Epipogium

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Epipogium
Epipogium aphyllum
(Epipogio afillo)
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Monocotiledoni
Ordine Asparagales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Epidendroideae
Tribù Nervilieae
Sottotribù Epipogiinae
Genere Epipogium
Borkh., 1792
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Liliopsida
Sottoclasse Liliidae
Ordine Orchidales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Epidendroideae
Tribù Nervilieae
Sottotribù Epipogiinae
Genere Epipogium
Sinonimi

Galera
Blume, 1825
Ceratopsis
Lindl., 1840
Podanthera
Wight, 1851
Epipogon
Ledeb., 1852

Specie

Epipogium Borkh., 1792 è un genere di piante spermatofite monocotiledoni appartenenti alla famiglia delle Orchidacee[1], dall'aspetto di piccole erbacee annuali dalla caratteristica infiorescenza racemosa.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome generico (Epipogium) deriva da due parole greche: ”epi” (= sopra) e ”pogon” (= barba), e potrebbe indicare la posizione superiore del labello.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

I dati morfologici si riferiscono soprattutto alle specie europee e in particolare a quelle spontanee italiane.

Sono delle pianta erbacea non molto alte (massimo 50 cm). La forma biologica prevalente è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante perenni dotate di rizoma, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. Sono orchidee terrestre in quanto contrariamente ad altre specie, non sono “epifita”, ossia non vivono a spese di altri vegetali di maggiori proporzioni.

Radici[modifica | modifica wikitesto]

Le radici sono secondarie da rizoma oppure assenti; spesso le radici sono di tipo simpodiale.

Fusto[modifica | modifica wikitesto]

  • Parte ipogea: la parte sotterranea del fusto consiste in rizomi di tipo coralloide oppure tuberi, entrambi con funzioni stolonifere. La consistenza di questi organi è piuttosto carnosa.
  • Parte epigea: la parte aerea del fusto è eretta e breve, generalmente di colore bruno. Sono fusti afilli (senza foglie clorofilliane); ai nodi sono presenti delle guaine membranose più chiare quasi gialle.

Foglie[modifica | modifica wikitesto]

Le foglie sono ridotte a delle squame brunastre a consistenza membranosa. Questa piante non avendo foglie verdi (è quindi incapaci di produrre sostanze organiche dalla fotosintesi clorofilliana) sono fondamentalmente saprofite.

Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]

L'infiorescenza è una spiga di tipo racemoso con pochi o tanti fiori. I fiori sono posti alle ascelle di brattee di tipo squamiforme o ovato-lanceolate. I fiori inoltre non sono resupinati come nella maggioranza delle orchidee; e sono effimeri. Il pedicello è sottile e allungato, ma dilatato all'altezza dell'ovario.

Fiori[modifica | modifica wikitesto]

I fiori sono ermafroditi ed irregolarmente zigomorfi, pentaciclici (perigonio a 2 verticilli di tepali, 2 verticilli di stami (di cui uno solo fertile – essendo l'altro atrofizzato), 1 verticillo dello stilo)[2].

  • Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
P 3+3, [A 1, G (3)][3]
  • Perigonio: il perigonio è composto da 2 verticilli con 3 tepali (o segmenti) ciascuno (3 interni e 3 esterni). I tepali, sia esterni che interni in genere sono molto simili a forma lanceolata. Il portamento di questi tepali è pendulo, ossia sono ripiegati all'ingiù. Possono essere conniventi oppure liberi.
  • Labello: il labello, formato da due parti distinte (epichilo e ipochilo), è il tepalo centrale più interno a forma allungato-ovata terminate con dei lobi (normalmente i lobi sono 3). La posizione di questo labello, nel fiore, è apicale (di sopra) in quanto l'ovario non è ruotato di 180°. Nella parte posteriore è presente un ampio sperone basale, saccato, arcuato verso l'alto e nettarifero.
  • Ginostemio: lo stame con le rispettive antere (in realtà si tratta di una sola antera fertile biloculare – a due logge) è concresciuto con lo stilo e forma una specie di organo colonnare chiamato "ginostemio"[4]. Questa struttura in questo genere è piuttosto breve. Il polline ha una consistenza gelatinosa; si trova nelle due logge dell'antera, queste sono fornite di ghiandole vischiose (chiamate retinacoli). I pollinii sono inseriti sui retinacoli tramite delle caudicole e sono racchiusi in una borsicola rostellare. Lo stigma è posto alla base del ginostemio, mentre il rostello in alcune specie è ampio, mentre in altre specie può essere ridotto. L'ovario in posizione infera è formato da tre carpelli fusi insieme[5].

Frutti[modifica | modifica wikitesto]

Il frutto è una capsula. Al suo interno sono contenuti numerosi minutissimi semi piatti. La maturazione di questi frutti in queste specie avviene abbastanza velocemente. I semi sono privi di endosperma e gli embrioni contenuti in essi sono poco differenziati in quanto formati da poche cellule. Queste piante vivono in stretta simbiosi con micorrize endotrofiche, questo significa che i semi possono svilupparsi solamente dopo essere infettati dalle spore di funghi micorrizici (infestazione di ife fungine). Questo meccanismo è necessario in quanto i semi da soli hanno poche sostanze di riserva per una germinazione in proprio[6].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

La riproduzione di questa pianta può avvenire in due modi:

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Il genere è diffudo in Europa, Africa e Asia.[1]

Le specie di questo genere in quanto saprofite preferiscono vivere nel fitto dei boschi su substrati ricchi di humus.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Il genere comprende le seguenti specie:[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Epipogium, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato l'8 febbraio 2021.
  2. ^ Pignatti, vol. 3, p. 700.
  3. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 2 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2011).
  4. ^ Musmarra, p. 628.
  5. ^ Pignatti, vol. 3, p. 702.
  6. ^ Strasburger, vol. 2, p. 808.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]