Benedetto da San Fratello

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San Benedetto il Moro
Vetrata nella Capella dello Spirito Santo a Porto Alegre
 

Religioso

 
NascitaSan Fratello, 1524 circa
MorteSanta Maria di Gesù (Palermo), 4 aprile 1589
Venerato daChiesa cattolica
Canonizzazione24 maggio 1807 da papa Pio VII
Santuario principaleChiesa di Santa Maria di Gesù a Palermo (dove era custodito il corpo incorrotto) e Convento di San Benedetto il Moro a San Fratello
Ricorrenza4 aprile
Patrono diSanta Maria di Gesù (Palermo), Acquedolci,Chiesa di San Benedetto il Moro, Zulia, Colombia, Togo, Benin, Nigeria e Angola

Benedetto Manasseri, conosciuto come San Benedetto il Moro,San Benedetto da San Fratello e San Benito de Palermo (San Fratello, 1524 circa – [[Palermo 1589]], 4 aprile 1589), è stato un religioso italiano con cittadinanza spagnola.

Nel 1652 fu eletto dal Senato di Palermo tra i santi patroni della città siciliana e nel 1807 fu canonizzato dopo un lunghissimo processo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Benedetto Manasseri nacque in un giorno imprecisato del 1524 da una famiglia di schiavi (Cristoforo Manasseri e Diana Larcan), condotti dall'Africa (Etiopia?) nel feudo di San Fratello e Acquedolci in provincia di Messina. Nacque libero per concessione del padrone Vincenzo Manasseri che aveva promesso alla schiava Diana Larcan che il primogenito figlio della coppia sarebbe nato in condizione di uomo libero. Benedetto ebbe un fratello di nome Marco e due sorelle, Baldassara e Fradella, tutti minori di lui.

Sin da piccolo fu riservato e desideroso di solitudine. Spesso dedito alla preghiera ed alla penitenza, trascorreva le sue giornate tra i boschi e le vallate con i propri animali. A diciotto anni lasciò la casa di famiglia lavorando per conto suo e cominciando anche ad aiutare i poveri. Irriso e maltrattato dai coetanei per il suo atteggiamento, fu oggetto secondo i racconti di un pestaggio ad opera dei coetanei che lo percossero e lo colpirono a pietrate. Benedetto venne però soccorso da un eremita di nome Gerolamo Lanza, nobiluomo di San Marco d'Alunzio. Dopo l'incontro con Gerolamo, che medicò le sue ferite e lo incoraggiò a seguire la vita eremitica, a ventuno anni vendette ogni cosa e donò tutto ai poveri, abbandonò il suo paese natio ed entrò nell'eremo di Santa Domenica, a Caronia. Ben presto dovette però lasciarlo insieme a Gerolamo a causa del continuo viavai di gente che veniva per chiedere miracoli al frate. Quindi Benedetto e Girolamo si recarono prima alla Platanella e poi alla Mancusa, tra Partinico, Giardinello e Carini, ma anche in questi luoghi accorrevano numerosi fedeli, e pertanto i due cercarono di nascondersi sul monte Pellegrino, presso Palermo. Per un anno e otto mesi circa Benedetto andò presso il santuario della Madonna della Dayna, a Marineo, ma successivamente tornò sul monte Pellegrino.

Alla morte del fondatore dell'eremo di Santa Domenica, Girolamo Lanza, Benedetto venne eletto superiore dai confratelli, nonostante il suo analfabetismo.

Nel 1562 Papa Pio IV cancellò la comunità, e i confratelli dovettero cercare ospitalità in altri conventi.

Benedetto scelse l'ordine dei Frati minori riformati, e fu inviato dapprima al convento di S. Anna di Giuliana, dove rimase quattro anni, poi al convento di Santa Maria di Gesù (Palermo) di Palermo, dove rimase fino alla morte.

Inizialmente lavorò come cuoco, poi divenne superiore del convento nel 1578, successivamente lavorò coi novizi e infine tornò a fare il cuoco.

Secondo la tradizione compì numerosi miracoli; ebbe fama di santità anche da vivo, tanto che molti ecclesiastici e teologi, e addirittura il viceré, si affidavano al suo consiglio prima di prendere decisioni importanti.

Secondo la tradizione, dal 1585 Benedetto e i confrati iniziarono le ricerche del corpo di Santa Rosalia (già venerata come santa dalla diocesi di Palermo ma non ancora patrona della città né inserita nel martirologio romano), ma non trovarono nulla.[1]

Nel mese di febbraio del 1589 fu colpito da una grave malattia e di lì a poco morì, il 4 aprile del 1589, presso il convento francescano di Santa Maria di Gesù in fama di santità.

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Il convento di San Benedetto Moro a San Fratello

Il culto, iniziato mentre era ancora in vita, si diffuse maggiormente dopo la morte anche se inizialmente in forma non ufficiale[2], dato che la beatificazione avvenne solo alla metà del Settecento.

Il 24 aprile 1652 il Senato Palermitano, prendendo atto della venerazione popolare e della richiesta di Filippo III, Re di Spagna, della canonizzazione di Benedetto, emana un decreto a firma del Maestro Notaio Leonardo De Lo Presti. Così si legge nel documento: "Pertanto il Senato Palermitano elegge e nomina particolare intercessore il predetto Beato e decreta sia riportato nel numero dei Patroni di questa città, come di fatto, in vigore di questo atto, lo stesso Senato elegge e nomina il medesimo Beato Patrono e Intercessore".

Il 15 maggio del 1743 il pontefice Benedetto XIV lo beatificò rendendone possibile il culto.

Nel 1777 fu riconosciuto dalla Congregazione dei Riti l’eroicità delle sue virtù e nel 1790 la veridicità dei miracoli compiuti.

Fu canonizzato il 24 maggio 1807 da Papa Pio VII con la bolla Civitatem Sanctam.

Il corpo, conservatosi incorrotto per oltre quattro secoli, era custodito nella chiesa della borgata di Santa Maria di Gesù, a Palermo. È andato quasi totalmente distrutto nell'incendio che il 25 luglio 2023 ha interessato la chiesa.[3] Altre reliquie si conservano nel suo paese natio San Fratello e ad Acquedolci, comune del quale è patrono. Acquedolci paese nel quale la Parrocchia è a lui dedicata e nel quale si trova il castello dove la madre del santo abitava, prima di essere ceduta al Manasseri.

A novembre del 2013 fu inaugurato dal Comune di Palermo e dall'Assessorato dei Beni Culturali il "Giardino di San Benedetto il Moro" presso il Convento di Santa Maria di Gesù sul Monte Grifone, dove si trova ancora oggi il "cipresso di San Benedetto il Moro". Deve questo appellativo ad una leggenda che vuole che il santo durante il suo eremitaggio in questo luogo piantasse il suo bastone nel terreno e da questi nascesse un albero che si tramutò nel prodigio che osserviamo oggi. L'albero ha una forma conico-piramidale la cui sommità è irregolare a causa di fenomeni atmosferici; è un autentico albero monumentale che ha superato i quattro secoli di vita ed è anche tra i più antichi della città

Anche in Sardegna è venerato (seppur relativamente) nell'antico convento di San Pietro in Silki, dove è conservato un suo simulacro settecentesco (forse unico nell'Isola). Il culto è vivo anche in Spagna e soprattutto in Sudamerica, dove viene riconosciuto come santo protettore delle persone di colore.

Celebrazioni in Sicilia, Acquedolci, San Fratello e Palermo[modifica | modifica wikitesto]

In Sicilia il santo viene festeggiato solennemente in giorni differenti a seconda della città che lo celebra. In particolare a Palermo la sua festa cade il 4 aprile, giorno della sua morte e nell’ultima domenica di giugno. A San Fratello viene celebrato il 17 settembre mentre ad Acquedolci, dove San Benedetto è titolare dell'omonima Parrocchia, viene solennemente celebrato sia il 4 aprile che il 7 agosto. Nei paesi di San Fratello e Acquedolci il nome Benedetto è uno dei nomi più diffusi e San Benedetto è ritenuto illustre "concittadino".

Celebrazioni in Sudamerica[modifica | modifica wikitesto]

Un'immagine delle celebrazioni per san Benedetto il Moro in Venezuela

In Sudamerica il culto viene celebrato soprattutto in Brasile, in Colombia e in Venezuela nella regione chiamata Zulia, dove le celebrazioni vanno dal 27 dicembre al 6 gennaio, rito molto sentito dalle comunità di colore; il rituale ha il suo massimo splendore nella zona meridionale del lago Maracaibo. I riti celebrati sono tipici delle culture africane del Togo, Benin, Nigeria e Angola, con musiche, balli e dimostrazioni di forza.

Alla venerazione del Santo tra i discendenti degli schiavi in Sudamerica è dedicata la canzone "Fiesta de San Benito", composta da Horacio Salinas e portata al successo internazionale dal gruppo musicale cileno Inti-Illimani.

Iconografia[modifica | modifica wikitesto]

L'iconografia di San Benedetto non è stata fissata da un canone. La produzione di immagini del Santo è cominciata dopo la sua morte ed è continuata seguendo la diffusione del culto a lui legato, anche in altri Paesi come la Spagna e il Portogallo e in altri continenti, in particolare in America meridionale. Per questa ragione si trovano rappresentazioni del Santo molto diverse tra loro. San Benedetto è spesso ritratto in ginocchio e con il Bambin Gesù in braccio, l'abito francescano e qualche altro attributo generico. Nelle riproduzioni devozionali, la sua figura assomiglia a quella di sant'Antonio da Padova, però di colore. Oltre ad essere raffigurato in molte occasioni tenendo il Bambino in braccio, egli viene infatti rappresentato anche con un giglio in mano. Altre volte la figura di San Benedetto porta tra le mani un crocifisso. Altre immagini ricordano miracoli attribuiti al Santo o eventi della sua vita: nel museo nazionale di Spagna a Valladolid c’è una statua, attribuita a Gregorio Hernandez, che raffigura San Benedetto che stringe tra le mani del pane. La statua rimanda ad uno degli eventi che si narrano sulla vita del Santo, in cui Benedetto rimprovera dei confratelli che gettavano a terra dei pezzi di pane. La più antica rappresentazione del Santo e dunque probabilmente quella più fedele ai suoi reali tratti, è il busto ligneo posto sulla cassa in cui fu collocato il suo corpo nel 1592. Una delle più antiche opere che lo raffigura si trova nella chiesa di Chiesa di Santa Maria di Monte Oliveto detta Badia Nuova di Palermo ed è dipinta da Pietro Novelli. Una statua raffigurante il santo si trova nella chiesa francescana di San Mauro a Cagliari.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ http://www.santiebeati.it/dettaglio/69050
  2. ^ Il senato palermitano lo proclama compatrono senza essere prima beato.
  3. ^ Palermo, gli incendi distruggono la quattrocentesca chiesa di Santa Maria di Gesù, su www.finestresullarte.info. URL consultato il 27 luglio 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Lope de Vega, "Commedia famosa del santo nero Rosambuco della città di Palermo". Palermo, Palumbo 1995. Introduzione storica, traduzione e note di Alessandro Dell`Aira
  • Alessandro Dell'Aira, San Benedetto il Moro / San Benito del Palermo / São Benedito. Biblio-sitografia aggiornata al 23 giugno 2012 - http://www.povo.it/ad/biblio.htm
  • Giovanna Fiume, Il Santo Moro, Franco Angeli Storia. Palermo 2002
  • Vittorio Morabito, "San Benedetto il Moro, da Palermo, protettore degli africani di Siviglia, della penisola iberica e d'America latina", in Negros mulatos zambaigos. Derroteros africanos en los mundos ibéricos, a cura di B. Ares Queija e A. Stella, Escuela de estudios hispano-americanos, Siviglia, 2000, pag. 223-273
  • Benedetto Iraci, "Bibliografia su San Benedetto il Moro". Opere edite, inedite e manoscritte su San Benedetto il Moro da San Fratello. Montedit, Collana Apollonia, Melegnano 2009.
  • Saverio Schirò, "Il Santo Nero patrono di Palermo", https://www.palermoviva.it/san-benedetto-il-moro-patrono-di-palermo/
  • Nicola Lo Calzo, “Binidittu“, L’Artiere, Bologna, 2020.
  • P. Ludovico Maria Mariani, San Benedetto da Palermo - Il moro etiope nato a S. Fratello, Kefagrafica edizioni, Palermo, 1989.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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