Governo Chiodo
Aspetto
Governo Chiodo | |
---|---|
![]() | |
Stato | ![]() |
Presidente del Consiglio | Agostino Chiodo (Militare) |
Coalizione | Militari, Indipendenti |
Legislatura | II |
Giuramento | 23 febbraio 1849 |
Dimissioni | 23 marzo 1849 |
Governo successivo | De Launay 27 marzo 1849 |
Il Governo Chiodo è stato il sesto esecutivo del Regno di Sardegna, guidato da Agostino Chiodo.
Esso, nato in seguito alle dimissioni del governo precedente, è rimasto in carica dal 24 febbraio (sebbene esso fosse già di fatto ad interim in carica dal 21 febbraio, avendo il Re deciso di sostituire il solo Presidente del Consiglio[1]) al 27 marzo 1849 (sebbene già dimissionario dal precedente 23 marzo), per un totale di 35 giorni, ossia un mese e 5 giorni.
Compagine di governo
[modifica | modifica wikitesto]Appartenenza politica
[modifica | modifica wikitesto]Partito | Presidente | Ministri | Totale | |
---|---|---|---|---|
Militare | 1 | 2 | 3 | |
Indipendente (politica) | - | 6 | 6 |
Composizione
[modifica | modifica wikitesto]Carica | Titolare | ||
---|---|---|---|
Presidenza del Consiglio dei ministri | |||
Presidente del Consiglio dei ministri | ![]() |
Agostino Chiodo (Militare) (dal 23 febbraio 1849; prec. ad interim) | |
Ministero | Ministri | ||
Affari Esteri | Agostino Chiodo (Militare) Ad interim (fino al 23 febbraio 1849) | ||
![]() |
Vittorio Colli di Felizzano (Militare) | ||
Agricoltura e Commercio | ![]() |
Domenico Buffa (Indipendente)[2] | |
Lavori Pubblici | ![]() |
Sebastiano Tecchio (Indipendente)[2] | |
Interno | ![]() |
Urbano Rattazzi (Indipendente)[2] | |
Pubblica Istruzione | ![]() |
Carlo Cadorna (Indipendente)[2] | |
Guerra | ![]() |
Agostino Chiodo (Militare) | |
Finanze | ![]() |
Vincenzo Ricci (Indipendente)[2] | |
Affari Ecclesiastici e di Grazia e Giustizia | ![]() |
Riccardo Sineo (Indipendente)[2] |
Cronologia
[modifica | modifica wikitesto]1849
[modifica | modifica wikitesto]- 21 febbraio - Il Presidente del Consiglio, neo-nominato nel ruolo di supplente, entra in carica.
- 23 febbraio - Il governo, sebbene composto dai ministri uscenti con l’esclusione del Presidente del Consiglio, effettua un nuovo giuramento dinnanzi al Re per essere confermato.
- 1º marzo - Non contenta dell’andamento del conflitto, la Camera dei deputati approva, con 94 favorevoli e 24 contrari, la ripresa della guerra. Il Re Carlo Alberto di Savoia, dunque, la stabilisce al 20 marzo, dovendo avvisare gli Austriaci, secondo l’Armistizio di Salasco, almeno 8 giorni prima.
- 20 marzo - Preparatosi, l’esercito austriaco si posiziona a Pavia in attesa dei piemontesi. Non essendosi questi mossi, gli Austriaci decisero di penetrare in territorio piemontese.
- 23 marzo - Nonostante alcuni fiancheggiamenti di disturbo, gli Austriaci riescono a giungere a Novara, dove si scontrano con i piemontesi (Battaglia di Novara). In seguito alla sconfitta subìta, che segnò anche la fine della Prima guerra di indipendenza, il governo rassegna le dimissioni. A causa dell'abdicazione contemporanea del Re Carlo Alberto di Savoia, tuttavia, si dovette attendere l’insediamento di Vittorio Emanuele II di Savoia, suo erede, per poter confermarle.
- 24 marzo - Il nuovo Re, Vittorio Emanuele II di Savoia, firma a malincuore l’Armistizio di Vignale, ponendo così fine agli scontri. L’accordo sarà successivamente stabilizzato con la Pace di Milano.
- 27 febbraio - Dopo aver ricevuto l’incarico dal nuovo Re, il nuovo esecutivo giura dinnanzi a quest’ultimo, determinando così la fine dell’esperienza di governo.[3]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ F. Bartolotta, vol. I, pp. 5-6.
- ^ a b c d e f Affiliato alla Sinistra storica.
- ^ F. Bartolotta, vol. I, pag. 6.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Francesco Bartolotta, Parlamenti e Governi d'Italia dal 1848 al 1970, 2 Voll., Vito Bianco Editore, Roma 1971.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Governo Chiodo
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Scheda sul Governo Chiodo, su storia.camera.it.