle file dell'intellighenzia.[16] Dopo aver licenziato Maksim Litvinov nel 1939,[17] Stalin ordinò immediatamente al ministro degli Esteri entrante Molotov di "rimuovere gli ebrei dal Ministero", per tenere a freno Hitler e segnalare alla Germania nazista che l'URSS fosse pronta a stabilire dei colloqui di non aggressione.[17][18][19][20]

Le tendenze antisemite nelle politiche di Stalin furono alimentate dalla sua lotta contro Leon Trotsky e dalla sua base globale di appoggio.[21][22] Alla fine degli anni '30, '40 e '50 sempre meno ebrei furono nominati in posizioni di potere nell'apparato statale, con un netto calo della rappresentanza ebraica nelle alte sfere: la percentuale di ebrei in posizioni di potere scese al 6% nel 1938 e al 5% nel 1940.[23]

Trasferimento e deportazione degli ebrei durante la guerra

Dopo l'invasione sovietica della Polonia, Stalin iniziò una politica di deportazione degli ebrei nell'Oblast autonomo ebraico e in Siberia. Durante la guerra dei movimenti simili furono tenuti nelle regioni considerate vulnerabili all'invasione nazista con i vari gruppi etnici bersaglio del genocidio nazista. Quando queste popolazioni raggiunsero le loro destinazioni, il lavoro fu spesso faticoso e furono sottoposte a pessime condizioni di vita a causa della mancanza di risorse causata dallo sforzo bellico.[24]

Dopo la seconda guerra mondiale

L'esperienza dell'Olocausto provocò l'uccisione di milioni di ebrei nell'Europa sotto l'occupazione nazista, lasciò altri milioni di senzatetto e sfollati, oltre a contribure a far crescere la preoccupazione internazionale per la situazione del popolo ebraico. Tuttavia, il trauma diede nuova vita all'idea di un comune popolo ebraico diventando così il catalizzatore della rinascita dell'idea sionista di dar vita ad uno stato ebraico.

L'Oblast autonomo ebraico conobbe una rinascita quando il governo sovietico spinse la migrazione di ben 10.000 ebrei dell'Europa orientale nel 1946-1948.[25] All'inizio del 1946, il Consiglio dei ministri dell'URSS annunciò un piano per la costruzione di nuove infrastrutture e Michail Kalinin affermò di considerare ancora la regione come uno "stato nazionale ebraico" che potesse rinascere attraverso il "lavoro creativo".[25]

Israele

Dalla fine del 1944 in poi, Stalin adottò una politica estera filo-sionista, apparentemente credendo che il nuovo paese sarebbe stato di stampo socialista così da accelerare il declino dell'influenza britannica in Medio Oriente.[26] Di conseguenza, nel novembre 1947, l'Unione Sovietica insieme agli altri paesi del blocco sovietico, votò a favore del Piano di spartizione della Palestina delle Nazioni Unite,[27] piano che aprì la strada alla nascita dello Stato di Israele. Il 17 maggio 1948, tre giorni dopo che Israele dichiarò la propria indipendenza, l'Unione Sovietica concesse ufficialmente de jure il riconoscimento di Israele,[28] diventando il secondo Stato a riconoscere lo stato ebraico (preceduto solo dal riconoscimento de facto degli Stati Uniti) e il primo paese a concedere a Israele il riconoscimento de jure. Durante il conflitto arabo-israeliano del 1948, l'Unione Sovietica sostenne Israele con armi fornite attraverso la Cecoslovacchia.[29]

Stalin iniziò una nuova epurazione reprimendo i suoi alleati in tempo di guerra, il Comitato antifascista ebraico. Nel gennaio 1948, Solomon Michoėls fu assassinato per ordine personale di Stalin a Minsk, omicidio camuffato con un incidente d'auto. Mikhoels fu trasportato nella dacia dell'MGB e ucciso, insieme al suo collega non ebreo Golubov-Potapov, sotto la supervisione del viceministro della sicurezza di stato di Stalin Sergei Ogoltsov. I loro corpi sono stati poi scaricati sul ciglio di una strada a Minsk.[30][31]

Nonostante l'iniziale disponibilità di Stalin a sostenere Israele, vari storici ipotizzano che l'antisemitismo alla fine degli anni Quaranta e all'inizio degli anni Cinquanta fosse motivato dalla possibile percezione di Stalin degli ebrei come una potenziale "quinta colonna" alla luce di uno Stato israeliano di matrice filo-occidentale in Medio Oriente, come suggerito da Orlando Figes:

«Dopo la fondazione di Israele nel maggio 1948, e il suo allineamento con gli USA durante la Guerra Fredda, i 2 milioni di ebrei sovietici, che erano sempre rimasti fedeli al sistema sovietico, furono descritti dal regime stalinista come una potenziale quinta colonna. Nonostante la sua personale antipatia per gli ebrei, Stalin era stato uno dei primi sostenitori di uno stato ebraico in Palestina, che aveva sperato di trasformare in un satellite sovietico in Medio Oriente, ma poiché la leadership dello stato emergente si era dimostrata ostile agli approcci dell'Unione Sovietica, Stalin ebbe sempre più paura del sentimento filo-israeliano tra gli ebrei sovietici. I suoi timori si intensificarono in seguito all'arrivo a Mosca di Golda Meir nell'autunno del 1948 come prima ambasciatrice israeliana in URSS. Durante la sua visita a una sinagoga di Mosca durante lo Yom Kippur (13 ottobre), migliaia di persone hanno sfilato per le strade, molte delle quali gridavano Am Yisroel Chai! - una tradizionale affermazione di rinnovamento nazionale per gli ebrei di tutto il mondo, ma per Stalin un pericoloso segno di "nazionalismo ebraico borghese" che sovvertì l'autorità dello stato sovietico.[32]»

Gli storici Albert Lindemann e Richard Levy osservano:"Quando, nell'ottobre 1948, durante i giorni festivi, migliaia di ebrei si radunarono intorno alla sinagoga centrale di Mosca per onorare Golda Meir, primo ambasciatore israeliano, le autorità si allarmarono particolarmente per i segnali di disaffezione ebraica".[33]

Jeffrey Veidlinger scrive:«Nell'ottobre 1948, era ovvio che Mikhoels non era affatto l'unico sostenitore del sionismo tra gli ebrei sovietici. La rinascita dell'espressione culturale ebraica durante la guerra aveva favorito un generale senso di audacia tra le masse ebraiche. Molti ebrei rimasero ignari della crescente ždanovščina e della minaccia segnalata per gli ebrei sovietici del fermento contro i "cosmopoliti senza radici". In effetti, gli atteggiamenti ufficiali nei confronti della cultura ebraica erano ambivalenti durante questo periodo. Apparentemente, la cultura ebraica sembrava essere sostenuta dallo Stato: erano stati compiuti sforzi pubblici per sostenere il teatro yiddish dopo la morte di Mikhoels, Eynikayt stava ancora pubblicando nei tempi previsti e, cosa più importante, l'Unione Sovietica riconobbe l'istituzione di uno stato ebraico in Palestina. Per la maggior parte degli ebrei di Mosca, lo stato degli ebrei sovietici non era mai stato migliore».[34]

Purghe

Nel novembre 1948, le autorità sovietiche avviarono una nuova campagna per liquidare ciò che restava della cultura ebraica. I membri di spicco del Comitato Ebraico Antifascista furono arrestati. Furono accusati di tradimento, nazionalismo borghese e intenzione di creare una repubblica ebraica in Crimea per servire gli interessi americani. Il Museo della conoscenza ambientale dell'Oblast autonomo ebraico (fondato nel novembre 1944) e il Museo ebraico di Vilnius (fondato alla fine della guerra) furono chiusi nel 1948.[35] Il Museo storico-etnografico dell'ebraismo georgiano, fondato nel 1933, fu chiuso alla fine del 1951.[35]

A Birobidzhan, le varie istituzioni culturali ebraiche istituite sotto la precedente politica di sostegno di Stalin alla "cultura ebraica proletaria" negli anni '30 furono chiuse tra la fine del 1948 e l'inizio del 1949: tra queste il teatro Kaganovich, una casa editrice yiddish, il quotidiano Birobidzhan, la biblioteca di libri yiddish ed ebraici e le scuole ebraiche locali.[36] Lo stesso accadde ai restanti teatri yiddish di tutta l'URSS.

Ai primi di febbraio del 1949, il microbiologo Nikolaj Gamaleya, vincitore del Premio Stalin, pioniere della batteriologia e membro dell'Accademia delle Scienze, scrisse una lettera indirizzata a Stalin protestando contro il crescente antisemitismo:"A giudicare dalle indicazioni assolutamente incontestabili ed evidenti, la ricomparsa dell'antisemitismo non viene dal basso né dalle masse... ma è diretto dall'alto, dalla mano invisibile di qualcuno".[37] Lo scienziato novantenne scrisse di nuovo a Stalin a metà febbraio menzionando ancora una volta il crescente antisemitismo, morì a marzo senza aver ancora ricevuto risposta.[38]

Durante la notte tra il 12 e il 13 agosto 1952, ricordata come la "Notte dei poeti assassinati", tredici dei più importanti scrittori yiddish dell'Unione Sovietica furono giustiziati per ordine di Stalin: tra le vittime ci furono Peretz Markish, David Bergelson e Itzik Fefer. In una sessione del Politbüro del 1º dicembre 1952, Stalin annunciò:"Ogni nazionalista ebreo è un agente dei servizi segreti americani. I nazionalisti ebrei pensano che la loro nazione sia stata salvata dagli USA... Pensano di essere in debito con gli americani. Tra i medici, ci sono molti nazionalisti ebrei".[39]

Una notevole campagna per rimuovere silenziosamente gli ebrei dalle posizioni di autorità all'interno dei servizi di sicurezza dello stato fu condotta nel 1952-1953. Gli storici russi Zhores e Roy Medvedev scrissero che secondo il Ministero degli affari interni Sudoplatov, "contemporaneamente tutti gli ebrei sono stati rimossi dalla guida dei servizi di sicurezza, anche quelli in posizioni molto elevate. A febbraio le espulsioni anti-ebraiche si estesero ai rami regionali del MGB. Il 22 febbraio è stata distribuita una direttiva segreta a tutte le direzioni regionali del MGB, ordinando il licenziamento immediato di tutti i dipendenti ebrei del MGB, indipendentemente dal grado, dall'età o dalla carriera".[40]

Il mondo esterno al regime non fu all'oscuro di questi sviluppi, e anche i membri di spicco del Partito Comunista USA si lamentarono della situazione. Nel libro di memorie Being Red, lo scrittore americano e prominente comunista Howard Fast ricorda un incontro con lo scrittore sovietico e delegato del Congresso mondiale per la pace Aleksandr Fadeev nel quale lo stesso Fadeyev ribadì che "non c'è antisemitismo nell'Unione Sovietica", nonostante le prove "che almeno otto figure ebraiche di spicco nell'Armata Rossa e nel governo erano state arrestate con quelle che sembravano accuse inventate. I giornali in lingua yiddish furono soppressi e le scuole che insegnavano l'ebraico furono chiuse».[41]

Complotto dei medici

Secondo prove secondarie e memorie, si ritiene che il caso del complotto dei medici avesse lo scopo di innescare delle repressioni di massa e deportazioni di ebrei, simili al trasferimento di popolazione nell'Unione Sovietica di molte altre minoranze etniche, ma il piano non fu realizzato perché della morte improvvisa di Stalin. Sia Žores Medvedev che Gennady Kostyrchenko scrissero di non aver trovato documenti a sostegno del piano di espulsione:[42] tuttavia, la questione rimane aperta.[43]

Secondo Louis Rapoport, il genocidio doveva iniziare con l'esecuzione pubblica dei medici imprigionati e quindi i "successivi incidenti", come «gli attacchi agli ebrei orchestrati dalla polizia segreta, la pubblicazione della dichiarazione da parte di eminenti ebrei e una marea di altre lettere che chiedevano che venisse intrapresa un'azione, a cui sarebbe seguito un programma di genocidio diviso in tre fasi. Primo, quasi tutti gli ebrei sovietici... sarebbero stati spediti nei campi a est degli Urali... Secondo, le autorità avrebbero messo i leader ebrei l'uno contro l'altro... Anche la MGB avrebbe cominciato a uccidere l'élite nei campi come gli scrittori yiddish nell'anno precedente... L'ultimo atto sarebbe stato "sbarazzarsi del resto".»[44]

Nel 1953, poco prima della morte di Stalin, furono costruiti quattro grandi campi in Siberia meridionale e occidentale, e correva voce che fossero per ebrei.[45] Sarebbe nata una commissione speciale per pianificare la deportazione degli ebrei in questi campi.[46][47][48] Nikolay Poliakov, il segretario della Commissione per la deportazione, dichiarò anni dopo che secondo il piano iniziale di Stalin la deportazione doveva iniziare a metà febbraio 1953, ma il compito monumentale di compilare gli elenchi di ebrei non era stato ancora completato.[46][48] Gli ebrei "purosangue" dovevano essere deportati per primi, seguiti dai "meticci" (polukrovki).[46] Prima della sua morte nel marzo 1953, Stalin avrebbe pianificato l'esecuzione degli imputati del complotto dei dottori già sotto processo nella Piazza Rossa nel marzo 1953, e poi si sarebbe proposto come il salvatore degli ebrei sovietici mandandoli nei campi, lontani dalla presunta furia della popolazione russa.[46][49][50] Esistono anche ulteriori dichiarazioni che descrivono alcuni aspetti di questa espulsione pianificata.[48]

Altre purghe simili contro gli ebrei furono organizzate nei paesi del blocco orientale, come il processo Slánský di Praga. Durante questo periodo, gli ebrei sovietici furono eufemisticamente considerati "persone di etnia ebraica".[51][52] Un preside del dipartimento di marxismo-leninismo di un'università sovietica spiegò questa politica ai suoi studenti:"Uno di voi ha chiesto se la nostra attuale campagna politica può essere considerata antisemita. Il compagno Stalin disse «Odiamo i nazisti non perché sono tedeschi, ma perché hanno portato enormi sofferenze alla nostra terra. Lo stesso si può dire degli ebrei.»"[51] È stato anche detto che al momento della morte di Stalin, "nessun ebreo in Russia poteva sentirsi al sicuro".[53] Per tutto questo tempo, i media sovietici evitarono l'antisemitismo palese continuando a segnalare la punizione dei funzionari per il loro comportamento antisemita.[54]

Collaboratori e famiglia

Stalin aveva suoceri e nipoti ebrei.[55] Alcuni degli stretti collaboratori di Stalin furono ebrei o avevano coniugi ebrei, tra cui Lazar Kaganovich, Maxim Litvinov e Lev Mekhlis.[56] Molti di loro furono epurati, tra cui la moglie di Nikolai Yezhov e Polina Zhemchuzhina, moglie di Vyacheslav Molotov, e anche Bronislava Poskrebysheva, moglie di Aleksandr Poskrëbyšev.[56] Lo storico Geoffrey Roberts sottolinea che Stalin "continuò a esaltare scrittori e artisti ebrei anche al culmine della campagna antisionista dei primi anni '50".[57] Tuttavia, quando la giovane figlia di Stalin Svetlana si innamorò del famoso regista sovietico Alexei Kapler, un uomo ebreo di ventitré anni più grande di lei, Stalin fu fortemente irritato dalla relazione. Secondo Svetlana, Stalin "fu irritato più di ogni altra cosa dal fatto che Kapler fosse ebreo".[58] Kapler fu condannato a dieci anni di lavori forzati nel gulag con l'accusa di essere una "spia inglese". La figlia di Stalin in seguito sposò Grigori Morozov, un altro ebreo. Stalin acconsentì al loro matrimonio dopo le molte suppliche di Svetlana, ma si rifiutò di partecipare al matrimonio. Anche il figlio di Stalin, Yakov, sposò una donna ebrea, Yulia Meltzer, e sebbene Stalin all'inizio disapprovasse, iniziò ad affezionarsi a lei. Simon Sebag Montefiore, biografo di Stalin, ha scritto che il figlio di Lavrentij Berija affermò che suo padre poteva elencare i rapporti di Stalin con delle donne ebree.[59]

Nelle sue memorie, Nikita Chruščëv scrisse:"L'atteggiamento ostile verso la nazione ebraica era una delle principali carenze di Stalin. Nei suoi discorsi e scritti come leader e teorico non c'era nemmeno un accenno. Dio non voglia che qualcuno affermi che una sua dichiarazione sapeva di antisemitismo. All'esterno tutto sembrava corretto e appropriato. Ma nella sua cerchia ristretta, quando aveva occasione di parlare di qualche persona ebrea, usava sempre una pronuncia decisamente distorta. Questo era il modo in cui le persone arretrate prive di coscienza politica si esprimevano nella vita quotidiana... Persone con un atteggiamento sprezzante nei confronti degli ebrei. Avrebbero deliberatamente storpiato la lingua russa, mettendo su un accento ebraico o imitando certe caratteristiche negative [attribuite agli ebrei]. Stalin amava questo stile, e divenne uno dei suoi tratti caratteristici."[60] Krusciov affermò inoltre che Stalin fece spesso commenti antisemiti dopo la seconda guerra mondiale.[61]

Analizzando varie spiegazioni per l'antisemitismo percepito da Stalin nel suo libro The Lesser Terror: Soviet State Security, 1939-1953, lo storico Michael Parrish scrisse:"È stato suggerito che Stalin, che rimase prima di tutto un georgiano per tutta la vita, in qualche modo divenne un Grande Russo e decise che gli ebrei sarebbero diventati il capro espiatorio per i mali dell'Unione Sovietica. Altri, come lo scrittore polacco Aleksander Wat (lui stesso una vittima), affermano che Stalin non era antisemita per natura, ma il filoamericanismo degli ebrei sovietici lo costrinse a seguire una deliberata politica di antisemitismo. Le opinioni di Wat sono, tuttavia, influenzate dal fatto che Stalin, per ovvi motivi, all'inizio dipendeva dai comunisti ebrei per proseguire le sue politiche postbelliche in Polonia. Credo che una spiegazione migliore fosse il senso di invidia di Stalin, che lo consumò per tutta la vita. Ha anche trovato negli ebrei un bersaglio conveniente. Verso la fine del 1930, Stalin, come indicano le memorie [di sua figlia], soffriva di antisemitismo in piena regola."[62]

In Esau's Tears: Modern Anti-Semitism and the Rise of the Jews, lo storico Albert S. Lindemann ha scritto:"Determinare il vero atteggiamento di Stalin nei confronti degli ebrei è difficile. Non solo ha ripetutamente contrastato l'antisemitismo, ma sia suo figlio che sua figlia hanno sposato degli ebrei e molti dei suoi luogotenenti più stretti e devoti dalla fine degli anni '20 agli anni '30 erano di origine ebraica, ad esempio Lazar Moiseyevich Kaganovich, Maxim Litvinov e il famigerato capo della polizia segreta, Genrich Jagoda. Non c'erano tanti ebrei alleati di Stalin a destra del partito quanti erano alleati di Trotsky a sinistra, ma l'importanza di uomini come Kaganovich, Litvinov e Jagoda rende difficile credere che Stalin nutrisse un odio categorico per tutti gli ebrei, intesi come razza, come fece Hitler. Altri studiosi, di differenti opinioni come Isaac Deutscher e Robert Conquest, hanno negato che qualcosa di così dogmatico come l'antisemitismo in stile nazista abbia motivato Stalin. Potrebbe bastare semplicemente notare che Stalin era un uomo impenetrabile, sospettoso e di grande odio. Vedeva nemici ovunque, e accadde che molti dei suoi nemici, praticamente tutti i suoi nemici, fossero ebrei, soprattutto il nemico Trotsky.«Lindemann aggiunse che "gli ebrei nel partito erano spesso verbalmente abili, polilingue e ampiamente istruiti, tutte qualità che mancavano a Stalin. Osservare, come ha fatto sua figlia Svetlana, che "a Stalin non piacevano gli ebrei", non ci dice molto, dal momento che "non gli piaceva" nessun gruppo: i suoi odi e sospetti non conoscevano limiti; anche i membri del partito della sua nativa Georgia non erano esenti. Non è chiaro se odiasse gli ebrei con una particolare intensità o qualità.»[63]

Note

  1. ^ Nikolai Tolstoy, Stalin's Secret War, Holt, Rinehart and Winston, 1981, p. 27f.
  2. ^ a b Pinkus, pp. 143–144.
  3. ^ a b Pinkus, p. 85.
  4. ^ Lenin, pp. 252–253.
  5. ^ V. I. Lenin, The Question of Nationalities or "Autonomisation", in Lenin Collected Works, vol. 36, Mosca, Progress Publishers, pp. 593–611. URL consultato il 23 febbraio 2011.
  6. ^ V. I. Lenin, 'Last Testament' Letters to the Congress, in Lenin Collected Works, vol. 36, Mosca, Progress Publishers, pp. 593–611. URL consultato il 23 febbraio 2011.
  7. ^ Miklós Kun, Stalin: An Unknown Portrait, Central European University Press, 2003, p. 287, ISBN 963-9241-19-9.
  8. ^ Iosif Stalin, Reply to an Inquiry of the Jewish News Agency in the United States, in Works, vol. 13, Mosca, Foreign Languages Publishing House, 1954, p. 30.
  9. ^ Orlando Figes, The Whisperers: Private Life in Stalin's Russia, New York, Metropolitan, 2007, pp. 227–315, ISBN 0-312-42803-0.
  10. ^ Baitalsky, Mikhail "Russkii evrei vchera i segodnia", unpublished manuscript. Citato in Roy Medvedev, Let History Judge: The Origins and Consequences of Stalinism, traduzione di George Shriver, New York, Columbia University Press, 1989, p. 563, ISBN 978-0-231-06350-0..
  11. ^ (RU) Alexander Igolkin, Умение ставить вопросы, in Наш современник, n. 5, 2002. URL consultato il 4 febbraio 2011.
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Bibliografia

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Approfondimenti

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