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FERMO CORNI

Fermo Corni

Fermo Corni (Ponte Alto di Modena, 1853Napoli, 12 dicembre 1934) è stato un imprenditore italiano. Per lunghi anni presidente della Camera di Commercio di Modena ha creato tra la fine '800 e gli inizi del '900 una fonderia ed ha istituito una scuola per la formazione di tecnici per la sua azienda.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Gli inizi con la chimica[modifica | modifica wikitesto]

Corni nacque nel 1853 nei pressi di Ponte Alto da una famiglia di origini contadine quando Modena era ancora ducale. Conseguì il diploma di ragioniere a Reggio Emilia perchè all'epoca a Modena le Scuole Tecniche di avviamento commerciale presenti dal 1864 erano comunali e non potevano di conseguenza rilasciare titoli di studio con valore legale.

Lavorò inizialmente in uno stabilimento enologico di Stradella in provincia di Pavia, poi alle dipendenze della Cirio, industria manifatturiera di trasformazione e conservazione di prodotti agricoli. Durante gli anni vissuti a Stradella ebbe modo di apprezzare il contributo che la concimazione produceva sui terreni agricoli aumentandone la fertilità. Infatti in Lombardia sorgevano già le prime due fabbriche di perfosfato insufficienti tuttavia a coprire il fabbisogno nazionale.

Per questo, rientrato a Modena dopo la nascita nel 1883 del secondogenito Guido,impiantò un'attività di commercio di concimi chimici per l'agricoltura importando dall'Inghilterra un vagone di perfosfato e adoperandosi per convincere gli agrari e i contadini dell'utilità del concime chimico in una terra come quella modenese per la quale ancora nel 1882 l'inchiesta agraria confermava un basso grado di fertilità. Lui stesso decise nel 1984 di aprire una fabbrica di perfosfati minerali a Borgo Panigale nei pressi di Bologna, la Ditta Corni, Lasciarfare & C., allargando via via la produzione con l'apertura di stabilimenti a Modena, Firenze Rifredi e Vicenza. Da questo primo nucleo nacque l'Unione italiana consumatori e produttori di concimi e prodotti chimici; in seguito Corni cedette alla Montecatini i due stabilimenti di Modena e Bologna.

La meccanica[modifica | modifica wikitesto]

A fine '800 Corni era già un industriale affermato anche se ancora legato al progresso agricolo mediante la chimica. Con l'inizio del nuovo secolo cominciò ad orientare i propri interessi industriali nel settore meccanico: nell'agosto del 1907 inaugurò una fabbrica di ferramenta, Fabbrica Modenese Utensileria e Ferramenta Corni Bassani & C., nella zona della Sacca a Modena, per la produzione di pedivelle per biciclette, pattini a rotelle, chiavarde per ferrovie. Dopo poco l'impresa cominciò a produrre anche serrature e chiavi in serie, ma per la lavorazione fu necessario installare un forno per la fusione della ghisa malleabile. Nel giro di pochi anni il numero degli operai passò da 50 a 300 e Modena ebbe il monopolio in Italia delle serrature, non essendo presenti altre aziende con tale produzione sul territorio nazionale. Nel 1910 Fermo Corni viene insignito dell'onorificenza di Cavaliere del lavoro.

La fabbrica nel 1921 assunse il nome di Fabbrica Italiana Serrature Corni & C. con un capitale sociale che arrivava ad un milione di lire suddiviso in azioni da £.100.

Economia modenese tra fine '800 e inizio '900[modifica | modifica wikitesto]

Primo Novecento[modifica | modifica wikitesto]

A fine Ottocento il territorio modenese si avviava ad una rinascita economica sviluppando commercio, esportazioni di prodotti e manufatti locali sempre più numerosi con l’ausilio di macchine che sfruttavano vapore ed elettricità, ma arrancava faticosamente, si trascinava dietro tanti squilibri storici: la manodopera era cresciuta di numero, e i pochi imprenditori erano restii ad avventurarsi nel mestiere di capitani d’industria ed impegnarsi in spese ingenti per l’acquisto di macchinari che cominciavano ad entrare nell’immaginario collettivo e che solo pochi sapevano far funzionare. Mancava la preparazione professionale e tecnica capace di utilizzare le nuove macchine e si doveva ricorrere spesso ad esperti stranieri.

«Ciò dipende dal numero ristretto di Istituti professionali veramente pratici e corrispondenti nel loro insegnamento alle necessità della tecnica moderna. Il governo ha provveduto con troppa parsimonia alla creazione e allo sviluppo delle scuole professionali, e solo da pochi anni sono sorti buoni istituti che daranno fra non molto i frutti sperati. Pur tuttavia non può dirsi che l’Italia difetti in modo assoluto di eccellenti scuole industriali, ma esse sono nate per iniziativa privata e col concorso di capitali privati hanno raggiunto un invidiabile grado di prosperità. Sono fra le migliori il R. Istituto Nazionale Industriale A. Rossi di Vicenza, la R. Scuola Professionale Omar di Novara, il R. Istituto Industriale di Fermo, il Lanificio Scuola di Biella...»

Il primo istituto era sorto a Vicenza nel 1878 e consentiva il diploma di periti elettromeccanici. La scuola di Novara era nata nel 1885 per formare maestranze per le arti meccaniche e falegnami modellisti. L’istituto di Fermo preparava meccanici, elettricisti e periti elettrotecnici. L’ultimo, a Biella, nato nel 1911 proseguiva la tradizione che dal 1840 preparava i giovani per le industrie tessili. Bologna poteva vantare la scuola tecnica Aldini di Fisica e Chimica applicata e la Valeriani di disegno, nate entrambe nel 1838 con il preciso intento di sostituire il vecchio apprendistato di bottega. A questo primo tentativo non riuscito, era seguito nel 1878 l’Istituto Aldini-Valeriani per le Arti e i Mestieri con lo scopo di formare giovani operai meccanici, tecnici con professionalità polivalente e ad alta qualificazione. A Modena tali iniziative private ancora non c’erano state e negli anni settanta era al 43° posto nella graduatoria nazionale per sviluppo industriale.

Modena, quindi, non aveva una struttura industriale vera e propria e doveva prima di tutto rendersi conto che aveva bisogno di maestranze qualificate e di imprenditori non più legati alla mentalità agraria, ma capaci di investire in nuovi settori. Il problema fu per la prima volta evidenziato nel 1917, in pieno periodo bellico, da uno studio della Camera di Commercio che sottolineava quanto fosse importante per la crescita del settore industriale modernizzare le piccole aziende e non incentivare soltanto i settori trainanti dell'agricoltura e zootecnia, capisaldi fino allora dell'economia modenese. L'industriale Fermo Corni, presidente della Camera di Commercio in quel periodo, fu il primo convinto assertore anche di un altro problema: per l'avvenire industriale della città e della Provincia occorrevano cambiamenti radicali; l'operaio qualificato non poteva formarsi più, come nel passato, solo nella bottega-officina, ma aveva bisogno di una scuola adeguata. Modena aveva bisogno non di "mastri" di bottega, ma di tecnici preparati e pronti alle inevitabili riconversioni dell'industria a guerra finita.

La crisi[modifica | modifica wikitesto]

La crisi economica aumentò nel dopoguerra: la chiusura di botteghe artigiane e la fine delle commesse statali contribuirono ad aumentare la disoccupazione tanto che nel 1921 in tutta la Provincia c'erano 11.000 disoccupati, tra città e campagna. Negli stessi anni ben 16.000 su 400.000 abitanti del territorio provinciale emigrarono altrove. Il carovita era alle stelle, i prezzi dei generi alimentari erano saliti in media del 500%. La vitalità del settore agricolo, agevolato dalla politica agraria del fascismo, influì positivamente sulla produzione di macchine ormai indispensabili per un’agricoltura moderna. Dal 1928 fino allo scoppio della seconda guerra mondiale aumentò l’uso dei trattori ed arrivò nel 1939 in tutta la provincia modenese ad un totale di 1.210 esemplari. La OCI FIAT (Officina Costruzioni Industriali), specifica per la costruzione di trattori e macchine agricole, impiantata nel 1928 dalla Fiat di Torino su un proiettificio dismesso, la crescente richiesta di trattori, la presenza sul territorio dei diplomati della Scuola Corni, fondata nel 1921, misero in moto l’industria meccanica e si registrò la nascita di tanti laboratori ed opifici.

Gli anni della guerra[modifica | modifica wikitesto]

Era cominciato il regime fascista, e intanto a Modena era stata finalmente istituita una scuola per preparare operai specializzati. Si deve alla volontà del lungimirante imprenditore modenese Fermo Corni la nascita nel 1921 della Regia Scuola Operaia Popolare, da lui proposta fin dal 1916 ed attivata con i contributi degli Enti Locali, dello Stato e delle rendite della Fondazione Corni costituita già dal 1917. Da questi anni in poi la storia di Modena è legata a doppio filo alla storia della Scuola Corni: basti pensare che tra gli anni Trenta e Quaranta del '900 a Modena erano già disponibili lavoratori specializzati pronti a soddisfare le richieste delle nuove industrie che erano sorte, come la FIAT-GRANDI MOTORI (che produceva macchine utensili), la MASERATI ALFIERI (macchine utensili, elettrocarri e macchine da corsa), la MASERATI CANDELE E ACCUMULATORI (componenti per autoveicoli), la AUTO AVIO COSTRUZIONI DI ENZO FERRARI (macchine utensili e motori per aerei), la PADANA (pullman da turismo) e la CARROZZERIA ORLANDI, la più antica di tutte. La meccanica affascinava e dava lavoro e alla Scuola Popolare si iscrivevano anche figli di molti contadini.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale le commesse statali potenziarono il settore bellico, consentirono presto una tumultuosa crescita nella produzione e Modena divenne sulla Via Emilia il terzo polo industriale dopo Bologna e Reggio Emilia. La Oci-Fiat ebbe un forte rilancio producendo, invece che trattori, automezzi militari, bombe e lanciafiamme. I tecnici e capiofficina erano giovani provenienti dalle varie botteghe artigiane e dalla Scuola Corni, ma la manodopera non qualificata era costituita ancora da operai edili e da giovani provenienti dai campi, da braccianti, da mezzadri che in questo modo spopolavano le campagne e l'Appennino, dove non sarebbero tornati nemmeno a guerra finita.

Fine guerra[modifica | modifica wikitesto]

Arrivarono, poi, i grandi bombardamenti sulla zona industriale dal 14 febbraio 1944 al 18 aprile 1945 e furono pesantemente lesionate molte industrie, e quasi tutte furono costrette all'inattività. Finita la guerra, Modena si ritrovò in una situazione senza precedenti: le fabbriche erano distrutte, prive di materie prime e perciò ferme, i trasporti erano impossibili, mancavano i viveri e i disoccupati erano talmente tanti (nel 1945 circa 42.000) che la disperazione e la rabbia regnavano sovrane. A metà secolo, i modenesi cominciarono ad applicarsi e ripartirono con pragmatismo, inventiva, senso del dovere e tanto attaccamento alla loro città distrutta. Era cominciata per Modena l’epoca di uomini innamorati della meccanica, progettisti, tecnici, capaci di adeguarsi al mutare delle esigenze, pronti ai cambiamenti, flessibili di fronte alle novità, essi stessi in grado di proporsi con innovazioni di successo, armati di ottimismo, con la vocazione di artigiani imprenditori, strateghi di investimenti graduali basati spesso solo sull’autofinanziamento per “poter dormire tranquilli senza debiti”.

Note[modifica | modifica wikitesto]


Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Un imprenditore modenese.Fermo Corni e il castello di Monfestino, a cura di Giuliano Bartolacelli ed Enzo Giuliani, Modena, CS Litografia, 2001
  • Il Corni e Modena, a cura di Olimpia Nuzzi, Modena, Corni Edizione, 2003


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