Tito Manzi

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Tito Manzi (Pisa, 8 gennaio 1769Firenze, 27 giugno 1836) è stato un giurista e politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Tito Manzi nacque a Pisa l'8 gennaio 1769, da Filippo, grosso proprietario terriero, e da Flavia Doddsworth; qui vi studiò legge presso l'Università di Pisa ed ebbe come compagni di studio Giuseppe Bonaparte e Cristoforo Saliceti. Si laureò, il 4 giugno 1789, in legge.

Periodo toscano[modifica | modifica wikitesto]

Sempre a Pisa iniziò la sua attività di professore d'istituzioni criminali.[1]Ottenne la cattedra di diritto criminale all'Università di Pisa dal 1791 al 1795.[2] Nel 1799 fu Presidente della Municipalità di Pisa.

Nel 1799 la Camera Nera lo condannò e lo destituì dall'università per le sue idee liberali e giacobine.[3]

Nel 1799, alla partenza dei francesi, fu arrestato a Venezia; tradotto a Firenze, condannato a un anno di carcere e all'interdizione dai pubblici uffici.[4][5]. Nel 1800, al secondo arrivo dei francesi, fu liberato dal carcere. Fu dimesso nel 1801 da professore dell'Università di Pisa.

Periodo napoletano[modifica | modifica wikitesto]

Nel febbraio 1806 fu chiamato dall'allora re di Napoli e suo antico compagno di università, Giuseppe Bonaparte, a Napoli, al fine di aiutarlo nelle riforme dell'istruzione, del sistema giudiziario e della polizia. Nel 1806 fu nominato segretario generale del Consiglio di Stato.[6] Nel luglio 1806 acquistò con altri soci la proprietà del giornale Moderatore poi diventato Corriere di Napoli[7]; nel 1811 fu associato con il Monitore Napolitano.

Ministro interinale dell'Interno.[8] e, di fatto, capo della polizia politica napoletana.[9] Dal 1808 al 1815 fa parte della Commissione nominata per riordinare l'istruzione pubblica. Dal febbraio all'aprile 1809 sostituì Saliceti come Ministro di Polizia generale.

Fu in corrispondenza con la regina Borbone Maria Carolina d'Asburgo-Lorena.[10] Nel 1815 essendo stato inviato a Firenze cercò di ostacolare con ogni mezzo le operazioni del Re di Napoli; notizie ricavate da alcune lettere del Ministro di Polizia a Napoli, Maghella.[11] Il 12 marzo 1810 fu nominato commendatore dell'Ordine Reale delle Due Sicilie.[12]

Nel 1812 gli furono assegnati degli incarichi all'interno della Corte di Appello di Napoli (giudice) e nel Consiglio di Stato. Nel 1814 componente della Commissione per codice penale e di procedura penale e dopo il 1815 fu uomo di affari e di fiducia del Bonaparte in Toscana.[13]

Rientro a Firenze[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1815, dopo la caduta di Murat, abbandonò Napoli e il Granduca di Toscana. Su intercessione del barone Lebzeltern, ministro austriaco a Roma, gli fu accordato il rientro a Firenze.[14] La sua casa a Firenze divenne ritrovo di esuli napoletani e di liberali toscani che fondarono la “Società letteraria di Storia Patria”. In questo periodo fu in corrispondenza con Giuseppe Bonaparte rifugiatosi a New York. Nel 1817 le autorità milanesi, diffidenti verso di lui, gli negarono il passaporto per Vienna e fu ordinata ed eseguita una perquisizione dei suoi bagagli.[15]

Nel 1816, il Metternich, su segnalazione del conte Diego Guicciardi, vice Governatore della Lombardia, lo contattò e lo incaricò di svolgere un viaggio esplorativo negli Stati italiani. Ne derivò un ampio studio sulle condizioni dei singoli Stati. Tale relazione ottenne un'ottima impressione sia da parte del cancelliere che dell'imperatore austriaci.[16][14]

Entrò quindi nel 1817 al servizio della corona austriaca, di cui diventò agente fino al 1820[17] e ne fu regolarmente al soldo, mantenendo stretti rapporti con Metternich tramite il generale conte Ferdinando Bubna.[14]

Nel 1819 ebbe l'incarico di consegnare direttamente alle mani di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena una lettera di Napoleone.[18][19]

Morì poi il 27 giugno 1836 e fu sepolto nel chiostro della Basilica di Santa Croce a Firenze.

Giudizi[modifica | modifica wikitesto]

Sopperì al suo aspetto modesto con un'ottima eloquenza e cultura tanto che nel 1799-1800 ebbe una relazione amorosa a Genova con la marchesa Luigia Pallavicini che, alla sua partenza per rientrare a Pisa, gli donò un prezioso ciondolo con la propria immagine.[20][21]

Non va considerato una spia volgare ma un confidente sugli aspetti politici e settari dei vari stati italiani ma contemporaneamente mantiene equamente i rapporti con il suo partito suscitando così diffidenza da ambo le parti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ E.Massart, “Tito Manzi. Professore dell'Università di Pisa”, in Bollettino storico pisano, XI (1964/66), pp. 313-46)
  2. ^ Annali delle Università Toscane, tomo ventiquattresimo, p. 46
  3. ^ La reazione in Toscana nel 1799: documenti storici, Apollo Lumini, pp. 248-50
  4. ^ Tra riformismo illuminato e dispotismo napoleonico, Sara Tognetti Burigana, p. 13, nota n. 15
  5. ^ Memorie e documenti di Storia italiana dei secoli 18 e 19, D'Ancona Alessandro, p. 519 nota n. 1, p. 520, nota n. 1
  6. ^ Ragguagli storici sul Regno delle due Sicilie dal 1789 al 1815, Conte Gennaro Marulli, p. 338).
  7. ^ Periodo napoletano (1806-1815) e carteggio, Vincenzo Cuoco pp. 422-23
  8. ^ Reclutamento e coscrizione 1800-1815, Ilari, p. 78
  9. ^ La Giustizi Militare 1800-1815, Ilari, p. 106
  10. ^ La Sicilia durante l'occupazione inglese (1806-1815), Bianco Giuseppe, p. 319
  11. ^ La Sicilia durante l'occupazione inglese (1806-1815), Bianco Giuseppe, p. 56, nota n. 3
  12. ^ Ordine Reale delle Due Sicilie, Nobili Napoletani
  13. ^ Risorgimento italiano 1913, p. 720
  14. ^ a b c Pietro Pedrotti, I rapporti di Tito Manzi col governo austriaco, Rassegna storica del Risorgimento, Anno XXVIII, fasc. VI, 1942, pp. 3-45
  15. ^ Pietro Pedrotti, I rapporti di Tito Manzi col governo austriaco, Rassegna storica del Risorgimento, Anno XXVIII, fasc. VI, 1942, p. 6, nota n. 2
  16. ^ Italy:from the fall of Napoleon I in 1815, to the year 1890, Probyn J.W.
  17. ^ A. J. Reinerman, "Italian Patriot, Agent of Metternich: Tito Manzi", in Selected Papers, The consortium on Revolutionary Europe (1750-1850), 1994, Florida State University
  18. ^ Nuova Antologia, quarta serie, Marzo-Aprile 1905, Volume CXVI, p. 435
  19. ^ Pietro Pedrotti, Le vicende di una lettera di Napoleone inviata da S.Elena a Maria Luisa, Risorgimento Italiano, anno 1931, p. 637
  20. ^ Le livre, Uzanne Octave, p.217
  21. ^ Saggi critici e biografici, Felice Tribolati, pp. 266-67