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La mosca
1ª ed. originale1904
GenereRacconto
Lingua originaleitaliano

La mosca è una novella di Luigi Pirandello pubblicata nel 1904 e dà il titolo alla antologia che costituisce il quinto volume della più ampia raccolta Novelle per un anno pubblicata per la prima volta nel 1923 presso Bemporad e figli.

  • La mosca
  • L'eresia catara
  • Le sorprese della scienza
  • Le medaglie
  • La Madonnina
  • La berretta di Padova
  • Lo scaldino
  • Lontano
  • La fede
  • Con altri occhi
  • Tra due ombre
  • Niente
  • Mondo di carta
  • Il sonno del vecchio
  • La distruzione dell'uomo

Pubblicazione delle novelle

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Alcune novelle di questa antologia furono pubblicate precedentemente su diverse riviste:

  • La mosca in Il Marzocco, 16 dicembre 1904;
  • L’eresia catara in La Riviera Ligure, febbraio 1905;
  • Le sorprese della scienza in Il Marzocco, 3 dicembre 1905;
  • Le medaglie in Il Marzocco, 21 agosto 1904;
  • La Madonnina nel Il Corriere della Sera, 7 agosto 1913;
  • La berretta di Padova in Il Marzocco, 23 febbraio 1902;
  • Lontano nella Nuova Antologia, 1 e 16 gennaio 1902;
  • Con altri occhi in Il Marzocco, 28 luglio 1901;
  • Tra due ombre in Il Marzocco, 1 gennaio 1902, poi in Novella 1921, n.8;
  • Mondo di carta nel Corriere della Sera, 4 ottobre 1909;
  • La distruzione dell’uomo in Novella, Natale 1921.

Inoltre La mosca, L’eresia catara, Le soprese della scienza, Le medaglie, Lo scaldino, Con altri occhi furono poi pubblicate nella raccolta Erma bifronte, presso Treves, Milano 1902. Lontano nella raccolta Bianche e nere presso Streglio, Torino 1904. [1]

I fratelli Saro e Neli Tortorici arrivano in un paesino siciliano in cerca del medico locale, Sidoro Lopiccolo: intendono curare il cugino moribondo, Giurlannu Zarù che, addormentatosi in una stalla, si era svegliato gonfio e con la febbre alta. Il dottor Lopiccolo ha una situazione familiare complessa, costretto a badare ai sette figli a causa della malattia che da tempo affligge la moglie. Nonostante la riluttanza del medico, i fratelli Tortorici lo convincono e lo guidano fino alla stalla. Il malato ha già compreso le sue gravi condizioni e vede svanire il sogno di sposarsi lo stesso giorno del cugino Neli. Il medico individua la causa del malessere in un’infezione da antrace trasmessa dal morso di un insetto. Zarù allora ricorda di aver visto una mosca volare nella stalla prima di addormentarsi, forse la stessa mosca che in quel momento volteggia attorno alle guance di Neli. Vedendo l’insetto in prossimità di un taglio che il ragazzo ha sul viso, Zarù si trova a sperare che quella sia davvero la mosca incriminata e realizza il proprio sentimento di invidia verso il cugino, destinato, a differenza sua, a una lunga vita. La mosca morde Neli, con soddisfazione di Zarù. Tutti escono dalla stalla preoccupati, il moribondo giace solo e dimenticato, osservando la mosca rimasta lì a fargli compagnia e a strofinarsi le zampette.

Temi trattati

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La novellistica di Pirandello ha come punto di partenza la narrativa verista. Se da un lato ad essa rimane legata sia per un’ideologia della vita fine a sé stessa che per una forma aperta del novellare così differente dai modelli rinascimentali, dall’altro se ne discosta soprattutto in ambito teatrale in quanto vengono anticipati alcuni elementi del teatro dell’assurdo quali una spiccata modernità ed innovazioni formali. Con uno studio più approfondito si è in grado di identificare accanto al teatro dell’assurdo anche una novellistica dell’assurdo.

Elementi anticipatori della suddetta novellistica appaiono già dalle prime righe de La mosca. L’inizio è in medias res, dove la notizia dell’incidente occorso a Zarù si evince da una scena caotica e non da una narrazione dettagliata della stessa. I personaggi che urlano, infatti, rimangono nell’ombra. Il lettore viene turbato e disorientato da questa immediatezza vitale e gli è impossibile trovare orientamento perché la sua attenzione passa da un gruppo ad un altro ugualmente agitato. Per questo motivo c’è un progressivo attenuarsi della distinzione tra primo piano e sfondo narrativo così come si evince dalla prevalenza del passato remoto rispetto all’imperfetto. Tutto ciò determina una discontinuità del flusso narrativo e di conseguenza le scene descritte appaiono frammentate. Tale discontinuità viene accentuata da almeno tre cambiamenti di prospettiva.

Il primo consiste nel passaggio dalla presentazione dei gruppi di contadini e dei fratelli Tortorici a quella del dottore Sidoro Lopiccolo. Il secondo, invece, contrappone la descrizione del medico a quella di Neli che sogna fiducioso la sua futura famiglia. L’ultimo si ha nel finale, quando lo sguardo del lettore è focalizzato sulla coscienza di Zarù, enfatizzando il passaggio dalla vita alla morte.

Nel primo cambiamento di prospettiva si considera solo l’ordine degli eventi, il personaggio del dottore risulta marginale e la sua funzione è ridotta alla semplice diagnosi della malattia che ha colpito Zarù. Nonostante ciò, il profilo umano di Lopiccolo risulta estremamente dettagliato. Egli è un medico deluso dalla vita, trasandato e stanco, con una moglie a letto da mesi e sette figli a cui badare e trascurati anch’essi. Per enfatizzare la rovina della sua vita pone come confronto la foto dove Lopiccolo era sorridente e appena laureato con tanti progetti e speranze. Dunque il personaggio del dottore rappresenta l’uomo corroso dalla vita, con i suoi sogni e i suoi ideali infranti. Il secondo cambiamento di prospettiva riguarda, invece, l’analisi di Lopiccolo e di Neli ponendo in contrasto i due personaggi. Da un lato il medico senza più sogni e ideali e dall’altro Neli, il contadino, pieno di gioia di vivere che, nutrendo speranza nei confronti della vita e del futuro, non viene turbato dalla miseria del medico. La speranza di Neli è smentita, però, dalla realtà dei fatti e, proprio lui che è più legato alla vita, subisce la stessa sorte del cugino, mentre Lopiccolo, già vicino alla morte, resta in vita. Nel terzo cambiamento di prospettiva il narratore si immedesima nella coscienza del moribondo e ciò è reso necessario perché solo dal punto di vista di un personaggio prossimo alla morte si può sentire e amare disperatamente la vita. In questo modo la novella si conclude con un motivo caro a Pirandello, quello della vita che va vissuta pienamente e ciò si comprende solo nel momento della morte. Nelle novelle pirandelliane i personaggi entrano in crisi proprio a causa della vita, non perché la voglia di vivere venga a mancare, ma perché l’atto della morte diventa il più vitale, quello che porta la vera rivelazione della vita. A conferma di ciò, si nota che il moribondo pirandelliano non desidera mai la morte, anzi, prova invidia nei confronti di coloro che sono ancora vivi. [2] Il racconto si chiude con un primo piano sulla mosca, concentrandosi sui minimi dettagli, ingigantendoli ed estraniandoli dal resto del contesto. Tutto ciò crea un senso di inquietudine e la mosca, da immagine familiare, diventa presagio di morte. [3]

Mondo di carta

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Il professore Valeriano Balicci litiga in strada con un ragazzino responsabile di averlo fatto inciampare nelle sue statuette. Il professore è troppo distratto dalla lettura di un libro per vederle. Giungono due gendarmi per calmarlo e condurlo al più vicino posto di guardia. Durante il tragitto Valeriano dice di essere diventato improvvisamente cieco. Si scopre così che da anni il suo oculista gli ha imposto di smettere di leggere per evitare la perdita della vista ma Valeriano non ha mai avuto intenzione di rinunciare alla sua passione. Tornato a casa pubblica un annuncio sui giornali per trovare un ragazzo disponibile a sistemare la sua biblioteca. Risponde all’annuncio un giovane sbigottito dalla richiesta di un cieco di mettere in ordine una libreria. Non contento, il protagonista cerca anche una lettrice per ascoltare il suono di una voce che possa leggere le pagine come farebbe lui. Arriva nel suo studio Tilde Pagliocchini, una ragazza che aveva viaggiato molto. La lettrice mette in discussione la descrizione contenuta in uno dei libri di Valeriano, provocando l’ira del protagonista che la caccia in malo modo. Rimasto solo e con il volume tra le mani, vi immerge il viso, ripercorrendo mentalmente i luoghi esattamente come le pagine suggerivano. Questo era il suo mondo di carta.

Temi trattati

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Nella novella Mondo di carta viene espressa una verità nuda e amara. Il protagonista vede solo ciò che lui vuole vedere e vive in scenari fantastici che lo avevano accompagnato anche prima di perdere la vista. Quando Valeriano annuncia di non vedere più, dalla mimica buffonesca si precipita nella tragedia. Questa è un’espressione dell’umorismo pirandelliano. La novella presenta anche del simbolismo, il quale è difficile da comprendere nell’immediato. Si apre infatti con una serie di dispregiativi: occhialacci, ragazzaccio, libraccio, che vengono contrapposti al raffinato bastone d’ebano brandito dal protagonista, simbolo di nobiltà in mezzo alla tristezza volgare. Quando il professore si accorge di aver perso la vista, invece di ricevere sostegno viene deriso, proprio ciò che accade nelle tragedie umane. Il mondo che esiste per lui è solo quello che figura nella sua fantasia quando si dedica alla lettura, unico modo che ha per evadere dalla realtà. Diventato impossibile l’atto di leggere, ogni realtà, sia quella sensibile che quella fantastica, viene a mancare per lui. La seconda sopravvive nei suoi ricordi ma è fissa e incapace di ampliarsi con successive letture e, per questo motivo, è una realtà ormai morta.

Alla figura della sua lettrice Tilde Pagliocchini viene associata l’immagine apparentemente forzata di un tipo di allodola, la calandrella. Lo scrittore vuole sottolineare il contrasto tra il cieco, chiuso nel suo bozzolo, e l’esuberante donna paragonata a una rondine che, entrata dalla finestra, sbatte le ali tra gli scaffali zeppi di libri. Valeriano non sopporta la voce squillante della ragazza che porta scompiglio nel suo mondo silenzioso. Il sorriso amaro che le rivolge al primo incontro esprime la sua sofferenza e la sua rassegnazione nei confronti della cecità, sentimenti che Tilde non potrà mai capire. Grazie alla ragazza il protagonista riesce però a sentire, seppur per breve tempo, l’ebbrezza che provava nella lettura, che lo catapultava nell’unica realtà che amava. La realtà esterna, la stessa che Tilde aveva visto nei suoi numerosi viaggi, viene a sovrapporsi con quella interna del professore, che conosce solo in virtù di ciò che ha letto. Sarebbe la fine dei suoi sforzi interiori se non la difendesse. È un dramma singolare e umano. Si tende, infatti, a proteggere ciò che si sente come proprio e vicino, fosse anche un ricordo o un’illusione, perché è comunque la propria realtà. [4]

Con altri occhi

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Anna è sposata con Vittore Brivio da tre anni. La sua completa devozione al coniuge, però, non è ricambiata come lei vorrebbe. Nel preparare la valigia per l’imminente partenza di Vittore, dalla tasca di un abito scivola una foto. Si tratta di un ritratto del marito e della sua prima moglie Almira, con tanto di dedica. Quest’ultima si era tolta la vita dopo che Brivio aveva scoperto il suo tradimento. In un primo momento prova sgomento nel vedere suo marito accanto a una donna che le sembra troppo diversa da lei. Seguono la gelosia e il disprezzo. Continuando a osservare la fotografia, vede nel sorriso della rivale un’espressione di dolore, la stessa che nota sul suo volto quando si guarda allo specchio ogni giorno. Scaccia via questi pensieri appena giunge il marito che non ascolta i timori della moglie e, infastidito, va via senza nemmeno salutarla. Anna ripensa alle sue nozze, ostacolate prima dalla differenza di età, poi dall’accanita opposizione del padre che non vede dal giorno del matrimonio. Anna realizza che la sua solitudine non deriva dalla lontananza affettiva e fisica del marito, ma da quella dai suoi affetti. Si sente sola e si accorge di avere molto in comune con la defunta. Come Almira, anche lei aveva donato il suo cuore ad un uomo immeritevole e che adesso vede con altri occhi.

Trasposizione cinematografica e teatrale

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Da alcune novelle presenti nella raccolta sono state tratte opere teatrali e cinematografiche apprezzate dalla critica.

  • Dalla novella Lo scaldino venne tratto nel 1921 un film omonimo diretto da Augusto Genina.
  • La novella Le medaglie venne utilizzata come soggetto per una commedia omonima di Giorgio Bolza. La commedia venne rappresentata per la prima volta al Teatro del Casino Municipale di Sanremo, dalla compagnia Stival, il 22 novembre 1948.
  • Dalla novella La mosca venne tratta la commedia in siciliano Liolà. Fu rappresentata a Roma, Teatro Argentina, dalla compagnia Angelo Musco, 4 novembre 1916. Fu anche tratto un testo in italiano dallo stesso titolo pubblicato da R. Bemporad & figlio nel 1928. la commedia fu rappresentata dalla compagnia Tofano-Rissone-De Sica, 8 giugno 1942.[5]
  1. ^ L.Pirandello, p. 33, 1970
  2. ^ Ulrich Schulz-Buschhaus, Le novelle di Pirandello, atti del sesto convegno internazionale di studi pirandelliani raccolti e ordinati da Stefano Milioto, a cura di Stefano Milioto, Agrigento, Centro nazionale di studi pirandelliani, 1980, pp. 229-236.
  3. ^ Romano Luperini, Introduzione e Pirandello, Bari, Laterza, 1992, p. 121.
  4. ^ Luigi Pirandello, Novelle, a cura di Giuseppe Morpurgo, Milano, Mondadori, 1935.
  5. ^ L.Pirandello, p. 33, 1970
  • Romano Luperini, Introduzione a Pirandello, Bari, Editori Laterza, 1992.
  • Luigi Pirandello, La mosca, collana Oscar Mondadori, Milano, Mondadori, 1970.
  • Emilia Mirmina, Pirandello novelliere, collana Il portico, Ravenna, Longo editore, 1973.
  • Ulrich Schulz-Buschhaus, Le novelle di Pirandello, atti del sesto convegno internazionale di studi pirandelliani raccolti e ordinati da Stefano Milioto, a cura di Stefano Milioto, Agrigento, Centro nazionale di studi pirandelliani, 1980.
  • Luigi Pirandello, Novelle per un anno, Milano, Mondadori, 1956-1987.
  • Luigi Pirandello, Novelle per un anno, a cura di Mario Costanzo, collana I Meridiani, Milano, Mondadori, 1987.
  • Luigi Pirandello, Tutte le novelle, a cura di Lucio Lugani, collana Classici Moderni, Milano, Bur, 2007.
  • Luigi Pirandello, Novelle per un anno, a cura di Sergio Campailla, collana Grandi tascabili economici. I mammut, Roma, Newton Compton, 2011, ISBN 9788854136601.
  • Luigi Pirandello, Novelle per un anno, a cura di Pietro Gibellini, Firenze, Giunti, 1994.
  • Massimo Bontempelli, Introduzioni e discorsi, Milano, Bompiani, 1945.
  • Luigi Pirandello, Novelle, a cura di Giuseppe Morpurgo, Milano, Mondadori, 1935.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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