Vito Nunziante: differenze tra le versioni

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Il nome di battesimo è Vito Nicola
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* [http://www.sosed.it/Cdsole/Nov96/e-23-11-96.htm Nunziante e Murat]
* [http://www.sosed.it/Cdsole/Nov96/e-23-11-96.htm Nunziante e Murat]
* [http://www.area.cs.cnr.it/imseb/malaria/rosarno/ La bonifica di Rosarno e San Ferdinando]
* [http://www.area.cs.cnr.it/imseb/malaria/rosarno/ La bonifica di Rosarno e San Ferdinando]
* [http://web.tiscali.it/calabriain/San%20Ferdinando%20Ieri/LA%20STORIA.htm Su Vito Nunziante e San Ferdinando]


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Vito Nicola Nunziante (Campagna, 12 aprile 1775Torre Annunziata, 22 settembre 1836) è stato un generale, politico e imprenditore italiano, vissuto nel Regno di Napoli.

Attività militare e politica

L'infanzia e l'arruolamento

Vito Nunziante nacque a Campagna, in provincia di Salerno, il 12 aprile 1775 da una modesta famiglia, quarto figlio di undici fratelli. Fu affidato dal padre Pasquale ad uno zio canonico per essere avviato al sacerdozio ma nel 1794 fu chiamato, tramite il metodo dell'imbossolamento (praticamente un'estrazione a sorte), a prestare servizio militare, attività per la quale probabilmente si sentiva più portato.

La sua statura eccezionale, un fisico straordinariamente vigoroso ed il suo coraggio ne facevano un soldato di elezione e gli valsero la stima del colonnello Luigi Pignatelli che comandava il Reggimento “Lucania” al quale era stato assegnato.Fu lo stesso Pignatelli ad nominarlo furiere del reggimento ed ad ottenere successivamente, anche grazie al fatto che avuto l'incarico di catturare i disertori ne riprese circa duemila in due anni, per la giovane recluta le spalline di ufficiale con il grado di alfiere nel 1797.

La partecipazione alle guerra contro i francesi

Scoppiata la guerra tra il Regno di Napoli e la Repubblica Francese partecipò alla prima occupazione di Roma da parte dei napoletani. Successivamente, scappato il re Ferdinando IV di Napoli in Sicilia il 22 dicembre 1798 e sbandato l'esercito napoletano, riesce a formare un reggimento ed ad unirsi all'armata sanfedista del cardinale Ruffo; il Ruffo dà il nome di “Montefusco” al reggimento e lo nomina colonnello (quindi comandante) dello stesso[1]. Durante la riconquista del regno partecipa all'assedio della fortezza di Capua fino alla resa dei francesi e quindi alla seconda occupazione di Roma. Nello scontro di Siena, catturato riesce a liberarsi, viene successivamente confermato dal re nel grado di colonnello e messo a capo del reggimento “Sanniti”[2]. Nel 1805, dopo la riconquista francese del regno di Napoli, va in Sicilia dove viene incaricato con il suo reggimento e un piccolo rinforzo di cavalleria di tenere Reggio, unica testa di ponte sul continente ancora in mano ai Borboni. Qui giunto con l'ordine di tenere le navi che l'hanno trasportato in modo da potersi assicurare una rapida ritirata, assicuratesi della situazione, chiede al re di poter rimandare indietro le navi e viene accontentato, inoltre consiglia il re di disperdere le masse di popolani o di integrarle nell'esercito. Nel 1807 viene messo sotto il comando del principe Luigi d'Assia-Philippsthal in una spedizione per la riconquista della parte continentale[3]. La spedizione ha la meglio sui francesi ha Seminara, dopodiché l'armata si attesta davanti Mileto e, nonostante il Nunziante consigliasse a Philippsthal la ritirata verso Catanzaro di cui si poteva sfruttare la migliore posizione strategica, il 28 maggio 1807 va incontro alla sconfitta[4]. Rientrato a Reggio con i resti del proprio reggimento (ridotto da 1200 a 579 uomini di cui 49 all'ospedale[5]) assicura la difesa del castello per altri 6 mesi dopodiché viene richiamato in Sicilia[6] dove viene promosso Brigadiere e messo a capo delle forze di Milazzo, riesce a riorganizzare le forze sotto il suo comando, migliorando le condizioni dei soldati e i rapporti con gli alleati inglesi ed ottiene, diversamente da quelle che erano le disposizioni vigenti, di avere il comando nel caso il suo grado sia maggiore di quello dell'ufficiale inglese presente nello stesso luogo[7]. Nello stesso periodo, essendo rimasto vedovo dalla prima moglie Faustina Onesti, conosce a Lipari Camilla Baresse, “leggiadra e ricca donzella”, che sposa; aveva già avuto quattro figli dal primo matrimonio e otto seguiranno nel secondo[8]. Nel frattempo gli erano giunte varie offerte di passare al servizio di Murat a cui oppose sempre un diniego anche se i suoi figli si trovavano ancora nella parte continentale e Murat non ne permetteva il trasferimento. Nel 1814, sotto il comando di Lord William Bentinck partecipò alla conquista di Genova ma ne venne successivamente escluso in quanto proclamatesi, con un articolo, contrario all'accordo tra Murat e le potenze che non permetteva la restituzione della parte continentale del regno ai Borboni.

Generale e Marchese

Nell'agosto del 1815, dopo la resituzione dei Borboni e l'esilio di Murat, era al comando della V divisione territoriale che comprendeva tutta la Calabria, spostandone il quartier generale da Monteleone a Tropea[9]. Il 9 ottobre gli giunse la notizia dello sbarco di Gioacchino Murat nel tentativo di riprendere il potere e della sua successiva cattura, fu quindi incaricato dal governo di nominare la corte militare che doveva giudicare l'ex-re e che in seguito lo condannò a morte. Il 12 aprile 1816 ottene il titolo di Marchese di Cirello, successivamente (20 luglio 1819) il grado di Tenente Generale, la nomina a Cavaliere di Gran Croce dell'ordine di S. Giorgio, l'incarico di commissario civile e il potere di Alter Ego[10], che equipara i suoi ordini a quelli del sovrano. In quest'epoca si occupa di reprimere massoneria e carboneria in Calabria riuscendovi egregiamente ed opera attivamente anche contro il brigantaggio; riesce anche a far aprire una strada tra Monteleone e Reggio Calabria[11]. Con lettera del re del 4 luglio 1820 viene nominato comandante della IV divisione territoriale, che comprende Salerno e Basilicata[12], e sarà con questa carica che tenterà di opporsi ai moti scoppiati per la concessione della costituzione. Schieratosi in seguito a favore della costituzione con una lettera pubblicata sul Giornale Costituzionale del Regno delle Due Sicile[13] sarà quindi nominato il 17 novembre 1820 comandante della divisione territoriale di Siracusa e poi, il 9 dicembre 1820, Comandante Generale delle Armi in Sicilia[14]. Durante la restaurazione sarà coinvolto dal generale Carrascosa, esiliato, in una polemica sulla mancata repressione dei moti[15]. Ai primi di aprile del 1821 viene chiamato a far parte della Giunta temporanea di Governo[16] e dal 30 luglio 1822 si occupa del riordino dell'esercito con la carica di ispettore generale della fanteria e cavalleria di linea[17]. Il re Francesco I, salito al trono nel 1825, lo nomina Cavaliere del Real Ordine di San Giorgio e Quartier Mastro del Comando Generale del Real Esercito conferendogli anche un'indennità personale di 460 ducati mensili[18] e incaricandolo anche dell'educazione militare dell'erede Ferdinando. Nel 1830 salito al trono Ferdinando viene nominato luogotenente (governatore) della Sicilia in attesa che Leopoldo di Borbone assuma l'incarico, in questo breve periodo riesce ad accattivarsi l'affetto ed il rispetto delle varie componenti del popolo[19]. In seguito ottiene la dignità di ministro e di primo dopo il Re su tutta l'armata, avendo così il comando supremo dell'esercito continentale.

L'attività imprenditoriale

Nunziante non fu solo un ottimo militare ma si distinse anche come imprenditore dinamico e capace. La sua prima attività fu sull'isola di Vulcano, all'epoca completamente abbandonata e deserta, che prese in censo dal vescovo di Lipari dove inizia un'attività di estrazione di zolfo, allume, sale ammoniaco e acido borico. Fa inoltre costruire delle case per i lavoratori impegnati nell'attività, una chiesa intitolata a San Vito, piantare boschi (in modo da avere il legno per la fornace) e costruire una strada che si inerpichi sul monte[20]. Durante il servizio in Calabria si accorse delle precarie condizione dei terreni della Piana compresi nel comune di Rosarno, malarici e ne chiese al governo la bonifica ottenendo in risposta che anche se si trattava di un'opera necessaria il governo non disponeva di fondi sufficienti, fu quindi stipulato un contratto che impegnava il Marchese a bonificare l'area in 5 anni ottenendo in cambio i ¾ dei territori bonificati[21]. Fu proprio per alloggiare i lavoratori occupati nella bonifica che fu da lui fondato San Ferdinando. Si fece aiutare dal botanico Guglielmo Gasparrini nella scelta delle colture da impiantare. A Lipari dal reniccio vulcanico ottiene stoviglie. Si occupò anche di miniere di ferro in Calabria e di piombo nel Principato citeriore (attuale provincia di Salerno); effettuò ricerche di carbon fossile in vari siti e avviò una cava di marmo a Moliterno sul monte Alpi in Basilicata[22]. A Pescara affrontò e risolse il problema delle esondazioni del fiume Pescara facendo intervenire i vangatori cosentini già utilizzati per la bonifica a Rosarno[23]. Scavando un pozzo artesiano scopre una sorgente termale a Vulcano; vi fa quindi costruire delle terme con una parte gratuita riservata ai poveri[24]. Stesso esito ebbe un identico scavo effettuato a Torre Annunziata nel 1831.

La morte

Nel 1832 mentre si trova nelle sue proprietà di San Ferdinando ha un attacco di morbo nero (probabilmente cirrosi epatica collegata con la malaria)[25][26], trasferito a Napoli fa testamento, nominandone esecutore l'amico Florestano Pepe. Morì nel 1836 a Torre Annunziata dove si era trasferito per curarsi con le acque termali da lui scoperte. I funerali si tennero a Napoli e subito dopo la salma imbalsamata fu trasferita a San Ferdinando nella cui chiesa riposa tuttora[27].

Note

  1. ^ F. Palermo, Vita e fatti di Vito Nunziante, pag. 12
  2. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 18
  3. ^ La spedizione comprendeva 4000 fanti, 500 cavalli, 6 pezzi di artiglieria più gli uomini al comando del Nunziante. F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), p. 192, ASPN, pag. 192, 1964.
  4. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 199
  5. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 202
  6. ^ Reggio cadrà il 31 gennaio 1808 al comando del colonello Cordier. F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 210
  7. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 31
  8. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 212
  9. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 214
  10. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 235
  11. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 236
  12. ^ N. Cortese, Il generale Vito Nunziante …, pag. 7
  13. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 252
  14. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 256
  15. ^ N. Cortese, op. cit., pag. 9
  16. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 258
  17. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 259
  18. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 260
  19. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 72
  20. ^ F. Palermo, op. cit., pagg. 80–81
  21. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 82
  22. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 88
  23. ^ F. Palermo, op. cit., pagg. 91–92
  24. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 95
  25. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 100
  26. ^ F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), op. cit., p. 274
  27. ^ F. Palermo, op. cit., pag. 103

Bibliografia

  • F. Nunziante, Il generale Vito Nunziante (1775-1836), p. 192, Archivio Storico per le province napoletane, n. LXXXII, a. III terza serie, 1964.
  • F. Palermo, Vita e fatti di Vito Nunziante, Dai Tipi della Galileiana, Firenze, 1839.
  • U. Verzà Borgese, La Bonifica del Marchese Vito Nunziante a Rosarno e San Ferdinando, Ed. Centro Studi Medmei, Rosarno, 1985.
  • N. Cortese, Il generale Vito Nunziante e la rivoluzione napoletana del 1820, Samnium, Tipi istituto maschile Vittorio Emanuele III chiostro S. Sofia , a. III, n. 4, Benevento, ottobre–dicembre 1930–VIII.
  • R. Liberatore, Il tenente generale Vito Nunziante, Napoli, 1836.

Collegamenti esterni