Bacaro

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Un bacaro a Venezia, nel sestiere Dorsoduro.

Il bacaro (pron. bàcaro), o bacaréto, è un tipo di osteria veneziana a carattere popolare, dove si trova una vasta scelta di vini in calice (ómbre o bianchéti) e i tipici spuntini (cichéti), o cibi in piccole porzioni. Il bacaro è caratterizzato dalla presenza di pochi posti a sedere e da un lungo bancone vetrinato in cui sono esposti i prodotti in vendita. Più raro è il caso di bacari che servono piatti più elaborati o che offrono un vero e proprio servizio di ristorazione.

Frequentati sia da turisti sia da abitanti del luogo, i bacari, oltre al vino, servono anche le caratteristiche bevande note come "spritz", mentre raramente vengono offerti al pubblico i tipici tramezzini veneziani, destinati ad altri tipi di esercizi, perlopiù bar o locali specializzati. L'esercizio tipico si è trasformato fino ad assumere una fisionomia mista, a metà fra l'osteria e il pub.[1]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Un piatto di cicchetti e due bicchieri di prosecco.

Il nome bacaro si vorrebbe derivato da Bacco, dio del vino. Secondo un'altra teoria, deriverebbe da "far bàcara", espressione veneziana per "festeggiare".[2] "Bacari" era il nome attribuito, un tempo, ai vignaioli e ai vinai che venivano a Venezia con un barile di vino da vendere in Piazza San Marco insieme con dei piccoli spuntini. Il bicchiere di vino che si beveva si chiamava "ómbra", perché i venditori delle botteghe alla base del campanile di San Marco ne seguivano l'ombra per proteggere il vino dal sole. Per evitare il faticoso trasporto ogni giorno, si cercava in seguito un locale fermo, che si usava come magazzino e come mescita.[3] Altra ipotesi fa invece risalire l'origine successivamente al 1866 quando inizia il commercio dei vini pugliesi (in particolare di Trani) impiegati per "tagliare" ed irrobustire i vini locali che erano di modesta gradazione alcolica e poveri di struttura. Il "Dizionario del dialetto veneziano" di Giuseppe Boerio, anche nella seconda edizione del 1856, non rileva tale termine che è da considerare di formazione successiva. "Bàcaro" era il vino duro, scuro ed amaro ed il termine passò a distinguere le mescite che alcuni vinai pugliesi aprirono in Venezia per vendere direttamente i loro prodotti. I "bacari" si distinguevano dalle "malvasie" cioè dai locali nei quali si vendeva la "malvasia", prodotto di pregio, che da secoli giungeva a Venezia in particolare dalla Grecia.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

I bacari sono distribuiti più o meno in tutta Venezia. La più alta concentrazione è nei sestieri di Cannaregio e, soprattutto, San Polo.[3]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Questi tipici locali si differenziano dalle comuni osterie per via della modalità di consumazione dei cibi, per il modo in cui questi sono presentati al pubblico, e per le dimensioni e struttura degli ambienti interni. Il bacaro, quindi, è solitamente di piccole dimensioni, con pochi posti a sedere, banconi con sgabelli simili a quelli dei bar e vetrine in cui vengono esposti i cibi. Questi, di solito, sono acquistabili a pezzo, al fine di comporre un piatto con diversi tipi di prodotto diverso. Il bacaro viene visto sia come un esercizio di ristorazione per il pranzo, sia come luogo di aperitivo. I turisti tendono a servirsi di tali esercizi per farvi un vero e proprio pasto completo (anche una decina di pezzi), mentre gli abitanti di Venezia lo usano perlopiù come un ritrovo per bere, o una tappa di più locali in un giro destinato al bere, e il cibo è solo un accompagnamento (uno o due pezzi), in modo da non assumere le bevande a stomaco completamente vuoto.[2] Sono due filosofie completamente diverse nella fruizione dello stesso posto ed entrambe, ai giorni nostri, possono essere ritenute "principali", nonostante il bacaro sia nato perlopiù come luogo d'aperitivo piuttosto che di pranzo o cena.[4]

Prodotti venduti[modifica | modifica wikitesto]

Un piatto di sarde in saor in un bacaro

I prodotti tipici del bacaro sono definiti cicheti in dialetto veneziano e spuncióni o spuncióti a Padova[5] (pron. cichéti[5], termine derivante dal latino ciccus, ovvero "piccola quantità", italianizzato in cicchetti). Si presentano con un'estrema varietà di forme[5]: di solito sono a base di pesce (ma anche di salumi, carne, e altro[5]) e possono essere semplici o complessi. Tra i cicheti più ricorrenti vi sono i crostini di baccalà mantecato, alici marinate, misto mare o "folpetti"[6] in umido. Ai cicheti a base di pane sono alternati quelli fritti: baccalà fritto, sarde in saor, mozzarelle in carrozza, verdure in pastella, ecc. Le composizioni, tuttavia, sono fra le più disparate ed originali; ciò che le accomuna, però, è la praticità del cibo informale: potendo essere mangiati senza l'utilizzo di posate, non richiedono la necessità di tagliarli o di sedersi a un tavolo.[7][8]

Le ombre, servite in calici di piccole dimensioni, prevedono normalmente la mescita del vino della casa, tipicamente rosso, mentre il bicchiere di vino bianco della casa, nello stesso quantitativo e nello stesso tipo di bicchiere, viene chiamato anche bianchìn o biancheto. Nei bacari è comunque possibile trovare selezioni a volte anche ampie di vini di tutte le qualità.

Esportazione del fenomeno[modifica | modifica wikitesto]

Nei primi anni del 2010 il fenomeno dei cicheti veneziani è esploso nel Regno Unito[9] diventando una vera e propria moda culturale che si è associata a un'altra tradizione italiana, quella dell'aperitivo. L'usanza è internazionalmente conosciuta con il termine italiano "cicchetti" che ha sostituito quello originale veneziano[9][10][11]. In Italia, invece, il fenomeno non si è molto sviluppato oltre i confini del capoluogo veneto, rimanendo fenomeno caratteristico della città di Venezia. Al suo posto si sono diffuse, soprattutto a Milano, le pressoché identiche (ma storicamente più recenti) tapas della cucina spagnola.[12]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bacari veneziani, su bacari.it. URL consultato il 15 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2014).
  2. ^ a b Giuseppe Pompili, Andar a ombre, su paesieimmagini.it, Data pubblicazione 06-11-2002. URL consultato il 24 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2008).
  3. ^ a b Bacari e cicheti, su veneziasi.it. URL consultato il 15 novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2015).
  4. ^ Gita di sapori a Venezia, su temperateitacchi.lenuovemamme.it. URL consultato il 15 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2014).
  5. ^ a b c d Francesco Avolio, Pizza e maccheroni: la cultura alimentare italiana vista attraverso le denominazioni dialettali, su Lingua italiana. Speciali, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani. URL consultato il 15 novembre 2015.
  6. ^ Piccoli polpi); da folpo, variante dialettale veneto-adriatica per "polpo". Si veda folpo in Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
  7. ^ Cicheti e bacari, su venessia.com. URL consultato il 15 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2014).
  8. ^ bacari.it/cicheti, su bacari.it. URL consultato il 15 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2014).
  9. ^ a b (EN) crawling through venices cicchetti pubs, su ricksteves.com. URL consultato il 15 novembre 2014.
  10. ^ (EN) Cicchettibar, su blork.org. URL consultato il 15 novembre 2014.
  11. ^ (EN) Good and Plenty: Venetian Cicheti, su saveur.com. URL consultato il 15 novembre 2014.
  12. ^ cichet preferiti dai veneziani, su agrodolce.it. URL consultato il 15 novembre 2014.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Simone Azzoni, Ermanno Torossi - Bacari ristoranti e osterie di Venezia e dintorni. Giunti Editore, 2003. ISBN 8844026945
  • Sandro Brandolisio - I bacari a Venezia. Quando a Venezia non c'erano i fast food ghe gera i bacari. Editore Filippi, 2014.ISBN 8864950761
  • Dana Facaros, Michael Pauls - Italy. New Holland Publishers, 2004. ISBN 1860111130
  • Touring club italiano - Venezia. Touring Editore, 2004. ISBN 8836530346
  • Damien Simonis - Italy Lonely Planet, 2010. ISBN 1742203523
  • Lonely Planet, Alison Bing, Paula Hardy - Venice & the Veneto. Lonely Planet, 2013. ISBN 1743218109
  • Russell Norman - POLPO: A Venetian Cookbook. A&C Black, 2012. ISBN 1408816792
  • Trattorie d'Italia. Touring Editore, 2005. ISBN 8836534449.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]