Francesco Caracciolo (santo): differenze tra le versioni

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Versione delle 11:53, 2 nov 2023

San Francesco Caracciolo
 

Presbitero

 
NascitaVilla Santa Maria, 13 ottobre 1563
MorteAgnone, 4 giugno 1608 (44 anni)
Venerato daChiesa cattolica
Beatificazione10 settembre 1770 da papa Clemente XIV
Canonizzazione24 maggio 1807 da papa Pio VII
Ricorrenza4 giugno
Patrono diRegno delle Due Sicilie, cuochi, congressi eucaristici e abruzzesi
Statua di san Francesco a Villa Santa Maria presso la casa natale

Francesco (al secolo Ascanio) Caracciolo (Villa Santa Maria, 13 ottobre 1563Agnone, 4 giugno 1608) è stato un presbitero italiano, fondatore dell'ordine dei Chierici regolari minori (Caracciolini). È stato proclamato santo da papa Pio VII nel 1807.[1]

Biografia

Figlio di don Ferrante Caracciolo, signore di Villa Santa Maria, e di Isabella Barattucci, nobile dama di Teano, alla nascita gli venne imposto il nome di Ascanio e ricevette un'educazione consona al suo rango nobiliare: mostrò sin dall'infanzia una certa inclinazione religiosa.[2]

Emblema dei Chierici regolari minori

A ventidue anni venne colpito da una malattia (forse la lebbra) che ne sfigurò il volto: promise di abbracciare lo stato ecclesiastico in caso di guarigione e, esaudito, si trasferì a Napoli per adempiere al suo voto: riprese gli studi e si dedicò particolarmente alla lettura degli scritti teologici di Tommaso d'Aquino.[3] Ordinato sacerdote, celebrò la sua prima messa nel 1587: si dedicò specialmente alla cura dei poveri e degli infermi e si iscrisse alla compagnia dei Bianchi, una confraternita dedita all'assistenza ai carcerati e ai condannati a morte.[4]

Poiché nella compagnia dei Bianchi operava anche un suo omonimo, gli fu recapitata erroneamente una lettera di Giovanni Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo contenente l'invito a unirsi a loro per dare inizio a una nuova congregazione religiosa: lo scambio di persona venne ritenuto un segno della Provvidenza e Ascanio venne comunque ammesso nel numero dei futuri fondatori dell'istituto.[4]

I tre si ritirarono nell'eremo dei Camaldoli di San Salvatore di Napoli, dove stesero la regola della futura congregazione dei Chierici regolari minori, poi i due Caracciolo si recarono a Roma, dove papa Sisto V concesse loro la sua approvazione con la bolla Sacrae religionis del 1º luglio 1588: ciò che maggiormente caratterizzava la regola era la scelta da parte dei suoi membri di non ambire a dignità ecclesiastiche, sia all'interno dell'ordine che nella Chiesa (nel 1592 papa Clemente VIII concesse ai religiosi di assumere tale impegno mediante un quarto voto).[5]

Il 9 aprile 1589 Ascanio emise la sua solenne professione dei voti nella cappella della compagnia dei Bianchi e assunse il nome religioso di Francesco. Morto l'Adorno, che fino ad allora era stato la guida del gruppo, Francesco Caracciolo venne eletto superiore generale dell'ordine: Francesco diede un notevole impulso alla diffusione dei suoi religiosi sia in Italia (ottenne delle chiese a Roma) che all'estero (nel 1594 fondò le prime case in Spagna).[6]

Lasciò il governo dei Chierici regolari minori (che in suo onore presero a essere chiamati caracciolini) nel 1607 e non volle più ricoprire nessuna carica nell'ordine.[6]

Interno della cappella di San Francesco, dentro il palazzo Caracciolo, Villa Santa Maria (Ch)

Avendo la congregazione dell'Oratorio di Agnone manifestato interesse a unirsi al suo ordine, Francesco si recò in Molise per discutere dell'eventuale ingresso di quei padri tra i caracciolini: approfittò del viaggio per recarsi a visitare i suoi parenti a Montelapiano. Morì presso gli oratoriani di Agnone mentre si accingeva a tornare a Napoli.[6]

Il culto

Il primo miracolo attribuito alla sua intercessione fu il risanamento di un "rattrappito" avvenuto l'11 giugno 1608, mentre si svolgevano i funerali di Francesco (che venne sepolto in Santa Maria Maggiore a Napoli);[7] la causa di canonizzazione venne introdotta nel 1701.[4]

Venne beatificato da papa Clemente XIV il 10 settembre 1770 e proclamato santo da papa Pio VII il 24 maggio 1807.[7] È compatrono di Napoli dal 1840, inoltre patrono dei congressi eucaristici abruzzesi[4] e dei cuochi d'Italia.[8]

La sua salma venne traslata nella chiesa di Santa Maria di Monteverginella, dov'è tuttora conservata, il 9 maggio 1844.[7]

La sua memoria liturgica ricorre il 4 giugno.[7]

Iconografia

In arte è spesso raffigurato con attributi iconografici che ne sottolineano la devozione eucaristica (l'ostensorio) o lo spirito di umiltà che lo spinse a respingere le dignità ecclesiastiche (la scritta Votum non ambiendi dignitatis, insegne vescovili poste ai suoi piedi).[4]

Tra le opere che lo raffigurano: un busto d'argento conservato nel museo del tesoro di San Gennaro a Napoli, un dipinto di Romano Corradetti nella chiesa dei Santi Angeli Custodi a Roma, una statua nella basilica di San Pietro, realizzata da Francesco Massimiliano Laboureur e Innocenzo Fraccaroli sotto la direzione di Bertel Thorvaldsen,[7] e un monumento eretto in corso Umberto I a Villa Santa Maria.[9]

Note

  1. ^ R. Aurini, op. cit., vol. III (2002), pp. 329-332.
  2. ^ G. Coniglio, BSS, vol. V (1965), col. 1197.
  3. ^ G. Coniglio, BSS, vol. V (1965), col. 1198.
  4. ^ a b c d e G. La Rosa, DIP, vol. IV (1977), col. 534.
  5. ^ G. La Rosa, DIP, vol. II (1975), coll. 925-927.
  6. ^ a b c G. Coniglio, BSS, vol. V (1965), col. 1199.
  7. ^ a b c d e G. Coniglio, BSS, vol. V (1965), col. 1200.
  8. ^ San Francesco Caracciolo. Patrono dei Cuochi d'Italia [collegamento interrotto], su rassegnacuochi.com. URL consultato il 5-8-2010.
  9. ^ Antonio Di Lello, Il Monumento di San Francesco Caracciolo in Villa Santa Maria. Guida storico-artistica alla città e dintorni, Pescara, Carsa Edizioni, 2003, pp. 62-63, ISBN 88-501-0075-2

Bibliografia

  • Raffaele Aurini, Dizionario bibliografico della gente d'Abruzzo, Colledara, Andromeda editrice, 2002.
  • Filippo Caraffa e Giuseppe Morelli (curr.), Bibliotheca Sanctorum (BSS), 12 volumi, Roma, Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, 1961-1969.
  • Guerrino Pelliccia e Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), 10 volumi, Milano, Edizioni paoline, 1974-2003.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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