Raffaele Merelli

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Raffaele Merelli
SoprannomeFefè
NascitaSan Ginesio, 19 agosto 1886
MorteGradisca, 10 ottobre 1916
Cause della morteFerite riportate in combattimento
Luogo di sepolturaCimitero di Gradisca
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria, Brigata "Pisa"
Reparto29º Reggimento fanteria
Anni di servizio1915-1916
GradoTenente
ComandantiCol. Cesare Faccini
GuerrePrima guerra mondiale
CampagneFronte dell'Isonzo
Battaglie
Decorazionivedi qui
Frase celebreSempre avanti
Altre caricheInsegnante
dati tratti da Le Marche e la Prima Guerra Mondiale il 1915 (II): I primi sei mesi di guerra dall’euforia interventista alla realtà della trincea[1]
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Raffaele Merelli (San Ginesio, 19 agosto 1886Gradisca, 10 ottobre 1916) è stato un militare italiano, insignito della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria per il coraggio dimostrato in combattimento durante l'ottava battaglia dell'Isonzo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Raffaele Merelli nacque a San Ginesio di Macerata il 19 agosto 1886,[1] frutto dell'unione extraconiugale del padre Agostino, muratore, e una donna ignota. Affidato fin da piccolo nelle mani di Teresa Onofri, una donna vedova appartenente alla famiglia nobile Onofri e madre di due ragazze, Clotilde ed Ifigenia. Il 4 maggio 1888 il padre si sposerà con Clotilde,[2] rendendola la madre legittima.[3] Dopo aver completato gli studi secondari intraprese la professione di insegnante a Montedinove, poi presso le scuola elementare D. Alighieri di Monza, perfezionandosi contemporaneamente negli studi scientifici, e frequentando anche un corso di elettrotecnica.[2] Dopo essersi spostato il 17 ottobre 1912 a San Ginesio con l'amica d'infanzia Maria Conti, insegnate, entrambi andranno a vivere a Monza, dando vita, il 23 ottobre 1914, a Manlio Giuseppe Agostino Merelli.[3]

L'inizio della prima guerra mondiale e le battaglie sull'Isonzo[modifica | modifica wikitesto]

Raffaele Merelli con la moglie e il figlio

Con l'assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo e l'inizio della prima guerra mondiale, Raffaele sostenne fortemente la parte interventista effettuando numerosi convegni pubblici e dopo l’entrata in guerra del Regno d’Italia,[3] avvenuta il 24 maggio 1915, si arruolò volontario nel Regio Esercito con il grado di sottotenente della M.T..[2] Nel dicembre successivo fu assegnato in forza al 29º Reggimento fanteria[1] della Brigata "Pisa", che raggiunse a Sagrado, sul fronte dell'Isonzo. Impiegato nella quinta battaglia dell'Isonzo, dopo aver inventato uno speciale apparecchio per il lancio dei tubi di gelatina atti a distruggere i reticolati nemici, fu promosso tenente[1] nei primi mesi del 1916.[2] Partecipò a tutti i combattimenti sostenuti dalla sua brigata[N 1] a San Martino del Carso, ricevendo il 16 giugno 1916 un encomio solenne. L'encomio riporta:[3]

«Preso il comando di una squadra di volontari li guidava e li incitava, sotto il fuoco nemico, al lavoro di riattamento di una trincea sconvolta dal cannone avversario, riuscendo così a ristabilire il collegamento con l'estrema sinistra della compagnia rimasta pericolosamente isolata»

Il comandante del Reggimento, Cesare Faccini, su di lui scrive:[3]

«Il Merelli dalla sua venuta a Reggimento si è fatto notare per il suo ingegno e la sua audacia, amato e stimato da tutti. Egli fu il primo a proporre di lanciare i tubi di gelatina esplosiva per la distruzione di reticolati nemici con macchine speciali risparmiando così la vita a tanti valorosi soldati nostri e tale proposta egli faceva concreta costruendo egli stesso una piccola macchina che sottomise al giudizio dei competenti. E di ciò gli fu data alta lode quantunque il capitano Bettega sia riuscito a far provare ad adottare prima del Merelli la sua macchina lanciamissili.»

Rimasto ferito all'occhio durante un assalto al fronte austro-ungarico nel corso della sesta battaglia dell'Isonzo, per il coraggio dimostrato il 6 agosto 1916 venne decorato con una Medaglia di bronzo al valor militare e rientrato in licenza a San Ginesio, al momento della ripartenza venne acclamato da gran parte della popolazione.[3]

Rientrato nel mese di ottobre, partecipò all'ottava battaglia il 10 ottobre, prendendo parte ad un attacco a Lokvica[1] durante il quale uscì volontario dalla trincee italiane per andare a verificare i danni inferti ai reticolati che proteggevano le postazioni avversarie, e poi attaccandole al comando del suo plotone.[2]

La morte e gli onori[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso di un combattimento all’interno di una trincea avversaria fu ferito una prima volta, continuando a combattere fino all'arrivo di un colpo di fucile all'addome, che lo portò subito in gravi condizioni.[2] Si spense il mattino successivo all’interno di una ambulanza chirurgica della 3ª Armata[2] a Gradisca.[3] Per il coraggio dimostrato fu decorato di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[1]

Subito dopo la conferma della morte, alla famiglia giunsero numerose lettere di condoglianze, tra cui quella del colonnello Cesare Faccini e del capitano della compagnia, William Rota. Giunta la notizia anche a Monza, il direttore della scuola dove lavorava, con una circolare del 13 novembre 1916, informa tutto il corpo docenti e il sindaco di Monza raccomandò a tutti gli insegnanti di sensibilizzare tutti i bambini.[3]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Uscito volontariamente dalle trincee, si spinse fino in quelle del nemico, riportandone utili informazioni. Nell’assalto trascinò con impeto travolgente il suo plotone. Ferito ad una spalla, nonostante il sangue che perdeva, continuò il combattimento fino a conquistare la seconda linea avversaria; colto da svenimento, ebbe la forza d’animo di reagire, e, visti alcuni sbandati del suo plotone, li raccolse, rianimò e ricondusse all’assalto di nuove posizioni, finché colpito ancora mortalmente, ai soldati che lo soccorrevano gridò: “Avanti ragazzi, chè oggi è una bella giornata per il reggimento!” e cadde, mentre i suoi soldati completavano la vittoria. Lokvica, 10 ottobre 1916.[1]»
— Decreto Luogotenenziale 2 agosto 1917[4]
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Si slanciava animosamente all’assalto di una trincea nemica, incitando i propri dipendenti con la parola e con l’esempio, finché dovette allontanarsi perché ferito. San Martino del Carso, 6 agosto 1916

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Allora inquadrata nella 29ª Divisione.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

A Roma quartiere Farnesina c'è una scuola elementare a lui dedicata. SCUOLA ELEMENTARE RAFFAELE MERELLI.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alberto Cavaciocchi e Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Massimo Coltrinari, Le Marche e la Prima Guerra Mondiale il 1915 (II): I primi sei mesi di guerra dall’euforia interventista alla realtà della trincea, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2017, ISBN 8-86812-851-9.
  • Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia sez. Monza e Brianza, Tenente Raffaele Merelli. L'insegnante, il soldato, l'uomo, l'eroe, a cura di Amelio Titoli, aprile 2018.

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