Utente:FrIVal321!/Sandbox

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Stella di Planck[modifica | modifica wikitesto]

Una stella di Planck è un ipotetico oggetto astronomico, teorizzato da Carlo Rovelli e Francesca Vidotto, che attualmente occuperebbe il centro dei buchi neri.[1]

Premessa[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la relatività generale einsteiniana la realtà spaziotemporale deve essere incominciata e dovrà finire in una singolarità gravitazionale.[2] La scoperta dell'espansione dell'Universo e quella della radiazione fossile, rispettivamente avvenute da parte dell'astronomo Edwin Powell Hubble e dei fisici Arno Allan Penzias e Robert Woodrow Wilson, rappresentarono una prova decisiva a favore della teoria del Big Bang, già proposta in forma embrionale da Aleksandr Aleksandrovič Fridman e da Georges Lemaître.[3] D'altra parte, gli odierni modelli dell'evoluzione stellare suggeriscono che quando una stella disperde il proprio calore a seguito dell'interruzione della nucleosintesi al suo interno ed incomincia a contrarsi sotto la spinta della propria gravità, qualora la sua massa superi il limite di Tolman-Oppenheimer-Volkoff, non esista un meccanismo noto in grado di arrestarne il collasso gravitazionale, così che essa diverrà più compatta di una stella neutronica.[2][4] Collassi ancora più grandi e altrettanto irreversibili avrebbero luogo al centro delle galassie attive, come i quasar.[2] Si otterranno, rispettivamente, buchi neri di massa stellare e buchi neri supermassivi, al cui centro si formerà una singolarità gravitazionale.[2] Esistono soluzioni delle equazioni della relatività generale che ammettono l'esistenza delle cosiddette singolarità nude, ovvero singolarità non nascoste da un orizzonte degli eventi.[2] Poiché l'esistenza di questi oggetti comporterebbe una possibile violazione della causalità,[2] si è portati a ritenere che per analizzare adeguatamente condizioni estreme quali quelle presenti nei pressi di una singolarità, che sia essa quella del Big Bang o una originatasi da un collasso gravitazionale, occorra una corretta teoria quantistica della gravitazione.[5][4]

Singolarità non puntiformi[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2014, Carlo Rovelli e Francesca Vidotto hanno ipotizzato che quando la massa collassante all'interno di un buco nero neoformato raggiunge una densità di ordine planckiano (~5×1096 kg/m3) la pressione quantistico-gravitazionale interverrebbe a contrastarne la contrazione.[6] La singolarità così originata non risulterebbe puntiforme (in tal senso l'uso del termine "singolarità" potrebbe non risultare del tutto adeguato), possiederebbe dimensioni superiori alla lunghezza di Planck ed apparirebbe come una stella esotica, chiamata, appunto, stella di Planck. Nel tempo proprio della massa collassata lo stadio di stella planckiana avrebbe una durata estremamente breve, poiché all'improvviso arresto della contrazione conseguirebbe un processo di esplosione nel corso del quale la stella restituisce la propria massa all'Universo osservabile mediante degli effetti quantistici sull'orizzonte degli eventi.[1][6][4] Tuttavia, a causa dell'enorme dilatazione temporale gravitazionale, dal punto di vista di un osservatore esterno l'evaporazione del buco nero si disperderebbe su di un periodo di tempo molto maggiore, dando luogo alla prevista emissione della radiazione di Hawking.[6][1] Un meccanismo analogo a quello appena descritto potrebbe dunque trovarsi dietro al Big Bang ed, eventualmente, si verificherà nuovamente nel Big Crunch.[1] Se l'esistenza delle stelle di Planck fosse confermata (Rovelli e Vidotto hanno ipotizzato la loro possibile rilevabilità[6]) verrebbe risolto il paradosso dell'informazione dei buchi neri e evitate le implicazioni che la natura puntiforme delle singolarità "classiche" avrebbe nei confronti della causalità.[1][6]

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Una stella di Planck al centro dei buchi neri, su altrogiornale.org, 5 settembre 2014. URL consultato il 20 luglio 2016.
  2. ^ a b c d e f Stephen W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, Milano, bestBUR, 2014, pp. 99, 100, 101, 104, 105, 113, 132, ISBN 978-88-17-06400-2.
  3. ^ Isaac Asimov, Il libro di fisica, Milano, Bestsellers Oscar Mondadori, 2015, pp. 48, 49, 50, ISBN 978-88-04-41445-2.
  4. ^ a b c Antxon Alberdi, I buchi neri, collana Una passeggiata nel cosmo, Milano, RBA, 2015, pp. 29, 30, 31, 62.
  5. ^ Margherita Hack, L'universo nel terzo millennio, Trebaseleghe (PD), BUR Scienza, 2010, p. 134, ISBN 978-88-17-01508-0.
  6. ^ a b c d e Carlo Rovelli e Francesca Vidotto, Planck stars, in International Journal of Modern Physics D, vol. 23, n. 12, pp. 1442026, DOI:10.1142/S0218271814420267. URL consultato il 20 luglio 2016.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]