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Governo de Launay

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Governo De Launay
StatoRegno di Sardegna (bandiera) Regno di Sardegna
Presidente del ConsiglioClaudio Gabriele de Launay
(Militare)
CoalizioneMilitari, Destra storica, Indipendenti
LegislaturaII
Giuramento27 marzo 1849
Dimissioni6 maggio 1849
Governo successivoD'Azeglio I
7 maggio 1849

Il Governo de Launay è stato il settimo esecutivo del Regno di Sardegna, guidato da Claudio Gabriele de Launay.

Esso, nato in seguito alle dimissioni del governo precedente, è rimasto in carica dal 27 marzo al 7 maggio 1849 (sebbene già dimissionario dal precedente 6 maggio), per un totale di 41 giorni, ossia un mese e 10 giorni, risultando così essere il governo più breve della storia del Regno di Sardegna.

Compagine di governo

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Appartenenza politica

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Partito Presidente Ministri Totale
Militare 1 1 2
Destra storica - 4 4
Indipendente (politica) - 4 4
Carica Titolare
Presidenza del Consiglio dei ministri
Presidente del Consiglio dei ministri Claudio Gabriele de Launay (Militare)
Ministro senza portafoglio
Ministro senza portafoglio Vincenzo Gioberti (Destra storica)
Ministero Ministri
Affari Esteri Claudio Gabriele de Launay (Militare)
Agricoltura e Commercio Giovanni Filippo Galvagno
(Indipendente)
Lavori Pubblici
Interno Pier Dionigi Pinelli
(Indipendente)
Pubblica Istruzione Vincenzo Gioberti (Destra storica)
Ad interim
Guerra Giuseppe Dabormida (Destra storica)
(fino al 29 marzo 1849)
Enrico Morozzo Della Rocca (Militare)
(dal 29 marzo 1849)
Finanze Giovanni Nigra (Indipendente)
Affari Ecclesiastici e di Grazia e Giustizia Cesare Cristiani di Ravarano
(Indipendente)
(fino al 29 marzo 1849)
Luigi de Margherita
(Indipendente)
(dal 29 marzo 1849)
  • 27 marzo - Il governo giura dinnanzi al Re.
  • 29 marzo - Venendosi presto a sapere che Gabriele de Launay, un aristocratico savoiardo e un militare di carriera, era di idee notoriamente reazionarie, esplodono la collera e le diffidenze dei democratici, i quali, vista anche la nomina a ministro degl'Interni di Pier Dionigi Pinelli, non meno reazionario del Presidente, temono che il nuovo Re Vittorio Emanuele II di Savoia volesse far revocare lo Statuto Albertino. Il Sovrano, dunque, per placare gli animi, tiene un discorso a camere congiunte in cui riafferma, giurando, la fedeltà allo Statuto. Successivamente annuncia la volontà di volerle sciogliere.[1]
  • 30 marzo - È sciolta la Camera dei deputati, sebbene senza l’indizione di una data precisa per le future elezioni.
  • 5-11 aprile - A Genova (ed in parte Alessandria), la diffusione di false notizie sulle negoziazioni dell’Armistizio di Vignale porta a forti moti popolari, presto repressi con bombardamenti autorizzati da Alfonso La Marmora.
  • 6 maggio - Divenuti insanabili i contrasti con il ministro Pinelli e la Camera per la generale reputazione del governo (ritenuto contrario al regime costituzionale), e tenuto conto anche del fatto che il Re, dopo l'irrigidimento dell'Impero austriaco nelle trattative di pace della Prima guerra d'indipendenza, capì presto che una politica conservatrice che tenesse ai margini i democratici e che sviluppasse un rapporto di buon vicinato con gli Austriaci non era attuabile (ed era dunque necessario avvicinarsi, se non proprio ai democratici, almeno ai “moderati” — i quali pur disposti a molti compromessi, su due cose non transigevano: sullo Statuto Albertino e sul programma nazionale), si mosse a spingere De Launay alle dimissioni, proposte dal Presidente del Consiglio poco dopo.[2]
  • 7 maggio - Il Re, su consiglio di Pinelli e dopo un tentativo fallito sul nome di Vincenzo Gioberti, sceglie Massimo d'Azeglio come nuovo Presidente del Consiglio. Il candidato, tuttavia, rispose: «Ne ho voglia come di buttarmi dal terzo piano», e per alcune ore oppose un netto rifiuto, ma poi si rassegnò. Pose però delle condizioni: prima che piemontese, disse, si sentiva italiano e come tale intendeva comportarsi. La sua designazione sollevò consensi quasi unanimi: con lui, lo Statuto Albertino era “salvo” e, anche se rimandata sine die, la lotta per l'indipendenza nazionale restava il grande traguardo della politica piemontese[3]. Con il giuramento del nuovo esecutivo, dunque, termina ufficialmente l’esperienza di governo.
  1. ^ I. Montanelli, p. 294.
  2. ^ I. Montanelli, pp. 295-296.
  3. ^ I. Montanelli, pp. 296-297.
  • Francesco Bartolotta, Parlamenti e Governi d'Italia dal 1848 al 1970, 2 Voll., Vito Bianco Editore, Roma 1971.
  • Indro Montanelli, L'Italia del Risorgimento, Superbur Rizzoli Editore, Milano 1998.

Voci correlate

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Altri progetti

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