Vincenzo d'Escamard
Vincenzo d'Escamard | |
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Nascita | Castroreale, 1772 |
Morte | Napoli, 1833 |
Dati militari | |
Paese servito | Regno di Napoli Regno delle Due Sicilie |
Forza armata | Esercito delle Due Sicilie |
Arma | Genio militare |
Grado | Maresciallo di campo |
Guerre | Guerre napoleoniche |
Campagne | Prima coalizione Terza coalizione |
Battaglie | Assedio di Tolone (1793) |
Decorazioni | vedi qui |
Pubblicazioni | vedi qui |
dati tratti da Vite dè più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino a dì nostri[1] | |
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Vincenzo d'Escamard (Castroreale, 1772 – Napoli, 1833) è stato un generale italiano, particolarmente distintosi come ufficiale nel corso delle guerre napoleoniche. Prestò servizio nell'Esercito delle Due Sicilie ricoprendo l'incarico di Consigliere dell'Alta Corte militare e Consultore di Stato. Nel corso dei moti in nord Italia del 1830-1831, e l'inizio della repressione austriaca, fu nominato commissario del re per gli Abruzzi, ricevendo l'incarico di sorvegliare attentamente i confini settentrionali del Regno. All'inizio del 1833 entrò a far parte del Consiglio dei generali, e fu nominato Direttore generale delle artiglierie e degli ingegneri, dell'ufficio topografico e dei licei militari.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque a Castroreale nel 1772, figlio di Patrizio[N 1] e della signora Gabriella Nucerino.[2] L'11 maggio 1778 entrò come cadetto nell'esercito del Regno di Napoli, assegnato al Reggimento "Farnese".[3] Il 14 ottobre 1792 divenne alfiere delle artiglierie, e l'anno seguente partì con il corpo di spedizione napoletano per partecipare alla difesa della città di Tolone, in Francia, allora assediata dalla forze della repubblicane.[3] Si distinse per aver ben diretto il fuoco delle artiglieria contro il Forte di "Aiguillette" e il ridotto della "Convenzione", e il 30 novembre sul campo di San Rocco.[4] Durante le fasi dell'evacuazione delle truppe anglo-napoletane si distinse per la difesa dei trinceramenti di Missiessis e Sant'Anne des moulins, raggiungendo successivamente a nuoto le navi del maresciallo Bartolomeo Forteguerri.[4] Al ritorno in Patria fu promosso luogotenente, ed entrò in servizio nella compagnia degli artefici delle artiglierie.[4]
Il 23 ottobre 1798 il Regno di Napoli entrò in guerra con la Repubblica Francese, invadendo i territori della Repubblica Romana per ristabilire l'autorità del Papa su quei territori. Le forze napoletane raggiunsero Roma in sei giorni di operazioni, e fu allora che le truppe francesi passarono risolutamente all'offensiva sconfiggendo l'esercito borbonico nella successiva battaglia di Civita Castellana. Tale battaglia portò alla disgregazione dell'esercito napoletano, e la sconfitta si trasformò in rotta. Nel frattempo, il 5 novembre, era stato promosso da tenente a capitano ed assegnato al corpo delle fortificazioni allora al comando del brigadiere Vincenzo Minichini.[4] Su ordine del capo di stato maggiore, generale Parisi, difese il ponte da lui realizzato sul fiume Liri tra Ceprano e Isola, con l'aiuto di una batteria da 40 cannoni, e poi attraversò il fiume per porsi in salvo.[5] Si distinse nuovamente per la difesa di un ponte sul fiume Garigliano, che consentì ai reparti borbonici dei comandanti Philipstall e Bourcard, ritirandosi infine a Capua sotto l'incalzare dell'avanzata francese.[5] Durante l'assalto nemico contro la fortezza di Capua aveva il comando del ridotto di "San Giuseppe" che ben difese, dirigendo il tiro dei pezzi d'artiglieria caricati a mitraglia contro la cavalleria nemica.[5] Rimase gravemente ferito alla gamba destra da una pallottola di moschetto.[5]
Dopo la proclamazione della Repubblica Napoletana entrò al suo servizio, nominato il 4 pratile comandante della compagnia zappatori.[5] Con la restaurazione borbonica rientrò in servizio nell'esercito regolare, e nel 1801 partecipò alle operazioni militari contro la Repubblica Cisalpina distinguendosi nell'assedio di Siena.[6] Dopo la firma del trattato di Firenze, fu mandato in Puglia in presidio della coste del Mare Adriatico.[6] Nel 1805 re Ferdinando IV aderì alla terza coalizione antinapoleonica, e dopo l'esito positivo della battaglia di Austerlitz l'Imperatore dei francesi decise di invadere e occupare definitivamente il Regno di Napoli. Il 31 dicembre Napoleone nominò suo fratello Giuseppe re di Napoli, e gli affidò il comando delle truppe d'invasione che occuparono Napoli il 15 maggio 1806.[6] Trasferitosi in Sicilia al seguito di Ferdinando IV fu nominato capitano comandante il 30 maggio 1807, e maggiore l'anno successivo.[7] Durante le operazioni contro le truppe francesi si distinse nell'assalto al castello dell'isola d'Ischia, e il 28 ottobre 1812 fu promosso luogotenente colonnello assumendo il comando della brigata degli ingegneri di campagna.[7] All'atto della restaurazione fu nominato dapprima colonnello,[7] e ventun giorni dopo maresciallo di campo.[8] Con il primo ordinamento del genio militare ne fu nominato comandante il tenente generale Patrizio Guillamat, mentre egli divenne uno dei due Ispettori generali, insieme a Bardet.[9] Con il nuovo ordinamento emesso il 20 luglio 1819, e la morte di Guillamat, fu nominato vicedirettore del genio militare, incarico riconfermato anche nel luglio 1822, ritornando all'incarico di Ispettore con l'ordinamento del 1827.[10] Nominato Consigliere dell'Alta Corte militare, divenne poi Consultore di Stato.[9][11]
Nel corso dei moti in nord Italia del 1830-1831, e l'inizio della repressione austriaca, il 18 febbraio 1831 fu nominato Commissario del re per gli Abruzzi, con quartier generale a L'Aquila, ricevendo l'incarico di sorvegliare attentamente i confini settentrionali del Regno.[12] Divenuto cagionevole di salute chiese di poter ritornare a Napoli, cosa che avvenne.[13] All'inizio del 1833 entrò a far parte del Consiglio dei generali, e fu nominato Direttore generale delle artiglierie e degli ingegneri, dell'ufficio topografico e dei licei militari.[14] L'aggravarsi delle condizioni di salute lo portò a chiedere di essere messo in congedo, ma si spense poco dopo nel corso del 1833.[15] Membro della Società Reale Borbonica, era sposato con la signora Enrichetta Mori da cui ebbe due figli.[2]
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Pubblicazioni
[modifica | modifica wikitesto]- Memoria sui ponti che si costruiscono e le varie operazioni di guerra, Manoscritto dell'officio topografico, Palermo.
- Artiglieria teorica, Napoli, 1816.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Annotazioni
[modifica | modifica wikitesto]Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- ^ D'Ayala 1843, p. 553.
- ^ a b D'Ayala 1843, p. 554.
- ^ a b D'Ayala 1843, p. 556.
- ^ a b c d D'Ayala 1843, p. 557.
- ^ a b c d e D'Ayala 1843, p. 558.
- ^ a b c D'Ayala 1843, p. 559.
- ^ a b c D'Ayala 1843, p. 560.
- ^ a b Parisi 1838, p. 42.
- ^ a b D'Ayala 1843, p. 561.
- ^ D'Ayala 1843, p. 562.
- ^ Parisi 1838, p. 105.
- ^ D'Ayala 1843, p. 563.
- ^ D'Ayala 1843, p. 564.
- ^ D'Ayala 1843, p. 565.
- ^ D'Ayala 1843, p. 566.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Giancarlo Boeri, Pietro Crociani e Andrea Viotti, L'Esercito Borbonico dal 1815 al 1830, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell?Esercito, 1995.
- Mariano d'Ayala, Vite dè più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino a dì nostri, Napoli, Stamperia dell'Iride, 1843.
- Gigi di Fiore, Pandemia 1836: La guerra dei Borbone contro il colera, Milano, DeA Planeta Libri s.r.l., 2020.
- Antonio Parisi, Annuario storico del Regno delle Due Sicilie dal principio del governo di Federico I di Borbone, Napoli, Dalla Tipografia Trani, 1838.
- Luigi Del Pozzo, Cronaca Civile e Militare del Regno delle Due Sicilie sotto al Dinastia Borbonica dall'anno 1734 in poi, Napoli, Dalla Stamperia Reale, 1857.