Mak Dizdar

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Fallimento, Sarajevo

Mak Dizdar (Stolac, 17 ottobre 1917Sarajevo, 16 luglio 1971) è stato un poeta jugoslavo di origini bosniache.

Vincitore del Premio Struga al Festival della poesia di Struga nel 1969, fu il primo iugoslavo a ricevere il prestigioso premio macedone e il quarto in assoluto (prima di lui il grande poeta e cantautore sovietico Bulat Okudzhava aveva iniziato la lista dei nomi prestigiosi, alla quale si sono aggiunti i Nobel Eugenio Montale, Pablo Neruda, Josif Aleksandrovič Brodskij e Séamus Heaney).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato e cresciuto nella cittadina di Stolac, nella Bosnia ed Erzegovina, nel 1936 si trasferì a Sarajevo - oggi capitale del Paese - per frequentare il Liceo. Successivamente fu impegnato, durante la Seconda guerra mondiale, nelle file dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia capeggiata da Josip Tito per combattere i fascisti e nazisti, terminato il conflitto, divenne un convinto comunista. Presto divenne una figura di spicco della vita culturale bosniaca dell'epoca, lavorando come caporedattore per il quotidiano Oslobođenje (Liberazione).

La Bosnia ed Erzegovina è una terra rocciosa, aspra, impietosa, la sconvolgono da secoli invasori provenienti dai quattro punti cardinali. Il paesaggio di questo infelice paese è costellato da necropoli d'epoca preottomana, luoghi chiave della memoria ancestrale, impregnati di sacralità e oggetto di tenace venerazione. Motivi ornamentali simbolici sono scolpiti a bassorilievo nella pietra dei monumenti funerari; vi s'aggiungono mirabili scritte. Figure umane, animali, piante, emblemi solari, mani, croci e colonne esprimono in modo suggestivo la fede e la visione del mondo dei krstjani della Chiesa bosniaca medievale. Il poeta Mak Dizdar, profondamente impressionato dai sepolcreti, e come posseduto dagli antenati, ha lungamente studiato, oltre l'iconografia funeraria, manoscritti d'epoca e documenti d'archivio. Ne è nata una poesia vigorosa e ricca nell'espressione, con numerosi richiami a temi biblici, soprattutto apocalittici, meditati in chiave sia particolare che universale. Il "dormiente di pietra" è il morto che, grazie al poeta, prende la parola dalla sua tomba, dall'altro mondo, dal suo mondo, e parla ai vivi. E nello stesso tempo è anche la parola stessa che, grazie al poeta, prende la parola e parla di se stessa. La raccolta è infatti suddivisa così: Vie, Parola sull'uomo, Parola sul cielo, Parola sulla terra, Parola sulla parola, Il messaggio.

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