Produzione di energia elettrica in Italia
In Italia la produzione di energia elettrica avviene in gran parte a partire dall'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili (i combustibili fossili quali gas naturale, carbone e petrolio in gran parte importati dall'estero) e in misura minore con fonti rinnovabili (come lo sfruttamento dell'energia geotermica, dell'energia idroelettrica, dell'energia eolica, delle biomasse e dell'energia solare); il restante fabbisogno elettrico viene coperto con l'acquisto di energia elettrica dall'estero, trasportata nel paese attraverso l'utilizzo di elettrodotti e diffusa tramite la rete di trasmissione e la rete di distribuzione elettrica.
Il fabbisogno di energia elettrica è comunque solo una parte dell'intero fabbisogno energetico nazionale essendo una parte dei consumi energetici, come ad esempio quelli legati all'autotrazione, al trasporto marittimo e aereo, al riscaldamento e a parte della produzione industriale, necessariamente coperti dall'uso diretto dei combustibili fossili, anch'essi in massima parte di provenienza estera.
Consumi, potenza richiesta e potenza installata
L'Italia, come sistema fisico nazionale comprendente le proprie centrali e le proprie stazioni di pompaggio, nel 2011 ha avuto consumi per circa Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. di energia elettrica. Tale dato è il cosiddetto "consumo o fabbisogno nazionale lordo" e indica l'energia elettrica di cui ha bisogno il Paese per far funzionare qualsiasi impianto o mezzo che abbisogni di energia elettrica. Tale dato è ricavato come somma dei valori indicati ai morsetti dei generatori elettrici di ogni singolo impianto di produzione più il saldo degli scambi con l'estero. Tale misura è effettuata prima di una eventuale detrazione di energia per alimentare le stazioni di pompaggio e non considerando gli autoconsumi delle centrali (ovvero l'energia che la centrale usa per il suo funzionamento)[2]. Il dato di consumo nazionale lordo contiene una percentuale pari al 13,1% di energia importata dall'estero (ovvero, al netto delle esigue esportazioni, circa Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. annui nel 2011), che incide per il 13,6% sul valore dell'energia elettrica richiesta[2].
Se si escludono tali "consumi imposti" (servizi ausiliari, perdite nei trasformatori di centrale e l'energia elettrica per immagazzinare energia durante la notte attraverso le stazioni di pompaggio idriche), si ha un "consumo nazionale netto" o "richiesta nazionale di energia elettrica", che nel 2011 è stato di Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido., con un incremento dell'1,27% rispetto all'anno precedente, solo leggermente inferiore all'incremento medio degli ultimi venti anni, pari all'1,68% (è da notare tuttavia che tale media comprende anche il pesante calo del 2009 del 5,66%, dovuto principalmente alla riduzione dei consumi industriali a causa della crisi economica del 2008-2010). Tale valore comprende anche le perdite di rete, calcolate intorno ai Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. (6%) circa. La parte rimanente (Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.) rappresenta il consumo di energia degli utenti finali[2].
Per quanto riguarda invece la potenza richiesta, l'Italia ha bisogno mediamente di circa Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. di potenza elettrica lorda istantanea (Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. di potenza elettrica netta istantanea). Tali valori oscillano tra la notte e il giorno mediamente da 22 a Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido., con punte minime e massime rispettivamente di 21,5 e Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.[3]. Tali valori, tuttavia risentono della riduzione della richiesta di energia riscontrata negli anni 2008-2009 a causa della già citata crisi economica internazionale e ancora non completamente recuperata; il picco della potenza richiesta si è difatti avuto nel 2007 con la punta massima di Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.[4].
Il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica è stato coperto nel 2011 per il 65,6% attraverso centrali termoelettriche che bruciano principalmente combustibili fossili in gran parte importati dall'estero (di tale percentuale, una piccola parte - inferiore al 5% - fa riferimento a biomassa, rifiuti industriali o civili e combustibile nazionale). Un altro 21,3% viene ottenuto da fonti rinnovabili (idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica) per un totale di energia elettrica di produzione nazionale lorda di circa Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. annui (2011). La rimanente parte per coprire il fabbisogno nazionale lordo (Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.) è importata dall'estero nella percentuale già citata del 13,1%[5].
Per quanto riguarda la potenza installata (ovvero la potenza massima erogabile dalle centrali), l'Italia è tecnicamente autosufficiente; le centrali esistenti a tutto il 2011 sono infatti in grado di erogare una potenza massima netta di circa Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.[6] contro una richiesta massima storica di circa Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. (picco dell'estate 2007[4]) nei periodi più caldi estivi. Secondo i dati del 2010 (in cui la potenza massima netta era pari a Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.) la potenza media disponibile alla punta stimata è stata di Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.[7]. La differenza tra la potenza teorica massima e la stima della potenza media disponibile è in parte dovuta a diversi fattori tecnici e/o stagionali (tra questi vi sono guasti, periodi di manutenzione o ripotenziamenti, così come fattori idrogeologici per l'idroelettrico o stime riguardanti l'aleatorietà della fonte per l'eolico e il fotovoltaico, ma anche il ritardo nell'aggiornamento delle statistiche sulle centrali)[8], mentre in parte è dovuta anche al fatto che alcune centrali (soprattutto termoelettriche) vengono tenute ferme "a lungo termine" in quanto, come detto, non necessarie al soddisfacimento della richiesta. In particolare, secondo la definizione di Terna, la potenza media disponibile alla punta è la potenza che è stata erogata in media dagli impianti di generazione per far fronte alle punte giornaliere del periodo invernale[7].
Nonostante le suddette situazioni contingenti e/o stagionali, vi è comunque una sovrabbondanza di impianti di produzione, cresciuti del 28,8% fra il 2002 ed il 2008[8]: Terna prevede che il carico massimo in caso di "estate torrida" nel 2019 sarà pari Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. in uno scenario definito "di sviluppo", cioè nelle condizioni di maggior consumo e minor risparmio ed efficienza energetica[9].
Tipologie di fonti energetiche primarie utilizzate
Energie non rinnovabili
La produzione non rinnovabile italiana è costituita esclusivamente dalla produzione di energia attraverso la combustione di combustibili fossili in centrali termoelettriche (a meno di produzione di quantità di energia minori attraverso la combustione di biomassa). Tale aliquota costituisce il 75,5% della produzione totale nazionale, il 68,2% dell'energia elettrica richiesta e al 65,6% del fabbisogno nazionale lordo[2].
Secondo le statistiche di Terna, società che dal 2005 gestisce la rete di trasmissione nazionale, la maggior parte delle centrali termoelettriche italiane sono alimentate a gas naturale (63,5% del totale termoelettrico nel 2011), carbone (19,6%) e derivati petroliferi (3,7%). Percentuali minori (circa il 2%) fanno riferimento a gas derivati (gas di acciaieria, di altoforno, di cokeria, di raffineria) e a un generico paniere di "altri combustibili" solidi (circa il 10,7%) in cui sono comprese diverse fonti combustibili "minori", sia fossili che rinnovabili (biomassa, rifiuti, coke di petrolio, Orimulsion, bitume e altri)[10].
È da notare come le percentuali relative ai tre principali combustibili siano cambiate radicalmente in pochi anni (1994-2007); solo nel 1994, gas naturale, carbone e petrolio "pesavano" rispettivamente il 22%, l'11% e il 64%. Si può notare come, accanto ad un discreto aumento dell'utilizzo del carbone, ci sia stata una radicale inversione dell'importanza relativa tra petrolio e gas naturale, il cui utilizzo è cresciuto fortemente sia in termini assoluti che percentuali[11]. Oggi gran parte delle centrali termoelettriche vengono concepite in maniera di poter utilizzare più combustibili, in maniera da poter variare in tempi relativamente rapidi la fonte combustibile (sebbene negli ultimi anni moltissimi cicli combinati non possano accettare carbone o petrolio o altri combustibili diversi dal gas).
Tale politica è conseguita da considerazioni circa il costo, la volatilità dei prezzi e la provenienza da regioni politicamente instabili del petrolio; l'Italia non dispone infatti di consistenti riserve di combustibili fossili e quindi la quasi totalità della materia prima combustibile utilizzata viene importata dall'estero. Non deve inoltre essere trascurato il minor impatto ambientale del gas rispetto al petrolio, soprattutto alla luce dei dettami del Protocollo di Kyōto e degli accordi europei in materia ambientale.
Attualmente l'Italia figura come il terzo importatore mondiale di gas naturale[12] dopo Giappone e Germania, proveniente principalmente dall'Algeria e dalla Russia, con quote minori da Libia (nel 2011 molto ridotte a causa dell'interruzione del flusso nel gasdotto sottomarino Greenstream in seguito alla guerra civile), Paesi Bassi, Qatar e Norvegia[13].
Nonostante ciò, l'Italia nel 2007 era ancora classificato come il paese europeo maggiormente dipendente dal petrolio per la produzione di energia elettrica[14]; è inoltre il settimo importatore mondiale di petrolio[15] e il nono importatore mondiale di carbone[16].
Energie rinnovabili
L'energia elettrica prodotta in Italia con fonti rinnovabili deriva sia dalle fonti rinnovabili "classiche" sia dalle cosiddette "NFER" (o "nuove fonti di energia rinnovabile"). Il contributo principale è quello dato dalle centrali idroelettriche (localizzate principalmente nell'arco alpino e in alcune zone appenniniche) che producono il 13,7% del fabbisogno energetico elettrico lordo; sempre nel campo delle rinnovabili "classiche", le centrali geotermoelettriche (essenzialmente in Toscana) producono l'1,6% di tale fabbisogno[2].
Tra le "NFER", il contributo principale è quello dato dal solare in impianti fotovoltaici connessi in rete o isolati, che nel 2011 ha prodotto il 3,1% del fabbisogno[2], dato in forte crescita rispetto all'anno prededente, quando tale valore si aggirava intorno allo 0,5%[17]. Tale forte incremento è stato causato da un boom di installazioni dovuto principalmente al cambio di regime incentivante dal secondo (prorogato per il cosiddetto decreto "Salva-Alcoa"[18][19]) e dal terzo conto energia nel quarto regime incentivante, avvenuto appunto nella prima metà del 2011. Con tali valori, l'Italia si colloca al secondo posto nel mondo per potenza fotovoltaica installata (Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. a fine 2011), dietro la Germania mentre, a livello regionale, è la Puglia cha ha la fetta principale di potenza installata (17,1% del totale nazionale), seguita dalla Lombardia (10,1%)[20].
L'eolico (con parchi eolici diffusi principalmente in Sardegna, Sicilia e nell'Appennino meridionale), produce il 2,8% della energia elettrica richiesta[2][21]. È da notare che, per quanto riguarda la "potenza eolica" cumulata a fine 2011, l'Italia, con 6737 MW, si colloca al quarto posto in Europa (dopo Germania, Spagna e Francia) e settimo nel mondo[22].
Infine, negli ultimi anni è cresciuta la quota di energia elettrica generata in centrali termoelettriche o inceneritori dalla combustione di biomasse, rifiuti industriali o urbani. Tale fonte (generalmente compresa nel computo generale delle "termoelettriche") è passata da una produzione quasi nulla nel 1992, fino a superare la quota geotermoelettrica nel 2008, per giungere fino al 3,24% dell'energia elettrica richiesta nel 2011. Circa il 35% di tale aliquota è riconducibile ad energia ottenuta a partire dai cosiddetti "RSU" biodegradabili, mentre la parte restante è relativa agli altri scarti e rifiuti o biomassa comunque di natura organica.[23][24]
In conclusione, considerando tutti i contributi, la quota "rinnovabile" italiana giunge fino al 27,4% della produzione totale nazionale, al 24,8% dell'energia elettrica richiesta e al 23,8% del fabbisogno nazionale lordo[2]. Nella conferenza europea di Berlino (2004), la UE ha stabilito i propri obiettivi riguardo alle fonti rinnovabili. Il risultato da raggiungere è quello di coprire con tali fonti, entro il 2020, il 20 per cento del consumo totale di energia.
Scambi con l'estero
Nonostante il parco centrali italiano sia in grado di coprire il fabbisogno interno, l'Italia nel 2010 è stata il secondo paese al mondo per importazione netta di energia elettrica in valore assoluto (dietro al Brasile)[25]. L'Italia importa una quantità di potenza elettrica media che, durante l'anno (escludendo i periodi non lavorativi), può avere un minimo giornaliero inferiore ai 3000 megawatt (fase notturna) fino ad un massimo di oltre 7500 megawatt (fase diurna), con una capacità netta trasmissibile che ha il suo minimo (3800 MW) nel mese di agosto in fase notturna e un massimo di 8000 MW in fase diurna invernale[26], per un totale di circa 45000 GWh netti all'anno.
Va comunque menzionato che la stessa ENEL è in alcuni casi anche comproprietaria di alcuni impianti di produzione esteri; in questi casi tale elettricità sarebbe dunque ancora dell'ENEL sebbene prodotta fuori dai confini nazionali.
L'importazione non è sempre proporzionale alla richiesta: il fabbisogno energetico italiano viene sostenuto da corrente prodotta all'estero per un'aliquota che può oscillare tra meno del 10% in fase diurna fino a punte massime del 25% durante la notte. Tale importazione avviene da quasi tutti i paesi confinanti, anche se le quote maggiori sono quella proveniente dalla Svizzera e, a seguire, dalla Francia (è da notare, tuttavia che attraverso la Svizzera viene veicolata anche parte dell'energia francese richiesta dall'Italia[27] vista l'insufficienza degli elettrodotti diretti); considerando dunque questi due Paesi insieme, da Francia e Svizzera circa il 75% di tutta l'importazione italiana di elettricità.[28].
Parte di questa energia (in particolare quasi il 40% di quella "svizzera"[27] e l'87% di quella "francese"[29]) viene prodotta con centrali nucleari. Il Gestore dei Servizi Energetici italiano pubblica ogni anno una stima dell'origine dell'energia effettivamente immessa nel sistema elettrico italiano comprendente anche gli scambi con l'estero; per il 2009 il nucleare, integralmente d'importazione, incideva per l'1,5% del totale.[30]
In effetti l'importazione notturna è percentualmente molto più importante di quella diurna proprio a causa della natura della produzione elettrica con centrali nucleari; queste infatti hanno limitate possibilità di modulare in economia la potenza prodotta e quindi l'energia prodotta durante la notte (in cui l'offerta supera la domanda) ha basso costo di mercato[31][32]. Ciò consente di fermare in Italia durante la notte le centrali meno efficienti e le centrali idroelettriche a bacino e di attivare le stazioni di pompaggio idriche che poi possono "rilasciare" nuovamente energia durante il giorno. Questo meccanismo ha reso economicamente conveniente l'importazione di energia dall'estero, da cui il grande sviluppo del commercio di energia negli ultimi anni.
Dai dati pubblicati da Terna riguardanti il 2011 si ricava infine che l'energia elettrica importata è cresciuta rispetto al 2010 (circa il 3,4%), pur a fronte di un leggero incremento della produzione nazionale complessiva[2].
Problematiche
Costo
Secondo dati riferiti al gennaio 2007, in Italia la corrente elettrica per uso domestico ha il costo medio, al netto della tassazione, più alto di tutta l'Unione Europea (165,8 €/MWh); il costo medio europeo si attesta infatti attorno ai 117-120 €/MWh con un minimo in Bulgaria pari a 54,7. Includendo la tassazione, l'Italia passa - sempre in media - al secondo posto, preceduta solo dalla Danimarca e seguita da Paesi Bassi, Germania e Svezia[33].
Il reale costo ai consumatori finali dell'elettricità è tuttavia un valore che non è quantificabile in un unico numero: infatti esso dipende sensibilmente dal consumo annuale per contratto: ad esempio, per le utenze domestiche fino a 1800 KWh l'Italia risulta uno dei paesi più economici, mentre le tariffe più elevate si riscontrano per consumi oltre i 3500 kWh, allo scopo di disincentivare gli elevati consumi[34].
Le ragioni di tale costo sono dovute a molti fattori, in parte produttivi ed in parte relativi ai meccanismi di mercato e alla distribuzione: va infatti sottolineato che il puro "costo di produzione" (già inclusi i guadagni del produttore) incide per poco più della metà del costo finale all'utente (~56% nel 3º trimestre 2008, periodo in cui petrolio e gas erano ai massimi storici, e 51% nel 1º trimestre 2009).[35]
Per quanto riguarda il costo di produzione esso è determinato da diversi aspetti; tra questi va tenuto in conto il "mix energetico" (cioè il tipo di fonte utilizzata dalla centrale - gas naturale, carbone, nucleare, idroelettrica, ecc.), ma anche l'età e l'efficienza delle centrali, il tasso d'utilizzo degli impianti, hanno impatti significativi.
Per quanto riguarda le fonti, è noto che l'idroelettrico sia una delle modalità di produzione più economiche[senza fonte]. Viceversa il gas viene spesso considerato fra le fonti più costose, mentre carbone e nucleare sarebbero più economiche: tuttavia non esiste unanimità di vedute in ambito tecnologico e tali valutazioni possono essere smentite da diversi studi[senza fonte]. Ad esempio, riguardo alla convenienza della generazione da fonte nucleare, si nota che anche paesi privi di centrali nucleari hanno costi dell'elettricità inferiori all'Italia (dal 25 al 45%)[36], pertanto, la presenza o meno di impianti nucleari non influirebbe in maniera sostanziale sul prezzo finale al pubblico. Tale analisi non considera però i diversi ambienti e le diverse risorse disponibili in ciascun paese. Ad esempio il basso costo dell'energia è una conseguenza in Austria dell'abbondanza di siti sfruttabili per la produzione di energia idroelettrica e in Danimarca dalla presenza di venti sfruttabili lungo le coste e nei bassi fondali.[senza fonte]
A tal proposito, uno studio del Massachusetts Institute of Technology[37] ha evidenziato che gas e carbone hanno costi piuttosto simili ed inferiori a quelli della fonte nucleare, a meno che quest'ultima fonte non venga favorita con prestiti agevolati e tassando gas e carbone, situazione in cui i costi delle tre modalità produttive si avvicinano. Ciò vale per impianti nuovi, in linea con le esigenze di sicurezza e tutela ambientale odierne: l'uso di carbone in vecchi impianti risulta più economico del metano a fronte però di un aumento dell'inquinamento. In Europa infatti la percentuale d'uso del carbone è significativamente superiore a quella italiana, avendo molti stati europei (in primis Germania e Polonia) notevoli riserve di carbone[38]: questo spiega in parte il maggior costo di produzione (ma anche la minor produzione di CO2) italiano.
Anche il tasso d'utilizzo delle centrali ha sicuramente un impatto sul costo di produzione: come spiegato, il parco centrali italiano è sfruttato solamente per circa la metà: le rimanenti centrali costituiscono di fatto un costo in termini di capitale investito ma improduttivo, che viene dunque "spalmato" sui costi produttivi delle altre centrali.
Rientra nella formazione del costo anche l'inefficienza del sistema trasmissivo, concepito negli anni sessanta come monodirezionale e "passivo": ciò significa che non è in grado di gestire flussi produttivi provenienti da tanti piccoli impianti né di gestire dinamicamente i carichi (riducendo quindi la differenza fra carico di punta e di base). È inoltre particolarmente insufficiente e congestionato specie al sud.[senza fonte]
Per quanto riguarda poi il prezzo all'ingrosso, esso è influenzato anche dai meccanismi di mercato della borsa elettrica, dove l'incontro fra domanda ed offerta porta ad allineare il prezzo finale ai livelli massimi anziché a quelli minimi[39].
Il costo finale all'utenza è influenzato infine anche da altre componenti della bolletta energetica: tra queste l'elevata tassazione (in Italia seconda solo a quella sulle materie petrolifere)[senza fonte] e gli oneri generali di sistema.
Esistono una tassa erariale di consumo e un'addizionale provinciale: per il settore produttivo, secondo una ricerca di Confartigianato, la tassazione sarebbe particolarmente elevata: un'impresa che consuma 160 MWh all'anno paga il 25,4% di tasse sui suoi consumi elettrici, contro una media europea del 9,5%; tuttavia sopra una certa soglia di consumi per usi produttivi, sia la tassa erariale che l'addizionale si azzerano, creando paradossalmente situazioni per cui i consumi maggiori godono di tassazioni inferiori.[40]
Oneri generali del sistema elettrico
Gli oneri generali di sistema, determinati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas sono così suddivisi:
- promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate (componente A3);
- finanziamento dei regimi tariffari speciali (componente A4);
- finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo (componente A5);
- copertura delle integrazioni tariffarie alle imprese elettriche minori (componente UC4);
- smantellamento delle centrali nucleari e misure di compensazione territoriale (componenti A2 e MCT).
In particolare, tali oneri costituiscono, nel terzo trimestre 2011, il 13,14% dei costi elettrici del consumatore medio.[41] Nel dettaglio la componente A3, sempre nel III trimestre del 2011, è stata pari a circa l'86% del totale degli oneri generali di sistema; tale aliquota è così suddivisa[42]:
- circa il 18% (ovvero il 2% circa del costo totale) è costituito dal sostegno alle cosiddette "fonti assimilate", utilizzati per incentivare l'incenerimento di rifiuti.
- La parte restante di tale componente (l'82%) è destinata all'incentivazione delle fonti rinnovabili, e in particolare:
- per il 54% al fotovoltaico, tramite il meccanismo del conto energia (ovvero il 5% circa del costo totale: in valore assoluto, i costi sostenuti per l'incentivazione dell'energia fotovoltaica col conto energia sono stati pari a 773 milioni di euro nel 2010.[43])
- per il 26% alle altre fonti rinnovabili, tramite il meccanismo dei certificati verdi (ovvero il 2,4% circa del costo totale)
- altre incentivazioni.
Nel 2008 gli oneri previsti per lo smantellamento delle centrali nucleari italiane (devoluti quasi completamente alla SOGIN) e per le "compensazioni territoriali", cioè gli incentivi economici da versare ai comuni in cui sarà costruito il previsto deposito nazionale per le scorie nucleari sono stati rispettivamente di 500 e 500 milioni di euro.[44]
Dipendenza
Considerando sia i combustibili sia l'energia elettrica importata, l'Italia dipende dall'estero per circa il 76,2% del proprio fabbisogno lordo per l'anno 2011. Tale valore viene dato dalla quota di generazione termoelettrica (fatto salvo i contributi relativi a combustibile nazionale, combustione di biomasse e rifiuti), più gli scambi di energia con l'estero[45]. In particolare, sul totale dei consumi primari europei il gas naturale conta per il 26 per cento; per l’Italia questo rapporto sale fino al 37 per cento. Nei settori di consumo finale, la dipendenza dal gas è di circa il 23 per cento in Europa e raggiunge il 30 per cento in Italia.[46]
Tuttavia, va osservato che, anche modificando il mix energetico, non sono possibili sostanziali variazioni di questa percentuale: che si parli di carbone, petrolio, uranio[47] o metano, le riserve italiane sono comunque molto inferiori al reale fabbisogno, per cui l'approvvigionamento avverrebbe comunque principalmente dall'estero. In pratica, l'unica modalità di generazione dell'energia che potrebbe realmente considerarsi "interna" è quella che fa affidamento sulle fonti rinnovabili. Questa situazione è comune alla gran parte dei paesi europei, dipendenti comunque da paesi extraeuropei per l'importazione di idrocarburi o uranio.
Complessivamente, la bolletta energetica italiana (cioè il costo complessivo sostenuto dal Paese per le importazioni nette di prodotti energetici, non solo per la generazione elettrica) nel 2010 è stato pari a 51,7 miliardi di euro, ovvero il 3,3% del prodotto interno lordo[48].
Storia della produzione di energia elettrica in Italia
Gli inizi
I primi impianti di generazione elettrica italiani (sul finire del XIX secolo) furono centrali termoelettriche a carbone situate all'interno delle grandi città. La prima centrale in assoluto fu costruita appunto a Milano nel 1883, in Via Santa Radegonda, adiacente al Teatro alla Scala, per l'alimentazione del teatro stesso[49].
In seguito, lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale permise lo sfruttamento del grande bacino idroelettrico costituito dalle Alpi, e grazie all'energia idroelettrica (all'epoca unica fonte nazionale e a buon mercato) fu possibile un primo timido sviluppo industriale italiano. Le caratteristiche della risorsa idroelettrica diedero anche per un certo periodo l'illusione che l'Italia potesse essere indefinitamente autosufficiente dal punto di vista energetico (talvolta anche con eccessi retorici sul "carbone bianco delle Alpi").
Inoltre, nel 1904, veniva costruita a Larderello la prima centrale geotermoelettrica del mondo[50]. Tale fonte continua a dare il suo contributo anche oggi, sebbene, a causa della limitatezza delle aree interessate, storicamente tale contributo non abbia mai superato l'8% della richiesta nazionale.
Dopo la Seconda guerra mondiale apparve chiaro che la risorsa idroelettrica non poteva più tenere il passo con le richieste dell'industrializzazione e quindi l'Italia dovette sempre più (anche a causa del basso costo del petrolio in quel periodo) affidarsi a nuove centrali termoelettriche.
Il potenziale idroelettrico fu quasi completamente sfruttato negli anni cinquanta finché, anche a causa di enormi disastri ambientali (come la strage del Vajont), fu del tutto abbandonata la costruzione di nuove centrali di questo tipo.
La nazionalizzazione e la crisi petrolifera
Fin dall'inizio della sua storia, la produzione dell'energia elettrica in Italia era sempre stata affidata all'impresa privata (ove si escludano alcuni tentativi parziali di controllo statale nel periodo fascista); il 27 novembre 1962 la Camera approvava il disegno di legge sulla nazionalizzazione del sistema elettrico e l'istituzione dell'ENEL (Ente Nazionale per l'Energia Elettrica), cui venivano demandate "tutte le attività di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta". In base a ciò anche produttori "storici" (come "SIP" - Società Idroelettrica Piemonte, "Edison", "SADE", SME) dovevano vendere le loro attività al nuovo soggetto; venivano esclusi dal provvedimento solo gli autoproduttori e le aziende municipalizzate cui rimasero lo stesso quote marginali del mercato. In definitiva, l'ENEL si trovò ad assorbire le attività di oltre 1000 aziende elettriche.
La scelta della nazionalizzazione (all'alba della cosiddetta "stagione del centro-sinistra") sembrava allora essere l'unica possibilità di soddisfare la crescente domanda di energia, in un contesto di sviluppo uniforme ed armonico dell'intero Paese.
Il nuovo periodo che si apriva per l'ENEL e per il Paese sarebbe stato caratterizzato da grandi trasformazioni sia per quanto riguarda la rete di trasmissione che la produzione di energia; basti pensare che negli anni sessanta la produzione di energia elettrica italiana cresceva a un ritmo di circa l'8% annuo, contro lo scarso 2% attuale. Questa crescita avvenne in gran parte grazie allo sviluppo della fonte termoelettrica, facilitato dai bassi prezzi del petrolio tipici di quel decennio.
Tale tendenza venne bruscamente interrotta dalle crisi petrolifere del 1973 e del 1979; negli anni settanta e ottanta, accanto a una temporanea contrazione della produzione causata dalla crisi economica conseguente allo "shock petrolifero", si ebbe un primo tentativo di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico; in tale ambito si collocano sia una leggera ripresa dell'utilizzo del carbone, sia la crescita dell'acquisto di energia dall'estero.
Ma negli anni settanta la vera e propria "scommessa" fu quella nei confronti dell'energia nucleare: è del 1975 il varo del primo piano energetico nazionale che prevedeva, tra l'altro, un forte sviluppo di tale fonte.
L'Italia aveva cominciato lo sfruttamento della fonte nucleare già dai primi anni sessanta (nel 1966 l'Italia figurò addirittura come il terzo produttore al mondo, dopo USA e Regno Unito) ma fu sul finire degli anni settanta che venne effettuata una decisa svolta in questa direzione: alle vecchie centrali del Garigliano e Trino Vercellese si affiancarono (o si cominciarono a costruire) Caorso, Montalto di Castro e la seconda centrale di Trino (per quest'ultima fu solo individuato e terraformato il sito, poi impiegato per la costruzione di un impianto a ciclo combinato da 700 MW, entrato in funzione nel 1997).
Tuttavia, nel 1987, dopo la forte impressione creata nell'opinione pubblica dal disastro nucleare in Unione Sovietica (Disastro di Černobyl'), l'Italia, con votazione tramite referendum, abbandonò di fatto lo sviluppo della fonte nucleare.
Gli anni novanta
Lo scenario del mercato dell'energia è cambiato nuovamente agli inizi degli anni novanta: nel 1992 l'ENEL diventa una società per azioni, anche se con il Ministero del Tesoro come unico azionista; poi, il 19 febbraio 1999 viene approvato il decreto legislativo di liberalizzazione del mercato elettrico, anche detto decreto Bersani, che recepisce una direttiva europea in tal senso. Lo scopo è quello di favorire il contenimento dei prezzi finali dell'energia in un regime di concorrenza, ma in realtà i meccanismi della borsa elettrica per i prezzi all'ingrosso vanno nella direzione diametralmente opposta.
Nuovi soggetti possono tornare ad operare nel campo della produzione di energia elettrica; le attività di ENEL che devono essere dismesse sono divise fra tre società (dette "GenCo": Eurogen, Elettrogen ed Interpower) che vengono messe sul mercato.
Dal punto di vista dell'approvvigionamento, l'aumento della richiesta di energia in questo decennio, nonché le sempre maggiori incertezze economiche e geopolitiche legate all'utilizzo del petrolio hanno costretto i produttori ad intensificare gli sforzi nella ricerca di diversificazione delle fonti. A seguito di valutazioni economiche dettate dal costo delle materie petrolifere, costi sociali nell'uso del carbone (il cui utilizzo pure è in leggera crescita) e dall'abbandono del nucleare, le soluzioni adottate sono state essenzialmente due:
- la sostituzione al petrolio del gas naturale come combustibile delle centrali termoelettriche, considerato un combustibile con oscillazioni di prezzo inferiori a quelle del petrolio, maggiore disponibilità e provenienza da aree meno instabili politicamente;
- è stata ulteriormente perseguita la politica di importazione di energia dall'estero, in particolare dalla Francia e dalla Svizzera, nazioni che durante la notte (periodi off-peak) hanno forti eccedenze di produzione che svendono a basso prezzo).
Si noti tuttavia che oggi, come spiegato più sopra, la potenza installata (cioè il numero e la potenza delle centrali) è di gran lunga sufficiente a coprire i consumi della nazione; le centrali sono infatti in grado di fornire una potenza massima teorica di oltre 118 GW (con una potenza media disponibile di 63,5 GW)[8], contro una richiesta massima storica di circa 57 GW nei periodi più caldi estivi (picco del 2007).
Con la delibera n. 6 del 1992 (CIP6) il Comitato Interministeriale Prezzi ha stabilito una maggiorazione del 6% del prezzo finale dell'energia elettrica a carico del consumatore. I ricavi provenienti da questo sovrapprezzo vengono utilizzati in parte per promuovere la ricerca e gli investimenti nel campo delle energie rinnovabili ed assimilate; l'attenzione maggiore è andata tuttavia all'incenerimento di rifiuti, in passato assimilato alle fonti rinnovabili[51].
Nonostante tale politica, per tutti gli anni novanta (e per i primi anni del decennio successivo) tali fonti, benché incentivate e con una sensibile riduzione dei costi (in particolare per l'energia eolica, attualmente competitiva con le altre fonti), hanno continuato a fornire quote marginali della produzione elettrica italiana, pur se con ratei di crescita molto sostenuti.
Il presente, considerazioni per il futuro
Il primo decennio del nuovo secolo è stato caratterizzato da una crescita molto sostenuta della produzione elettrica da fonte eolica, solare e da biomassa, finalmente uscite dal campo della "marginalità". Tuttavia, ridurre drasticamente la dipendenza dalle fonti fossili pare ad oggi estremamente difficile, in quanto in tutto il mondo industrializzato esse sono alla base della disponibilità di energia, anche nei paesi dotati di un vasto parco nucleare (la Francia ad esempio consuma complessivamente più petrolio dell'Italia). Va infatti ricordato che la produzione elettrica costituisce solo una frazione dei consumi totali di fonti fossili di un Paese, diffusamente e direttamente utilizzati anche nell'autotrazione, nel riscaldamento, nell'industria petrolchimica e nella propulsione navale e aeronautica.
Le fonti energetiche rinnovabili di tipo "classico" (energia idroelettrica e energia geotermica) sono state già quasi completamente sfruttate dove ritenuto conveniente e quindi sensibili miglioramenti in questo campo non sono immaginabili.
Le fonti energetiche rinnovabili "nuove" (in particolare eolico e solare), come detto hanno avuto negli ultimi una crescita molto sostenuta; permangono tuttavia alcune perplessità riguardo a problematiche quali "l'aleatorietà" (o "non programmabilità") dell'approvvigionamento elettrico realizzato, che richiederanno invenstimenti riguardo gli adeguamenti della rete elettrica e l'immagazzinamento dell'energia; inoltre, in particolare per il fotovoltaico, esistono riserve anche riguardo costi ancora non pienamente competitivi. Altre fonti rinnovabili molto interessanti, come il solare termodinamico (con una produzione più costante del fotovoltaico), lo sfruttamento delle onde marine o l'eolico d'alta quota, al momento in Italia non hanno raggiunto adeguata diffusione oppure sono ancora allo stato di prototipi.
La combustione di biomassa è un altro settore in cui si notano buoni progressi, tuttavia diversi studi ipotizzano che tale fonte, qualora venisse sfruttata su larga scala con vasta diffusione di colture energetiche, comunque non potrebbe essere considerata come pienamente sostitutiva dei combustibili fossili, a causa dei relativamente bassi rendimenti globali e delle grandi superfici coltivabili richieste, non proponibili data la particolare conformazione del territorio italiano[52]. Anche la termovalorizzazione di rifiuti, sebbene (come per le biomasse) non dia problemi di "non programmabilità" o di costi, non si prevede che possa in futuro fornire più che contributi comunque marginali.[53]
Nel 2008 il governo Berlusconi ha manifestato l'intento di ritornare alla produzione di energia da fonte nucleare con la definizione della "Strategia energetica nazionale"[54], ipotizzando la costruzione di dieci nuovi reattori, al fine di coprire fino al 25% del fabbisogno nazionale. Tuttavia nel 2011, a seguito dell'impressione provocata dall'incidente di Fukushima Daiichi, il Consiglio del ministri, con un decreto legge ha sospeso gli effetti del D.Lgs. n. 31/2010 sulla localizzazione dei siti nucleari, stabilendo inoltre una moratoria di 12 mesi del programma nucleare italiano. Solo pochi mesi dopo infine un referendum popolare, con il 54% di votanti e una maggioranza di oltre il 94%, ha abrogato le norme inerenti al nucleare del cosiddetto decreto Omnibus, determinando quindi la chiusura definitiva del nuovo programma nucleare[55].
Non è d'altra parte ipotizzabile una grande diffusione delle centrali termoelettriche a carbone (politica che si scontrerebbe con gli obiettivi posti all'Italia dal protocollo di Kyōto); è quindi da ritenere che, per l'immediato futuro, si proseguirà nella politica di acquisto di energia elettrica dall'estero, associata ai conseguenti adeguamenti delle rete elettrica nazionale anche al fine di mitigare le problematiche poste dall'aleatorietà delle "nuove" fonti rinnovabili. In tale ambito è previsto il potenziamento dei collegamenti esistenti con l'estero (in particolare con la Francia e la Slovenia), ma soprattutto la costruzione di nuovi collegamenti sottomarini, in particolare con l'area balcanica allo scopo di diversificare l'approvvigionamento[56][57] e nordafricana[58], al fine di differenziare i mercati d'acquisto dell'energia e ridurre i costi[59].
In aggiunta a ciò si prevedono investimenti nella costruzione di nuovi metanodotti (come ad esempio il Galsi tra Algeria e Sardegna) o potenziamento di quelli già esistenti, nonché progettazione o costruzione di rigassificatori al fine di differenziare ulteriormente le fonti di approvvigionamento di tale combustibile[60].
Ulteriori benefici potrebbero giungere da eventuali politiche mirate all'incentivazione dell'efficienza energetica e del risparmio energetico. In particolare sussistono ancora margini di miglioramento riguardo l'efficienza delle centrali termoelettriche, con politiche di dismissione o ristrutturazione delle centrali con i rendimenti più bassi e maggiore diffusione delle centrali a ciclo combinato o con teleriscaldamento.
Note
- ^ La centrale "Eugenio Montale" dal sito dell'ENEL
- ^ a b c d e f g h i "Terna", Dati Statistici sull'energia elettrica in Italia, Dati generali (pdf), 2011, pp. 11-12.
- ^ Dati "Terna" 2011 Carichi orari (pdf)
- ^ a b Dati "Terna" 2007 Carichi orari (pdf)
- ^ Dati "Terna" 2011 Dati storici (pdf)
- ^ Dati "Terna" 2011 Impianti di generazione (pdf)
- ^ a b Dati "Terna" 2010 Impianti di generazione (pdf)
- ^ a b c Terna: Dati statistici sull'energia elettrica in Italia nel 2008 - Comunicato stampa
- ^ Terna: Previsioni della domanda elettrica in Italia e del fabbisogno di potenza necessario. Anni 2009 - 2019
- ^ Dati "Terna" 2011' Dati di produzione (pdf)
- ^ Dati "Terna" 1996 Dati Impianti Termoelettrici (pdf)
- ^ Dati IEA Key World Energy Statistics 2011, pag. 13
- ^ BP Statistical Review of World Energy 2011 - Gas Statistics
- ^ Dati IEA Key World Energy Statistics 2009, pag. 25
- ^ Dati IEA Key World Energy Statistics 2011, pag. 11
- ^ Dati IEA Key World Energy Statistics 2011, pag. 15
- ^ "Terna", Dati Statistici sull'energia elettrica in Italia, Dati generali (pdf), 2010, p. 12.
- ^ Quotidiano online "Leggi la notizia" - "Cosa succede al fotovoltaico?"
- ^ [http://www.qualenergia.it/articoli/20110225-il-mercato-fotovoltaico-turbato-dal-decreto-%E2%80%9Csalva-alcoa%E2%80%9D Qualenergia - Quegli impianti fotovoltaici “salva Alcoa” che turbano il mercato
- ^ GSE - Rapporto statistico 2011 - Solare fotovoltaico
- ^ GSE - Rapporto statistico 2010 - Eolico
- ^ GWEC - Global Wind Report 2011 (pag. 12)
- ^ Dati "Terna" 2011 Produzione, pagg. 113-114 (pdf)
- ^ È da notare che solo a partire dal 2009, Terna considera nelle statistiche relative alla produzione di energia da biomassa e rifiuti esclusivamente la parte organica (e quindi pienamente rinnovabile) dei rifiuti solidi urbani, in quanto precedentemente veniva considerata anche la parte non biodegradabile degli stessi. Anche le statistiche relative agli anni precedenti (fino al 2002) sono state quindi coerentemente modificate con la nuova definizione. (cfr. nota precedente, cfr. inoltre [1] e [2], pagg. 113 - 114)
- ^ Dati "Terna-Enerdata" 2010 Confronti internazionali, pag. 151 (pdf)
- ^ Dati "Terna" 2011 Curva cronologica saldo estero - Rapporto mensile sul sistema elettrico, dicembre 2011, pag. 21
- ^ a b (FR, DE) suisse de l’électricité 2011 Statistique suisse de l'électricité 2011 (pdf)
- ^ "Terna", Dati Statistici sull'energia elettrica in Italia, Dati generali, 2011, p. 20.
- ^ (FR) Percentuale nucleare della produzione di elettricità di Electricité De France
- ^ Fuel mix disclosure: determinazione del mix medio energetico nazionale per gli anni 2008-2009
- ^ GME - Gestore del mercato elettrico: Prezzi dell'energia elettrica aggiornati quotidianamente
- ^ Articolo de Il Sole 24 Ore: "Produrre di notte? In Italia non conviene"
- ^ Nucleare ed indipendenza energetica, mito e realtà - Comparazione prezzi europei elettricità. Grafici riportati da ASPO Italia - Fonte Électricité de France
- ^ Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas su dati Eurostat. Pubblicato in: Enea - Rapporto energia-ambiente 2006 - Giugno 2007. Parte II cap. 3, pag 181 - ISBN 88-8286-178-3
- ^ Dati Gestore del Mercato Elettrico - Relazione annuale 2008: Tariffa elettrica per consumatori domestici tipo (potenza impegnata 3 kW e consumi annui 2.700 KWh)
- ^ Studio della Confartigianato sui costi dell'elettricità in Italia ed in paesi non nuclearizzati.
- ^ (EN) The future of nuclear power - 2009 upd.
- ^ (EN) Sito IEA sulla produzione e consumo elettrico e termico per nazione, aggiornato al 2007
- ^ AGI Energia
- ^ Tasse su gasolio, benzina, gas, energia elettrica in Italia: superiori di un terzo rispetto all'UE.
- ^ Autorità per l'energia elettrica e il gas, Composizione percentuale del prezzo dell'energia elettrica per un consumatore domestico tipo: Condizioni economiche di fornitura per una famiglia con 3 kW di potenza impegnata e 2.700 kWh di consumo annuo.
- ^ Autorità per l'energia elettrica e il gas - Comunicato stampa
- ^ GSE, GSE - Solare fotovoltaico - Rapporto Statistico 2010, p. 32.
- ^ AEEG: MCT, A2 (pagine consultate il 30 maggio 2010).
- ^ Vedi paragrafo 1.1
- ^ Lavoce.Info - Articoli - Il Ghiaccio, L'Autocrate E Altri Destini
- ^ è conosciuta in italia una sola miniera di uranio a Novazza, frazione di Valgoglio, con meno di 5000tU
- ^ UP: nel 2010 la fattura energetica dell'Italia è cresciuta del 22%
- ^ Storia di Milano - La Centrale elettrica di via Santa Radegonda
- ^ Unione Geotermica Italiana - L'esperimento di Ginori Conti
- ^ Con il decreto legislativo 387/2003, emesso in attuazione della direttiva n.2001/77/CE, gli incentivi previsti dal cosiddetto "CIP6" furono estesi anche alla produzione energetica mediante combustione dei rifiuti inorganici, che quindi fu per legge assimilata alle fonti rinnovabili, sebbene le stesse direttive europee in materia considerino rinnovabile la sola parte organica dei rifiuti (vedasi C 78 E/192 Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea IT 27.3.2004).
- ^ ASPOItalia - Confronto tra fotovoltaico e biomassa sulla fattibilità energetica su larga scala
- ^ Secondo alcune stime, potenzialmente, la termovalorizzazione potrebbe al massimo coprire fino all'8% dell'attuale produzione elettrica nazionale (vedasi stime ASPO Italia su dati APAT).
- ^ Articolo 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale n. 147 del 25 giugno 2008 (Supplemento Ordinario n. 152), entrato in vigore lo stesso giorno e convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale n. 195 del 21 agosto 2008
- ^ Il referendum dice no al nucleare
- ^ ENEL - Progetto di un elettrodotto Albania-Italia
- ^ Terna - Le nuove interconnessioni sottomarine con i Balcani in corso di sviluppo
- ^ Ministero degli Affari Esteri - Rapporti bilaterali Italia-Tunisia
- ^ Ministero dello Sviluppo Economico - Sicurezza degli Approvvigionamenti Energetici, pagg. 14-31 (pdf)
- ^ Ministero dello Sviluppo Economico - Sicurezza degli Approvvigionamenti Energetici, pagg. 32-43 (pdf)
Bibliografia
- Ugo Spezia, Energia: Quale futuro, "Le scienze", giugno 2005.
- Ugo Bardi, La fine del petrolio, Editori Riuniti, 2003.
- Piero Angela, La sfida del secolo, Mondadori, 2006.
- (EN) Peter E. Glaser, Frank P. Davidson and Katinka Csigi, Solar Power Satellites, John Wiley & Sons, 1998. ISBN 0-471-96817-X
Voci correlate
- Centrale elettrica
- Produzione di energia elettrica
- Distribuzione di energia elettrica
- ENEL
- Black-out del sistema elettrico italiano del 28 settembre 2003
- Lista delle centrali elettriche presenti in Italia
- Energia nucleare in Italia
Mercato elettrico in Italia
- Gestore Servizi Elettrici s.p.a (Gestore del Mercato Elettrico spa; Acquirente Unico spa)
- Borsa elettrica
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