L'ebreo errante (film 1948): differenze tra le versioni

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==La critica==
==La critica==

[[Arturo Lanocita]] nel [[Il Corriere della Sera]] dell'8 febbraio [[1949]], "''L'ebreo errante'' di Alessandrini è uno strano film. Sbanda curiosamente tra l'allegoria e il documentario, valutato in sede estetica il film è piuttosto enfatico. Interpreti maggiori Gassman e la Cortese"
[[Arturo Lanocita]] nel [[Il Corriere della Sera]] dell'8 febbraio [[1949]], "''L'ebreo errante'' di Alessandrini è uno strano film. Sbanda curiosamente tra l'allegoria e il documentario, valutato in sede estetica il film è piuttosto enfatico. Interpreti maggiori Gassman e la Cortese"

La storica [[Valentina Pisanty]] scrive a proposito del film: «[...] è il leggendario Ebreo Errante, cioè colui che – secondo la vulgata antigiudaica – schernì Gesù sul Golgota e fu condannato da Gesù stesso a vagare ramingo per secoli senza trovare mai pace. La prima parte del film mostra, per l’appunto, l’incontro dell’ebreo con Gesù e la maledizione che ne seguì. Dopo diverse vite, tutte condotte all’insegna dell’empietà e della scelleratezza, incontriamo il nostro ebreo in Francia durante l’occupazione nazista. Per tagliare corto, l’ebreo viene deportato ad Auschwitz – in versione edulcorata – dove per la prima volta conosce la pietà e viene così redento. Ciò che urta maggiormente in questo film è la chiave falsa e banalizzante con cui esso spiega (o addirittura giustifica) la Shoah, presentandola come un lavacro, quasi una punizione divina, come da stereotipo antigiudaico.»<ref>{{cita web|autore=Valentina Pisanty|url=https://www.academia.edu/2314304/La_banalizzazione_della_Shoah._Prime_riflessioni_sul_caso_italiano|titolo=La banalizzazione della Shoah. Prime riflessioni sul caso italiano}}</ref>


==Note==
==Note==

Versione delle 12:54, 29 mag 2020

L'ebreo errante
Valentina Cortese e Vittorio Gassman in una foto di scena del film
Paese di produzioneItalia
Anno
Durata100 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico
RegiaGoffredo Alessandrini
SoggettoGiovanni Battista Angioletti dal romanzo di Eugène Sue
SceneggiaturaGoffredo Alessandrini, Ennio De Concini, Flaminio Bollini, Anton Giulio Majano, Aldo Bizzarri
ProduttoreNino Angioletti
Casa di produzioneC.D.I cinematografica
Distribuzione in italianoC.D.I.
FotografiaVáclav Vích
MontaggioOtello Colangeli
MusicheEnzo Masetti
ScenografiaArrigo Equini
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

[[Categoria:Film italiani del 1948]]

L'ebreo errante è un film del 1948 diretto da Goffredo Alessandrini.

Trama

Soggetto tratto dal romanzo omonimo di Eugène Sue[1], narra le vicissitudini di un ebreo, Mathieu Blumenthal condannato a vagabondare per le vie del mondo, sia nello spazio che nel tempo. Nel secondo conflitto mondiale vive a Parigi insieme ad Elena. Con l'arrivo dei tedeschi, Mathieu si rifugia nella Sinagoga, dove incontra altri componenti della comunità, tra cui Ester. Il gruppo arrestato dai tedeschi verrà deportato in un campo di concentramento, dove Mathieu, innamoratosi di Ester, organizza una fuga portando con sé la ragazza. Per evitare la ritorsione dei tedeschi che minacciano la fucilazione di 500 deportati l'ebreo errante si consegna e viene fucilato, e con la sua morte riesce ad espiare le sue colpe.

La critica

Arturo Lanocita nel Il Corriere della Sera dell'8 febbraio 1949, "L'ebreo errante di Alessandrini è uno strano film. Sbanda curiosamente tra l'allegoria e il documentario, valutato in sede estetica il film è piuttosto enfatico. Interpreti maggiori Gassman e la Cortese"

La storica Valentina Pisanty scrive a proposito del film: «[...] è il leggendario Ebreo Errante, cioè colui che – secondo la vulgata antigiudaica – schernì Gesù sul Golgota e fu condannato da Gesù stesso a vagare ramingo per secoli senza trovare mai pace. La prima parte del film mostra, per l’appunto, l’incontro dell’ebreo con Gesù e la maledizione che ne seguì. Dopo diverse vite, tutte condotte all’insegna dell’empietà e della scelleratezza, incontriamo il nostro ebreo in Francia durante l’occupazione nazista. Per tagliare corto, l’ebreo viene deportato ad Auschwitz – in versione edulcorata – dove per la prima volta conosce la pietà e viene così redento. Ciò che urta maggiormente in questo film è la chiave falsa e banalizzante con cui esso spiega (o addirittura giustifica) la Shoah, presentandola come un lavacro, quasi una punizione divina, come da stereotipo antigiudaico.»[2]

Note

  1. ^ Vittorio Gassman a cura di Giacomo Gambetti Gremese editore Roma 1982
  2. ^ Valentina Pisanty, La banalizzazione della Shoah. Prime riflessioni sul caso italiano, su academia.edu.

Voci correlate

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàVIAF (EN305884484 · BNF (FRcb146599264 (data)
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