Polo museale del seminario vescovile

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Polo museale del seminario vescovile
Seminario vescovile
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàBedonia
Indirizzoseminario vescovile - via Don Stefano Raffi 30
Coordinate44°30′28.2″N 9°37′54.3″E / 44.507833°N 9.63175°E44.507833; 9.63175
Caratteristiche
Tipovarie
Periodo storico collezionipreistoria - XXI secolo
FondatoriDiocesi di Piacenza-Bobbio
ProprietàDiocesi di Piacenza-Bobbio
Sito web

Il polo museale del seminario vescovile ha sede in via Don Stefano Raffi 30 a Bedonia, in provincia di Parma, all'interno del seminario vescovile; riunisce 10 diversi musei.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il primo museo fu allestito nel 1935, in seguito alla donazione di un gruppo di antichi dipinti da parte di don Vittorio Parmigiani; nel tempo si aggiunsero altre opere attraverso nuovi lasciti e acquisizioni, che consentirono man mano l'apertura di nuove gallerie espositive,[2] all'interno del grande edificio occupato dal seminario vescovile, successivamente chiuso nel 1981.[3]

Pinacoteca Parmigiani[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

I primi dipinti pervennero al seminario bedoniese nel 1935, grazie a un'importante donazione da parte di don Vittorio Parmigiani, che diede il nome al museo.[2]

A essa seguì nel 1946 un altro cospicuo lascito da parte della famiglia Bolognini; grazie ad altre più piccole donazioni,[2] la collezione raggiunse nel 2016 il numero complessivo di circa ottanta opere,[1] risalenti prevalentemente al periodo compreso tra il 1550 e il 1800, senza escludere tuttavia l'arte contemporanea.[2]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il museo espone le 34 opere più significative della raccolta, prevalentemente di carattere religioso[2] e di scuola emiliana.[4]

Le tele più importanti sono La caduta di Cristo sotto la croce di Ludovico Carracci, Cristo risorto che appare alla Madre di Giovanni Andrea Donducci detto il Mastelletta, Salomè che presenta a Erode la testa del Battista di autore ignoto nord-europeo e San Francesco che riceve le stigmate di Bartolomeo Passarotti, oltre a dipinti di Domenico e Filippo Pedrini, Francesco Ghittoni, Luigi Crespi e altri.[2]

Opera Omnia di Romeo Musa[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La raccolta fu costituita negli anni ottanta del XX secolo, grazie alla donazione di numerose opere da parte degli eredi dell'artista Romeo Musa, nato a Calice di Bedonia nel 1882 e morto nel 1960.[5]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il museo, sviluppato in tre stanze e nel corridoio di collegamento,[6] espone la quasi completa produzione artistica del pittore, xilografo e scrittore Romeo Musa.[7]

Il fulcro della collezione è costituito da un cospicuo numero di matrici xilografiche e xilografie, oltre che da stampe, acquerelli e dipinti a olio;[8] una sezione è poi dedicata ai bozzetti per gli affreschi realizzati in varie chiese italiane, cui si aggiungono varie foto e libri illustrati, tra cui I promessi sposi, vari racconti per ragazzi e alcune raccolte di poesie scritte e disegnate dallo stesso autore.[5]

Museo e centro studi cardinale Agostino Casaroli[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il patrimonio documentario riguardante il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato Vaticano dal 1979 al 1990, pervenne al seminario di Bedonia, di cui il religioso era stato allievo in gioventù, grazie a una donazione da parte della nipote Orietta Casaroli all'associazione "centro studi cardinale Agostino Casaroli", fondata all'interno dell'edificio nel 1989.[9]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il museo espone una parte del materiale conservato nel fondo documentario del cardinale, costituito da libri, oggetti dei suoi viaggi e circa 15 000 fotografie.[10]

Una serie di pannelli accoglie una selezione delle immagini più significative, comprendente le foto in cui Casaroli appare in compagnia di capi di Stato, tra i quali Josip Broz Tito, Ronald Reagan, Michail Gorbačëv e Fidel Castro.[10]

Fondo documentario cardinale Opilio Rossi[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il patrimonio documentario riguardante il cardinale Opilio Rossi, nato a New York ma originario di Scopolo di Bedonia, fu affidato in seguito alla sua morte all'associazione "centro studi cardinale Agostino Casaroli".[11]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il piccolo museo raccoglie ed espone in una vetrina alcuni oggetti, immagini e documenti appartenuti al cardinale.[11]

Centro di documentazione sull'emigrazione[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il museo fu creato dall'associazione "centro studi cardinale Agostino Casaroli" raccogliendo fotografie, oggetti e circa 5000 documenti riguardanti il fenomeno dell'emigrazione dall'alta Val Taro e dalla Val Ceno tra il XVI e il XX secolo, precedentemente conservati in archivi pubblici e privati.[12]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

La piccola galleria espositiva presenta una selezione dei numerosi documenti raccolti e una serie di pubblicazioni, oggetti e fotografie.[11]

Il sito internet del museo consente inoltre la libera consultazione di una parte dei documenti, suddivisi in sei sezioni: "Il Cinquecento", "Il Seicento", "Il Settecento", "L'Ottocento (1800 - 1861)", "La Grande Emigrazione (1861 - 1945)" e "Il Novecento dopo il 1945".[12]

Mostra permanente della devozione popolare[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il centro di documentazione sulla devozione popolare fu allestito archiviando circa 15 000 santini e numerosi ex voto, in parte esposti nella mostra permanente.[13]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

La mostra permanente espone da un lato in sette bacheche numerosi oggetti devozionali, tra cui vari quadri ad olio, xilografie, litografie, libri, statue e rosari; accanto a essi, è conservata una croce in acciaio, ricavata dalla fusione del metallo del World Trade Center abbattuto negli attentati dell'11 settembre 2001.[13]

In aggiunta, sei vetrine presentano una selezione di santini, dai più antichi risalenti al XVII secolo ai più moderni, che consentono di ripercorrere la storia delle immaginette sacre.[13]

Museo archeologico[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

I reperti archeologici pervennero al seminario attraverso tre importanti donazioni da parte degli eredi del medico bedoniese Severino Musa, del collezionista Natale Bruni e del naturalista Pierluigi Cerlesi; altro materiale fu invece raccolto grazie a lasciti minori.[14]

Il museo, allestito dall'archeologo Angelo Ghiretti e dai suoi studenti, fu inaugurato l'8 luglio del 2000.[14]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il percorso espositivo si sviluppa in varie vetrine in cui sono mostrati reperti archeologici risalenti prevalentemente all'epoca preistorica raccolti nell'alta Val Taro.[14]

Nella prima sezione, dedicata alla preistoria più antica, sono esposte alcune asce in pietra verde levigata e punte di frecce in selce, dette anticamente saiette; di pregio risulta in particolare una statuetta antropomorfa in steatite,[15] databile probabilmente al tardo Paleolitico.[14]

Le bacheche relative al Mesolitico mostrano vari oggetti in selce e diaspro rosso, provenienti dagli antichi accampamenti stagionali dei cacciatori dell'epoca.[15]

La sezione successiva, riguardante i primi insediamenti abitati stabili nella zona, espone una serie di reperti recuperati principalmente durante alcuni scavi archeologici condotti alle Rocche di Drusco, a valle del monte Maggiorasca.[15]

La vetrina dedicata all'età del ferro mostra vari oggetti appartenuti al popolo dei Liguri, antico occupante delle valli del Taro e del Ceno.[15]

Al centro della sala[15] è poi collocata una pregevole stele rinvenuta sul monte Ribone di Albareto,[14] incisa in lingua etrusca.[15]

La bacheca seguente, riguardante l'epoca romana e quella medievale, espone alcuni reperti rinvenuti in zona, tra cui vari mattoni e due utensili.[15]

L'ultima sezione, relativa alla collezione Cerlesi, si occupa della Magna Grecia ed espone, tra gli altri, un frammento decorato di un vaso del IV secolo a.C.[15]

Museo di storia naturale[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La raccolta di scienze naturali fu allestita originariamente nel gabinetto di scienze del seminario vescovile di Bedonia, ai tempi del lungo episcopato di Giovanni Battista Scalabrini.[16]

Nel 1939 per iniziativa di monsignor Silvio Ferrari fu istituito il museo di storia naturale, esponendo la collezione in un'apposita stanza del palazzo con finalità didattiche.[16]

Intorno al 1995, su finanziamento della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Parma, il museo, intitolato al suo ideatore Ferrari, fu riallestito in nuovi ampi spazi all'ultimo piano dell'edificio.[17]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il museo si sviluppa in due distinte sezioni all'interno di due lunghi corridoi del piano sottotetto del seminario vescovile.[17]

Il primo settore si occupa dell'evoluzione delle specie, ripercorrendola a ritroso e contrapponendola a minerali e conchiglie collocati all'interno di vetrine sulla parete di fronte.[17]

Al termine della sezione è ricostruito un gabinetto da naturalista tardo-ottocentesco, ove sono conservati alcuni reperti teratologici dell'epoca, ossia animali nati con gravi malformazioni.[17]

Il secondo settore si occupa nel dettaglio dell'alta Val Taro, descritta attraverso una serie di plastici, diorami e reperti naturalistici; sono così illustrati la sua origine geologica, i suoi ambienti tipici e i principali animali che la popolano.[17]

Le vetrine del lato opposto espongono invece una rappresentazione dei più comuni fenomeni ambientali del territorio.[17]

Planetario[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Verso il 1990 fu decisa la costruzione di un planetario all'ultimo piano del palazzo del seminario; i lavori furono avviati nel novembre del 1992 demolendo il soffitto di una delle aule e il 30 maggio del 1993 la struttura fu aperta al pubblico.[18]

L'inaugurazione ufficiale, alla presenza dell'astrofisica Margherita Hack, si tenne il 15 maggio del 1995.[18]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il planetario è collocato all'interno di un ambiente del secondo piano dell'edificio, coperto da una volta del diametro di 6 m[18] e in grado di ospitare fino a 50 persone;[19] è costituito da uno strumento che, guidato da un operatore, consente di visualizzare la volta celeste e di studiarne tutti i fenomeni collegati, tra cui la precessione degli equinozi, le eclissi, le comete e il movimento degli astri.[18]

In adiacenza è presente un laboratorio didattico, aperto agli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado.[19]

Centro audiovisivi San Marco[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Una prima raccolta di diapositive fu creata nel seminario negli anni settanta del XX secolo per scopi didattici.[20]

Nel decennio seguente fu aperto un piccolo studio di registrazione, per la produzione, grazie a un gruppo di volontari, di materiale audiovisivo di carattere storico e religioso, poi trasmesso sul canale televisivo locale Videotaro; il materiale, raccolto inizialmente su videocassette e successivamente su CD e DVD, fu in seguito archiviato e reso disponibile agli utenti.[20]

Percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Il centro audiovisivo conserva materiale audiovisivo e multimediale di carattere storico, culturale e religioso, connesso prevalentemente al territorio delle valli del Taro e del Ceno.[19]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Bedonia, viaggio all'interno del Seminario Vescovile e i suoi dieci musei, su ilparmense.net. URL consultato il 22 dicembre 2017.
  2. ^ a b c d e f Seminario Vescovile, p. 15.
  3. ^ Seminario Vescovile, p. 5.
  4. ^ Bedonia: la quadreria, su vacanzeitinerari.it. URL consultato il 28 dicembre 2017.
  5. ^ a b Seminario Vescovile, pp. 15-16.
  6. ^ Musei del Seminario Vescovile - Bedonia, su bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it. URL consultato il 22 dicembre 2017.
  7. ^ Museo Musa - Seminario Bedonia, su lovetaroeceno.com. URL consultato il 22 dicembre 2017.
  8. ^ Museo Romeo Musa - Musei del Seminario Vescovile, su bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it. URL consultato il 22 dicembre 2017.
  9. ^ Seminario Vescovile, pp. 16-17.
  10. ^ a b Alessandro Trentadue, Agostino Casaroli, il "Papa" della diplomazia e i suoi legami con Parma, in parma.repubblica.it, 19 settembre 2015. URL consultato il 23 dicembre 2017.
  11. ^ a b c Seminario Vescovile, p. 17.
  12. ^ a b Il centro di documentazione dell'alta Val Taro, su emigrazioneparmense.it. URL consultato il 23 dicembre 2017.
  13. ^ a b c Seminario Vescovile, pp. 17-18.
  14. ^ a b c d e Seminario Vescovile, pp. 18-19.
  15. ^ a b c d e f g h Museo Archeologico - Seminario Bedonia, su lovetaroeceno.com. URL consultato il 23 dicembre 2017.
  16. ^ a b Seminario Vescovile, p. 19.
  17. ^ a b c d e f Museo di Storia Naturale Mon. Silvio Ferrari di Bedonia (Parma), su ossmeteogeologicoraffaelli.weebly.com. URL consultato il 24 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 14 settembre 2017).
  18. ^ a b c d Planetario, su planetariobedonia.org. URL consultato il 26 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2017).
  19. ^ a b c Seminario Vescovile, p. 20.
  20. ^ a b Centro Audiovisivi, su unitapastoralealtavaltaroceno.it. URL consultato il 26 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]