Titina Rota

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La Regina, figurino per Il favorito del Re, atto 1 (1932).

Titina Rota (Milano, 15 giugno 1899[1]1978[2]) è stata una costumista, scenografa e pittrice italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Famiglia e formazione[modifica | modifica wikitesto]

Nacque nel 1899 a Milano in una famiglia di artisti musicali: il nonno materno era Giovanni Rinaldi, sua madre e sua zia erano pianiste e concertiste e suo cugino era il compositore Nino Rota; si dedicò quindi allo studio del violino.[3] Da giovane ebbe modo di frequentare Igor Stravinskij, Alfredo Casella e Gabriele D'Annunzio, e quest'ultimo apprezzò piuttosto i suoi disegni.[3] A vent'anni si emancipò dalla famiglia per studiare e lavorare come vetrinista e disegnatrice.[3]

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1931, a trentadue anni debuttò come costumista per La locandiera di Carlo Goldoni al Teatro Odeon di Milano.[3] Guido Salvini la chiamò a lavorare per La Scala su scene e costumi di opere liriche.[3] Cambiò il modus operandi ottocentenesco di noleggiare i costumi teatrali da sartorie esterne, creando una squadra di sarte all'interno della Scala che creava costumi ad hoc per lo specifico cast dello specifico spettacolo.[3]

Lavorò per altri palcoscenici d'Italia, quali il Maggio Fiorentino, il Teatro Comunale di Firenze, l'Opera di Roma e La Fenice.[3] Nel teatro veneziano, in particolare, si occupò di costumi e scene di due opere liriche, nonché della propria ultima messa in scena con Il telefono o l'amore a tre di Giancarlo Merotti.[3] Si dedicò altresì al teatro di prosa: tra le sue collaborazioni, i registi Max Reinhardt e Renato Simoni.[3]

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Lavorò in campo cinematografico come costumista, in film di Mario Camerini (p.e. Il documento del 1939) e in trasposizioni o film di stampo teatrale di Carmine Gallone.[3]

Pittura[modifica | modifica wikitesto]

Dagli anni Cinquanta si dedicò alla pittura ad acquerello.[3] Il suo soggetto più frequente furono i paesaggi invernali di Anacapri, sua residenza principale nel corso dell'anno.[3] Alcune sue creazioni comprendono La vita ad Anacapri (1968), Il gelataio a Venezia e diversi olii intitolati Sogno.[4]

Morì nel 1978 a Roma[1] o Anacapri[3] stessa.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Il suo stile era ispirato all'art déco e il suo tratto era «deciso e insieme leggero, coloratissimo e talvolta surreale».[3] Gli abiti per commedie teatrali avevano una connotazione umoristica, e secondo i critici la sua fantasia e la sua eleganza erano «speziate di ironia».[3] Fu comunque versatile a seconda del genere di spettacolo che affrontava.[3]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Le sue opere sono state soggette a numerose aste nel mercato, con un record di 8 076 dollari per l'acquerello A group of fourteen works depicting operatic characters.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Titina Rota, su Archivio Storico Ricordi - Collezione digitale. URL consultato il 10 aprile 2023.
  2. ^ Morì a Roma secondo l'Archivio Storico Ricordi, ad Anacapri secondo l'Enciclopedia delle Donne.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p Mariateresa Fumagalli, Titina Rota, su Enciclopedia delle donne. URL consultato il 10 aprile 2023.
  4. ^ (EN) Titina Rota, su artnet. URL consultato l'11 aprile 2023.
  5. ^ (EN) Titina Rota, su Mutual Art. URL consultato l'11 aprile 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vittoria Crespi Morbio, Titina Rota alla Scala, Allemandi, 2005.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN77454419 · ISNI (EN0000 0000 6689 1222 · ULAN (EN500067740 · LCCN (ENn97858990 · GND (DE131700677 · BNF (FRcb15068515f (data) · WorldCat Identities (ENlccn-n97858990