Marco Valerio Messalla Rufo

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Marco Valerio Messalla Rufo
Console della Repubblica romana
Nome originaleMarcus Valerius Messalla Rufus
FigliMarco Valerio Messalla
Potito Valerio Messalla
GensValeria
PadreMarco Valerio Messalla Corvino
MadreOrtensia
Pretura62 a.C.ca
Consolato53 a.C.

Marco Valerio Messalla Rufo (in latino Marcus Valerius Messalla Rufus; ... – ...; fl. I secolo a.C.) è stato un senatore romano, console nel 53 a.C.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Marco Valerio Messalla Rufo fu figlio di un oscuro Marco Valerio Messalla Corvino e di Ortensia, sorella di Quinto Ortensio Ortalo, e fratello di Valeria Messalla (quinta moglie del dittatore romano Lucio Cornelio Silla). Era il padre di Marco Valerio Messalla, console suffetto nel 32 a.C., e di Potito Valerio Messalla, console suffetto nel 29 a.C.[1]

Probabilmente pretore nel 62 a.C.[2], fu eletto console nel 53 a.C., in seguito ad uno scandalo di corruzione di cui fu partecipe insieme ai candidati Domizio Calvino, Memmio e Scauro:[3] tutti e quattro avevano cercato di corrompere i consoli Clodio Pulcro e Domizio Enobarbo perché alle elezioni indirizzassero i voti verso di loro (come Pompeo e Crasso avevano fatto per favorire l'elezione di Clodio).[4] Nonostante fosse stato colto in flagrante e pubblicamente denunciato, esercitò comunque la magistratura insieme a Domizio Calvino a partire dal luglio di quell'anno, a differenza di Memmio e Scauro, che caddero in disgrazia. A causa dei grandi disordini durante il loro consolato, Messalla e Calvino tentarono di posticipare le elezioni per l'anno successivo, irritando i candidati Milone e Plauzio Ipseo per il consolato e Clodio per la pretura:[5] tali elezioni alla fine non ebbero luogo e Pompeo fu scelto illegalmente dal Senato come consul sine collega per succedere a Messalla e Calvino.[4]

In seguito fu accusato due volte di pratiche illecite in relazione alle elezioni; nella prima occasione fu accusato, sulla base della lex Pompeia de ambitu, da Quinto Pompeo Rufo e prosciolto, nonostante la sua evidente colpevolezza, grazie all'eloquenza dello zio Quinto Ortensio; la seconda volta, sulla base della lex Licinia de sodaliciis, fu invece condannato.[6]

Durante la guerra civile si schierò con Giulio Cesare. Non si hanno notizie sull'ultima parte della sua vita: fu augure per cinquantacinque anni e scrisse un trattato sull'arte della divinazione.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ronald Syme, Augustan Aristocracy, pp. 228-9
  2. ^ (EN) T. Robert S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, II, New York, 1952, p. 173.
  3. ^ (EN) G. V. Sumner, The Coitio of 54 BC, or Waiting for Caesar, in Harvard Studies in Classical Philology, vol. 86, 1982, pp. 133–139, DOI:10.2307/311190. URL consultato il 6 marzo 2021.
  4. ^ a b (EN) Historia Civilis, His Year(s): Pompey (56 to 52 B.C.E.). URL consultato il 6 marzo 2021.
  5. ^ (EN) T. Robert S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, II, New York, 1952, p. 228.
  6. ^ Valèrio Messalla Rufo, Marco nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 6 marzo 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Console romano Successore
Appio Claudio Pulcro
Lucio Domizio Enobarbo
(53 a.C.)
con Gneo Domizio Calvino I
Quinto Cecilio Metello Pio Scipione,
Gneo Pompeo Magno III
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