Orco (torrente)

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L' Orco (in canavesano Eva d'òr, cioè Acqua d'oro) è un grosso torrente del Piemonte affluente a ovest del Po, che scorre per circa 100 km prima nella valle omonima e poi nel Canavese.

Il suo bacino idrografico ospita uno dei più importanti complessi idroelettrici del Piemonte, costituito da 6 dighe: Agnel, Serrù, Ceresole, Telessio (o Teleccio), Valsoera, Eugio e numerose centrali di produzione.

L'Orco è famoso per la presenza di sabbie aurifere sfruttate fin dai tempi antichi. Ancora oggi esiste un'attività, a livello amatoriale, di ricerca delle pagliuzze d'oro.

Il nome

Il nome latino del corso d'acqua era Orgus flumen, attestato in Plinio.[1] Il nome locale piemontese si riferisce, nell'etimologia popolare, alle pagliuzze d'oro, peraltro piuttosto rare, che a volte vengono ritrovate nelle sue acque.

Percorso

Nasce dal Lago Rosset (2.709 m[2]), alimentato dalle nevi del versante piemontese del massiccio del Gran Paradiso, e viene quasi subito sbarrato da alcune dighe formando i bacini Agnel e Serrù. Impetuoso e copioso d'acque giunge a Ceresole Reale dove sbarrato da un'imponente diga forma il pittoresco Lago di Ceresole. Subito a valle dello sbarramento si incassa raggiungendo in breve il centro di Noasca e incrementando progressivamente la sua portata grazie a vari contributi di affluenti provenienti per gran parte da sinistra. Proseguendo il torrente bagna i centri di Locana (che dà anche il nome a questo tratto vallivo) e Sparone sino a giungere a Pont Canavese dove riceve il Soana, suo principale affluente di sinistra. Rimpinguato nella portata dall'affluente raggiunge in breve la cittadina di Cuorgnè dove si allarga notevolmente in ampi ghiaioni ricevendo, ancora da sinistra, l'apporto idrico del Piova. Poco più a valle, ormai entrato nella pianura canavesana, raccoglie in destra idrografica le acque provenienti dal Monte Soglio e dalla Val Gallenca. Viene quindi scavalcato dalla ex Strada statale 565 di Castellamonte nei pressi di Rivarolo Canavese; superata la confluenza con il torrente Malesina (un altro affluente in sinistra idrografica) prosegue con un ampio letto ciottoloso che in breve viene sovrappassato da due autostrade, la A5 e la A4. Sfocia infine nel Po presso Chivasso a quota 177 m.[2]
Nel 2005 la "Confluenza Po - Orco - Malone" è stata riconosciuta SIC (codice: IT1110018).[3]

Principali affluenti

Il torrente a valle di Locana

Il bacino dell'Orco, specie nella sua parte montana, si presenta decisamente asimmetrico: mentre in destra idrografica la vicinanza dello spartiacque con le Valli di Lanzo impedisce al formazione di un reticolo idrografico molto articolato, sulla sinistra gli affluenti del torrente creano invece valloni anche piuttosto lunghi e ramificati in direzione della Valle d'Aosta.[4]
I principali affluenti sono:

Regime idrologico

L'Orco a Rivarolo dal ponte sulla ex Strada statale 460 di Ceresole

L'Orco, anche se definito torrente, ha una portata d'acqua perenne e copiosa (quasi 24 m3/s. presso la foce) ed è caratterizzato da piene tardo-primaverili e autunnali e magre estive. La denominazione torrente ritorna però appropriata in caso di precipitazioni eccezionali in quanto l'Orco può mostrare una furia impressionante durante le grosse piene causando non di rado notevoli danni agli insediamenti umani e alle campagne. Ciò è accaduto ad esempio nell'ottobre 2000, quando dopo piogge copiosissime nella parte alta del suo bacino (oltre 700 mm) scatenò una piena secolare violentissima (1.700 m3/s a Cuorgnè e oltre 2.000 presso la foce) devastando totalmente la sua valle.

Oltre a causare danni a cose e persone la piena del 2000 (e, in minore misura, anche quella del settembre 1993) ha anche modificato la morfologia del corso d'acqua. L'Orco infatti, come testimoniato dall'analisi della cartografia storica, era passato nel corso del XX secolo da una morfologia pluricursale ad una a canale unico prevalente, con un letto di scorrimento fortemente inciso rispetto al piano di campagna a causa dell'estrazione di inerti. In contemporanea il torrente aveva subito un notevole restringimento del proprio alveo, al quale erano state sottratte vaste aree destinate a fini residenziali e produttivi. Le eccezionali piene autunnali del 1993 e del 2000, con l'erosione laterale operata dalle enormi massse d'acqua coinvolte e la deposizione di grandi quantità di detrito, hanno infatti recuperato spazi da tempo abbandonati dal torrente e hanno riattivato vecchi bracci fluviali ripristinando, almeno localmente, le condizioni di pluricursalità presenti in passato.[5]

Note

  1. ^ Naturalis historia libro III - 118, Plinio il vecchio, 77 d.C.
  2. ^ a b Carta Tecnica Regionale raster 1:10.000 (vers.3.0) della Regione Piemonte - 2007
  3. ^ Siti / biotopi di interesse comunitario proposti per la Rete NATURA 2000 (Dir. 92/43/CEE “Habitat”), Regione Piemonte, on-line in .pdf su www.regione.piemonte.it consultato nel dicembre 2009
  4. ^ Carta Tecnica Regionale raster 1:10.000 della Regione Piemonte - 1999
  5. ^ Il ruolo svolto da piene straordinarie nel rimodellare la geometria di un alveo fluviale, O.Turitto, C.Audisio e A.Agangi in Il Quaternario - Italian Journal of Quaternary Sciences, n° 21 - 2008, abstract on-line su www.irpi.to.cnr.it (consultato nel novembre 2010)