Paranthropus

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Paranthropus
Paranthropus boisei
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Superordine Euarchontoglires
(clade) Euarchonta
Ordine Primates
Famiglia Hominidae
Genere Paranthropus
Broom, 1938
Specie

Vedi testo

Paranthropus è un genere estinto di ominidi, vissuto in Africa centro-orientale fra i 2,7 e circa 1 milione di anni fa[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1938 lo studente Gert Terblanche rinvenne a Kroomdrai, sito fossilifero a circa 70 km da Pretoria, una parte di cranio ed una mandibola completa di un ominide: i resti vennero analizzati dal paleontologo scozzese Robert Broom, che ne ipotizzò l'appartenenza a una nuova specie denominata Paranthropus robustus.

Il 17 luglio 1959, Mary Leakey rinvenne nella gola di Olduvai, in Tanzania, i resti fossili di un esemplare che venne inizialmente denominato Titanohomo mirabilis: nei pressi dell'esemplare vennero rinvenuti anche degli utensili risalenti all'Olduvaiano e delle ossa animali con segni di scarnificazione. La scoperta del nuovo ominide doveva essere pubblicata sul numero di Nature del ferragosto 1959, ma a causa di uno sciopero degli editori venne posticipata al settembre dello stesso anno: durante questo periodo, Louis Leakey poté studiare ulteriormente il fossile, denominato Dear Boy, deducendo che si trattava di un membro della famiglia degli australopitecidi istituita da Broom. Tuttavia Leakey trovò venti differenze fra il fossile da lui scoperto e gli Australopithecus dello scozzese, perciò decise di ribattezzarlo Zinjanthropus boisei ( da zinj, parola araba indicante la costa orientale dell'Africa, mentre il nome della specie venne scelto per onorare Charles Boise, finanziatore della spedizione dei Leakey).
Dopo la morte di Broom nel 1951, Raymond Dart osservò i resti di Dear Boy, rigettandone la possibile ascrizione al genere Paranthropus in quanto riteneva il fossile vicino alla linea evolutiva di Homo, al contrario delle altre specie scoperte fino ad allora. Tuttavia, la decisione di mantenere la specie in un genere a sé stante cozzava con la moda allora in voga di accorpare quante più specie possibile al medesimo genere, provocando scontri fra Leakey ed altri insigni studiosi come LeGros Clark e Melville Bell Grosvenor: alla fine, Dear Boy venne classificato come Paranthropus boisei.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome del genere deriva dalla combinazione del prefisso greco para- ("accanto") con la parola greca ἄνθρωπος (ànthrōpos, "uomo"): la traduzione del termine Paranthropus è pertanto "accanto all'uomo", con riferimento al fatto che tutte le specie ascritte a questo genere sono vissute attorno ai 2 milioni di anni fa in zone dove ai tempi stavano affermandosi le prime specie del genere Homo.

I primi ominidi ascrivibili al genere Paranthropus apparvero 2,7 milioni di anni fa, per poi estinguersi senza lasciare tracce attorno a un milione[1] di anni fa: ciò vuol dire che mentre le specie di Australopithecus si estinsero prima o poco dopo l'apparizione dei primi esponenti del genere Homo (Homo habilis, Homo ergaster, perfino Homo erectus), i Paranthropus appaiono nei giacimenti fossiliferi in concomitanza con questi ultimi e vivono assieme ad essi, percorrendo un proprio ramo evolutivo parallelo. Si pensa che essi rappresentino una biforcazione della linea evolutiva degli australopitechi, che da un lato ha portato agli Homo primitivi, mentre dall'altro è continuata nei Paranthropus[2].

Al genere vengono ascritte tre specie:

Tuttavia, fra gli studiosi vi è un'aperta polemica sulla necessità o meno di accorpare il genere Paranthropus ad Australopithecus, del quale sembra essere una sorta di continuazione. Fino alla fine degli anni novanta, i membri del genere venivano classificati come Australopithecus, mentre attualmente la loro classificazione come Paranthropus è fondamentalmente accettata come corretta[3][4].

Di seguito l'albero filogenetico secondo uno studio del 2019:[5]

Hominini

scimpanzé

Sahelanthropus

Ardipithecus

A. anamensis

A. afarensis

Paranthropus

P. aethiopicus

P. boisei

P. robustus

A. africanus

A. garhi

H. floresiensis

A. sediba

H. habilis

Altri Homo

Morfologia e comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Le specie del genere Paranthropus avevano postura eretta ed andatura bipede: misuravano circa 130-150 cm d'altezza ed avevano un corpo tozzo e muscoloso. Le mani erano munite di pollici opponibili che consentivano una presa sicura e anche movimenti di precisione[6], mentre l'opponibilità del pollice del piede era andata perduta gıà nell'antenato degli australopitechi, per meglio supportare l'andatura eretta.

Ricostruzione di un cranio di Paranthropus boisei: notare i grossi molari e la cresta sagittale pronunciata.

Il cranio presentava una mandibola assai sviluppata e un'accentuata cresta sagittale (simile a quella dei gorilla) per supportare l'attaccatura di imponenti muscoli temporali: i canini sono poco sviluppati, mentre premolari e molari appaiono grandi e muniti di smalto ispessito. Tali caratteristiche indicano una dieta principalmente vegetariana, a base di radici, frutta e semi[7].
La capacità cranica era pari al 40% circa rispetto a quella dell'uomo moderno, ma era a sua volta superiore in percentuale a quella degli Australopithecus propriamente detti: per questo motivo, si ritiene che le specie del genere Paranthropus quasi certamente non avessero un linguaggio, mentre non si è sicuri se questi ominidi fossero soliti utilizzare utensili (sono stati ritrovati utensili in pietra nei pressi di fossili di Paranthropus, ma non si sa se questi fossero stati fabbricati da questi ultimi o dai contemporanei Homo) oppure avessero imparato a controllare il fuoco (vi sono correlazioni dirette fra il fuoco e questi ominidi, ma gli indizi in proposito sono pochi e ben si prestano a ingenerare confusione[8]).

A livello corporeo, i Paranthropus rimanevano molto simili ai loro progenitori australopitechi, fatta eccezione per le maggiori dimensioni. Tuttavia, rispetto agli Australopithecus e agli Homo, questi animali apparivano meno propensi a vivere nella savana, preferendo invece le zone ricoperte da boscaglia o foresta. Anche la loro dieta ne pregiudicava l'adattabilità a nuovi ambienti, in quanto i Paranthropus erano spiccatamente vegetariani, fattore questo che ne ha con molta probabilità pregiudicata l'espansione geografica[9][10].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Gianfranco Biondi, Olga Rickards, Umani da sei milioni di anni. L'evoluzione della nostra specie, Carocci, 2009.
  2. ^ Early Human Phylogeny, su mnh.si.edu, Smithsonian Institution. URL consultato il 3 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2005).
  3. ^ Pilbeam, D.R, Hominid evolution, in Harrison, G.A., Tanner, J.M., Pilbeam, D.R., & Baker, P.T. (a cura di), Human Biology: An introduction to human evolution, variation, growth, and adaptability, Oxford, U.K., Oxford University Press, 1988, pp. 104–143, ISBN 0-19-854144-9.
  4. ^ ISBN 0-521-46786-1 Wood, B.A., Evolution of australopithecines, in Steve Jones, Robert Martin & David Pilbeam (a cura di), The Cambridge Encyclopedia of Human Evolution, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, pp. 231–240, ISBN 0-521-32370-3.
  5. ^ (EN) Caroline Parins-Fukuchi, Elliot Greiner e Laura M. MacLatchy, Phylogeny, ancestors, and anagenesis in the hominin fossil record, in Paleobiology, vol. 45, n. 2, 2019-05, pp. 378–393, DOI:10.1017/pab.2019.12. URL consultato il 10 febbraio 2023.
  6. ^ RL Susman, Hand of Paranthropus robustus from Member 1, Swartkrans: fossil evidence for tool behavior, in Science, vol. 240, n. 4853, 6 maggio 1988, pp. 781–4, DOI:10.1126/science.3129783, PMID 3129783.
  7. ^ Wood, B. & Strait, D., Patterns of resource use in early Homo and Paranthropus, in Journal of Human Evolution, vol. 46, n. 2, 2004, pp. 119–162, DOI:10.1016/j.jhevol.2003.11.004, PMID 14871560.
  8. ^ Klein, R., The Human Career, University of Chicago Press, 1999.
  9. ^ Richard Dawkins, The Ancestor's Tale: A Pilgrimage To the Dawn of Life, London, Weidenfeld & Nicolson, 2004, p. 77, ISBN =0-297-82503-8.
  10. ^ What Killed Paranthropus? (abstract), in New Scientist, n. 2434, 14 febbraio 2004.

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